Anche Enrico Borghi, ex senatore Pd, si unisce al coro delle critiche emerse dopo la partecipazione di Elly Schlein alla manifestazione organizzata dal Movimento 5 Stelle a Roma sabato. Nonostante l’abbandono al Partito democratico, infatti, Borghi continua a guardare con interesse ai movimenti in casa dem, trovando nelle scelte della segretaria conferma della decisione maturata a fine aprile. Le critiche di Borghi – oggi in Italia viva – trovano eco, peraltro, in una parte dello stesso Pd che, a disagio per la linea impressa da Schlein, chiede a gran voce un chiarimento interno. L’attenzione è dunque ora rivolta alla Direzione nazionale, convocata per questo pomeriggio, dove la segretaria dovrà rispondere anche dell’ennesimo strappo subito solo ieri. Il riferimento, in particolare, è ad Alessio D’Amato che, in aperta polemica, ha annunciato le sue dimissioni dall’Assemblea nazionale del partito.
Enrico Borghi: “Le scelte di Schlein non fanno che confermare i motivi del mio addio al Pd”
Nella pioggia di critiche che si riversano su Elly Schlein e sulla sua gestione del Pd arriva, come un macigno, anche quella di Enrico Borghi, ex dem oggi in Italia viva. In un editoriale pubblicato su Il Riformista il senatore ha espresso infatti un giudizio durissimo sulla direzione assunta dal Pd dopo le primarie, confermando le valutazioni che due mesi fa hanno determinato il suo addio al Partito democratico. Valutazioni che, peraltro, potrebbero essere fatte proprie anche da qualche membro del Pd in disaccordo con la linea politica impressa dalla nuova segretaria Schlein, le cui decisioni – tra cui quella di partecipare alla manifestazione promossa dai Cinque stelle sabato – continuano a provocare malumori e scissioni. Solo ieri il partito ha dovuto incassare infatti le dimissioni di Alessio D’Amato dall’Assemblea nazionale del Partito democratico.
Per raccogliere il punto di vista di chi conosce bene il Pd, la redazione di TAG24 ha raggiunto il senatore Enrico Borghi.
Onorevole Borghi, nella partecipazione di Elly Schlein alla manifestazione promossa dai 5S sono sintetizzati tutti i motivi del suo abbandono al Pd?
“Assolutamente sì. Non a caso la scelta della Schlein ha prodotto un altro abbandono significativo. La partecipazione della segretaria alla manifestazione dei Cinque stelle conferma tutto quanto avevo già denunciato quando ho scelto di lasciare il Pd.
Peraltro vedo un’accentuazione nel processo di sovrapposizione tra Pd e 5S che pone, a mio giudizio, una serie di problemi di carattere sistemico generale in una dinamica di alternanza nel Paese. Questa sovrapposizione sicuramente coronerebbe il sogno di qualcuno che al Nazareno spera nella creazione di un soggetto politico unico come ai tempi dell’Ulivo. Con una differenza: quel progetto nacque su un versante riformista, quello di oggi sarebbe il riflesso di un versante populista. In ogni caso oggi è chiaro che il Pd non può più essere la casa dei riformisti”.
Lei ha avuto una lunga storia politica nel Partito democratico. Non le spiace oggi vedere i dem che rincorrono i Cinque Stelle?
“Non c’è dubbio: mi piange il cuore a vedere come il lavoro di tante persone che credevano in questa esperienza sia stato gettato alle ortiche. Eppure è questa la scelta esplicita di chi avendo vinto le primarie – seppur di poco – si accinge a liquidare una storia politica. Oggi ho letto l’intervista all’onorevole Scotto che, da neo entrato nel partito, ha pensato bene di annunciare urbi et orbi la fine della vocazione maggioritaria del Pd. Il fatto che gli ultimi arrivati si prendano il lusso di archiviare una storia di cui non hanno fatto parte è la conferma che il nuovo Pd non è più quello che facemmo nascere nel 2007″.
In un‘intervista al nostro giornale l’onorevole Scotto ha puntato il dito su chi “si stupisce che il Pd si comporti da partito di sinistra”. Che cosa ne pensa?
“Peccato che il Pd fosse un partito di centrosinistra e non di sinistra. Ci si dimentica di due esperienze fondamentali che portarono alla nascita del Partito democratico. La prima fu l’Ulivo, l’incontro volontario di tutti i riformismi che volevano modernizzare il Paese. L’Ulivo non nacque in una dimensione anti, ma in una dimensione pro.
Il Pd nacque invece dall’esperienza del secondo governo Prodi il quale fu costretto a fare i conti con un pezzo di sinistra velleitaria e massimalista di cui Scotto è l’erede. Fu proprio quel tipo di sinistra a far fallire, per ben due volte, l’esperienza del centrosinistra al Governo. E proprio da questi fatti nacque quel Pd a vocazione maggioritaria che oggi viene negato esplicitamente da chi ha vinto le primarie con il voto al gazebo e non quello degli iscritti. Il fatto che neppur si pensi di fare una sintesi ma si proceda per sostituzione è la dimostrazione di quello che sto dicendo. Io me ne sono andato perché si voleva sostituire la cultura di cui sono espressione, senza alcun tentativo di sintesi”.
Lei scrive che il Pd oggi ha come unica preoccupazione quella di mostrare di essere “tornato” dopo anni di presunto “tradimento”.
“Esatto. Peccato che i partiti non nascano dalla testa di Giove come Minerva, sono figli di una storia. Voler cancellare questa storia è tipico di quella cancel culture a cui ho fatto riferimento andandomene. Le storie e le culture non si cancellano, tutt’al più si ereditano e si interpretano. L’idea che il mondo del Pd sia iniziato con le primarie di quest’anno, e che così il partito possa tornare a una sorta di verginità è a metà strada tra l’ingenuo e il velleitario”.
Lei crede che Elly Schlein sia un’ingenua o che, al contrario, persegua degli obiettivi magari oggi poco chiari ma presenti?
“Questo non lo so. Non a caso ho fatto riferimento a tre ipotesi. La prima è che ci sia ingenuità, la seconda è che sia un disegno politico. La terza è l’ipotesi dadaista. Nel caso fosse questa l’interpretazione giusta, allora credo che i personaggi che hanno inventato la Schlein debbano «rammendare il vestito nuovo dell’imperatore». Altrimenti resteranno senza niente in mano”.