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Pupi Avati intervista a TAG 24: “Non tutto il cinema è cultura”



Pupi Avati intervista a TAG 24: “Non tutto il cinema è cultura”

Pupi Avati nella nostra intervista lancia una velata accusa al MIBACT verso il cinema in occasione di 100% Ugo a Torvajanica. Il grande regista ha ricordato con affetto l'amico e mattatore del cinema italiano.

Pupi Avati è uno dei maestri più apprezzati del cinema italiano e tra i tanti artisti con cui ha lavorato nel corso della sua carriera c’è anche il grande Ugo Tognazzi. Noi di TAG24 lo abbiamo incontrato a Torvajanica in occasione della serata inaugurale di 100% Ugo, la kermesse dedicata ad uno dei più grandi mattatori della nostra commedia. Pupi Avati nella nostra intervista non ha parlato soltanto del rapporto speciale che lo lega ad Ugo Tognazzi, ma anche del futuro del cinema e del suo lavoro su Dante che ha avuto il piacere e l’onore di presentare in anteprima ad un grande evento davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Maestro Pupi Avati, viene premiato in una serata in cui si celebra Ugo Tognazzi, che ricordo ha di questo magnifico artista?

“Credo di dovergli gran parte della mia carriera. Venivo da due insuccessi tremendi per i quali ero stato totalmente emarginato, lui invece aveva il box-office più alto di tutti con Amici Miei e Romanzo Popolare. Si offrì di venire a fare il mio film pagato a percentuale, un gesto da pazzo malato di mente. Grazie a quel film non mi sono più fermato mettendo in moto un motore che non si è più spento. Abbiamo fatto un secondo film assieme, un film sul calcio Ultimo Minuto che è uno dei suoi più belli. Il mio rapporto con lui è quello di una vita, quando lo venivo a trovare negli ultimi tempi con la depressione che incredibilmente negli ultimi tempi lo aveva raggiunto. Venire oggi a ripercorrere la strada che facevo allora per vederlo mi emoziona”.

Dato che ha presentato in anteprima Dante potremmo definire Ugo Tognazzi come un Dante degli attori italiani?

“Ugo Tognazzi è stato un precursore in molti approcci, a quello alla verità e all’esigenza di essere vero nei personaggi che interpretava. Tutto quello che era inverosimile ed assoluto lui lo rendeva vero. Lui ascoltava i giovani registi, uno su tutti Salce che se non avesse mai fatto il film con lui non sarebbe arrivato come Ferreri. Lui a differenza degli altri quattro colonnelli si gettava nella recitazione, gli altri ascoltavano gli agenti più che leggere i copioni”.

Quest’estate al cinema al box-office hanno avuto successo soltanto le vecchie rassegne nei multisala, qual è il problema sono i film a non andare più bene o i biglietti a costare troppo?

“Se io avessi la risposta probabilmente non sarei qui con lei (ride). Forse sarei in un’isola dei Caraibi. Non sappiamo quale sia il problema, sicuramente il cinema italiano è uscito dalle abitudini e le piattaforme hanno dato un contributo negativo su questo. Il 29 settembre uscirà il mio film su Dante Alighieri, è una scommessa che mi lascia in trepidazione”.

Che effetto le ha fatto vedere Sergio Mattarella all’anteprima del suo film su Dante, che come ha svelato, desiderava realizzare da molti anni?

“Non solo ho visto Sergio Mattarella, ma mi ha abbracciato commosso dicendo che è un capolavoro. Credo sia stato il momento più bello di tutta la mia carriera, la proiezione più commovente di tutti i film e della mia vita. Ho riconoscenza per un presidente illuminato, al quale è bastato ricevere una mia lettera per aderire all’invito e presentarsi con ai fianci la Casellati e dall’altra parte Fico. Difficilmente un mio collega potrebbe fare una cosa del genere”.

Cosa vorrebbe chiedere Pupi Avati al nuovo governo che uscirà dalle elezioni?

“Innanzitutto trovare il modo per distinguere il cinema perché non tutto è cultura, anzi l’80% non lo è e dobbiamo distinguere il cinema che ha bisogno di essere supportato da quello che invece non cambierebbe nulla se non venisse fatto. Questa distinzione non è mai stata fatta”.