I bulli non sanno litigare, questo è il titolo del nuovo libro di Daniele Novara, che verrà presentato oggi pomeriggio presso i Granai, a Roma. Il famoso pedagogista ha voluto porre “l’accento sul fatto che oggi il bullismo viene considerato un fatto estremamente tragico, ma riguarda l’educazione e non la magistratura” ha affermato Novara a #genitorisidiventa, su Radio Cusano Campus.

Società fragile

“La società, negli ultimi anni, è diventata più fragile: sia sul piano educativo che pedagogico. Al più piccolo accenno di bullismo subito facciamo intervenire polizia, i carabinieri, la protezione civile, la guarda di finanza, qualsiasi persona che abbia una divisa: così non funziona. Bisogna che gli educatori riprendano in mano le loro competenze”, ha sottolineato Novara.

La scuola in crisi

“La scuola come anche la famiglia sono in crisi: il sistema degli adulti non si percepisce più come sistema educativo. Qualche generazione fa nel momento in cui che diventavi adulto sentivi una responsabilità verso quelli più piccoli di te, oggi no, anzi, a volte c’è invidia verso i più giovani. Stanno succedendo cose molto molto strane.”

Il ruolo dei genitori

E’ vero che un bullo è figlio di un padre che non si è saputo comportare bene? “Ci sono anche tante super mamme che non lasciano rispettare il loro ruolo ai padri: è una situazione che non va mai presa soltanto da un punto di vista, va analizzata nel suo complesso. In questo momento storico, il problema non sono i ragazzi, non sono i bambini, ma sono i genitori che sono in una situazione di grandissima fragilità psicologica, emotiva tanto più che educativa. Ecco il calo demografico per altro non lascia margini di dubbio sulla difficoltà, letteralmente, a dare ai figli una sensazione di fatica”, ha aggiunto Novara.

I figli: problema della società

“I figli non sono un problema dei genitori, sono un problema di tutta la società: ce ne stiamo dimenticando. Durante l’ultima campagna elettorale il tema delle scuole, dei figli e dell’educazione, è stata quasi assente come se il futuro non esistesse. Bisogna aiutare le nuove generazioni a litigare bene. Bisogna dire innanzitutto, come facciamo nel libro, distinguere tra un litigio e da violenza. La violenza è imitazione del litigio ossia: io non sopporto che abbia idee diverse dalle mie, che l’altro si contende il mio stesso giocattolo che l’altro come dire, nota degli ostacoli alla mia presenza e quindi cerco di eliminarlo. Questo si chiama violenza. Nella violenza è presente un danno significativo, irrevocabile e viceversa il conflitto può essere gestito male, ma resta sempre un conflitto ossia un’area di senso reciproco di contrarietà.”

Ascolta qui l’intervista integrale