Le attiviste Lucha y Siesta non ci stanno, non riescono ad accettare la decisione della Regione Lazio di chiudere la “casa”, ristrutturarla e mettere a bando l’edificio nel quale da 15 anni proteggono e aiutano le donne vittime di violenza e i loro figli. Lo stabile nel quale operano a Roma è quello dell’Atac, in via Lucio Sestio 10, occupato nel 2008 da un gruppo di donne in difficoltà: qualche tempo dopo è nata l’associazione che oltre ad essere rifugio per coloro che scappano dai maltrattamenti organizza spettacoli e attività formative. Le attiviste protestano come possono, gridano le loro ragioni e provano a farsi ascoltare dal governatore Rocca e dall’assessore alle pari opportunità, Simona Baldassarre, che ha presentato la delibera per la chiusura. Ieri mattina, mercoledì 27 ottobre 2023, si sono presentate davanti alla sede della Regione Lazio di via Cristoforo Colombo e hanno manifestato tutto il loro disappunto. Tag24.it, in esclusiva, ha intervistato una delle responsabili di Lucha y Siesta, Viola Paolinelli.
La regione Lazio chiude Lucha y Siesta: la decisione lascia nella disperazione le attiviste e le donne vittime di violenza
D: Cosa pensate della decisione presa dalla Giunta della Regione Lazio? Siete d’accordo con la scelta del Presidente Rocca?
R: Non riponevamo grandi speranze purtroppo, questo gesto politico non ci ha stupito. C’era un minimo di speranza, soprattutto per la vicinanza di date rituali importanti in cui anche le istituzioni di solito si sentono un po’ spronate a compiere dei gesti, rispetto anche alla situazione di emergenza in cui si trovano le donne. Basta pensare a tutte le notizie di cronaca che ascoltiamo e leggiamo quotidianamente. Da un lato non ci ha stupito, dall’altro siamo molto deluse ovviamente. La delibera sostenuta dalla Regione Lazio va ad intaccare un percorso di comunità che era stato in qualche modo accolto dalla Giunta precedente (ndr con Zingaretti nel 2021). Questo gesto per noi rappresenta un passo indietro per la politica istituzionale.
Nella delibera ci sono riferimenti anche sul fatto che lo stabile di Lucha y Siesta andrà ristrutturato e che verrà messo a bando secondo ‘legalità e trasparenza’. Sono temi importanti e molto complessi che secondo la nostra associazione non possono essere oggetto di slogan politici perché vanno a sminuire con quelle che sono le esperienze di vita che arricchiscono il tessuto sociale di questa città. Quello che non viene mai compiuto invece dalla politica istituzionale è chiedersi perché noi non abbiamo mai aperto un centro per le donne con un numero adeguato di posti letti per affrontare la problematica della violenza di genere? Questa domanda non è mai stata posta.
D: Quindi il passo compito da Rocca rispetto all’accordo trovato in precedenza con il governo di Zingaretti rappresenta una marcia indietro, soprattutto per l’aumento dei casi di femminicidio e violenze di recente? Cosa significherà la chiusura della Casa delle donne di Lucha y siesta per la vostra associazione e per una città come Roma?
R: Cambiano i governi come possiamo vedere tutti, ma la ricetta rimane sempre la stessa. Lo sforzo un po’ era stato fatto dalla Giunta di Zingaretti negli ultimi anni, però il progetto definitivo non è stato portato a termine per raggiungere l’obiettivo della concessione. Questo passo indietro di Rocca è in linea – purtroppo – con le politiche dei recenti governi sia comunali che regionali.
Si celebrano le date di rito, c’è clamore sui casi di cronaca ma poi di investire in concreto nel contrasto alla violenza di genere – non solo a livello punitivo per i colpevoli – non se ne parla. E’ una lettura miope del fenomeno. Vivere questi episodi solo in modo emergenziale non è funzionale perché, purtroppo per la nostra società, si tratta di un fenomeno strutturale, insito nella comunità. E lo dicono le statistiche: non si può andare a fare la spesa, non si può uscire, non si può andare al cinema senza il rischio di incappare in commenti, vessazioni e violenze di qualsiasi sorta. Questo la dice lunga su quanto è in ritardo l’investimento sulla prevenzione e sull’educazione al consenso, al rispetto, all’emotività positiva ed in particolare alla sessualità. Le forze politiche si muovo molto poco in questo senso secondo noi.
Lucha y Siesta significato del nome e contrato con il governatore Rocca: che fine farà la casa delle donne?
Il nome dell’associazione deriva dallo spagnolo: lucha che vuol dire “lotta” e siesta, ossia “riposo”, che si riferisce all’accoglienza offerta dalle operatrici.
D: La Regione Lazio ha stanziato dei fondi destinati alla realizzazione di centri di rieducazione degli uomini violenti. Condividete questa scelta a fronte della chiusura di spazi che ospitano realtà come Lucha y Siesta?
R: Chiudere un luogo come Lucha y Siesta per me non ha senso, punto. Poi si possono aprire tutti i vari centri finalizzati alla rieducazione, certo. il discorso è garantire i diritti previsti dalle convenzioni internazionali e dalla legge italiana. Sono due campi che agiscono tramite formule diverse. Non conosco la realtà di questi centri, dentro di me spero ovviamente nella loro utilità. Mi interessa, anzi a Lucha y Siesta interessa di più occuparsi di percorsi che aiutano le donne a raggiungere la loro autodeterminazione. Questa è la dirompenza con cui si possono contrastare i fenomeni di violenza. Agire anche attraverso i sistemi educativi, i percorsi di formazione, le scuole, le università. La vera ricetta per i nuovi investimenti dovrebbe essere questa secondo me.
D: Cosa farà ora Lucha y Siesta dopo la delibera di Rocca e della Regione Lazio?
R: Noi siamo ancora qui, stiamo attraversando una campagna di avvicinamento e sensibilizzazione al 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – che per noi è un momento estremamente importante perché c’è un coinvolgimento a livello nazionale. Siamo al fianco del movimento femminista e transfemminista Non Una di Meno, contro la lotta alla violenza di genere in ogni sua forma, che è presente in Italia e in tutto il mondo da anni ormai. La notizia della delibera ci è arrivata proprio durante una assemblea nazionale che si è tenuta il 7 e l’8 di ottobre a Firenze, permettendoci di condividere la necessità di portare avanti la nostra lotta, anche grazie a canali diversi dalla città di Roma.
Vogliamo essere ascoltate/i, è da diversi mesi che cerchiamo un dialogo con quella componente politica e quelle istituzioni e non siamo mai state invitate ad un confronto. Ci è arrivata questa notizia senza un avviso o la possibilità di avere un’intermediazione prima. La solidarietà per noi è un tema importante, vogliamo che la città si renda conto del significato che ha avuto nel tempo e che ha tutt’ora quello spazio. E’ un luogo che ha promosso la cultura del consenso, del transfemminismo, del rispetto e dell’educazione. Per noi il servizio offerto dal centro antiviolenza non è un posto in cui si timbra il cartellino e basta. E’ un qualcosa di vivo, una realtà politica e sociale che tesse relazioni con le persone che vi si rapportano. Si tratta di sostenere situazioni che si sono avverate perché complici di un sistema. Solo cambiano il sistema si potrà modificare questa condizione discriminata e sopraffatta dalla violenza.
D: Che fine farà Lucha y Siesta dopo il bando? Dalla dichiarazione sembra che la Giunta non vi abbia palesemente escluso nella nuova destinazione
R: Prima ancora del bando, ci preoccupano i lavori di ristrutturazione: tutti sappiamo come funzionano queste cose, incideranno molto sui tempi di rimessa a disposizione dello stabile. Noi siamo ancora dentro la struttura e al momento continuiamo le nostre attività culturali e i nostri corsi. Non c’è stato un dialogo quindi nemmeno noi sappiamo nulla su quello che poi succederà in concreto.