Campo di prigionia Dachau. Nel giorno della memoria come non ricordare la giornata che ho trascorso a Dachau. Una visita, quella al campo di prigionia di Monaco, dove le emozioni e le riflessioni hanno catturato la mia mente, il mio cuore e i miei occhi. Ho pensato, sentito e visto quello che non mi aspettavo di pensare, sentire e vedere!
Campo di prigionia Dachau Monaco di Baviera
Il campo di prigionia sorge a pochi km dal centro di Monaco di Baviera, è un luogo che porta dietro il suo silenzio impetuoso per le nefandezze compiute dagli uomini più abominevoli che siano esistiti nel 20esimo secolo.
Questo campo è stato il primo ad essere fondato dell’era nazista, concepito inizialmente per imprigionare tutti i nemici, i cosiddetti oppositori di Hitler del tempo. Spero un giorno possiate vivere l’esperienza che ho vissuto io, visitandola. Nel caso un giorno voi decideste di recarvi lì, vi spiego come ci si arriva.
Non è difficile, dal centro della città di Monaco, basta prendere la metropolitana e scegliere la linea S2, quella che parte dalla stazione centrale e arriva alla fermata della città di Dachau. Una volta giunti alla stazione della metropolitana, potete prendere l’autobus numero 726 per raggiungere il luogo.
Appena si arriva al campo, potete rivolgervi al centro informazioni e consiglio spassionato servitevi di una guida che vi farà visitare tutto il campo di prigionia. La guida a mio parere è molto utile se non volete girovagare a zonzo sul posto, anche perché saprà illustrarvi nel dettaglio le attività che purtroppo si facevano nel campo.
Campo di prigionia Dachau foto
Campo di prigionia Dachau visita
Non è sicuramente una gita piacevole, ma un viaggio a ritroso nel tempo. Quando si entra nel campo si passa attraverso un cancello con scritto sopra “Arbeit Macht Frei” tradotto significa “il lavoro rende liberi”. Ebbene si questa scritta all’ingresso non era che un inganno a tutti quelli che venivano deportati nel campo e non sapevano a che cosa veramente andavano incontro.
Solo delle bestie di persone potevano arrivare ad ingannare innocenti che avrebbe purtroppo pagato dazio solo perché non ariani e appartenenti a una razza inferiore!
Se volete veramente avere l’idea di quello che hanno vissuto le vittime della violenza nazista allora vi consiglio di fare come ho fatto io, andate nel campo di prigionia in inverno. Non basta guardare, bisogna anche immedesimarsi almeno per quello che riguarda le sensazioni.
In questo maledetto campo venivano resi prigionieri, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, prigionieri di guerra polacchi, russi, chi aveva commesso un reato anche veniale. Ma cosa accadeva? Come venivano trattati i deportati?
Una volta registrati, (erano solo numeri e non persone) venivano svestiti e derubati. Rivestiti poi di stracci e di scarpe aperte e venivano buttati come fardelli nelle 34 baracche che oggi non vediamo più (solo una è stata ricostruita ed è stata resa visitabile). Le baracche, conteneva fino a 6000 persone anche se dopo la liberazione ne sono state accertate più di 32.000
La visita nella baracca è una visita che ti segna e ti lascia tramortito, faccio fatica a raccontare come i prigionieri potessero vivere. Quando sei lì. non puoi che immaginarti le condizioni disumane in cui versavano per via di una violenza inaudita! L’igiene poi!
All’esterno il campo è recintato, proprio come si vede nei film: filo spinato e torrette con guardie armate e in fondo, un pò distante dalle baracche c’è il forno crematorio. Il forno serviva per eliminare le vittime e la massa dei corpi inermi che riempivano ogni giorno le baracche. Di stucchevole impressione le camere a gas, mai utilizzate in questo campo, infatti tutti quelli destinati a morire asfissiati venivano deportati in altri siti.
Poi se volete riflettere ulteriormente su quello che accadeva, sulle attività criminali di pazzi che si ritenevano superiori ai loro simili allora spostatevi sulla destra dove c’è il museo che raccoglie centinaia di foto e di documenti originali che illustrano la crudele e violenta realtà del tempo.
Non può che non rimanervi in testa tutto questo e se potete dite ad altri che lì solo in quel campo sono morte 30.000 persone, 2.000 solo dopo la liberazione avvenuta il 29 aprile del 1945 a causa di scarse condizioni igieniche. Fatelo e a gran voce ogni volta che potete perché questi numeri vivano per sempre a testimonianza di tutte quelle persone che sono morte senza un motivo!
Di generazione in generazione deve passare il messaggio “del mai più”. Per quanto mi riguarda è’ stata un’esperienza di vita che mi ha segnato e non poco.