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Tag: stefano bisi

Nico Piro, un inviato di guerra molto speciale

Inviato di guerra. Non ce ne sono moltissimi ma alcuni sì, però Nico Piro, giornalista della Rai, è un inviato di guerra, speciale. In un libro uscito in questi giorni racconta la sua storia. Il titolo, “Uno strano dono-Storia di un giornalista di guerra che ha imparato a fare pace con la disabilità”, è un invito a leggere questa storia particolare. “Sono nato così, morirò così, – scrive Piro – e qualsiasi cosa abbia fatto nella mia vita, l’ho sempre fatta così come sono. E credetemi: ho messo la faccia dove molti di voi normali non mettereste nemmeno i piedi”. Nico Piro è un giornalista di guerra che è stato sui fronti più difficili del mondo contemporaneo: dall’Afghanistan al Donbass. Ma è anche uno dei pochi inviati in area di crisi con una disabilità motoria che lo accompagna dalla nascita e di cui fino ad ora non aveva voluto parlare. Una scelta caparbia cui ha tenuto fede per evitare che il giudizio sul suo lavoro fosse influenzato.

La storia del giornalista con disabilità motoria ma con tanto coraggio

Ma dopo quasi trentacinque anni di carriera ha deciso di raccontare la sua condizione, in un memoir tagliente e toccante in cui racconta come ha imparato a convivere con questa diversità, e come un problema dalla nascita si può trasformare in uno strano dono che ti fa apprezzare la vita e ti porta a viverla al meglio. Una volta mi raccontò che i suoi due figli piccoli volevano entrare nella valigia che preparava al momento della partenza per la guerra. Da brividi.

Stefano Bisi

Il Gabbione, una pagina di letteratura sportiva

Enrico Capecchi, morto a 89 anni, non lo trovate nelle enciclopedie del calcio ma il quotidiano “Il Tirreno” gli dedica un articolo, una pagina bellissima di letteratura sportiva perché è tra gli inventori del Gabbione, “un moderno Colosseo di 25 metri per dieci dove la palla non esce mai, dove la sponda diventa la migliore delle amanti se la giocata ti riesce o la nemica più acerrima se la palla non te la restituisce come tu vorresti”.

“Oggi siamo qui, tristi, malinconici, con la lacrima a stento repressa, a dire grazie ad Enrico Capecchi, che del gabbione fu uno dei padri fondatori, dei padri costituenti. Enrico se n’è andato a 89 anni, dopo una vita spesa a inseguir palloni, livornese puro, sanguigno: il suo era il calcio di dominio mentale, prima che tecnico, che condivideva con i sodali degli anni ruggenti: Costanzo Balleri, Mauro Lessi, e soprattutto Armando Picchi. A loro, che di calcio non erano mai sazi, nemmeno dopo stagioni consumate a vincer Coppe dei Campioni o masticare il pane duro del calcio di provincia, l’estate di mollezze, bagni, tintarella e partite a scopone non bastava, non poteva bastare”.

Se n’è andato Enrico Capecchi, uno dei padri fondatori

Il giornale ricorda che i “Bagni Fiume furono il laboratorio, la bottega del Verrocchio dove Leonardo da Vinci-Picchi immaginò il capolavoro: il campetto da basket in cemento, utilizzato dai boys livornesi tra un bagno e l’altro, venne trasformato proprio dal capitano dell’invincibile Inter in un’arena con tanto di rete di recinzione e porte piccolissime, dove il gol era un Sacro Graal da conquistare, roba per piedi goniometrici”. Anche Massimiliano Allegri ha imparato a giocare al Gabbione dove anche i campioni della Grande Inter provarono ad esibirsi.

Stefano Bisi

Spiragli di giustizia per i cittadini diffamati da anonimi

Tanti cittadini diffamati su Telegram hanno tirato un sospiro di sollievo quando hanno letto la notizia che il patron della piattaforma, Pavel Durov, a meno di un mese dall’arresto in Francia, ha pubblicato sul suo social un post in cui comunica il cambiamento di policy nei termini di contratto del servizio fornito dalla piattaforma social. L’app di messaggistica, fornirà gli indirizzi IP e i numeri di telefono degli utenti alle autorità competenti nel caso di valide richieste legali. Lo scopo, come dichiara lo stesso Durov, è scoraggiarne l’uso criminale.

La svolta annunciata da Telegram dopo tante querele e l’arresto di Durov

In tanti si erano rivolti alla polizia postale per denunciare le offese ricevute da anonimi leprotti da tastiera ma le autorità, nonostante l’impegno, poche volte sono riusciti a individuare i responsabili per la reticenza di chi gestisce la piattaforma.

Per Telegram si tratta di un cambiamento significativo della precedente politica. Per Rainews “la piattaforma non si era mai dimostrata molto collaborativa con le autorità in nessuna parte del mondo, cosa che aveva spesso consentito l’utilizzo dell’app di messaggistica da parte di gruppi criminali ed estremisti. Da ora, grazie all’intelligenza artificiale e a un team di moderatori, Telegram ha iniziato a nascondere i contenuti problematici dai risultati di ricerca per prevenire abusi”. Per i cittadini diffamati si aprono spiragli di giustizia.

Stefano Bisi

Il ministro della Cultura può mettere bocca

Sul neoministro della cultura Alessandro Giuli, reduce dal G7 di Pompei, ci sono molte aspettative. Intanto molti vogliono conoscerlo meglio e a questo proposito si segnala una sua intervista al mensile Espansione rilasciata proprio nella fase di passaggio da presidente del Maxxi a ministro e un commento di Artribune.com. “Dopo le felicitazioni al neoministro – scrive il sito -, ci sono le aspettative nei suoi confronti. Delle aspettative un po’ utopistiche, ammettiamolo. Astratte e visionarie. Però una speranza la custodiamo, la speranza di avere un ministro della Cultura rompiscatole e interventista anche su settori che apparentemente non gli competono. Ma sottolineiamo apparentemente. Perché, specie in Italia, cos’è che non ha a che fare con la cultura? Quasi nulla a dire il vero”.

Può parlare su trasporti, sviluppo economico e ricerca

“E allora l’auspicio – aggiunge – è di scoprire che questo nuovo ministro, sfruttando il suo profilo tecnico, la sua età più bassa rispetto alla media del Governo e la sua reputazione non compromessa, intervenga dovunque a campo libero, sorprendendoci con un attivismo puntuale e fastidiosetto. Lasciandosi alle spalle la narrazione di un ministero della Cultura subalterno, marginale, di seconda o di terza fascia. Tra le altre cose, chi se non il ministro della Cultura italiano ha più titolo di intervenire, di mettere bocca, di immischiarsi nelle faccende del Paese? Quali? Ma grossomodo tutte. Dalla ricerca ai trasporti, dalla scuola allo sviluppo economico”. Non resta che mettersi all’opera e Giuli ha cominciato a districarsi tra stanze e uffici del ministero voluto da Giovanni Spadolini.

Stefano Bisi

Marco Frittella rivela la sua anima green

Marco Frittella, uno dei volti più conosciuti della televisione italiana, da qualche tempo ha rivelato un’anima green, come testimoniato da un’intervista al mensile Espansione.

Il popolare giornalista dice quali sono le sfide principali che l’Italia deve affrontare per una transizione ecologica efficace: “Da tempo è incamminata sulla strada della transizione green. Il nostro Paese raggiunge risultati che pochi conoscono ma che sono estremamente significativi: la media nazionale di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti è tuttora il doppio di quella europea. Ci sono settori – penso all’olio esausto, alla carta, all’alluminio – in cui,  grazie all’opera meritoria dei consorzi obbligatori, l’Italia sul recupero della materia prima  ha già raggiunto e superato i target europei del 2030”. 

Aziende, università, associazioni in campo per la transizione energetica

Secondo Frittella “c’è una rete formidabile di aziende, università ed enti di ricerca, consorzi, associazioni di volontariato che fanno dell’Italia un campione europeo dell’economia circolare.  Sulla transizione energetica e l’implementazione delle fonti rinnovabili  il discorso è più accidentato: abbiamo ripreso a camminare dopo fasi di primato assoluto e  periodi di arretramento dovuti anche ad una politica bizzarra degli incentivi”.

Bizzarra e un po’ caotica ma oltre agli incentivi bisogna far maturare una coscienza ambientalista, soprattutto tra i più piccoli.

Stefano Bisi

Travolti dalle immagini nella Lezione di Italo Calvino

“Viviamo sotto una pioggia ininterrotta d’immagini; i più potenti media non fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso una fantasmagoria di giochi di specchi…Gran parte di questa nuvola di immagini si dissolve immediatamente come i sogni che non lasciano traccia nella memoria; ma non si dissolve una sensazione d’estraneità e di disagio”. Sono parole che sembrano scritte oggi quelle di Italo Calvino, morto il 19 settembre del 1985, e pubblicate in “Lezioni americane. Serio proposte per il prossimo millennio”, un libro di Italo Calvino basato su una serie di lezioni preparate in vista di un ciclo di sei discorsi da tenere all’Università di Harvard per l’anno accademico 1985-1986. Fu pubblicato postumo nel 1988.

Il libro dello scrittore pubblicato postumo tre anni dopo la morte avvenuta il 19 settembre 1985

E’ da rileggere. L’ordine delle lezioni non è casuale e parte dalla caratteristica che Calvino considera la leggerezza. Poi la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza. Quest’ultima era solo stata pensata perché questo grande personaggio del Novecento, immortale, non fece in tempo a scriverla perché sopraggiunse la morte.

Stefano Bisi

Maurizio Schillaci, quel campione che ora dribbla la miseria

Di Maurizio Schillaci un giorno Zdenek Zeman disse che era il calciatore più bravo di quelli che lui aveva allenato ma non è stato fortunato. La sua storia, triste e drammatica, è stata portata di nuovo alla ribalta da PalermoToday. “La sua parabola all’ingiù diventò nota nel 2013 quando fu svelato il suo status di clochard. Lui, ex ala tutta dribbling ed estro con una parentesi sfortunata alla Lazio, oggi ha 62 anni e anche le sue condizioni di salute degli ultimi giorni stanno creando preoccupazione. Da tempo vive per strada, trascorre le giornate davanti a un chiosco di fronte al Teatro Massimo”. 

Maurizio Schillaci, il più bravo dei calciatori allenati da Zeman

E ha bisogno di aiuto. L’ultimo appello per dare una mano all’ex stella del pallone degli anni Ottanta, è arrivato da Giusy Caldo, volontaria animalista. “Stiamo aiutando Maurizio Schillaci, il ‘clochard’ con il cane di piazza Verdi. Sta facendo un percorso sanitario tra esami e terapie. Noi lo aiutiamo con la gestione del suo cane”. La volontaria chiede piccoli gesti, come portare un piatto di pasta.

Maurizio era un talento. Sbocciò a Licata e portò la squadra siciliana dalla C2 alla serie B. Lo chiamavano gazzella, svolazzava nella trequarti avversaria. Poi mille disgrazie e una vita da emarginato, da senzatetto. Ora l’avversario da dribblare non è più un arcigno terzino ma la miseria. Forza campione.

Stefano Bisi

Larissa Iapichino, non si diventa grandi in un salto

“Non si diventa grandi in un salto”. Larissa Iapichino, 22 anni, fiorentina, quarta alle Olimpiadi e prima alla Diamond League nel salto in lungo, ha le idee chiare sulla vita. Le risposte che dà nell’intervista al quotidiano La Stampa dimostrano che è già “grande”.

Dice, per l’ennesima volta, che non le pesa essere la figlia della campionessa Fiona May e avere come allenatore il padre Gianni Iapichino. Non è attratta da esperienze all’estero: “So che non rendo fuori dalla comfort zone. A Firenze c’è la quotidianità, l’università, le persone di sempre che mi aiutano a sentirmi ancora ragazzina e non mi fanno perdere lo spirito con cui ho iniziato”. Che è quello di divertirsi con lo sport.

Ma si può crescere senza accorgersene 

“Intendo percorrere la mia strada, con il ritmo che trovo giusto – dice Larissa – Mi prendo le responsabilità, non mi comporto da eterna adolescente: ho comprato casa e  ci sono andata a vivere due anni fa. L’indipendenza mi piace, non sto imbullonata sul divano di papà, sono autonoma e trovo una pace incredibile quando faccio le lavatrici. Divido i colori, sento i profumi dei detersivi. Mi distende”. Essere diventati grandi senza accorgersene.

Stefano Bisi

Carlo Azeglio Ciampi, cittadino europeo nato in Italia

Il 16 settembre 2016 moriva Carlo Azeglio Ciampi, il decimo presidente della Repubblica, uno degli uomini con il più alto senso delle istituzioni, l’amore per la patria e un convinto europeismo. A questi principi ha ispirato la sua azione da quando giovanissimo partecipò alla Liberazione del Paese per poi diventare governatore della Banca d’Italia, poi presidente del consiglio dei ministri e infine presidente della Repubblica. 

In occasione dell’anniversario della scomparsa, Rai Cultura ripropone l’appuntamento di “Passato e Presente”, in onda lunedì 16 settembre alle 8.45 e alle 14.15 su Rai Storia, nel quale Paolo Mieli ne ripercorre l’impegno politico insieme a Umberto Gentiloni.

I valori risorgimentali sono stati la bussola dell’azione del presidente morto nel 2016

Ciampi ha guidato il Paese in una difficile fase di transizione e verso la moneta unica europea come ministro del Tesoro nel governo Prodi e quando c’è stato bisogno di lui ha sempre risposto “Presente”. Viene eletto al Quirinale nel maggio 1999 e fa della riscoperta dei valori risorgimentali e della ricostruzione dell’identità nazionale i punti cardine del suo settennato. L’amore per il Risorgimento hanno fatto accostare più volte il suo nome alla massoneria anche per una singolare coincidenza: il fratello di Ciampi era il titolare di un negozio di ottica a Livorno a poche decine di metri dalla sede del Grande Oriente d’Italia e le visite private del capo dello Stato erano state confuse con incontri nel tempio massonico. Così non era.

Dell’uomo dell’orizzonte comune, come lo definì il presidente Sergio Mattarella, se ne parla il 16 settembre alle 11.15 su Rai Storia nel programma “Carlo Azeglio Ciampi: un cittadino europeo nato in terra d’Italia” con le testimonianze di Giuliano Amato, Pier Ferdinando Casini, Vincenzo Visco, Umberto Gentiloni, Alessandro Acciavatti e Paolo Peluffo che di questo nobile rappresentante delle migliori tradizioni democratiche è stato leale, prezioso e principale collaboratore al ministero del Tesoro, a palazzo Chigi e al Quirinale.

Stefano Bisi

La Toscana crede alle Olimpiadi del 2040

La Toscana ci crede. Le Olimpiadi del 2040 nella terra di santi e navigatori, di poeti e statisti punta a questo obiettivo con determinazione. Il vicepresidente del consiglio regionale Stefano Scaramelli, esponente di Italia Viva, ha presentato un documento che verrà sottoposto alle altre forze politiche perché le Olimpiadi di Firenze e della Toscana nel turno europeo del 2040 sono un sogno realizzabile: “Auspico la massima condivisione delle forze politiche per realizzare questo sogno tutti insieme”. La proposta è stata lanciata da Matteo Renzi: “Condivido la candidatura avanzata dal senatore e le parole del presidente della Regione Eugenio Giani che hanno sottolineato come la Toscana diffusa, le nostre città, il nostro mare, le nostre colline, le montagne, i laghi e le strade bianche della nostra regione abbiano tutto per stupire il mondo e per migliorarsi”.

Scaramelli sposa l’idea di Renzi e Giani

Scaramelli ha presentato un atto formale e se n’è parlato nella conferenza dei capigruppo per portarla prima possibile all’esame del consiglio regionale. “Ora – dice – devono essere coinvolte le istituzioni e le associazioni per arrivare a presentare una proposta seria al governo italiano”. Intanto sindaci e sportivi plaudono all’iniziativa. La bandiera della Toscana può sventolare il sogno olimpico.

Stefano Bisi

Tra le campane e i soldi si sceglie l’identità 

A Rumo, nell’Alta Val di Non in provincia di Trento, gli abitanti tra salvaguardia dell’identità del paese e i soldi dei turisti, hanno scelto la prima opzione. Ne ha parlato La Repubblica raccontando che una comitiva ha interrotto le vacanze perché infastidita dai rintocchi delle campane 48 volte al giorno per 184 rintocchi complessivi.

Scontro tra residenti e turisti in un borgo della Val di Non

Come da tradizione il campanile segna il tempo ogni mezz’ora con quattro rintocchi, anche nella fascia serale e in quella notturna. A quel punto i turisti hanno chiesto al Comune e alla parrocchia di intervenire. Missione inutile. “Ci hanno consigliato di tornare a casa nostra e di non farci più vedere in giro, aggiungendo ‘sappiamo quali sono’, rivolto alle nostre auto. Non siamo riusciti a reggere, le campane hanno iniziato a intonare melodie mattutine, la stanchezza e la paura di subire danni, oltre a qualche imprevisto nell’alloggio, ci hanno impedito di proseguire la vacanza”, ha raccontato sui social un componente della comitiva. 

La sindaca Michela Noletti ha cercato di mediare tra le due posizioni ma “non c’è stato nulla da fare e sono persino stata minacciata a livello personale. Per fortuna, avendo capito che la situazione stava degenerando, mi sono recata sul posto con i carabinieri che potranno testimoniare quanto accaduto”. E voi da che parte state?

Stefano Bisi

Quei palloni da basket che diventano opere d’arte

Quei palloni ruvidi di colore più o meno aranciato diventano opere d’arte grazie all’artista Jorge Mañes Rubio (Madrid, 1984) che attinge alle Sacre Scritture “per dare forma a New Prophets, la serie scultorea che si fa portavoce di una nuova spiritualità dove creature e simboli (storicamente e cristianamente associati a una dimensione negativa) coesistono tra colori, forme e perline su classici palloni da basket” scrive Artribune.

Dalle mani di Michael Jordan a quelle di Jorge Mañes Rubio  

Quei palloni che Michael Jordan, il più grande cestista di tutti i tempi, schiacciava in faccia agli avversari, con quella “texture aranciata, ruvida e gommosa degli iconici palloni Spalding” che ora “cede il posto a perline, paillettes e lustrini che danno forma a serpenti danzanti, motivi floreali, geometrici e scritte. Posti su plinti bianchi, i palloni si trasformano in micro universi da osservare dall’alto e a tutto tondo, per scoprire una nuova prospettiva sulla spiritualità e l’inclusività”.

Chissà che cosa ne pensa Michael Jordan, probabilmente sarebbe contento perché anche le sue schiacciate erano autentiche opere d’arte, come i palloni con le perline di Rubio.

Stefano Bisi

Cento anni di radio, la Toscana in prima fila

Era il 6 ottobre 1924 quando andò in onda la prima trasmissione e la radio, che per Silvio Gigli era “Sorella Radio”, ci accompagna ancora. E sono passati 100 anni da quel giorno.

La Toscana è in prima fila per ricordare l’anniversario: nei mesi di settembre e ottobre sono previste alcune iniziative per celebrare la prima trasmissione andò in onda nell’etere italiano.

Spettacoli teatrali, performance e un’intera giornata formativa: sono tante le iniziative della rassegna “100 anni della Radio italiana 1924-2024” promossa dal Comitato tecnico-scientifico della Fondazione dell’Ordine dei giornalisti della Toscana in partenariato con la Rai di Firenze, l’Accademia della Crusca, la Compagnia delle Seggiole, l’Orchestra da Camera Fiorentina e l’Associazione Italiana per la Radio d’Epoca.

La prima trasmissione il 6 ottobre 1924 

L’evento clou della rassegna si terrà il 5 ottobre con il convegno “Un secolo di giornalismo radiofonico: le sedi Rai di Firenze nella radiodiffusione”. Sarà anche l’occasione per ricordare alcuni giornalisti che hanno fatto la storia della radio in Toscana come Marcello Giannini, Giovanni Angelici e Marcello Lazzerini, considerati ancora dei maestri da chi li ha conosciuti nella professione.

Stefano Bisi

Lo stop al web senza regole non è censura

L’arresto del Signor Telegram ha sollevato tante discussioni perché per la prima volta nella storia delle nuove tecnologie di comunicazione il proprietario di una piattaforma è chiamato a rispondere dei mancati controlli sui reati commessi da chi la utilizza. Pavel Durov, fermato a Parigi appena arrivato con il suo aereo personale, ha suscitato la protesta di Elon Musk e anche quella di Matteo Salvini. Tra le opinioni che ho ascoltato e letto condivido quella scritta da Vittorio Sabadin sul quotidiano “Il Messaggero”: “Forse dovremmo smetterla di provare ammirazione per personaggi del genere solo perché sono stati bravi a diventare molto ricchi”. 

L’arresto del Signor Telegram e il senso di responsabilità che è mancato

Durov ora è sotto accusa perché attraverso Telegram molti malfattori hanno fatto i loro comodi, eppure per “Fortune” era tra i migliori under 40 del mondo. Ma quanti, dietro l’anonimato da lui garantito, hanno compiuto reati e più semplicemente hanno diffamato cittadini indifesi, associazioni intere? Per Sabadin “oltre alla capacità di fare soldi, bisognerebbe giudicare le persone anche dal senso di responsabilità che dimostrano di avere nei confronti degli altri, e se non ne hanno nessuno, è doveroso fermarli”. Ci fanno credere che poter usare a proprio piacimento una piattaforma vuol dire “democratizzazione” ma è solo apparenza: “Dietro la deregulation della globalizzazione informatica si nasconde una sottile operazione di condizionamento. Il controllo delle grandi corporation. C’è poi un terzo pericolo: il trionfo delle fake news, delle fandonie travestite da verità pseudo-oggettiva” ha detto tempo fa il cardinale Gianfranco Ravasi. Come non dargli ragione?

Stefano Bisi

Astutillo, il portiere che pensa ai ragazzi disabili

Di nome Astutillo e di cognome Malgioglio. Chi ha fatto le collezioni delle Figurine Panini lo ricorda portiere in serie A e B che una volta finì nel mirino dei tifosi della Lazio che lo accusavano di pensare più ai ragazzi disabili che a difendere la porta.

Quei giovani si chiamano Lorenzo, Michela, Antonio. Sono tre degli “angeli”, come li chiama lui, che Astutillo Malgioglio assiste da una vita, quella che ha deciso di dedicare un po’ al calcio e tantissimo a chi soffre. Per questa sua dedizione agli ultimi, l’ex portiere è stato premiato a Bobbio, in provincia di Piacenza, la città dove è nato. “Una passione che nell’inquinatissimo mondo del calcio gli è costata più di un’offesa: lo accusavano di pensare più ai suoi bambini che a intercettare i palloni diretti alla sua porta, lo facevano alcuni tifosi (molto pseudo), lo ha fatto anche un suo ex-allenatore” ha scritto il quotidiano piacentino La Libertà.

Malgioglio premiato per la sua attività di volontariato

“Tirare dritto non gli è costato molto – scrive il giornale – perchè piaceva lanciarsi a terra per bloccare palloni, ma anche e di più poter fare qualcosa per quei ragazzini con enormi difficoltà motorie. Distrofici, per l’esattezza”. Bobbio lo ha proclamato “piacentino dell’anno” e Astutillo ne è stato felice. Gli è servito a superare qualche momento di sconforto che ha attraversato da quando, era il 1977, visitò un centro per bambini cerebrolesi e decise che quel portiere diciannovenne di belle speranze doveva pensare sì al calcio ma anche a chi è sfortunato.

Stefano Bisi

Basilicata coast to coast come Rocco Papaleo

Ricordate il film “Basilicata coast to coast” del 2010 con la regia di Rocco Papaleo, lucano doc? Ecco, quel film ha ispirato un viaggio di otto giorni per 167 chilometri attraverso tredici paesi di una regione che ancora non è stata scoperta dal turismo di massa e di cui parla Artribune.

Grazie all’impegno di tre società di scopo pubblico-private (il Gal Basilicata, il Gal Start 2020 e il Fag Coast to Coast) e con il supporto della Regione Basilicata e dei Consorzi di bonifica, è maturata l’iniziativa Basilicata coast to coast che mutua il nome dal film per accompagnare i turisti in un viaggio lento alla scoperta della regione bagnata da due mari, il Tirreno e lo Ionio, ripercorrendo le avventure della sgangherata band lucana interpretata al cinema da Papaleo stesso con Alessandro Gassman, Paolo Briguglia e Max Gazzè. 

Il film ha ispirato un itinerario di 167 chilometri attraverso tredici paesi lucani

Dopo il film “in molti si sono recati in Basilicata con l’idea di ricalcare le tappe del film, in assenza però di un percorso tracciato, nonostante i numerosi tentativi per realizzarlo da parte di associazioni e realtà locali” dice Artribune. Ora da costa a costa si può andare con viaggi organizzati. Importante indossare scarpe comode e avere tanta buona volontà oltre che un po’ di allenamento nelle gambe.

Stefano Bisi

Se perdo la colpa non è dell’elettricista

Ci sono personaggi dello sport, della politica e della musica che dopo le sconfitte rimangono in silenzio. Non parlano, non spiegano. Perché? Si può comprendere il dispiacere per una sconfitta bruciante ma è consigliabile tener presente alcune massime di Julio Velasco, il commissario tecnico della nazionale di pallavolo femminile che ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi. “Chi vince festeggia, chi perde spiega” dice uno che di vittorie se ne intende. Velasco, appunto. E a chi gli ha chiesto, prima dell’oro con il volley donne, se è stato contento delle sconfitte rispondeva così: “Sono orgoglioso della squadra che ha vinto Mondiali ed Europei, ma sono altrettanto orgoglioso della squadra che ha perso le Olimpiadi di Barcellona. Per un motivo: perché abbiamo saputo perdere. Non abbiamo dato la colpa a un qualche fattore esterno. Abbiamo riconosciuto che l’avversario era stato più bravo di noi, punto e basta”. 

Le giustificazioni per le nostre sconfitte non vanno cercate fuori da noi

Ammettere che qualcuno è stato più bravo, che si è preparato meglio, è dura ma anche in questo caso ci viene in soccorso Velasco: “L’attaccante schiaccia fuori perché la palla non è alzata bene. A sua volta l’alzatore non è stato preciso per colpa della ricezione. A questo punto i ricettori si girano a guardare su chi scaricare la responsabilità. Ma non possono chiedere all’avversario di battere facile, di modo da ricevere bene. Così dicono di esser stati accecati dal faretto sul soffitto, collocato dall’elettricista in un punto sbagliato. In pratica, se perdiamo è colpa dell’elettricista”. Velasco a sportivi, politici, cantanti che perdono ha fornito un consiglio da non seguire: dare la colpa all’elettricista.

Stefano Bisi

Gli anziani che vanno in pensione non favoriscono i giovani

Le pensioni e la loro incessante riforma. Ne parla l’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua in un articolo sulla rivista Espansione ma tutto questo fervore previdenziale è destinato a fare ombra al problema dei problemi: l’accesso dei giovani al mercato del lavoro. “Si badi bene – ammonisce Mastrapasqua – che anche tecnicamente il lavoro dei giovani è la condizione preliminare per ogni ragionevole dibattito sul futuro previdenziale, ma le questioni restano nella sostanza ben separate, come materia da riservare a target elettorali distinti e distanti. Uno che ancora vota, un altro che mostra una confidenza inesistente con le urne. Tra il lavoratore over 55 anni, che spera di intravvedere la pensione nell’arco di pochi anni (e intanto vota), e il lavoratore under 35 anni che ritiene persino inutile parlare di previdenza (e intanto vota sempre di meno) non c’è nessun nesso naturale, se non quello che la Politica con la P maiuscola è in grado di costruire”.

L’ex presidente dell’Inps parla della tanto invocata riforma previdenziale

Per Mastrapasqua “il ritiro dal lavoro non crea nuovi posti. Lo si è detto e lo si è capito, ma ci sono ancora quelli che fingono di non sapere. Il ponte da creare tra questi lavoratori separati da almeno vent’anni di vita è fatto di progetti seri di formazione, di apprendistato, di cuneo fiscale da ridurre drasticamente, di liberalizzazione e semplificazioni del mercato del lavoro, di fiducia nelle opportunità offerte dalle agenzie (private) del lavoro, a fronte del fallimento continuo dei Centri (pubblici) per l’impiego”.

“Il timore invece è che né le nuove rivendicazioni sindacali per il prossimo autunno, né le ricette più smart del Cnel di Brunetta, oseranno affermare che il re è nudo: non c’è futuro previdenziale se non si mette mano a una riforma seria e organizzata del mercato del lavoro, in cui l’accesso dei giovani venga favorito e aiutato non con i soliti bonus, ma con coraggiose modifiche dell’esistente” conclude Mastrapasqua.

Stefano Bisi

Metti da parte le emoticon e riscopri le emozioni

Si sono messe da parte le emozioni e le abbiamo sostituite con le emoticon e, come si dice nelle campagne toscane, “abbiamo fatto una bella chiappa”. La pensa così Vittorio Feltri che in un articolo sul “Giornale” ha scritto che “siamo schiavi delle app, dei tablet, dei cellulari. Erano stati fatti per l’uomo e l’uomo ha finito con l’essere fatto per loro, avendo rinunciato alla propria umanità per sposare lo spirito di questo nuovo millennio, in cui il sesso si fa virtuale, gli appuntamenti si danno online, le riunioni si fanno tramite skype o qualcosa del genere, ci si lascia via sms, ci si incontra sulle chat a questo deputate, un nuovo millennio in cui le storie d’amore hanno la durata di una storia di Instagram, la quale mi pare duri 24 ore al massimo, e in cui, anziché condividere momenti insieme, condividiamo post su Facebook”. Come dargli torto?

Consiglio di Vittorio Feltri: “Posa il telefonino e solleva lo sguardo”

“Per le emozioni non c’è spazio alcuno, ma abbiamo le emoticon, ovvero le faccine, che ci servono soltanto per chiudere conversazioni noiose o scomode o per eludere domande e richieste” aggiunge Feltri che poi dà un consiglio.

“Per connetterci con l’altro è indispensabile disconnetterci dalla rete, deporre il cellulare, sollevare lo sguardo, accorgerci di ciò che ci sta davanti. Almeno prima di perderlo per sempre”. Consiglio saggio.

Stefano Bisi

I fumetti per ricordare la liberazione di Firenze

Anche i fumetti servono per non dimenticare. Così un gruppo di giovani illustratori dell’Accademia delle Belle Arti ha preparato 50 tavole illustrate per raccontare la Battaglia di Firenze, quando l’11 agosto del 1944 la città venne liberata dal nazifascismo. Erano le sette del mattino e i rintocchi della campana di Palazzo Vecchio, la Martinella, richiamarono i fiorentini. A ottant’anni di distanza un gruppo di studenti ha fermato su carta i fatti salienti che condussero Firenze alla libertà.

Cinquanta tavole preparate dagli studenti dell’Accademia delle Belle Arti

Dal bombardamento degli alleati a Campo di Marte avvenuto il 25 settembre del 1943, alla cerimonia di ringraziamento del 7 settembre 1944 alla Fortezza da Basso, quando le formazioni partigiane furono ufficialmente sciolte. E poi i giorni decisivi tra centinaia di morti e la paura dei franchi tiratori, il fallito attentato al Caffè Paszkowski, gli eccidi nazifascisti a Campo di Marte e piazza Tasso, la distruzione dei ponti sull’Arno. Poco più di 50 tavole per uno spaccato di storia raccontata in punta di matita con i suoi martiri, eroi ed eroine – fra tutti la partigiana Tosca Bucarelli -, i suoi carnefici e gli spietati aguzzini come i balordi della Banda Carità. I luoghi, ora carichi di memoria, come la Villa Triste al 67 di via Bolognese dove i nazifascisti erano soliti condurre le loro aberranti torture e prigionie. Il civico 12 di piazza d’Azeglio, sede della mitica radio Cora.


Non mancano citazioni agli enormi sforzi compiuti per salvaguardare l’immenso patrimonio artistico e culturale della città con le opere d’arte protette come meglio si poteva dagli attacchi. Una fra tutte il David di Michelangelo incapsulato in una costruzione di mattoni e cemento a forma di ogiva, i monumenti che in guerra cambiavano volto come Palazzo Pitti, trasformato in luogo di accoglienza per centinaia di sfollati. Tutte le tavole confluiranno in una graphic novel in uscita per Libri Liberi – testi di Maria Venturi – all’interno della collana “Memorie ritrovate/Fumetti”.

Stefano Bisi

Via i raccattapalle, sparisce un pezzo del calcio leggendario

“Ne hanno combinata un’altra. Chi e che cosa?” si domandano al bar dello sport sotto casa. Nella serie A che inizia sotto ferragosto non ci saranno i rattaccattapalle e così se ne va un altro pezzo del calcio che abbiamo amato.

I ragazzini, furbi e appassionati, che venivano scelto tra le squadre giovanili per recuperare il pallone finito in fallo laterale saranno sostituiti da coni di designer come già accade in Inghilterra. Ce ne saranno sei sul lato delle panchine, cinque su quello opposto. Mentre i raccattapalle saranno ancora d’aiuto ai portieri per le rimesse dal fondo. 

Quella volta che Domenico si sostituì al palo e lasciò di stucco Savoldi

Meno male che ci hanno lasciato almeno questi anche se con Var e telecamere ovunque sarà difficile che si ripeta quello che avvenne il 12 gennaio 1975 nella partita Ascoli-Bologna ad opera di Domenico Citeroni: “Savoldi tira, la palla supera la riga, ma io sono vicino al palo e con un calcetto la ributto in campo. Filo a casa senza dir nulla a nessuno e mi metto a letto senza neppure aspettare la Domenica Sportiva”. Sapeva di averla fatta grossa ma da quel giorno Domenico è il Re dei Raccattapalle.

Stefano Bisi

Da Viggiano a Melbourne con il contributo economico del Comune

Non capita tutti i giorni di leggere la notizia che il sindaco annuncia ai suoi concittadini che il Comune erogherà un contributo economico a chi andrà a trovare i parenti dall’altra parte del mondo. Accade a Viggiano, paese di 3200 abitanti in provincia di Potenza che ospita una centrale dell’Eni per l’estrazione del petrolio, sindaco è Amedeo Cicala. E’ un paese di migranti tanto che c’è un vecchio ritornello che dice “con l’arma al collo son viggianese, tutto il mondo è mio paese” e il primo cittadino vuol costruire un ponte tra Viggiano e Melbourne in Australia.

In occasione dell’Anno del Turismo delle Radici, il Comune ha deciso di organizzare un viaggio straordinario a Melbourne. Questa iniziativa mira a rafforzare i legami tra i viggianesi residenti in Italia e quelli emigrati in Australia.

Il paese lucano con lo stabilimento dell’Eni organizza il viaggio in Australia

“La comunità viggianese è particolarmente significativa – dice il sindaco -. Molti dei nostri concittadini hanno lasciato la patria alla ricerca di nuove opportunità, ma non hanno mai dimenticato le loro radici. Il viaggio a Melbourne consentirà ai partecipanti di immergersi nella realtà di questi emigrati, che continuano a mantenere vivo il legame con Viggiano e l’Italia nonostante la distanza di migliaia di chilometri”.

Aggiunge il sindaco: “Il viaggio servirà non solo a rinsaldare i rapporti familiari e amicali tra i viggianesi di Melbourne e quelli residenti a Viggiano, ma anche a scoprire come la nostra cultura è stata preservata e trasformata in un contesto diverso”.

Il Comune contribuirà alle spese di viaggio, riconoscendo l’importanza sociale, storica e identitaria di questa iniziativa.

Stefano Bisi