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Tag: stefano bisi

Come si costruisce il nemico attraverso le piattaforme

L’arte di costruire il nemico è il tema di un articolo di Emanuele Melani sulla rivista Espansione, in edicola. Scrive che “nella comunicazione digitale, si assiste a un preoccupante proliferare di atteggiamenti chiusi e intolleranti, che non costituiscono una vera forma di mutuo aiuto, come alcuni potrebbero sostenere, ma si traducono in gruppi focalizzati su un nemico comune. Queste dinamiche generano un ambiente in cui la solidarietà è costruita su divisioni e conflitti, piuttosto che su un autentico scambio di idee e valori. Ecco allora che si vede eccedere i limiti, si tollera la diffamazione e la calunnia, e si esclude ogni etica e ogni rispetto altrui e si alimenta la polarizzazione delle opinioni”.

Le persone sono portate a dare più credito alle informazioni che vogliono sentire

Ma chi è il manipolatore, il burattinaio? Per Melani è colui “che con professionalità e maestria muove i fili per sollecitare e nutrire la divisione.  Le scienze sociali da anni studiano tali fenomeni, rivelando la presenza di meccanismi alla base: le echo chambers e i bias cognitivi”.

Un meccanismo cognitivo che favorisce la polarizzazione è il bias di conferma. Questa distorsione induce le persone a cercare e a dare priorità a informazioni che confermano le loro credenze, mentre tendono a trascurare quelle che le sfidano.

Di conseguenza, i contenuti sui social media si orientano a mostrare esclusivamente le opinioni che si armonizzano con le credenze individuali, contribuendo a rafforzarle ulteriormente. Per Melani “questa selezione mirata e l’attenzione nella scelta delle informazioni generano l’illusione che le proprie opinioni siano ampiamente condivise dalla maggioranza” mentre sono quelle del gruppo di appartenenza. Il risultato è la radicalizzazione delle posizioni e l’impossibilità del confronto.

Stefano Bisi

De Gea para il rigore più bello

“Ho saputo che non stai bene, ma sono sicuro che tutto andrà per il meglio. Voglio vederti in campo al più presto: forza Martino!”. Con questo videomessaggio di 20 secondi, il portiere della Fiorentina David De Gea ha mandato il suo personale in bocca al lupo a Martino, il portiere della Sales under 17, squadra di Firenze, che da pochi giorni ha iniziato la sua difficile battaglia contro la leucemia. La storia di Martino è stata raccontata dal Corriere Fiorentino.

Il portiere della Fiorentina rincuora Martino che sta disputando la partita più importante

“I suoi compagni di squadra, per strappargli un sorriso e alzargli il morale, – scrive il giornale – avevano pensato a mille iniziative, tra cui coinvolgere la Fiorentina (di cui il giovane numero uno è tifosissimo) per permettere a Martino di fargli conoscere il suo idolo De Gea”. Il portiere, che ha parato due rigori nella partita vittoriosa con il Milan, ha aggiunto una perla al suo ricchissimo album di trionfi con questo gesto fatto di tanto cuore. “Presto, a Martino arriverà la maglia della Fiorentina autografata dal campione spagnolo, poi, quando le cure lo permetteranno, si godrà le parate del suo eroe dal vivo al Viola Park. La Fiorentina infatti lo aspetta a braccia aperte” scrive il giornale.

Stefano Bisi

Cento anni di radio e l’alluvione di Firenze del 1966

Cento anni di radio, il mezzo di comunicazione che iniziò le trasmissioni il 6 ottobre del 1924. Ognuno ricorda la radio per un programma, per un fatto, per un giornalista. Durante un incontro fiorentino dell’ordine dei giornalisti è stata ricordata la figura di Marcello Giannini da uno dei suoi allievi, Marcello Paris. A molti tornerà in mente perché era il giornalista che seguiva la Fiorentina per Novantesimo minuto e la Domenica sportiva ma Sandro Bennucci, presidente dell’Associazione della stampa toscana, lo ricorda per l’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966.

Giannini calò il microfono alla finestra per far sentire lo sciacquio dell’acqua

Da Roma non credevano che l’Arno fosse straripato. Allora che cosa fece Giannini? Si guardò intorno, afferrò il microfono, aprì una delle cento finestre del palazzo di piazza Santa Maria Maggiore e fece la prima cosa che gli saltò in mente: calò il microfono per far sentire al direttore generale della Rai Ettore Bernabei lo sciacquio dell’Arno che aveva invaso anche il portone del palazzo e ormai imperversava nel centro storico di Firenze, trascinando macchine e sfondando vetrine. Bernabei, fiorentino, giornalista collaudato, capì che qualcosa di grosso era successo.

Stefano Bisi

La notte di San Bartolomeo non si può dimenticare

Le strade centrali della città furono sgombrate a colpi di manganello; i caffè chiusi, i teatri invasi, le rappresentazioni sospese. E’ la fotografia di Firenze, la notte del 3 ottobre 1925, quando la furia fascista uccise Giovanni Becciolini, Gustavo Console e Gaetano Pilati. Quella notte dell’Apocalisse è romanzata nel libro di Vasco Pratolini, “Cronache di poveri amanti”, e ogni anni il Comune di Firenze depone una corona al cimitero di Trespiano sulla tomba di Giovanni Becciolini, dove è scritto: “Ucciso nell’adempimento di un alto dovere di fraterna solidarietà in un triste ritorno di oscura barbarie da questa tomba che ne racchiude le spoglie mortali ammonisce i viventi che le dittature serrano i cuori ad ogni nobile sentimento e che solo nella libertà e la serenità e la gioia del vivere la certezza nel divenire delle genti”.

L’uccisione di tre antifascisti e di quattro operai

Becciolini era repubblicano mentre Console, avvocato e corrispondente dell’Avanti! e Pilati, imprenditore edile e mutilato di guerra, erano socialisti. Becciolini e Console avevano in comune l’appartenenza massonica. Le vite dei tre martiri sono un romanzo, avventurose, sempre alla conquista della libertà. In quella notte tragica vennero uccisi anche quattro operai di cui non si conoscono neppure i nomi. Ricordare quello che avvenne serve per non dimenticare.

Stefano Bisi

Corfinio, il paese litiga sulla piazza dedicata a Falcone e Borsellino

Corfinio, (Pentima fino al 1928) è un paese di mille abitanti della provincia dell’Aquila, in Abruzzo. In epoca antica fu abitata dai Peligni e durante la guerra sociale del 91-88 a.C. (condotta contro Roma dai popoli della penisola fino a quel momento a lei alleati) divenne capitale della Lega italica, venendo ribattezzata “Italica”. Il comune della Valle Peligna è balzato agli onori della cronaca per l’intitolazione della piazza del paese a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, avvenuta sette anni fa. Circa trecento cittadini reclamano il nome originario: Piazza Corfinio. Lo hanno scritto in una petizione ma non si sono fermati ai documenti. C’è un ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale. Entra in scena il siciliano Girolamo Botta che schiera i suoi Pupi italici in difesa del borgo “ove nacque Italia” oltre duemila anni fa e riceve il plauso del nutrito gruppo di cittadini e dello scrittore Nicola Mastronardi.

Ricorso al Tar per ripristinare la vecchia denominazione

Al Tar viene chiesto di riportare la vecchia denominazione e prima avevano scritto all’allora ministro della cultura Gennaro Sangiuliano per lamentarsi della decisione della Soprintendenza ai beni culturali che aveva respinto la richiesta di ripristinare il vecchio nome. La disputa continua.

Stefano Bisi

La città camomilla e il processo Matteotti

“Giacomo Matteotti tra storia e archivio” è stato il tema di un confronto sulle sulle fonti documentarie inerenti al processo per il delitto del deputato socialista che si tenne a Chieti nel 1926. La località abruzzese è stata definita la “città-camomilla” nel marzo del 1926 dal giornalista Maria Alberto Perbellini de “Il Resto del Carlino”. A quel tempo, Chieti non sembrava presentarsi come si conviene ad un grande evento, si mostrava dedita a risolvere gli affari di ordinaria amministrazione. A distanza di cento anni dal sequestro e dall’assassinio avvenuto nel giugno 1924 l’Italia ricorda quel valoroso deputato e molti si chiedono perché il processo ai suoi sicari si svolse a Chieti.

Perché il processo ai sicari del deputato socialista si svolse a Chieti

Lo spiega in un libro, “A scelta del duce”, scritto da Marcello Benegiamo. Fu lo stesso Mussolini a scegliere Chieti come sede per lo svolgimento del processo. Una città tranquilla, la città camomilla, borghese e abitudinaria, priva di quelle forze sociali inquiete e sovversive che avrebbero potuto conte- stare e rendere difficoltoso quel processo. Un processo farsa al quale la stessa vedova Matteotti, dignitosamente, rifiutò di partecipare. Un processo di facciata con una sentenza scontata. Attraverso una rigorosa lettura delle carte processuali l’autore del libro ricostruisce un ambiente storico che va ben oltre la cronaca di un atto giudiziario documentando fatti e retroscena inediti. A Chieti si svolsero altri processi per le violenze fasciste. Tra questi destò particolare scalpore quello per i delitti compiuti a Firenze tra il 3 e 4 ottobre del 1925 in quelle tragiche ore che sono passate alla storia come la “Notte di San Bartolomeo”.

Stefano Bisi

Hugo Pratt, alla scoperta dei suoi legami con scrittori del passato

Di Hugo Pratt sappiamo che è stato un celebre fumettista, creatore di Corto Maltese ma pochi sanno che è stato un avido lettore, che nella sua carriera si è sempre confrontato con i grandi scrittori del passato. Una mostra a Roma racconta questo aspetto semisconosciuto di Hugo Pratt.

Chi vuole colmare questa lacuna può visitare la rassegna in programma fino al 20 dicembre nelle sale del Palazzo Strozzi-Besso di Roma. Da qualche giorno infatti è allestita “La biblioteca geografica di Hugo Pratt” che ci fa conoscere la produzione del disegnatore veneziano in relazione a letterati illustri.

Che cosa lega il creatore di Corto Maltese a Herman Hesse si scopre in una mostra a Roma

Che cosa lega Corto Maltese a Thomas Moore, William Shakespeare, Gabriele D’Annunzio, Baron Corvo e Hermann Hesse? “Sono tanti i luoghi e le citazioni letterarie che si incontrano appena varcata la soglia d’ingresso del palazzo capitolino; si tratta di riferimenti colti inevitabilmente connessi all’esperienza creativa ed esistenziale di Hugo Pratt, lettore onnivoro e instancabile viaggiatore” commenta Alex Urso. 

“In un certo senso sono il figlio di tutti loro. Ho sempre detto che tutto è stato scritto, che possiamo solo riscrivere”, disse una volta riferendosi alle analogie con i grandi scrittori del passato.

Stefano Bisi

Nico Piro, un inviato di guerra molto speciale

Inviato di guerra. Non ce ne sono moltissimi ma alcuni sì, però Nico Piro, giornalista della Rai, è un inviato di guerra, speciale. In un libro uscito in questi giorni racconta la sua storia. Il titolo, “Uno strano dono-Storia di un giornalista di guerra che ha imparato a fare pace con la disabilità”, è un invito a leggere questa storia particolare. “Sono nato così, morirò così, – scrive Piro – e qualsiasi cosa abbia fatto nella mia vita, l’ho sempre fatta così come sono. E credetemi: ho messo la faccia dove molti di voi normali non mettereste nemmeno i piedi”. Nico Piro è un giornalista di guerra che è stato sui fronti più difficili del mondo contemporaneo: dall’Afghanistan al Donbass. Ma è anche uno dei pochi inviati in area di crisi con una disabilità motoria che lo accompagna dalla nascita e di cui fino ad ora non aveva voluto parlare. Una scelta caparbia cui ha tenuto fede per evitare che il giudizio sul suo lavoro fosse influenzato.

La storia del giornalista con disabilità motoria ma con tanto coraggio

Ma dopo quasi trentacinque anni di carriera ha deciso di raccontare la sua condizione, in un memoir tagliente e toccante in cui racconta come ha imparato a convivere con questa diversità, e come un problema dalla nascita si può trasformare in uno strano dono che ti fa apprezzare la vita e ti porta a viverla al meglio. Una volta mi raccontò che i suoi due figli piccoli volevano entrare nella valigia che preparava al momento della partenza per la guerra. Da brividi.

Stefano Bisi

Il Gabbione, una pagina di letteratura sportiva

Enrico Capecchi, morto a 89 anni, non lo trovate nelle enciclopedie del calcio ma il quotidiano “Il Tirreno” gli dedica un articolo, una pagina bellissima di letteratura sportiva perché è tra gli inventori del Gabbione, “un moderno Colosseo di 25 metri per dieci dove la palla non esce mai, dove la sponda diventa la migliore delle amanti se la giocata ti riesce o la nemica più acerrima se la palla non te la restituisce come tu vorresti”.

“Oggi siamo qui, tristi, malinconici, con la lacrima a stento repressa, a dire grazie ad Enrico Capecchi, che del gabbione fu uno dei padri fondatori, dei padri costituenti. Enrico se n’è andato a 89 anni, dopo una vita spesa a inseguir palloni, livornese puro, sanguigno: il suo era il calcio di dominio mentale, prima che tecnico, che condivideva con i sodali degli anni ruggenti: Costanzo Balleri, Mauro Lessi, e soprattutto Armando Picchi. A loro, che di calcio non erano mai sazi, nemmeno dopo stagioni consumate a vincer Coppe dei Campioni o masticare il pane duro del calcio di provincia, l’estate di mollezze, bagni, tintarella e partite a scopone non bastava, non poteva bastare”.

Se n’è andato Enrico Capecchi, uno dei padri fondatori

Il giornale ricorda che i “Bagni Fiume furono il laboratorio, la bottega del Verrocchio dove Leonardo da Vinci-Picchi immaginò il capolavoro: il campetto da basket in cemento, utilizzato dai boys livornesi tra un bagno e l’altro, venne trasformato proprio dal capitano dell’invincibile Inter in un’arena con tanto di rete di recinzione e porte piccolissime, dove il gol era un Sacro Graal da conquistare, roba per piedi goniometrici”. Anche Massimiliano Allegri ha imparato a giocare al Gabbione dove anche i campioni della Grande Inter provarono ad esibirsi.

Stefano Bisi

Spiragli di giustizia per i cittadini diffamati da anonimi

Tanti cittadini diffamati su Telegram hanno tirato un sospiro di sollievo quando hanno letto la notizia che il patron della piattaforma, Pavel Durov, a meno di un mese dall’arresto in Francia, ha pubblicato sul suo social un post in cui comunica il cambiamento di policy nei termini di contratto del servizio fornito dalla piattaforma social. L’app di messaggistica, fornirà gli indirizzi IP e i numeri di telefono degli utenti alle autorità competenti nel caso di valide richieste legali. Lo scopo, come dichiara lo stesso Durov, è scoraggiarne l’uso criminale.

La svolta annunciata da Telegram dopo tante querele e l’arresto di Durov

In tanti si erano rivolti alla polizia postale per denunciare le offese ricevute da anonimi leprotti da tastiera ma le autorità, nonostante l’impegno, poche volte sono riusciti a individuare i responsabili per la reticenza di chi gestisce la piattaforma.

Per Telegram si tratta di un cambiamento significativo della precedente politica. Per Rainews “la piattaforma non si era mai dimostrata molto collaborativa con le autorità in nessuna parte del mondo, cosa che aveva spesso consentito l’utilizzo dell’app di messaggistica da parte di gruppi criminali ed estremisti. Da ora, grazie all’intelligenza artificiale e a un team di moderatori, Telegram ha iniziato a nascondere i contenuti problematici dai risultati di ricerca per prevenire abusi”. Per i cittadini diffamati si aprono spiragli di giustizia.

Stefano Bisi

Il ministro della Cultura può mettere bocca

Sul neoministro della cultura Alessandro Giuli, reduce dal G7 di Pompei, ci sono molte aspettative. Intanto molti vogliono conoscerlo meglio e a questo proposito si segnala una sua intervista al mensile Espansione rilasciata proprio nella fase di passaggio da presidente del Maxxi a ministro e un commento di Artribune.com. “Dopo le felicitazioni al neoministro – scrive il sito -, ci sono le aspettative nei suoi confronti. Delle aspettative un po’ utopistiche, ammettiamolo. Astratte e visionarie. Però una speranza la custodiamo, la speranza di avere un ministro della Cultura rompiscatole e interventista anche su settori che apparentemente non gli competono. Ma sottolineiamo apparentemente. Perché, specie in Italia, cos’è che non ha a che fare con la cultura? Quasi nulla a dire il vero”.

Può parlare su trasporti, sviluppo economico e ricerca

“E allora l’auspicio – aggiunge – è di scoprire che questo nuovo ministro, sfruttando il suo profilo tecnico, la sua età più bassa rispetto alla media del Governo e la sua reputazione non compromessa, intervenga dovunque a campo libero, sorprendendoci con un attivismo puntuale e fastidiosetto. Lasciandosi alle spalle la narrazione di un ministero della Cultura subalterno, marginale, di seconda o di terza fascia. Tra le altre cose, chi se non il ministro della Cultura italiano ha più titolo di intervenire, di mettere bocca, di immischiarsi nelle faccende del Paese? Quali? Ma grossomodo tutte. Dalla ricerca ai trasporti, dalla scuola allo sviluppo economico”. Non resta che mettersi all’opera e Giuli ha cominciato a districarsi tra stanze e uffici del ministero voluto da Giovanni Spadolini.

Stefano Bisi

Marco Frittella rivela la sua anima green

Marco Frittella, uno dei volti più conosciuti della televisione italiana, da qualche tempo ha rivelato un’anima green, come testimoniato da un’intervista al mensile Espansione.

Il popolare giornalista dice quali sono le sfide principali che l’Italia deve affrontare per una transizione ecologica efficace: “Da tempo è incamminata sulla strada della transizione green. Il nostro Paese raggiunge risultati che pochi conoscono ma che sono estremamente significativi: la media nazionale di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti è tuttora il doppio di quella europea. Ci sono settori – penso all’olio esausto, alla carta, all’alluminio – in cui,  grazie all’opera meritoria dei consorzi obbligatori, l’Italia sul recupero della materia prima  ha già raggiunto e superato i target europei del 2030”. 

Aziende, università, associazioni in campo per la transizione energetica

Secondo Frittella “c’è una rete formidabile di aziende, università ed enti di ricerca, consorzi, associazioni di volontariato che fanno dell’Italia un campione europeo dell’economia circolare.  Sulla transizione energetica e l’implementazione delle fonti rinnovabili  il discorso è più accidentato: abbiamo ripreso a camminare dopo fasi di primato assoluto e  periodi di arretramento dovuti anche ad una politica bizzarra degli incentivi”.

Bizzarra e un po’ caotica ma oltre agli incentivi bisogna far maturare una coscienza ambientalista, soprattutto tra i più piccoli.

Stefano Bisi

Travolti dalle immagini nella Lezione di Italo Calvino

“Viviamo sotto una pioggia ininterrotta d’immagini; i più potenti media non fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso una fantasmagoria di giochi di specchi…Gran parte di questa nuvola di immagini si dissolve immediatamente come i sogni che non lasciano traccia nella memoria; ma non si dissolve una sensazione d’estraneità e di disagio”. Sono parole che sembrano scritte oggi quelle di Italo Calvino, morto il 19 settembre del 1985, e pubblicate in “Lezioni americane. Serio proposte per il prossimo millennio”, un libro di Italo Calvino basato su una serie di lezioni preparate in vista di un ciclo di sei discorsi da tenere all’Università di Harvard per l’anno accademico 1985-1986. Fu pubblicato postumo nel 1988.

Il libro dello scrittore pubblicato postumo tre anni dopo la morte avvenuta il 19 settembre 1985

E’ da rileggere. L’ordine delle lezioni non è casuale e parte dalla caratteristica che Calvino considera la leggerezza. Poi la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza. Quest’ultima era solo stata pensata perché questo grande personaggio del Novecento, immortale, non fece in tempo a scriverla perché sopraggiunse la morte.

Stefano Bisi

Maurizio Schillaci, quel campione che ora dribbla la miseria

Di Maurizio Schillaci un giorno Zdenek Zeman disse che era il calciatore più bravo di quelli che lui aveva allenato ma non è stato fortunato. La sua storia, triste e drammatica, è stata portata di nuovo alla ribalta da PalermoToday. “La sua parabola all’ingiù diventò nota nel 2013 quando fu svelato il suo status di clochard. Lui, ex ala tutta dribbling ed estro con una parentesi sfortunata alla Lazio, oggi ha 62 anni e anche le sue condizioni di salute degli ultimi giorni stanno creando preoccupazione. Da tempo vive per strada, trascorre le giornate davanti a un chiosco di fronte al Teatro Massimo”. 

Maurizio Schillaci, il più bravo dei calciatori allenati da Zeman

E ha bisogno di aiuto. L’ultimo appello per dare una mano all’ex stella del pallone degli anni Ottanta, è arrivato da Giusy Caldo, volontaria animalista. “Stiamo aiutando Maurizio Schillaci, il ‘clochard’ con il cane di piazza Verdi. Sta facendo un percorso sanitario tra esami e terapie. Noi lo aiutiamo con la gestione del suo cane”. La volontaria chiede piccoli gesti, come portare un piatto di pasta.

Maurizio era un talento. Sbocciò a Licata e portò la squadra siciliana dalla C2 alla serie B. Lo chiamavano gazzella, svolazzava nella trequarti avversaria. Poi mille disgrazie e una vita da emarginato, da senzatetto. Ora l’avversario da dribblare non è più un arcigno terzino ma la miseria. Forza campione.

Stefano Bisi

Larissa Iapichino, non si diventa grandi in un salto

“Non si diventa grandi in un salto”. Larissa Iapichino, 22 anni, fiorentina, quarta alle Olimpiadi e prima alla Diamond League nel salto in lungo, ha le idee chiare sulla vita. Le risposte che dà nell’intervista al quotidiano La Stampa dimostrano che è già “grande”.

Dice, per l’ennesima volta, che non le pesa essere la figlia della campionessa Fiona May e avere come allenatore il padre Gianni Iapichino. Non è attratta da esperienze all’estero: “So che non rendo fuori dalla comfort zone. A Firenze c’è la quotidianità, l’università, le persone di sempre che mi aiutano a sentirmi ancora ragazzina e non mi fanno perdere lo spirito con cui ho iniziato”. Che è quello di divertirsi con lo sport.

Ma si può crescere senza accorgersene 

“Intendo percorrere la mia strada, con il ritmo che trovo giusto – dice Larissa – Mi prendo le responsabilità, non mi comporto da eterna adolescente: ho comprato casa e  ci sono andata a vivere due anni fa. L’indipendenza mi piace, non sto imbullonata sul divano di papà, sono autonoma e trovo una pace incredibile quando faccio le lavatrici. Divido i colori, sento i profumi dei detersivi. Mi distende”. Essere diventati grandi senza accorgersene.

Stefano Bisi

Carlo Azeglio Ciampi, cittadino europeo nato in Italia

Il 16 settembre 2016 moriva Carlo Azeglio Ciampi, il decimo presidente della Repubblica, uno degli uomini con il più alto senso delle istituzioni, l’amore per la patria e un convinto europeismo. A questi principi ha ispirato la sua azione da quando giovanissimo partecipò alla Liberazione del Paese per poi diventare governatore della Banca d’Italia, poi presidente del consiglio dei ministri e infine presidente della Repubblica. 

In occasione dell’anniversario della scomparsa, Rai Cultura ripropone l’appuntamento di “Passato e Presente”, in onda lunedì 16 settembre alle 8.45 e alle 14.15 su Rai Storia, nel quale Paolo Mieli ne ripercorre l’impegno politico insieme a Umberto Gentiloni.

I valori risorgimentali sono stati la bussola dell’azione del presidente morto nel 2016

Ciampi ha guidato il Paese in una difficile fase di transizione e verso la moneta unica europea come ministro del Tesoro nel governo Prodi e quando c’è stato bisogno di lui ha sempre risposto “Presente”. Viene eletto al Quirinale nel maggio 1999 e fa della riscoperta dei valori risorgimentali e della ricostruzione dell’identità nazionale i punti cardine del suo settennato. L’amore per il Risorgimento hanno fatto accostare più volte il suo nome alla massoneria anche per una singolare coincidenza: il fratello di Ciampi era il titolare di un negozio di ottica a Livorno a poche decine di metri dalla sede del Grande Oriente d’Italia e le visite private del capo dello Stato erano state confuse con incontri nel tempio massonico. Così non era.

Dell’uomo dell’orizzonte comune, come lo definì il presidente Sergio Mattarella, se ne parla il 16 settembre alle 11.15 su Rai Storia nel programma “Carlo Azeglio Ciampi: un cittadino europeo nato in terra d’Italia” con le testimonianze di Giuliano Amato, Pier Ferdinando Casini, Vincenzo Visco, Umberto Gentiloni, Alessandro Acciavatti e Paolo Peluffo che di questo nobile rappresentante delle migliori tradizioni democratiche è stato leale, prezioso e principale collaboratore al ministero del Tesoro, a palazzo Chigi e al Quirinale.

Stefano Bisi

La Toscana crede alle Olimpiadi del 2040

La Toscana ci crede. Le Olimpiadi del 2040 nella terra di santi e navigatori, di poeti e statisti punta a questo obiettivo con determinazione. Il vicepresidente del consiglio regionale Stefano Scaramelli, esponente di Italia Viva, ha presentato un documento che verrà sottoposto alle altre forze politiche perché le Olimpiadi di Firenze e della Toscana nel turno europeo del 2040 sono un sogno realizzabile: “Auspico la massima condivisione delle forze politiche per realizzare questo sogno tutti insieme”. La proposta è stata lanciata da Matteo Renzi: “Condivido la candidatura avanzata dal senatore e le parole del presidente della Regione Eugenio Giani che hanno sottolineato come la Toscana diffusa, le nostre città, il nostro mare, le nostre colline, le montagne, i laghi e le strade bianche della nostra regione abbiano tutto per stupire il mondo e per migliorarsi”.

Scaramelli sposa l’idea di Renzi e Giani

Scaramelli ha presentato un atto formale e se n’è parlato nella conferenza dei capigruppo per portarla prima possibile all’esame del consiglio regionale. “Ora – dice – devono essere coinvolte le istituzioni e le associazioni per arrivare a presentare una proposta seria al governo italiano”. Intanto sindaci e sportivi plaudono all’iniziativa. La bandiera della Toscana può sventolare il sogno olimpico.

Stefano Bisi

Tra le campane e i soldi si sceglie l’identità 

A Rumo, nell’Alta Val di Non in provincia di Trento, gli abitanti tra salvaguardia dell’identità del paese e i soldi dei turisti, hanno scelto la prima opzione. Ne ha parlato La Repubblica raccontando che una comitiva ha interrotto le vacanze perché infastidita dai rintocchi delle campane 48 volte al giorno per 184 rintocchi complessivi.

Scontro tra residenti e turisti in un borgo della Val di Non

Come da tradizione il campanile segna il tempo ogni mezz’ora con quattro rintocchi, anche nella fascia serale e in quella notturna. A quel punto i turisti hanno chiesto al Comune e alla parrocchia di intervenire. Missione inutile. “Ci hanno consigliato di tornare a casa nostra e di non farci più vedere in giro, aggiungendo ‘sappiamo quali sono’, rivolto alle nostre auto. Non siamo riusciti a reggere, le campane hanno iniziato a intonare melodie mattutine, la stanchezza e la paura di subire danni, oltre a qualche imprevisto nell’alloggio, ci hanno impedito di proseguire la vacanza”, ha raccontato sui social un componente della comitiva. 

La sindaca Michela Noletti ha cercato di mediare tra le due posizioni ma “non c’è stato nulla da fare e sono persino stata minacciata a livello personale. Per fortuna, avendo capito che la situazione stava degenerando, mi sono recata sul posto con i carabinieri che potranno testimoniare quanto accaduto”. E voi da che parte state?

Stefano Bisi

Quei palloni da basket che diventano opere d’arte

Quei palloni ruvidi di colore più o meno aranciato diventano opere d’arte grazie all’artista Jorge Mañes Rubio (Madrid, 1984) che attinge alle Sacre Scritture “per dare forma a New Prophets, la serie scultorea che si fa portavoce di una nuova spiritualità dove creature e simboli (storicamente e cristianamente associati a una dimensione negativa) coesistono tra colori, forme e perline su classici palloni da basket” scrive Artribune.

Dalle mani di Michael Jordan a quelle di Jorge Mañes Rubio  

Quei palloni che Michael Jordan, il più grande cestista di tutti i tempi, schiacciava in faccia agli avversari, con quella “texture aranciata, ruvida e gommosa degli iconici palloni Spalding” che ora “cede il posto a perline, paillettes e lustrini che danno forma a serpenti danzanti, motivi floreali, geometrici e scritte. Posti su plinti bianchi, i palloni si trasformano in micro universi da osservare dall’alto e a tutto tondo, per scoprire una nuova prospettiva sulla spiritualità e l’inclusività”.

Chissà che cosa ne pensa Michael Jordan, probabilmente sarebbe contento perché anche le sue schiacciate erano autentiche opere d’arte, come i palloni con le perline di Rubio.

Stefano Bisi

Cento anni di radio, la Toscana in prima fila

Era il 6 ottobre 1924 quando andò in onda la prima trasmissione e la radio, che per Silvio Gigli era “Sorella Radio”, ci accompagna ancora. E sono passati 100 anni da quel giorno.

La Toscana è in prima fila per ricordare l’anniversario: nei mesi di settembre e ottobre sono previste alcune iniziative per celebrare la prima trasmissione andò in onda nell’etere italiano.

Spettacoli teatrali, performance e un’intera giornata formativa: sono tante le iniziative della rassegna “100 anni della Radio italiana 1924-2024” promossa dal Comitato tecnico-scientifico della Fondazione dell’Ordine dei giornalisti della Toscana in partenariato con la Rai di Firenze, l’Accademia della Crusca, la Compagnia delle Seggiole, l’Orchestra da Camera Fiorentina e l’Associazione Italiana per la Radio d’Epoca.

La prima trasmissione il 6 ottobre 1924 

L’evento clou della rassegna si terrà il 5 ottobre con il convegno “Un secolo di giornalismo radiofonico: le sedi Rai di Firenze nella radiodiffusione”. Sarà anche l’occasione per ricordare alcuni giornalisti che hanno fatto la storia della radio in Toscana come Marcello Giannini, Giovanni Angelici e Marcello Lazzerini, considerati ancora dei maestri da chi li ha conosciuti nella professione.

Stefano Bisi

Lo stop al web senza regole non è censura

L’arresto del Signor Telegram ha sollevato tante discussioni perché per la prima volta nella storia delle nuove tecnologie di comunicazione il proprietario di una piattaforma è chiamato a rispondere dei mancati controlli sui reati commessi da chi la utilizza. Pavel Durov, fermato a Parigi appena arrivato con il suo aereo personale, ha suscitato la protesta di Elon Musk e anche quella di Matteo Salvini. Tra le opinioni che ho ascoltato e letto condivido quella scritta da Vittorio Sabadin sul quotidiano “Il Messaggero”: “Forse dovremmo smetterla di provare ammirazione per personaggi del genere solo perché sono stati bravi a diventare molto ricchi”. 

L’arresto del Signor Telegram e il senso di responsabilità che è mancato

Durov ora è sotto accusa perché attraverso Telegram molti malfattori hanno fatto i loro comodi, eppure per “Fortune” era tra i migliori under 40 del mondo. Ma quanti, dietro l’anonimato da lui garantito, hanno compiuto reati e più semplicemente hanno diffamato cittadini indifesi, associazioni intere? Per Sabadin “oltre alla capacità di fare soldi, bisognerebbe giudicare le persone anche dal senso di responsabilità che dimostrano di avere nei confronti degli altri, e se non ne hanno nessuno, è doveroso fermarli”. Ci fanno credere che poter usare a proprio piacimento una piattaforma vuol dire “democratizzazione” ma è solo apparenza: “Dietro la deregulation della globalizzazione informatica si nasconde una sottile operazione di condizionamento. Il controllo delle grandi corporation. C’è poi un terzo pericolo: il trionfo delle fake news, delle fandonie travestite da verità pseudo-oggettiva” ha detto tempo fa il cardinale Gianfranco Ravasi. Come non dargli ragione?

Stefano Bisi

Astutillo, il portiere che pensa ai ragazzi disabili

Di nome Astutillo e di cognome Malgioglio. Chi ha fatto le collezioni delle Figurine Panini lo ricorda portiere in serie A e B che una volta finì nel mirino dei tifosi della Lazio che lo accusavano di pensare più ai ragazzi disabili che a difendere la porta.

Quei giovani si chiamano Lorenzo, Michela, Antonio. Sono tre degli “angeli”, come li chiama lui, che Astutillo Malgioglio assiste da una vita, quella che ha deciso di dedicare un po’ al calcio e tantissimo a chi soffre. Per questa sua dedizione agli ultimi, l’ex portiere è stato premiato a Bobbio, in provincia di Piacenza, la città dove è nato. “Una passione che nell’inquinatissimo mondo del calcio gli è costata più di un’offesa: lo accusavano di pensare più ai suoi bambini che a intercettare i palloni diretti alla sua porta, lo facevano alcuni tifosi (molto pseudo), lo ha fatto anche un suo ex-allenatore” ha scritto il quotidiano piacentino La Libertà.

Malgioglio premiato per la sua attività di volontariato

“Tirare dritto non gli è costato molto – scrive il giornale – perchè piaceva lanciarsi a terra per bloccare palloni, ma anche e di più poter fare qualcosa per quei ragazzini con enormi difficoltà motorie. Distrofici, per l’esattezza”. Bobbio lo ha proclamato “piacentino dell’anno” e Astutillo ne è stato felice. Gli è servito a superare qualche momento di sconforto che ha attraversato da quando, era il 1977, visitò un centro per bambini cerebrolesi e decise che quel portiere diciannovenne di belle speranze doveva pensare sì al calcio ma anche a chi è sfortunato.

Stefano Bisi