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Tag: stefano bisi

Sbagliando s’impara, guida per i manager

L’infallibilità non è di questo mondo ma non sempre i manager ne sono consapevoli e i danni per aziende e comunità sono notevoli. Per imparare a evitare questo atteggiamento e costruire leadership consapevoli è stato pubblicato il libro “Gli errori del manager” scritto da Andrea Lipparini, Massimo Franceschetti e Massimiliano Ghini e pubblicato dalla casa editrice Il Mulino.

Gli autori scrivo che “ciò che fa grande un manager non è l’infallibilità ma l’atteggiamento nei confronti degli errori commessi” e invece di minimizzarli, vedendone solo gli aspetti negativi, “il manager di successo è determinato nel comprendere e valorizzare l’errore come tappa cruciale dell’apprendimento e della crescita”. 

La saggezza di un vecchio proverbio per una leadership consapevole

Sbagliando si impara, dice un vecchio proverbio e nel libro gli autori “guidano i manager a considerare l’errore come un’opportunità per stimolare l’innovazione, consolidare i processi di cambiamento, sviluppare una condizione di sicurezza psicologica e perfezionare le doti di leadership”. Il libro presenta molti casi pratici con i relativi suggerimenti ed è particolarmente utile per quei manager che tendono a sottovalutare o negare le proprie e le altrui emozioni.

Stefano Bisi

Il Cretto di Burri rilancia Gibellina

Il terremoto del 1968 distrusse Gibellina e interi paesi della valle del Belice in provincia di Trapani ma la comunità ha voluto la costruzione di un centro abitato a undici chilometri da quello storico. Il vecchio centro è stato abbandonato e negli anni Ottanta è stato trasformato nel Cretto, un’opera di Alberto Burri. E grazie a questo Gibellina è la città vincitrice della prima edizione di “Capitale italiana dell’arte contemporanea” per l’anno 2026. Il progetto è stato promosso dal Ministero della Cultura e mira a “costruire il passato del futuro”, per valorizzare realtà territoriali decentralizzate attraverso l’arte contemporanea.

Gibellina è stata eletta all’unanimità dalla giuria presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo che ha commentato: “Con i giurati abbiamo letto con attenzione e valutato con serietà e alto senso di responsabilità i dossier presentati dalle cinque città finaliste: Carrara; Gallarate; Gibellina; Pescara e Todi, selezionate da una commissione indipendente, composta da cinque esperti di comprovata fama nel settore della cultura e delle arti visive contemporanee, tra le 23 candidature pervenute a seguito dell’istituzione del progetto lo scorso 15 aprile. Dopo la lettura preliminare, le audizioni e un’ulteriore analisi dei progetti sulla base degli esatti requisiti del bando, il titolo è stato assegnato all’unanimità”. 

Il paese del Belice proclamata Capitale italiana dell’arte contemporanea

Il neoministro della Cultura Alessandro Giuli ha affermato: “Saluto con entusiasmo l’imminente proclamazione della città vincitrice di Capitale italiana dell’Arte contemporanea. Un riconoscimento che mette in luce la grande vitalità dell’arte italiana e di un settore come quello dell’arte contemporanea in continuo movimento e che conferma la città come forma politica per eccellenza del Paese, dal Medioevo al Rinascimento. Luogo in cui sono state vissute sfide di ogni tempo. Anche ai nostri giorni le città d’Italia rappresentano il cuore culturale, scientifico e artistico del Paese”.

Felice il sindaco di Gibellina, Salvatore Sutera: “E’ un’emozione grandissima, soprattutto perché segna una tappa importante per il rilancio di qualcosa che era già grandioso”. Premiare Gibellina è un messaggio che va oltre il riconoscimento. Serve a capire che anche dai momenti più bui possono nascere nuovi sogni e realizzazioni.

Stefano Bisi

Il linguaggio dei medici, il potere e l’umanità

“L’uso di un gergo non comprensibile ai non addetti ai lavori produce distorsione ed è un ostacolo alla comunicazione, ribadendo invece lo sbilanciamento di potere tra chi parla e chi ascolta” dice lo scrittore Gianrico Carofiglio a proposito del linguaggio dei medici.

In una intervista a repubblica.it racconta un esercizio che mette in pratica a ogni visita, dopo aver ascoltato il suo interlocutore-medico: “Traduco i tecnicismi che hanno un’alternativa nel linguaggio comune, essenzialmente. E vedo spesso stupore nel viso del medico, che si rende conto che esiste un altro modo di comunicare. E’ fondamentale stabilire un contatto con l’interlocutore, far percepire che quel breve tempo è dedicato davvero a chi hai di fronte, e che sei una persona che sta parlando con un’altra persona, senza rapporti di potere”.

Non c’è bisogno di empatia ma di modelli virtuosi

Carofiglio sottolinea il bisogno di umanità, nemmeno di empatia “perché essere empatici vuol dire sentire e soffrire come il paziente, e il medico, penso agli oncologi per esempio, diventerebbe pazzo. Invece deve avere compassione per il malato. Il medico e il Servizio sanitario che mi piace immaginare è un sistema mite, che non occulta gli errori ma li trasforma in occasioni di miglioramento, un sistema che copia i modelli virtuosi”. E nel mondo della sanità più che altrove c’è bisogno di virtù.

Stefano Bisi

Duello sul forno crematorio per animali da compagnia

Per chi ama gli animali da compagnia la morte dell’amico a quattro zampe è un trauma il proprietario si trova davanti anche il problema di come smaltire la carcassa. C’è chi desidera seppellire il proprio cane o gatto in giardino e per questo è necessario rivolgersi all’Asl territoriale di competenza per ottenere l’autorizzazione.

La legge vieta di seppellire animali in aree pubbliche o su terreni di proprietà dello Stato e proibisce di gettarli nei rifiuti. Gli esperti spiegano che, essendo le spoglie degli animali domestici considerate un sottoprodotto di origine animale, la cremazione rappresenta la procedura più appropriata per gestire questo tipo di decessi. Tuttavia, realizzare un impianto di incenerimento per animali è complicato, spesso genera malintesi e provoca opposizioni. Un esempio è quello di Castel San Giovanni, un comune in provincia di Piacenza, che sta affrontando resistenze per la costruzione di un inceneritore per animali presso il polo logistico locale.

Insorge il consiglio comunale di Castel San Giovanni in provincia di Piacenza

Arpae ha concesso il permesso, richiesto all’inizio dell’estate da Altair Funecap Italia Spa (parte del Gruppo Altair, specializzato in cremazioni), per la costruzione di un impianto crematorio per animali domestici in via Dogana Po, all’interno del polo logistico di Castel San Giovanni.

Il consiglio comunale, però, si oppone: “Scriverò alla Regione per manifestare tutto il mio dissenso – ha dichiarato la sindaca Valentina Stragliati –, contando anche sul supporto di tutte le minoranze. Trovo assurdo che un comune non abbia alcuna voce in capitolo su un impianto che impatta sul proprio territorio”. La battaglia è appena iniziata.

Stefano Bisi

Cinque milioni di immagini raccontano la bellezza di Firenze

Cinque milioni di immagini. Un autentico tesoro per chi ama la storia fatta di immagini e quelle dell’Archivio Foto Locchi ripercorrono la vita di Firenze degli ultimi cento anni. A Palazzo Guadagni Strozzi Sacrati, sede della Regione Toscana, in piazza del Duomo a Firenze, fino al 13 novembre, è visitabile la mostra dal titolo “Lo sguardo di un secolo. 1924 – 2024 the history of Florence by Archivio Foto Locchi”. L’ingresso alla mostra è gratuito e visibile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12.30 e dalle 14 alle 16.30. Il sabato dalle 10 alle 12.30.

La mostra voluta dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e realizzata da Foto Locchi con le foto dell’archivio, un patrimonio culturale tutelato dal ministero della Cultura, con la collaborazione di Gruppo Editoriale.

Una mostra nella sede della Regione con le foto dell’Archivio Locchi

La mostra ripercorre la storia della Firenze del Novecento e restituisce storia e cronaca della città, ma anche ogni suggestione della sua bellezza, grazie a immagini che sono vere e proprie opere d’arte.

“Quello che veniva infatti tramandato nella Bottega nata nell’odierna piazza della Repubblica nel 1924, per volontà del cavalier Tullio Locchi, e poi resa famosa da Silvano Corcos, entrambi apprezzati fotoreporter e ritrattisti di casa reale, non era solo una tecnica fotografica e un mestiere, ma anche uno stile, un unico sguardo – appunto – lungo cento anni: uno sguardo nitido e oggettivo, perfetto per documentare la realtà, e al tempo stesso uno sguardo profondo e evocativo, emblema di una creatività artistica che interpreta questa realtà e che pone al centro la figura dell’uomo nel proprio agire” ha detto il presidente Giani all’inaugurazione della mostra.

Stefano Bisi

Pc e telefonini aziendali, diritti e doveri

Attenti a utilizzare i pc e telefonini aziendali perché potreste ricevere sanzioni ma anche il datore di lavoro ha alcuni obblighi verso i dipendenti. Come scrive l’avvocato Sergio Monticone sulla rivista Espansione “per le aziende, l’adozione di una policy interna sull’uso degli strumenti informatici utilizzati dal personale è divenuto un adempimento ormai necessario sia al fine di chiarirne specificatamente il corretto utilizzo sia per evitare spiacevoli contenziosi con i lavoratori anche in caso di legittimo controllo”.

Il titolare dell’azienda deve “rimarcare al lavoratore, al di sopra di ogni (anche se voluto) fraintendimento, come le apparecchiature fornite debbano essere utilizzate esclusivamente per fini lavorativi e come la violazione del regolamento da parte del dipendente possa comportare l’emissione di provvedimenti disciplinari da parte del datore di lavoro”.

In tempi di spionaggio necessaria una policy aziendale

Tra gli obblighi che deve prevedere il regolamento c’è quello di “rammentare ai dipendenti come nelle postazioni lavoro elettroniche di proprietà dell’azienda non sia consentita l’installazione di programmi non forniti dalla stessa, anche per evitare rischi in merito alla sicurezza informatica”.

Anche l’e-mail aziendale deve essere limitata agli scopi lavorativi.   Questi e altri punti devono essere precisati in un regolamento che l’azienda farebbe bene a far accettare con sottoscrizione al dipendente. Insomma, in tempi di spionaggio, la prudenza non guasta.

Stefano Bisi

La storia di Giorgio, il ragazzo-pittore che era senza casa

Ci sono storie che fanno sorridere il cuore. Una di queste la racconta FirenzeToday e parla di Giorgio, un ragazzo quindicenne, autistico, di Sesto Fiorentino che era rimasto senza casa e ora può esporre le sue opere artistiche. “Eravamo in grandi difficoltà economiche – racconta Tomie, la madre del ragazzo – e ricordo che con gli ultimi soldi che avevo, visto che aveva e ha una grande passione per la pittura, gli ho comprato pennelli e colori acrilici. E da lì ha iniziato a creare ed esprimersi facendo un quadro dopo l’altro”. Poi, la famiglia entra in un programma di abitare temporaneo sperimentale gestito dall’associazione Auser Laboratorio Casa nell’ambito di un progetto di housing sociale con l’obiettivo di accompagnarli verso l’autonomia.

Una vicenda a lieto fine per un quindicenne autistico

“Il network Urban Housing Coopnet – dice al giornale Tancredi Attinà, amministratore delegato di Abitare Toscana – nasce proprio dalla consapevolezza che non è possibile prendersi cura delle città, rigenerandole, se prima non costruiamo delle comunità coese che le abitano e se ne prendono cura, attraverso un sistema di rapporti solidali e collaborativi tra abitanti, e tra questi e gli spazi ed i servizi urbani e di prossimità”. In questa abitazione Giorgio ha cominciato a dipingere e a produrre un quadro dietro l’altro tanto da invadere ogni spazio, dai divani alla cucina, fino a poter allestire una mostra e la madre spera che sia la prima di una lunga serie.

Stefano Bisi

La contemporaneità di Giacomo Matteotti, capace di smascherare le fake news

Il delitto Matteotti appassiona anche all’estero nel centenario del sequestro e dell’uccisione del deputato socialista. All’Istituto Italiano di Cultura di New York è stata inaugurata la mostra dedicata a quella vicenda con la partecipazione del vicepresidente della Camera dei deputati Giorgio Mulè e della vicepresidente del Senato Licia Ronzulli. L’esposizione ripercorre la vita e l’impegno politico di Matteotti, con documenti ripresi anche dall’archivio parlamentare. E’ intervenuto anche il console generale Fabrizio Di Michele. 

Mulè ha espresso gratitudine al direttore dell’Istituto, Fabio Finotti, e a Maurizio Degl’Innocenti, presidente della Fondazione di studi storici “Filippo Turati” e del Comitato per le celebrazioni del centenario matteottiano, “per il loro apporto nella realizzazione della mostra”.

A New York celebrata la modernità del deputato socialista

Mulè ha affermato che nella vicenda di Giacomo Matteotti il legame tra libertà e giustizia, che definisce l’essenza del riformismo socialista, si concretizza in un’azione politica reale, diventando un metodo e uno stile di interpretazione del mandato parlamentare che fungono da esempio universale. Il vicepresidente della Camera ha inoltre evidenziato due aspetti di straordinaria attualità nella figura di Matteotti: “La capacità di smontare le fake news attraverso un’accurata analisi dei fatti e la visione di consolidare la pace mediante l’unione di tutte le forze riformiste nel progetto degli Stati Uniti d’Europa”. In sintesi, Matteotti è una figura più che mai attuale.

Stefano Bisi

I detenuti cureranno i cuccioli della scuola cani guida per ciechi

Detenuti cureranno i cuccioli della scuola cani guida per ciechi, unico istituto al mondo con queste caratteristiche. Grazie a una convenzione con la casa circondariale a custodia attenuata “Mario Gozzini” di Firenze, i detenuti in regime di semilibertà potranno prendersi cura dei cani che, successivamente, accompagneranno le persone cieche o con disabilità motoria.

La novità è stata annunciata dall’assessora regionale alle politiche sociali Serena Spinelli nel corso dell’open day della scuola che si trova a Scandicci, in provincia di Firenze: “Sarà una opportunità preziosa sia per i detenuti che per la scuola. Con  la convenzione abbiamo creato le condizioni per avviare, già entro la fine dell’anno, un’esperienza da cui ci aspettiamo ottimi risultati, sia per quanto riguarda la responsabilità dei detenuti coinvolti in un’attività socialmente utile, sia per il necessario percorso di crescita e di educazione dei cuccioli”.

“La Scuola Cani Guida per Ciechi della Regione Toscana rappresenta un caso unico al mondo nel panorama delle strutture pubbliche di questo genere,” ha dichiarato il presidente Eugenio Giani. “La presenza di questa istituzione ci ricorda costantemente l’importanza di prestare attenzione ai temi legati all’autonomia delle persone non vedenti e ipovedenti, e ci sprona a potenziare le nostre capacità di supporto. L’open day è un’occasione preziosa per visitare la scuola, approfondire le sue attività e sviluppare una maggiore consapevolezza riguardo alle sfide della disabilità visiva”.

Una convenzione tra casa circondariale, Regione e istituto di Scandicci

La convenzione con la casa circondariale, che diventerà operativa entro la fine dell’anno, non è l’unico elemento di novità cui ha fatto cenno l’assessora nel suo intervento: “Sta entrando nella fase operativa, con i primi cinque cani che a breve entreranno nelle famiglie, il progetto dedicato ai cani da allerta medica per bambini con diabete, in grado di riconoscere con il fiuto il sopraggiungere di una crisi ipoglicemica”. Sono azioni che evidenziano la qualità che da sempre accompagna la scuola e la volontà della Regione di favorire l’inclusione.

Stefano Bisi

Chiude un’edicola, si perde un pezzo di libertà

Chiude un’edicola dietro l’altra. E’ ormai difficile tenerne il conto. A Firenze ha deciso di tirare giù il bandone Marco Zetti, in piazza della Vittoria, un’edicola storica e punto di riferimento, assieme al fioraio lì accanto, di tutto il quartiere che è a ridosso del centro storico.

“Attività in vendita”, recita il cartello fissato con lo scotch sulla porta a vetri. Gli scaffali, d’altronde, sono già quasi vuoti. Finora si sono fatti vivi pochi potenziali acquirenti, ma nessuno davvero interessato. Qualunque sia l’esito, “a fine mese chiudo” racconta il proprietario a Firenzetoday. “Ho rilevato l’attività nel 2005, ma è attiva sin dal dopoguerra. Un vero pezzo di storia per la città. Oltre ai giornali, vendevamo giocattoli, figurine, album, articoli di cartoleria e materiale scolastico – il liceo classico e musicale Alberti Dante è proprio qui davanti. Avevamo anche libri, fumetti e, un tempo, i leggendari biglietti dell’Ataf. Molti di questi articoli ormai appartengono a un’altra epoca. Proprio come la carta”.

Un presidio per la vita comunitaria che tira giù il bandone

Il titolare dice che c’è “troppa concorrenza dell’on line, con i giornali non ce la facciamo più” e da qui la decisione di passare la mano. E quando chiude un’edicola si perde un pezzo di vita comunitaria e anche di libertà. Sono passati i tempi in cui si vedevano le file dal giornalaio per acquistare i quotidiani. In molti preferiscono sfogliarli sul tablet ma la carta che sa d’inchiostro ha sempre un grande fascino.

Stefano Bisi



L’appello della Crusca: “Scrivete a mano e in corsivo”

“In un mondo di tablet, smartphone e computer, sempre a disposizione persino per prendere appunti o segnare un appuntamento, la scrittura a mano rischia di scomparire dal nostro uso quotidiano e di essere sostituita quasi totalmente da quella digitale persino nelle aule scolastiche” scrive il sito Intoscana che pubblica un’intervista con Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca.

“Chi propone di abolire la scrittura manuale (ammettendo che esista davvero chi abbia l’impudenza di proporre una cosa del genere) – dice – va contro il buon senso ed è privo di qualunque criterio pratico ed educativo. Immaginiamo un uomo, vittima di questa insensata pedagogia, che per colpa di un’educazione sbagliata non sia più in grado di prendere un appunto al volo su un pezzo di carta, ma dipenda sempre dalla batteria di un suo strumento o device che voglia chiamarlo”. 

Marazzini non ritiene “che si debba introdurre di nuovo la calligrafia come arte autonoma, usando pennini speciali e inchiostri, o penne d’oca medievali, ma certamente la scrittura manuale, ben controllata, deve restare in vigore come forma educativa primaria e come strumento utilissimo, e deve essere sempre curata la forma di un corsivo leggibile, per quanto personale. Non basta muovere le dita veloci su di una tastiera, non basta dettare un messaggio vocale o produrre un messaggio trascritto automaticamente da una macchina. Guai a chi vuole trasformare il cosiddetto ‘nativo digitale’ in un analfabeta sostanziale”.

La terza via: conciliare la scrittura elettronica con carta e penna

E propone una terza via: “La conciliazione è possibile. Mi riferisco all’educazione primaria dei ragazzi, non all’uso professionale della scrittura. È evidente che nel mondo di oggi non si può non usare la scrittura elettronica nelle sue forme sofisticate; ma questo non vuol dire non essere anche in grado di gestire, all’occorrenza, e senza difficoltà, la scrittura con una biro o una penna stilografica. Nella scuola non si deve trascurare la scrittura manuale. Infatti è importantissima per l’educazione al controllo del movimento della mano: va curata nella forma, per garantire la chiarezza; è preziosa a fini cognitivi”. E allora, per qualche minuto, mettiamo da parte il pc e prendiamo carta e penna.

Stefano Bisi

Il suicidio di un minorenne e la pubblicazione della sua identità

Ai corsi deontologici dell’Ordine dei giornalisti ci insegnano che non si devono pubblicare i nomi dei minori e le loro foto. Confesso di aver trasgredito a questa regola quando sono eventi gioiosi, dalle gare sportive a eventi culturali e festaioli ma, se mi fosse capitato, non avrei pubblicato nome, cognome e foto del quindicenne che si è suicidato a Senigallia perché bullizzato dai compagni di scuola.

Una domanda e una risposta sul dramma di Senigallia

Lo ha fatto un quotidiano autorevole, La Stampa, che ha raccontato il dramma di una famiglia e una comunità con estesi resoconti, che servono a richiamare l’attenzione sulle difficoltà di una generazione. Ma era necessario pubblicare nome, cognome e foto del ragazzino? Purtroppo lo prendevano in giro per il suo cognome che finisce con la ‘a’ e gli dicevano ‘sei una femminuccia’ racconta una ragazza al giornale. Un altro studente ricorda che dopo la scoperta del corpo senza vita ‘un ragazzo ha inveito contro uno dei bulli e gli ha detto “guarda cosa hai combinato’. E quello per tutta risposta lo voleva picchiare.

In tanti si interrogano su quello che è accaduto nelle Marche. In quanti si interrogano su come si utilizza l’identità di un minorenne per raccontare quel dramma?

Stefano Bisi

Chiude la banca, il sindaco si barrica nei locali

Nei piccoli paesi di montagna la perdita di uno sportello bancario può essere un trauma per tanti anziani. E’ quello che succede a Londa, nella montagna fiorentina, dove l’unica filiale di banca che esisteva ha chiuso i battenti. Allora il sindaco Tommaso Cuoretti si è barricato e ha ottenuto il mantenimento almeno dello sportello bancomat. “Una piccola vittoria” sostiene e chissà se verrà imitato da altri sindaci perché nei piccoli centri sono sempre più le serrande abbassate di banche, uffici postali, negozi e lo spopolamento è inevitabile.

A Londa, nella montagna fiorentina, la protesta contro la desertificazione bancaria 

Secondo i dati di Bankitalia, in Toscana dal 2022 al 2023 si sono persi 60 sportelli bancari (-3,8%): la maggior parte di questi su Firenze (12). E a livello provinciale, Firenze è la realtà territoriale che perde di più: -8% (dati di Bankitalia del 2023). Il fenomeno di riduzione degli sportelli viene chiamato desertificazione bancaria. Le banche si giustificano dicendo che sono in netto calo coloro che si recano in filiale ma nei piccoli paesi c’è ancora chi ci va. Finché trova lo sportello.

Stefano Bisi

Luigi Einaudi e l’invito ancora attuale ai capitani d’industria

E’ un esercizio utile rileggere i pensieri di Luigi Einaudi a 150 anni dalla nascita del primo presidente della Repubblica eletto dal parlamento. Uno di questi è espresso in un articolo del 6 agosto 1924 pubblicato sul Corriere della Sera, due mesi dopo il sequestro del deputato socialista Giacomo Matteotti e prima ancora del ritrovamento del cadavere. Einaudi, con prosa semplice e chiara, accusa “le rappresentanze degli industriali, dei commercianti e degli uomini d’affari” che “si sono finora mantenute in un silenzio così prolungato intorno agli avvenimenti politici più recenti da far dubitare forte se esso non sia il frutto di una meditata deliberazione. Contro lo stato di illegalismo, contro le minacce di seconda ondata, contro la soppressione della libertà di stampa hanno protestato i giornali, i collegi professionali degli avvocati, i partiti politici pure aderenti al governo attuale, come i liberali, ed alta si è sentita ieri la voce dei combattenti. Soltanto i capitani dell’Italia economica tacciono”. 

Un articolo del 6 agosto 1924 del futuro presidente della Repubblica

Einaudi si rammarica perché “gli industriali non approvano le minacce” ma “insistono sulla necessità preminente di un governo forte; e ritengono che la tranquillità sociale, l’assenza degli scioperi, la ripresa intensa del lavoro, il pareggio del bilancio siano beni tangibili, effettivi, di gran lunga superiori al danno della mancanza di libertà politica, la quale, dopotutto, interessa una minoranza infima degli italiani, alle cui sorti essi scarsamente si interessano”.

Stiano attenti gli industriali, ammonisce Einaudi: “Per governare un’industria oggi non basta essere valentissimi tecnici e commercianti accorti. Importa altrettanto e forse più, essere condottieri di uomini. Non si lavora per produrre tessuti o rotaie o frumento, sibbene per creare condizioni di vita sempre più alte per tutti coloro, dai capi ai gregari, che partecipano alla produzione. E tra queste condizioni di vita, insieme col pane, forse più del pane medesimo, va annoverata la dignità di uomo libero”. Parole attuali che rappresentano un invito ai capitani d’industria ad operare in questo senso.

Stefano Bisi

L’acquerello e la letteratura si incontrano alle Oblate

Il pittore è un poeta e il poeta è un pittore. E’ diversa solo la tecnica di rappresentare un’emozione. Le due arti si incontrano nell’iniziativa “Letteratura in acquerello”, realizzata dall’associazione artistica AcquaFirenze in collaborazione con la Biblioteca delle Oblate, con il patrocinio del Comune e il contributo delle librerie fiorentine, della Casa del libro Itaca e della cartoleria Lory, della società per azioni Toscana Aeroporti.

“Il viaggio” raccontato attraverso le pennellate e le pagine di un libro

Il titolo della manifestazione, che si protrarrà fino al 26 ottobre nel complesso architettonico delle Oblate a Firenze è “Il viaggio”, per raccontare, attraverso pennellate e colori, l’idea di viaggio, reale o simbolico, che le parole di un libro possono suscitare. L’associazione degli acquerellisti dice che “nella letteratura il viaggio rappresenta un ponte che unisce mondi diversi per cultura, tradizioni, scenari, epoche storiche, realtà e finzione, sentimenti e stati d’animo”. E così la pittura, un altro modo di viaggiare e raccontare un’esperienza, una scena di vita quotidiana, la sensazione di un istante.

Stefano Bisi

Come si costruisce il nemico attraverso le piattaforme

L’arte di costruire il nemico è il tema di un articolo di Emanuele Melani sulla rivista Espansione, in edicola. Scrive che “nella comunicazione digitale, si assiste a un preoccupante proliferare di atteggiamenti chiusi e intolleranti, che non costituiscono una vera forma di mutuo aiuto, come alcuni potrebbero sostenere, ma si traducono in gruppi focalizzati su un nemico comune. Queste dinamiche generano un ambiente in cui la solidarietà è costruita su divisioni e conflitti, piuttosto che su un autentico scambio di idee e valori. Ecco allora che si vede eccedere i limiti, si tollera la diffamazione e la calunnia, e si esclude ogni etica e ogni rispetto altrui e si alimenta la polarizzazione delle opinioni”.

Le persone sono portate a dare più credito alle informazioni che vogliono sentire

Ma chi è il manipolatore, il burattinaio? Per Melani è colui “che con professionalità e maestria muove i fili per sollecitare e nutrire la divisione.  Le scienze sociali da anni studiano tali fenomeni, rivelando la presenza di meccanismi alla base: le echo chambers e i bias cognitivi”.

Un meccanismo cognitivo che favorisce la polarizzazione è il bias di conferma. Questa distorsione induce le persone a cercare e a dare priorità a informazioni che confermano le loro credenze, mentre tendono a trascurare quelle che le sfidano.

Di conseguenza, i contenuti sui social media si orientano a mostrare esclusivamente le opinioni che si armonizzano con le credenze individuali, contribuendo a rafforzarle ulteriormente. Per Melani “questa selezione mirata e l’attenzione nella scelta delle informazioni generano l’illusione che le proprie opinioni siano ampiamente condivise dalla maggioranza” mentre sono quelle del gruppo di appartenenza. Il risultato è la radicalizzazione delle posizioni e l’impossibilità del confronto.

Stefano Bisi

De Gea para il rigore più bello

“Ho saputo che non stai bene, ma sono sicuro che tutto andrà per il meglio. Voglio vederti in campo al più presto: forza Martino!”. Con questo videomessaggio di 20 secondi, il portiere della Fiorentina David De Gea ha mandato il suo personale in bocca al lupo a Martino, il portiere della Sales under 17, squadra di Firenze, che da pochi giorni ha iniziato la sua difficile battaglia contro la leucemia. La storia di Martino è stata raccontata dal Corriere Fiorentino.

Il portiere della Fiorentina rincuora Martino che sta disputando la partita più importante

“I suoi compagni di squadra, per strappargli un sorriso e alzargli il morale, – scrive il giornale – avevano pensato a mille iniziative, tra cui coinvolgere la Fiorentina (di cui il giovane numero uno è tifosissimo) per permettere a Martino di fargli conoscere il suo idolo De Gea”. Il portiere, che ha parato due rigori nella partita vittoriosa con il Milan, ha aggiunto una perla al suo ricchissimo album di trionfi con questo gesto fatto di tanto cuore. “Presto, a Martino arriverà la maglia della Fiorentina autografata dal campione spagnolo, poi, quando le cure lo permetteranno, si godrà le parate del suo eroe dal vivo al Viola Park. La Fiorentina infatti lo aspetta a braccia aperte” scrive il giornale.

Stefano Bisi

Cento anni di radio e l’alluvione di Firenze del 1966

Cento anni di radio, il mezzo di comunicazione che iniziò le trasmissioni il 6 ottobre del 1924. Ognuno ricorda la radio per un programma, per un fatto, per un giornalista. Durante un incontro fiorentino dell’ordine dei giornalisti è stata ricordata la figura di Marcello Giannini da uno dei suoi allievi, Marcello Paris. A molti tornerà in mente perché era il giornalista che seguiva la Fiorentina per Novantesimo minuto e la Domenica sportiva ma Sandro Bennucci, presidente dell’Associazione della stampa toscana, lo ricorda per l’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966.

Giannini calò il microfono alla finestra per far sentire lo sciacquio dell’acqua

Da Roma non credevano che l’Arno fosse straripato. Allora che cosa fece Giannini? Si guardò intorno, afferrò il microfono, aprì una delle cento finestre del palazzo di piazza Santa Maria Maggiore e fece la prima cosa che gli saltò in mente: calò il microfono per far sentire al direttore generale della Rai Ettore Bernabei lo sciacquio dell’Arno che aveva invaso anche il portone del palazzo e ormai imperversava nel centro storico di Firenze, trascinando macchine e sfondando vetrine. Bernabei, fiorentino, giornalista collaudato, capì che qualcosa di grosso era successo.

Stefano Bisi

La notte di San Bartolomeo non si può dimenticare

Le strade centrali della città furono sgombrate a colpi di manganello; i caffè chiusi, i teatri invasi, le rappresentazioni sospese. E’ la fotografia di Firenze, la notte del 3 ottobre 1925, quando la furia fascista uccise Giovanni Becciolini, Gustavo Console e Gaetano Pilati. Quella notte dell’Apocalisse è romanzata nel libro di Vasco Pratolini, “Cronache di poveri amanti”, e ogni anni il Comune di Firenze depone una corona al cimitero di Trespiano sulla tomba di Giovanni Becciolini, dove è scritto: “Ucciso nell’adempimento di un alto dovere di fraterna solidarietà in un triste ritorno di oscura barbarie da questa tomba che ne racchiude le spoglie mortali ammonisce i viventi che le dittature serrano i cuori ad ogni nobile sentimento e che solo nella libertà e la serenità e la gioia del vivere la certezza nel divenire delle genti”.

L’uccisione di tre antifascisti e di quattro operai

Becciolini era repubblicano mentre Console, avvocato e corrispondente dell’Avanti! e Pilati, imprenditore edile e mutilato di guerra, erano socialisti. Becciolini e Console avevano in comune l’appartenenza massonica. Le vite dei tre martiri sono un romanzo, avventurose, sempre alla conquista della libertà. In quella notte tragica vennero uccisi anche quattro operai di cui non si conoscono neppure i nomi. Ricordare quello che avvenne serve per non dimenticare.

Stefano Bisi

Corfinio, il paese litiga sulla piazza dedicata a Falcone e Borsellino

Corfinio, (Pentima fino al 1928) è un paese di mille abitanti della provincia dell’Aquila, in Abruzzo. In epoca antica fu abitata dai Peligni e durante la guerra sociale del 91-88 a.C. (condotta contro Roma dai popoli della penisola fino a quel momento a lei alleati) divenne capitale della Lega italica, venendo ribattezzata “Italica”. Il comune della Valle Peligna è balzato agli onori della cronaca per l’intitolazione della piazza del paese a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, avvenuta sette anni fa. Circa trecento cittadini reclamano il nome originario: Piazza Corfinio. Lo hanno scritto in una petizione ma non si sono fermati ai documenti. C’è un ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale. Entra in scena il siciliano Girolamo Botta che schiera i suoi Pupi italici in difesa del borgo “ove nacque Italia” oltre duemila anni fa e riceve il plauso del nutrito gruppo di cittadini e dello scrittore Nicola Mastronardi.

Ricorso al Tar per ripristinare la vecchia denominazione

Al Tar viene chiesto di riportare la vecchia denominazione e prima avevano scritto all’allora ministro della cultura Gennaro Sangiuliano per lamentarsi della decisione della Soprintendenza ai beni culturali che aveva respinto la richiesta di ripristinare il vecchio nome. La disputa continua.

Stefano Bisi

La città camomilla e il processo Matteotti

“Giacomo Matteotti tra storia e archivio” è stato il tema di un confronto sulle sulle fonti documentarie inerenti al processo per il delitto del deputato socialista che si tenne a Chieti nel 1926. La località abruzzese è stata definita la “città-camomilla” nel marzo del 1926 dal giornalista Maria Alberto Perbellini de “Il Resto del Carlino”. A quel tempo, Chieti non sembrava presentarsi come si conviene ad un grande evento, si mostrava dedita a risolvere gli affari di ordinaria amministrazione. A distanza di cento anni dal sequestro e dall’assassinio avvenuto nel giugno 1924 l’Italia ricorda quel valoroso deputato e molti si chiedono perché il processo ai suoi sicari si svolse a Chieti.

Perché il processo ai sicari del deputato socialista si svolse a Chieti

Lo spiega in un libro, “A scelta del duce”, scritto da Marcello Benegiamo. Fu lo stesso Mussolini a scegliere Chieti come sede per lo svolgimento del processo. Una città tranquilla, la città camomilla, borghese e abitudinaria, priva di quelle forze sociali inquiete e sovversive che avrebbero potuto conte- stare e rendere difficoltoso quel processo. Un processo farsa al quale la stessa vedova Matteotti, dignitosamente, rifiutò di partecipare. Un processo di facciata con una sentenza scontata. Attraverso una rigorosa lettura delle carte processuali l’autore del libro ricostruisce un ambiente storico che va ben oltre la cronaca di un atto giudiziario documentando fatti e retroscena inediti. A Chieti si svolsero altri processi per le violenze fasciste. Tra questi destò particolare scalpore quello per i delitti compiuti a Firenze tra il 3 e 4 ottobre del 1925 in quelle tragiche ore che sono passate alla storia come la “Notte di San Bartolomeo”.

Stefano Bisi

Hugo Pratt, alla scoperta dei suoi legami con scrittori del passato

Di Hugo Pratt sappiamo che è stato un celebre fumettista, creatore di Corto Maltese ma pochi sanno che è stato un avido lettore, che nella sua carriera si è sempre confrontato con i grandi scrittori del passato. Una mostra a Roma racconta questo aspetto semisconosciuto di Hugo Pratt.

Chi vuole colmare questa lacuna può visitare la rassegna in programma fino al 20 dicembre nelle sale del Palazzo Strozzi-Besso di Roma. Da qualche giorno infatti è allestita “La biblioteca geografica di Hugo Pratt” che ci fa conoscere la produzione del disegnatore veneziano in relazione a letterati illustri.

Che cosa lega il creatore di Corto Maltese a Herman Hesse si scopre in una mostra a Roma

Che cosa lega Corto Maltese a Thomas Moore, William Shakespeare, Gabriele D’Annunzio, Baron Corvo e Hermann Hesse? “Sono tanti i luoghi e le citazioni letterarie che si incontrano appena varcata la soglia d’ingresso del palazzo capitolino; si tratta di riferimenti colti inevitabilmente connessi all’esperienza creativa ed esistenziale di Hugo Pratt, lettore onnivoro e instancabile viaggiatore” commenta Alex Urso. 

“In un certo senso sono il figlio di tutti loro. Ho sempre detto che tutto è stato scritto, che possiamo solo riscrivere”, disse una volta riferendosi alle analogie con i grandi scrittori del passato.

Stefano Bisi