Sono tre i tatuaggi che Matteo Messina Denaro si fece fare mentre era latitante a Palermo: a parlarne, citando un colloquio in cui il super boss di Cosa Nostra avrebbe spiegato il loro significato alla sorella Rosalia, che rischia una condanna a 20 anni di carcere per associazione mafiosa, è, tra gli altri, l’Ansa. Si tratta di due scritte e una data che l’uomo, morto a L’Aquila lo scorso settembre a causa di un tumore al colon che da tempo lo affliggeva, avrebbe scelto di imprimersi sulla pelle “non per seguire la moda” ma per “non dimenticare” il suo vissuto.

Qual è il significato dei tre tatuaggi di Matteo Messina Denaro? Lo spiegò lui stesso alla sorella Rosalia

Ad augusta per angusta“, “Tra le selvaggi tigri” e “VIII X MCML, XXXI“, recitano i tre tatuaggi del super boss, arrestato a Palermo dopo trent’anni da latitante nel gennaio 2023 e spentosi, dopo essere finito nel carcere di massima sicurezza “Le Costarelle” de L’Aquila a causa di un grave tumore al colon, lo scorso settembre.

Il significato, che Matteo Messina Denaro avrebbe spiegato personalmente alla sorella Rosalia nel corso di un colloquio intercettato dagli inquirenti, sarebbe il seguente: “Ad augusta per angusta”, risalente al 2012 (quando la prima figlia se ne andò dalla sua casa di Castelvetrano) farebbe riferimento “alla gloria attraverso la sofferenza“; la data, l’8 ottobre del 1981 in cifre romane, indicherebbe un giorno per lui “importante”, secondo alcuni quello della sua affiliazione a Cosa Nostra.

Si tratta di tattoo che – come scrisse in alcuni suoi diari – avrebbe scelto di farsi imprimere sulla pelle “non per seguire la moda”, ma per “non dimenticare” certe fasi del suo vissuto. Tutti risalirebbero al periodo della sua latitanza: per farli, stando a quanto riporta l’Ansa, si sarebbe servito del falso nome di Vito Ferreri.

Un nome diverso rispetto a quello usato per curarsi attraverso il Servizio Sanitario Nazionale, quello del geometra Andrea Bonafede, condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Solo due dei tanti che avrebbe usato per non essere riconosciuto nei trent’anni trascorsi a Palermo da ricercato, tra cui comparirebbe anche quello di Averna, fornito a un operaio che era andato a riparargli la lavastoviglie.

Le indagini sui fiancheggiatori del super boss di Cosa Nostra

Nel corso delle indagini seguite alla sua cattura, gli inquirenti hanno trovato almeno tre covi all’interno dei quali Messina Denaro avrebbe vissuto indisturbato grazie all’aiuto di diversi fiancheggiatori, persone che, in un modo o nell’altro, lo avrebbero aiutato a condurre una vita normale, permettendogli addirittura di recarsi al supermercato a fare la spesa e in rosticceria in pieno centro a Palermo.

Molti sono stati arrestati e sono indagati – tra gli ultimi compaiono l’architetto Massimo Gentile, il tecnico radiologo Cosimo Leone e l’operaio agricolo Leonardo Gulotta; alcuni sono già stati condannati: oltre a Bonafede, prestanome del boss, anche l’imprenditore agricolo Giovanni Luppino, che gli faceva da autista e che fu arrestato insieme a lui davanti alla clinica “La Maddalena”.

Per la sorella Rosalia – accusata di associazione mafiosa e di favoreggiamento per essersi occupata della contabilità della famiglia, mantenendo i rapporti con gli uomini del fratello “all’esterno” durante la sua latitanza – sono stati chiesti 20 anni. Nessuna richiesta ancora, invece, per Laura Bonafede, l’ex maestra che avrebbe avuto con Messina Denaro una relazione sentimentale. Di recente il Riesame ha respinto il ricorso che la donna aveva presentato chiedendo di essere scarcerata. Nel mirino degli inquirenti c’è anche la figlia Martina Gentile.