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Tag: Tether

Tether lancia Alloy: vediamo cos’è e a cosa serve la nuova piattaforma

Tether, la società che provvede all’emissione della stablecoin USDT, ha lanciato una nuova piattaforma per il conio di token, Alloy, sulla Ethereum Virtual Machine. Grazie ad essa gli utenti sono in grado di creare una nuova categoria di asset digitali noti come tethered asset.

I beni in questione vanno a riflettere il prezzo di quelli di riferimento mediante strategie di stabilizzazione come la sovracollateralizzazione con asset liquidi e gli insiemi di liquidità del mercato secondario. Un approccio destinato a fornire valore e stabilità costanti, facendo progredire il settore dei Real World Asset (RWA).

Alloy: vediamo da vicino l’ultimo prodotto di Tether

È stato il CEO di Tether, Paolo Ardoino, a introdurre la nuova piattaforma. Lo ha fatto con queste parole, in un post pubblicato su X: “Alloy by Tether è una piattaforma aperta che consente di creare asset digitali sintetici collateralizzati e presto farà parte della nuova piattaforma di tokenizzazione degli asset digitali Tether, che verrà lanciata entro la fine dell’anno”.

Il primo asset disponibile sulla piattaforma è aUSDT, il cui prezzo è ancorato al dollaro USA. Gli investitori sono in grado di coniare un USDT depositando lo XAUT di Tether come garanzia. Secondo Tether, XAUT ha una capitalizzazione di mercato pari a 570 milioni di dollari ed è sostenuta dall’oro fisico immagazzinato in Svizzera.

Le modalità dell’operazione sono regolate attraverso smart contract compatibili con Ethereum. In particolare, il contratto intelligente di aUSDT va a tracciare tutte le garanzie collaterali e i token coniati, utilizzando gli oracoli dei prezzi. In tal modo è in grado di valutare costantemente il rapporto tra valore e moneta (MTV).

Il token aUSDT si rivolge agli utenti i quali desiderano utilizzare asset digitali per i pagamenti e le rimesse senza essere costretti a vendere i propri token supportati da oro. A spiegarlo è stato il comunicato stampa emesso per l’occasione da Tether. La posizione deve essere sovracollateralizzata, con una quantità di nuovi token che può arrivare al massimo al 75% rispetto al valore della garanzia.

La crescita dei Real World Asset (RWA)

Questo nuovo prodotto offerto da Tether va ad allinearsi alla tendenza crescente per la tokenizzazione di Real World Asset. Stando a quanto riportato da CoinGecko nel suo RWA 2024, i token legati ai beni hanno ormai raggiunto una capitalizzazione di mercato di 1,1 miliardi di dollari, con l’oro che resta il bene più popolare in assoluto.

I token di metalli preziosi come XAUT e PAX Gold (PAXG), in particolare, rappresentano l’83% della capitalizzazione di mercato dei token legati alle materie prime. Sostenuti dall’oro fisico, questi token riescono a offrire una riserva di valore ritenuta estremamente affidabile.

Per quanto riguarda Tether, questo nuovo sviluppo segna l’ennesimo passo dell’azienda teso a espandere i propri servizi. Una politica che è resa necessaria anche dalle problematiche che stanno sorgendo all’orizzonte per USDT, il suo prodotto di punta.

Quella che rappresenta la più grande stablecoin per valore di mercato, si trova infatti sotto attacco negli Stati Uniti e in Europa. Se negli USA l’insidia è ancora in fase di concretizzazione, sotto forma della nuova legge sulle stablecoin presentata da Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand, nell’eurozona USDT sarà praticamente fuori gioco dal prossimo mese di luglio.

A causarne il bando sarà l’entrata in vigore delle nuove norme introdotte dal Markets in Crypto Assets (MiCA). La nuova legge, infatti, impone degli standard che USDT non è in grado di garantire.

Proprio per cercare di ovviare alla situazione, l’azienda di Paolo Ardoino ha quindi iniziato una politica di diversificazione. Testimoniata dagli investimenti nel mining di bitcoin (BTC), nell’elaborazione dei pagamenti e nell’intelligenza artificiale (AI) tramite cloud computing.

Ad aprile, inoltre, il CEO ha delineato i piani relativi al lancio di una piattaforma di tokenizzazione in grado di facilitare la creazione di versioni digitali di una serie di asset, tra cui obbligazioni, azioni, fondi e punti fedeltà.

Tether supera la Germania nelle partecipazioni in titoli del Tesoro USA, stablecoin sempre più importanti per il sistema finanziario globale

Tether è stata spesso vita come un problema, per gli Stati Uniti. Un problema collegato al fatto che in più di un’occasione l’azienda non rispettava le dichiarazioni ufficiali sui dollari reali messi a garanzia di quelli emessi sotto forma di USDT.

La notizia che si è diffusa da poche ore potrebbe però spostare in maniera significativa la percezione dell’azienda agli occhi dell’opinione pubblica. Tether, infatti, ha superato la Germania nelle partecipazioni in titoli del Tesoro statunitense. Tanto da risultare al momento il 19° tra i maggiori detentori globali di titoli del Tesoro statunitense, davanti alla Germania e subito dopo la Corea del Sud.

Tether detiene ben 91 miliardi di titoli del Tesoro USA

Ammonta a ben 91 miliardi di dollari il corrispettivo di titoli del Tesoro USA detenuti da Tether. Un dato tale da porre l’azienda guidata da Paolo Ardoino al 19° posto tra i detentori degli stessi. Se sino ad oggi molti politici statunitensi hanno additato la società alla stregua di un pericolo, la realtà sembra profilarsi in maniera molto diversa.

La possibile riabilitazione di Tether, e un rapporto più disteso con la politica a stelle e strisce, potrebbero arrivare anche dalla constatazione di un mercato obbligazionario che sta mutando in maniera considerevole.

Basterebbe in effetti vedere il dato relativo alla Cina, per comprendere meglio quanto sta accadendo. Rispetto allo scorso anno, infatti, il gigante asiatico ha deciso di ridurre la propria esposizione da 869 a 767 miliardi di dollari. Mentre anche il Giappone, che detiene la quota maggiore in assoluto (1,2 mila miliardi di dollari) sta riconsiderando la sua e potrebbe decidere di ridurla per far fronte alla svalutazione dello yen.

Dismissioni le quali devono in un modo o nell’altro essere compensate. E chi, meglio delle stablecoin collegate in misura paritaria al dollaro USA potrebbe farlo? Una constatazione la quale, peraltro, fa capire meglio il crescente impatto delle stablecoin sulla scena finanziaria globale. Tanto da spingere più di qualcuno a porsi una precisa domanda: cosa potrebbe cambiare per Tether e le altre aziende che sono già entrate o stanno per entrare in questa particolare nicchia di mercato?

Tether, tra sospetti e proposte di legge che potrebbero intaccarne la posizione

Per Tether si tratta di un momento molto particolare. L’azienda, infatti, si trova nuovamente sotto attacco, anche se stavolta non per una questione collegata alle riserve di dollari effettivamente possedute. Gli attacchi in questione, infatti, riguardano l’utilizzo di USDT da parte delle bande criminali. In particolare quelle del sudest asiatico, che lo utilizzano per movimentare i capitali provenienti da attività illecite.

A testimoniarlo è stato di recente un rapporto elaborato dalle Nazioni Unite, cui l’azienda ha risposto con veemenza. Sin qui, però siamo ancora sul semplice danno d’immagine, tale da non implicare conseguenze finanziarie.

Quelle che invece potrebbero verificarsi nel caso in cui venisse portato avanti il disegno di legge presentato da Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand, proprio sulle stablecoin. Un provvedimento il quale mira a varare un quadro legislativo all’interno del quale questo genere di criptovalute siano in grado di proteggere realmente i consumatori.

Perché la legge sulle stablecoin potrebbe danneggiare USDT?

Se la protezione dei consumatori è naturalmente importante, c’è però una parte del provvedimento in questione che rischia di mutare in profondità il quadro. La nuova legge, infatti, renderebbe possibile l’ingresso delle banche nel settore. Banche che, però, non possono detenere asset riconducibili ad entità estere.

Tether, in effetti, è proprio una di esse. Le banche interessate, di conseguenza, dovrebbero dismettere le proprie partecipazioni in USDT. Se è vero che l’azienda afferma di poter far fronte agevolmente a questa ipotesi, ha comunque già iniziato a guardarsi intorno per riuscire a diversificare il proprio portafogli d’investimento. Individuando l’intelligenza artificiale come possibile campo di espansione.

Resta naturalmente da capire quale incidenza potrebbe avere la legge Lummis-Gillibrand sulle partecipazioni in titoli del Tesoro USA di Tether. Considerato quanto sta accadendo, ovvero le dismissioni di quelle cinesi e quelle possibili del Giappone, la domanda è sempre più attuale.

Tether, nel primo trimestre dell’anno registra utili per 4,52 miliardi di dollari

Oltre quattro miliardi e mezzo di utili: questo è il risultato fatto registrare da Tether nel corso del primo quadrimestre dell’anno in corso. Il dato è contenuto all’interno della relazione sul periodo in considerazione e fa capire in maniera eloquente lo stato di salute dell’azienda.

Nello stesso periodo, il patrimonio netto si è attestato a quota 11,37 miliardi di dollari, mentre l’emissione è pari a 12,5 miliardi di USDT. Dati che sono stati attestati da BDO, una società di revisione contabile indipendente. Il risultato è stato ottenuto per un miliardo dalle operazioni collegate direttamente alla stablecoin, in particolare tramite i titoli del Tesoro statunitense. Il resto è invece frutto della rivalutazione degli investimenti effettuati da Tether in oro e Bitcoin.

Un trimestre eccellente, per Tether

Per capire il risultato conseguito da Tether nel corso del primo trimestre del 2024, basta partire da un dato: alla fine dell’anno passato il suo patrimonio netto ammontava a sette miliardi di dollari.

È stato Paolo Ardoino, il CEO dell’azienda, a commentare il risultato conseguito. Ha infatti affermato: “nel riportare non solo la composizione delle nostre riserve, ma ora anche il patrimonio netto del gruppo, di 11,37 miliardi di dollari, Tether sta ancora una volta alzando l’asticella nell’industria delle criptovalute in termini di trasparenza e fiducia.”

Altro dato di grande interesse è poi quello relativo alle riserve. Tether, infatti, rende nota l’esposizione a oltre 90 miliardi di dollari in titoli di Stato statunitensi, registrati sotto forma di contanti ed equivalenti di cassa. Ciò si traduce nella copertura del 90% dei token emessi con titoli caratterizzati da alta liquidità. Tali da poter garantire il rimborso rapido degli USDT emessi.

Un risultato non proprio scontato, considerati i tanti sospetti, più di una volta giustificati, sulla mancata copertura dei token emessi. E che, soprattutto, potrebbe diventare difficilmente ripetibile nel caso fosse approvato il Lummis-Gillibrand Payment Stablecoin Act presentato alla metà del mese passato.

La nuova legge sulle stablecoin potrebbe colpire con forza Tether

Il provvedimento presentato dalle due senatrici Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand, si propone di delineare i paletti entro i quali dovrebbero operare le stablecoin. I punti qualificanti del provvedimento sono il divieto a quelle algoritmiche e la sicurezza delle riserve a garanzia dei token emessi.

A giovarsi del nuovo quadro sarebbero le banche, cui sarebbe permessa l’entrata nel settore. Mentre a rimetterci, secondo gli osservatori, potrebbe essere proprio Tether. In particolare, il suo non essere un’entità statunitense potrebbe contribuire ad eroderne la posizione di dominio sinora esercitata tra le stablecoin.

Ad affermarlo è un rapporto pubblicato dagli analisti di S&P Global Ratings. A loro detta, infatti, la legge darebbe un vantaggio competitivo alle banche. Tutto ciò, “potrebbe anche ridurre il dominio di Tether nel mercato globale delle stablecoin”. Il motivo di questa previsione è da collegare proprio al fatto che le banche statunitensi non possono effettuare transazioni collegate a stablecoin non riconducibili a entità estere. Di conseguenza andrebbero a ridurre la domanda di USDT.

Intanto Tether sta diversificando gli investimenti

Al tempo stesso, occorre ricordare che già ora Tether effettua una parte maggioritaria delle proprie operazioni all’estero. Operazioni che avvengono in gran parte sulla blockchain di Tron, dando il destro all’ONU di indicare USDT come lo strumento preferito per il riciclaggio di denaro e le frodi informatiche che avvengono nel sud-est asiatico.

Nel frattempo, l’azienda sta investendo in maniera massiccia per cercare di diversificare il proprio modello di business. In particolare lo sta facendo nel settore dell’intelligenza artificiale, nel mining di Bitcoin e nella produzione di energia pulita.

Inoltre ha investito 200 milioni di dollari in Blackrock Neurotech, azienda impegnata nella costruzione di interfacce cervello computer (BCI). Mosse che potrebbero aiutarla a reggere meglio il contraccolpo di una nuova normativa USA sulle stablecoin.

Il Venezuela punta su Tether per aggirare le sanzioni

Il Venezuela è uno dei Paesi che ormai da anni è oggetto di pesanti sanzioni da parte degli Stati Uniti e dei Paesi ad essi alleati. Sanzioni le quali hanno avuto notevoli ripercussioni sull’economia locale, spingendo il governo a cercare modi concreti per poterle aggirare, sin dove possibile.

Tra quelli che sono al momento esplorate da Caracas, ci sono naturalmente anche le criptovalute e l’utilizzo della blockchain. Proprio in tema di innovazione finanziaria, l’ultima novità che arriva dal Venezuela riguarda Tether. La stablecoin emessa dalla società, USDT, la più grande a livello globale, è infatti utilizzata dalla compagnia petrolifera statale venezuelana, PDVSA, per sottrarsi alle nuove sanzioni imposte da Washington.

Il Venezuela utilizza USDT contro le sanzioni

Utilizzare la più grande stablecoin, USDT, per aggirare le sanzioni degli Stati Uniti. Questa è la linea d’azione adottata da PDVSA, naturalmente con il beneplacito del governo venezuelano, che è ormai da tempo impegnato ne tentativo di ravvisare strumenti idonei in tal senso.

La speranza è che il provvedimento abbia più fortuna rispetto al Petro, la criptovaluta lanciata dal presidente Maduro nel 2018. Anche allora il provvedimento venne adottato in qualità di risposta all’embargo statunitense, senza però grande successo. Nonostante il gradimento di un gran numero di venezuelani per le criptovalute, individuate come lo strumento ideale per combattere i livelli inflattivi troppo elevati, Petro non è mai riuscito a decollare realmente.

La criptovaluta di Stato del Venezuela non è infatti mai stata accettata negli exchange ed è lentamente deperita, sino ad essere messa in disparte proprio all’inizio dell’anno. Ne sono nate nuove discussioni sul modo di ovviare al problema, che hanno ora avuto una prima risposta, con l’utilizzo di USDT.

Il suo utilizzo, peraltro, andrebbe a confermare quello che già si sapeva sulla stablecoin di Tether. Il token ancorato paritariamente al dollaro statunitense, è infatti sempre più utilizzato per bypassare l’impianto sanzionatorio predisposto dal governo di Washington. Un vero e proprio paradosso, in quanto le stablecoin, iniziando proprio da USDT, sono viste come un sostegno alla forza del biglietto verde.

La conferma della Nazioni Unite

L’utilizzo di USDT per aggirare le sanzioni USA è ormai una consuetudine. Proprio di recente, infatti, sono apparse notizie relative al fatto che anche la Russia vi avrebbe fatto ricorso, per sottrarsi alle conseguenze dell’embargo da parte dei Paesi occidentali.

Ad affermare questo dato dato di fatto è stato il vicesegretario del Tesoro degli Stati Uniti, all’interno di un rapporto elaborato dal ministero e basato su affermazioni della Central Intelligence Agency (CIA). Tanto da spingere il governo statunitense a riflettere su una struttura in grado di porre rimedio in tal senso.

Occorre anche sottolineare come USDT sia largamente utilizzato da chi intende movimentare soldi restando fuori dal radar di soggetti istituzionali. A confermare il trend è un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite, in base al quale Tether è sempre più utilizzato in varie parti del globo. A partire dal sud-est asiatico, ove USDT è visto come uno strumento ideale per riciclare denaro e condurre attività criminali. Andando in tal modo a sfatare il mito che sia il Bitcoin il preferito dai criminali.

Basti pensare che la stablecoin regina è stata utilizzata nel corso del 2023 all’interno di transazioni illegali per un importo pari a 19,3 miliardi di dollari. Dato che è peraltro inferiore rispetto ai 24,7 miliardi di dollari dell’anno precedente.

Il governo di Washinton potrebbe procedere contro Tether?

Secondo, un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, la stablecoin è poi sempre più utilizzata nelle truffe informatiche. In particolare domina nella cosiddetta “macellazione del maiale”, la creazione di legami sentimentali fittizi su cui basare il raggiro. Accuse che hanno naturalmente suscitato fastidio in Tether, che si trova in pratica nella stessa situazione del Bitcoin di qualche anno fa.

In questo caso, però, la preoccupazione è che il governo statunitense decida di colpire l’azienda. A rendere meno probabile un intervento è però proprio la constatazione dell’importanza di USDT nel sostegno al dollaro statunitense. Colpendo Tether, in pratica, il governo di Washington potrebbe danneggiare uno degli strumenti su cui fonda la sua traballante leadership globale.

Tether si appresta a lanciare una piattaforma di tokenizzazione multi-chain

Tether si accinge a rilasciare una piattaforma di tokenizzazione multi-chain sviluppata al proprio interno. Ad annunciare l’evento è stato il suo CEO, Paolo Ardoino, con un post pubblicato sui social media, dal quale trapela grande entusiasmo. Secondo il numero uno dell’azienda, infatti, la nuova piattaforma sarebbe in grado di trasformare qualsiasi cosa in un token, si tratti di azioni, obbligazioni, fondi o punti premio.

Tether: presto sarà resa disponibile una piattaforma in grado di tokenizzare qualsiasi cosa

Tether, la società che si muove alle spalle della principale stablecoin esistente, USDT, si appresta a lanciare una piattaforma in grado di tokenizzare di tutto. Almeno questa è l’impegnativa promessa formulata dal suo CEO, Paolo Ardoino, sui social media.

Se il nome della piattaforma non è ancora stato deciso, quello che lo stesso Ardoino non si premura di nascondere sono le grandi aspettative per il suo varo. Tanto da definirla, senza tanti infingimenti, “un capolavoro”.

Stando a quanto da lui stesso annunciato, si tratterò di una soluzione non custodial (non necessita del rilascio delle chiavi private da parte degli utenti), multi-chain, in grado di trattare gli asset più disparati e disponibile per la massima personalizzazione. Una serie di caratteristiche tali da farne uno strumento ideale per le piccole e medie aziende le quali intendono accedere alla tecnologia blockchain, ma sono spesso sconsigliate da prezzi elevati e difficoltà d’uso.

Proprio Ardoino è stato molto chiaro nell’indicare ciò che può fare la nuova piattaforma: “È in grado di tokenizzare qualsiasi cosa, dalle obbligazioni, azioni o fondi ai punti premio dei caffè. Un white-label della nostra tecnologia che supporta USDT, un asset da oltre 107B.”

Il collegamento con Bitfinex Securities

La nuova piattaforma, stando a quanto dichiarato da Ardoino, sarà collegata a Bitfinex Securities. Si tratta di una società recentemente creata in El Salvador, anch’essa dedicata alla tokenizzazione dei titoli. Il governo locale intende utilizzarla per il lancio dei cosiddetti bond vulcanici e Ardoino, ha affermato al suo riguardo: “Bitfinex Securities ha una piattaforma di raccolta capitali e mercati secondari di prima classe per titoli digitali. Una combinazione perfetta.”

La piattaforma è già operante nel piccolo Paese del Centro America, ove ha avuto modo di partecipare di recente ad un’emissione di debito tokenizzato teso alla costruzione e allo sviluppo di un nuovo complesso alberghiero Hampton by Hilton. La struttura sarà costruita nelle vicinanze dell’aeroporto della capitale, San Salvador, nell’ambito di un ambizioso piano teso a fare di El Salvador una sorta di crypto-Stato. Un’ambizione, quella del presidente Nayib Bukele, che vede proprio Tether tra i possibili interlocutori.

Il dinamismo di Tether

La nuova piattaforma per la tokenizzazione multi-chain testimonia ancora una volta il dinamismo di Tether. L’azienda, infatti, proprio di recente ha affermato la sua intenzione di virare in direzione dell’intelligenza artificiale.

Per farlo ha iniziato il reclutamento di personale in grado di condurre lavori in tal senso. Lavori i quali, come è del resto consuetudine, sono indicati dall’azienda come il risultato della voglia di democratizzare l’intelligenza artificiale. Tether Data, questo il nome della nuova struttura, avrà il compito di fornire un apporto in grado di incentivare la privacy e la trasparenza nello sviluppo di modelli di intelligenza artificiale.

Un dinamismo del resto premiato dal mercato. Proprio di recente, infatti, Tether ha varcato la soglia dei 100 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione di mercato. Un traguardo raggiunto nonostante le forti critiche sollevate nei suoi confronti da più parti. In particolare, quelle relative all’opacità dei comportamenti tenuti nel corso del tempo per quanto riguarda le riserve a garanzia degli USDT emessi. Critiche che si aggiungono ai dubbi sollevati dai rapporti con Tron, derivanti dal fatto che la metà degli stessi sono depositati sulla blockchain di Justin Sun.

USDT, la Russia lo utilizzerebbe per aggirare le sanzioni

La Russia starebbe utilizzando USDT, la stablecoin di Tether, per aggirare le sanzioni occidentali. Ad affermarlo è il vicesegretario del Tesoro degli Stati Uniti, all’interno di un rapporto elaborato dal ministero e basato su affermazioni della Central Intelligence Agency (CIA). Un’affermazione la quale non dovrebbe rappresentare un’eccessiva sorpresa, alla luce del fatto che USDT è stata la stablecoin più utilizzata in assoluto per le attività di carattere illegale, nel corso degli ultimi dodici mesi.

USDT, la Russia la utilizza per aggirare le sanzioni

Secondo la CIA, tra gli strumenti utilizzati dalla Russia per finanziare il proprio poderoso apparato militare ed eludere le sanzioni di Stati Uniti e Paesi alleati, ci sarebbero sempre più metodi di pagamento alternativi. Un novero in cui spicca la presenza di USDT, la stablecoin lanciata da Tether e ancorata in rapporto prioritario al dollaro statunitense.

Ad affermarlo è uno studio pubblicato dal Ministero del Tesoro degli Stati Uniti, ripreso dal vicesegretario al Tesoro di fronte alla commissione del Senato per gli affari bancari, abitativi e urbani. Nel corso di una audizione, infatti, ha sostenuto che la Russia sta sfruttando sempre di più gli USDT per eludere le sanzioni economiche. Una constatazione che lo ha poi spinto a sottolineare l’importanza di dare vita ad una struttura esecutiva in grado di porre fine a questo tipo di attività. A renderla tale il fatto che gli asset digitali siano sempre più usati da gruppi terroristici, Stati canaglia e organizzazioni criminali transnazionali.

Il caso di USDT è emblematico in tal senso. Il token, infatti, è stato utilizzato nel corso del 2023 all’interno di transazioni illegali il cui importo è stato pari a 19,3 miliardi di dollari. Un dato che è comunque in calo rispetto ai 24,7 miliardi di dollari dell’anno precedente.

La conferma delle Nazioni Unite

A confermare i dati del Tesoro USA è anche una recente relazione stilata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Secondo i tecnici dell’organizzazione, infatti, i riciclatori di denaro e i truffatori del sud-est asiatico starebbero utilizzando sempre più spesso Tether.

Inoltre, un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine sottolinea l’allarmante aumento delle truffe informatiche che ne prevedono l’impiego. In particolare in quella nota come “macellazione del maiale”, consistente nella creazione di legami sentimentali fittizi su cui basare il raggiro.

Un trend che sembra complicato spezzare proprio per la mancanza di un quadro di regole condivise a livello globale. La situazione che ne consegue lascia quindi spazi vuoti in cui vanno a infilarsi agevolmente tutti coloro che necessitano di spostare risorse illegali.

Perché USDT viene usato dalle organizzazioni criminali?

Sino a qualche anno fa, la tesi prevalente indicava in Bitcoin e privacy coin gli strumenti privilegiati dall’economia criminale. Una tesi suffragata dal fatto che sia l’uno che le altre fanno della riservatezza un punto di forza e un caposaldo ideologico.

Ora, però, la realtà sembra indicare altri strumenti, a partire proprio dalle stablecoin, USDT in testa. Una lunga serie di rapporti indicano il rapido mutamento della situazione, di cui le agenzie governative devono tenere conto.

Le reti criminali di ogni parte del globo, in effetti, stanno dando vita ad vero e proprio un sistema finanziario concorrente. Per farlo stanno facendo leva proprio sulle caratteristiche di Tether, ovvero la velocità e l’irreversibilità delle transazioni.

Una nuova realtà segnalata del resto dall’ONU, che non ha esitato a lanciare un avvertimento su un ecosistema criminale sovralimentato. Accompagnato da un’esortazione, quella di un quadro normativo in cui inserire le criptovalute e impedire che possano favorire l’economia criminale. Un appello che, però, almeno negli Stati Uniti è caduto sinora nel vuoto, anche a causa della contrarietà di Blockchain Association e aziende operanti nel settore dell’innovazione finanziaria.

Tether fa rotta sull’intelligenza artificiale

L’annuncio della fusione tra tre crypto AI (Fetch.AI, Ocean Protocol e SingularityNET) per dare vita ad un solo protocollo, Artificial SuperIntelligence, sembra aver dato uno scossone al settore. La conferma arriva dalla notizia relativa a Tether, la società che gestisce la più grande stablecoin esistente, USDT. L’azienda capeggiata da Paolo Ardoino, infatti, ha appena annunciato la sua intenzione di espandersi nell’universo dell’Intelligenza Artificiale (AI). Un annuncio che ha destato naturalmente grande interesse, considerata l’importanza ormai acquisita da Tether.

Tether intende espandersi nell’AI

Tether ha annunciato la sua intenzione di espandere il suo raggio d’azione nel settore dell’intelligenza artificiale. Ennesima conferma dell’interazione tra questa e innovazione finanziaria, una tendenza in atto da tempo che sta però assumendo una velocità sempre più elevata.

Per farlo al meglio, Tether ha già iniziato a reclutare talenti di alto livello, cui sarà affidato il compito di promuovere al meglio non solo l’accessibilità all’AI, ma anche i suoi livelli di efficienza. Una decisione abbastanza sorprendente, ma tale da testimoniare il sempre più forte interesse della blockchain per un settore che dopo il varo di ChatGPT ha calamitato molti appetiti, a partire da quello delle Big Tech, che vorrebbero naturalmente monopolizzarlo.

Anche Tether, nell’annunciare il suo impegno, ha voluto mettere in risalto il suo intento di democratizzazione dell’intelligenza artificiale. Non è difficile immaginare che il richiamo è alle manovre condotte dalle grandi aziende tecnologiche per controllare in maniera ferrea anche questo nuovo bisuness.

Tether Data, cosa si propone

Per condurre al meglio i lavori nel settore dell’intelligenza artificiale, è stata quindi istituita una nuova divisione all’interno dell’azienda. Si chiama Tether Data e il suo compito sarà quello di fornire una apporto in grado di incentivare la privacy e la trasparenza nello sviluppo di modelli di intelligenza artificiale.

Un richiamo importante, quest’ultimo, considerato quanto sta accadendo a WorldCoin, il progetto di Sam Altman, in piena rotta con un gran numero di autorità di ogni parte del mondo proprio per la mancanza di trasparenza nella raccolta e nella gestione dei dati.

L’espansione immaginata da Tether intende condurre l’azienda ad assumere un ruolo di vero e proprio pioniere per quanto concerne lo sviluppo di modelli di AI multimodali e open source. Per riuscirci sono previste nuove collaborazioni, tese a integrare le nuove soluzioni ideate nei prodotti riservati al mercato.

Nel presentare i nuovi progetti nel settore dell’AI, Paolo Ardoino, il CEO di Tether, si è espresso in questo modo: “L’intelligenza artificiale è pronta a rivoluzionare quasi ogni aspetto della nostra vita, sia nel mondo reale che in quello digitale. Il nostro investimento in Northern Data Group, noto per le tecnologie resilienti e ad alte prestazioni, si allinea perfettamente con la nostra visione. L’annuncio di oggi istituisce una nuova divisione all’interno di Tether, che ridefinisce i confini dell’AI e la democratizza rendendola aperta e rispettosa della privacy, stabilendo al contempo i parametri di riferimento del settore per l’innovazione, l’utilità e la trasparenza.”

La blockchain è sempre più interessata all’intelligenza artificiale

L’annuncio di Tether arriva a poche ore di distanza da quello relativo al merge tra tre dei maggiori progetti di crypto AI. Proprio la decisione di dar luogo ad un gigante da quindici miliardi di capitalizzazione, Artificial SuperIntelligence, ha dato una improvvisa accelerazione alla situazione, tanto da indurre più di qualcuno a chiedersi il motivo della stessa.

La risposta sembra da ricondurre proprio all’aggressività con cui le Big Tech stanno cercando di porre la loro ingombrante tutela sull’intelligenza artificiale. Un tentativo chiaramente rivolto a monopolizzare un nuovo ambito il quale promette molto da un punto di vista prettamente commerciale.

Per cercare di impedire un esito di questo genere le aziende dell’innovazione finanziaria hanno perciò deciso di non restare a guardare, con Tether, in particolare, che sembra avere la forza per provare a resistere a quella delle Big Tech.

Tether ora vale 100 miliardi di dollari, nonostante le critiche

Tether ha superato quota 100 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione di mercato. Lo ha fatto nella giornata di ieri, almeno stando ai dati di CoinGecko, aumentando il divario rispetto alla seconda stablecoin più importante, USD Coin, che è sua volta attestata a 71 miliardi di dollari.

Se altre fonti, ad esempio CoinMarketCap, forniscono dati leggermente diversi, la sostanza non cambia: Tether è cresciuta nell’ordine del 9% dall’inizio dell’anno. E promette di continuare questo trend positivo anche nel futuro, nonostante le tante critiche che attira ormai da anni.

Tether, il futuro si presenta roseo

Tether è una stablecoin, ovvero una criptovaluta che si propone di superare la tradizionale volatilità di Bitcoin e Altcoin. Per farlo stabilisce un ancoraggio paritario con il dollaro statunitense: per ogni dollaro virtuale che emette, ce n’è uno reale a garanzia, nelle sue riserve. O almeno ci dovrebbe essere, considerato che più volte, nel passato più o meno recente, tale garanzia era soltanto teorica.

Oltre al fatto che più di una volta Tether ha mancato al suo dovere di avere a riserva la stessa quantità di denaro digitale emesso, c’è un altro aspetto che preoccupa non poco gli osservatori. Ovvero la qualità degli asset reali messi a garanzia dall’azienda.

Tether, infatti, ha una tesoriera che è costituita per buona parte da buoni del tesoro statunitensi (T-Bills), in pratica prestiti a breve termine concessi al governo di Washington. Il rapporto sul quarto trimestre dell’anno appena terminato ha rivelato una disponibilità di T-Bills tale da superare gli 80 miliardi di dollari. Un dato tale da fare della società uno dei principali acquirenti di debito pubblico statunitense a livello globale.

Una promessa disattesa

Di fronte alle perplessità espresse da più parti, Tether alla fine del 2022 aveva fornito ampie rassicurazioni sulla sua intenzione di mutare rotta. In particolare, aveva promesso che entro la fine del 2023 avrebbe cessato la sua attività di prestatore condotta attingendo dalle proprie riserve.

Una promessa che, però, è stata ampiamente disattesa. Sono infatti 4,8 i miliardi di prestiti presenti nei libri contabili dell’azienda. In pratica, nel periodo in esame soltanto un miliardo di dollari in meno rispetto al livello del 2022.

Se anche i prestiti sarebbero del tutto garantiti, resta un livello di rischio che è quello tipico dell’attività creditizia. Rischio che va contro la premessa di stabilità che Tether si prefigge con la sua stablecoin. Inoltre, la promessa di azzerare il dato entro la fine dell’anno non sembra molto attendibile, alla luce di quella precedente.

Tether e i rapporti con Tron

C’è poi un altro dato che lascia molto perplessi gli osservatori. Circa la metà degli USDT attualmente in circolazione, infatti, sono depositati su Tron. Ovvero sulla blockchain che, almeno stando ad uno studio pubblicato dalle Nazioni Unite, costituisce la scelta privilegiata per il riciclaggio di denaro e le frodi informatiche che avvengono nel sud-est asiatico.

Di fronte a questa accusa, Tether ha risposto in maniera veemente. In particolare ha affermato che il rapporto ONU non ha menzionato la facile tracciabilità dei movimenti di USDT. Ricordando inoltre la continua collaborazione fornita alle forze dell’ordine dedite al contrasto nei confronti della criminalità informatica.

Lo studio delle Nazioni Unite rappresenta soltanto l’ultimo atto di un complicato rapporto con le istituzioni. Basti ricordare in tal senso quello che stato indicato come scandalo Bitfinex-Tether, scoppiato nel 2019, quando il procuratore generale dello Stato di New York, Laetitia James, decise di procedere contro l’azienda.

Mentre risale a due anni più tardi la multa emessa dalla Commodity Futures Trading Commission (CFTC) degli Stati Uniti, per 41 milioni di dollari. La motivazione alla base del provvedimento erano le false dichiarazioni dell’azienda sulla consistenza delle sue riserve garantite per legge. In particolare, nel periodo compreso tra il 1 giugno 2016 e il 25 febbraio 2019, gli USDT emessi da Tether non erano completamente coperti da dollari statunitensi.