Tenta di strangolare ex moglie nel Reggiano. Una storia di violenze e aggressioni continue, che poi culmina nella dichiarazione completa ai carabinieri, senza tralasciare dettagli. L’uomo è stato denunciato e, secondo il resoconto delle forze dell’ordine, una serie di maltrattamenti sulla donna andavano avanti da circa 18 anni.
Scattano le accuse di maltrattamenti in famiglia per il 53enne di Bagnolo in Piano. Le denunce arrivano dopo ben 18 anni di continue violenze.
Atteggiamenti violenti e scarso autocontrollo, dalle indagini dei carabinieri, sono inoltre dovute al consumo di alcol. Azioni gravissime e pericolose sono raccontate dalla donna che ha trovato il modo e il coraggio di reagire. Minacce e la sensazione di non avere via di scampo andavano avanti da tanto tempo. I dettagli qui dalla categoria cronaca di TAG24.
Tenta di strangolare ex moglie nel Reggiano: minacce e maltrattamenti
Un uomo tenta di strangolare l’ex moglie nel Reggiano, ma è solo uno dei tanti episodi di terrore vissuti dalla donna. Oggi sono stati descritti dettagli sulla violenza, l’orrore e l’accanimento di un 53enne sulla sua ex moglie nel Reggiano.
Seguendo quanto hanno ricostruito i carabinieri, gli episodi di maltrattamento sono iniziati nel 2004. Complice di quanto avvenuto, senza dubbio l’abuso di alcol da parte dell’uomo, che non ha fatto altro che peggiorare la sua condotta e i suoi atteggiamenti di natura violenta.
Tra quelle denunciate dalla donna, una delle frasi più spaventose e prepotenti ripetute proprio all’ex coniuge che ha subito violenza: “Vai dai tuoi genitori, altrimenti ti ammazzo. ” Una storia di vicende difficili e tentativi di sopportare un comportamento ingestibile e violento. Minacce, calci, schiaffi, pugni, testate ed è arrivato il tentativo di strangolamento. La donna è riuscita a denunciare, ha trovato il coraggio di raccontare gli episodi nel dettaglio.
Tenta di strangolare ex moglie: i dettagli
Minacce e botte da diciotto anni. L’unica via di salvezza sembrava scappare, correre via e chiudersi nelle stanze per non sentirlo o vederlo. Questa la soluzione portata avanti per così tanto tempo dalla ex moglie dell’uomo violento che nel Reggiano ha insistito tra calci e pugni. La ricostruzione dei carabinieri indica il peggio. L’uomo prendeva la donna a testate e schiaffi. Non si risparmiava poi dal prenderla e strattonarla per i capelli, riempirla di pugni in bocca sino al sanguinamento.
Una storia triste e dolorosa, che arriva sino al tentato strangolamento. In particolare una volta, mentre la donna era a letto. Altri episodi molto gravi vengono raccontati. Di deliri e minacce, in cui l’uomo brandisce un coltello e mima il gesto di tagliarle la gola o farle una “cerniera” sulla pancia.
Dettagli sanguinosi e raccapriccianti, ma tutti corrispondenti al terrore e al racconto di una situazione tremenda vissuta dalla vittima che per evitare i continui pestaggi cercava una via di fuga e ha resistito al suo aggressore tanto a lungo, prima di denunciare l’uomo ai carabinieri di Bagnolo. Tutto avveniva davanti agli occhi dei figli minori.
I provvedimenti di sicurezza
Dopo il racconto dettagliato della donna, sono iniziate le azioni affinché venissero presi dei provvedimenti. Il gip del tribunale di Reggio Emilia, dopo la richiesta della locale Procura diretta dal capo procuratore Gaetano Calogero Paci, ha disposto l’allontanamento dall’abitazione in cui alloggia la donna e il divieto di avvicinamento a meno di un chilometro di distanza dall’ex moglie.
Ma chi commette il reato di maltrattamenti rischia il carcere? Risponde l’avvocato penalista Mattia Fontana.
“I maltrattamenti in famiglia sono una tra le fattispecie penali più gravi e pericolose che possono configurarsi in ambito famigliare. Si tratta di un reato, previsto dall’art 572 cp.
La risposta a questa domanda dipende strettamente dai fatti, dalla pena eventualmente applicata e dalla fattispecie penale che viene contestata.
Se si dovesse riuscire nella impresa piuttosto ardua di ottenere la sospensione condizionale della pena l’imputato non correrà il rischio di finire in carcere.
Ciò tuttavia vale esclusivamente per la fattispecie prevista dal primo comma dell’art 572 cp.
Se invece dovesse essere contestata la circostanza aggravante prevista dal secondo comma del medesimo articolo (ciò avviene se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità) a seguito di una condanna definitiva l’imputato dovrà andare in carcere.”