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Tag: Ripple

Ripple, ora la SEC modera le pretese, chiedendo “solo” 102,6 milioni di multa

La vertenza tra SEC e Ripple Labs sembra pronta a tornare su un terreno più normale. A dimostrarlo le notizie relative al ridimensionamento della multa che l’autorità di regolamentazione dei mercati finanziari USA vorrebbe infliggere all’azienda tecnologica che emette XRP.

Dopo che le prime schermaglie sono andate in onda su una richiesta astronomica, pari a circa due miliardi di dollari, ora la Securities and Exchange Commission si accontenterebbe di 102,6 milioni di dollari. Che sono comunque più di dieci volte i dieci milioni indicati dall’azienda, della quale si attende ora la risposta.

Ripple, le novità sulla vertenza con la SEC

Nei giorni passati, Ripple Labs aveva contestato con durezza la richiesta della SEC relativa ad una multa da due miliardi di dollari, nell’ambito della causa che contrappone le due parti. Una contestazione la quale faceva leva sull’accordo conseguito tra la stessa agenzia e Terraform Labs sulla vicenda relativa a Terra (Luna).

Secondo l’azienda californiana, infatti, era sin troppo evidente la sproporzione tra i 4,5 miliardi richiesti a Do Kwon e compagni e i due pretesi da Ripple. A renderla tale il fatto che l’azienda sudcoreana si fosse riconosciuta protagonista di frode. Un comportamento truffaldino il quale, al contrario, non poteva essere ravvisato nella vicenda di XRP.

A stretto giro di posta sono ora arrivate le controdeduzioni della SEC. Nel documento indirizzato al giudice Analisa Torres il passato 14 giugno, l’autorità risponde infatti: “Nel chiedere alla Corte di ancorare la sua determinazione della sanzione all’accordo con Terraform, Ripple non nota che il convenuto societario lì è in bancarotta, andando fuori mercato per sempre.”

In pratica, la società sudcoreana ha accettato di distruggere le chiavi delle proprie criptovalute, restituire una parte delle stesse ai clienti danneggiati e rimuovere due dei membri del consiglio di amministrazione in posizione di comando al momento delle violazioni. Mentre Ripple non sta accettando alcuna richiesta della SEC. Una differenza che spiegherebbe il diverso trattamento riservato alle controparti.

Perché la SEC ora chiede 102,6 milioni

A questa prima eccezione, la SEC ne aggiunge poi un’altra, tesa a spiegare la ratio che ne muove le richieste. L’ente, infatti, spiega: “Le risoluzioni in cui i convenuti con problemi finanziari accettano di restituire i fondi alle vittime rapidamente e si accordano volontariamente al fine di cessare la loro condotta illecita non sono utili nel decidere il numero di sanzioni necessarie per punire e scoraggiare un convenuto indiscutibilmente benestante che non riconosce o ammette la sua violazione delle leggi sui titoli, e che continua ad arricchirsi impegnandosi in una condotta terribilmente simile a quella che ha risultato nella violazione in primo luogo.”

Altro punto dirimente del documento dell’agenzia diretta da Gary Gensler è poi quello in cui si contesta la logica dell’azienda californiana. La SEC, infatti, afferma: “Ripple confronta anche la dimensione della sanzione di Terraform con l’importo delle vendite lorde di quel convenuto, sostenendo che la Corte dovrebbe imporre lo stesso rapporto (1,27%). Ma questo non è un confronto tra mele e mele. Ripple evita di confrontare la sanzione dell’accordo Terraform con il profitto lordo della condotta illecita. Quel rapporto (420 milioni di dollari/3,587 miliardi di dollari) è significativamente più elevato: 11,7%.”

Dopo l’ennesima stoccata, l’agenzia conclude in tal modo: “Applicandolo agli 876,3 milioni di dollari di profitti lordi che la SEC qui chiede alla Corte di disgregare risulta una cifra molto più grande, una sanzione di 102,6 milioni di dollari, rispetto al tetto di 10 milioni di dollari su cui Ripple insiste. Una sanzione così bassa non soddisferebbe gli scopi delle leggi sulle sanzioni civili.”

Ora non resta che assistere alle prossime schermaglie della vicenda, per capire quali argomentazioni avranno colpito maggiormente la corte chiamata a giudicare. Per Ripple, comunque, sembra allontanarsi la prospettiva di una multa miliardaria.

Ripple ha annunciato su X il nome della sua stablecoin: si chiamerà Ripple USD (RLUSD)

Real USD: così si chiamerà la nuova stablecoin targata Ripple. Ancora impegnata in una difficile battaglia con la SEC, l’azienda californiana ha deciso di rompere gli indugi e avviarsi con sempre maggior decisione verso la sua nuova avventura.

L’annuncio del nome è stato dato il passato 12 giugno tramite un messaggio pubblicato su X. Un annuncio che sembra non tenere però conto della possibile apertura di un nuovo fronte con la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti. In un momento in cui le controparti incrociano i ferri in tribunale, con la SEC che chiede una multa pari a poco meno di due miliardi di dollari.

Ripple USD: il momento dell’esordio sembra avvicinarsi sempre di più

Ripple USD: questo il nome della nuova stablecoin con cui Ripple Labs intende sfondare anche in un settore sempre più centrale, in ambito crypto. Un nuovo progetto il quale, secondo molti analisti, potrebbe consentire all’azienda di entrare in una nuova fase della sua esistenza.

Ancorata al dollaro statunitense, RLUSD si propone un obiettivo immediatamente ambizioso: installarsi nella Top Five delle stablecoin sin dal suo esordio, o quasi. Implementata sia sulla Ethereum Virtual Machine (EVM) che su XRP Ledger, la stablecoin si va a inserire in un modello di business, quello di Ripple, focalizzato sulle transazioni transfrontaliere.

A supportare il token saranno le riserve di dollari statunitensi sottoposte regolarmente ad uno strumento come la Proof-of-Reserve, sempre più in voga in questo particolare settore. L’intento è quindi quello di non causare frizioni con le autorità di vigilanza e mantenere elevata la fiducia dei consumatori.

Ripple USD, inoltre, potrà fare leva sull’integrazione con i servizi finanziari di Ripple, a partire da RippleNet, il suo network di pagamenti transfrontalieri. Il sistema congegnato per questa via dovrebbe essere in grado di assicurare agli utenti scambi efficienti, sicuri e veloci.

Il momento particolare delle stablecoin

L’annuncio relativo a Ripple USD arriva in un momento chiave, per le stablecoin. Nelle passate ore, infatti, è diventata ufficiale l’esclusione di UDST da un mercato come quello dell’eurozona. A provocarne il bando il mancato rispetto degli elevati standard previsti per questo genere di token dal Markets in Crypto Assets (MiCA). Ovvero la legge chiamata a regolamentare l’innovazione finanziaria lungo i confini europei.

Un provvedimento cui ben presto si potrebbe aggiungere quello presentato da Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand al Congresso. In caso di una sua approvazione, la stablecoin di Tether potrebbe ricevere un altro duro colpo, finendo fuori dal mercato statunitense, in quanto emesso da un’entità esterna.

Una serie di colpi i quali potrebbero ridimensionare il ruolo di Tether nel settore, come dimostra la decisione dell’azienda di allargare il suo raggio d’azione anche ad altre nicchie, a partire dall’intelligenza artificiale.

E quello non meno particolare di Ripple Labs

Anche Ripple, però, ha le sue gatte da pelare. Quelle collegate alla vertenza con la SEC, che sta riservando non poche spine all’azienda californiana. L’agenzia guidata da Gary Gensler, infatti, ha chiesto una multa pari a poco meno di due miliardi di dollari, come forma punitiva per aver venduto titoli non regolamentati.

L’entità della multa è stata definita abnorme dai responsabili legali di Ripple Labs. Che nel farlo hanno paragonato la richiesta alla multa inflitta a Terraform Labs e al suo fondatore Do Kwon, pari a 4,5 miliardi di dollari. Nel farlo hanno ricordato che l’emittente di Terra (LUNA) è stata riconosciuta colpevole di frode, mentre nel caso di Ripple non ci sarebbe stata alcuna intenzione di truffare gli investitori.

La cifra che secondo gli avvocati dell’azienda sarebbe adeguata alla gravità delle accuse è pari a dieci milioni di dollari. Il rischio è che, comunque, sia molto più elevata. Non resta quindi che attendere i successivi sviluppi della vicenda, per capire quale delle due tesi sarà riuscita a prevalere.

Ripple, la multa prevista dalla SEC è assolutamente sproporzionata, alla luce di quella inflitta a Terraform Labs e Do Kwon

La multa comminata dalla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti a Terraform Labs e Do Kwon sembra destinata a far discutere molto. Com’è noto, nell’ambito della causa civile contro i protagonisti del clamoroso crac di Terra (LUNA), la SEC ha stabilito in 4,5 miliardi di dollari l’importo della sanzione a loro carico.

Il problema sorto nello stabilire tale importo è relativo al confronto con i due miliardi pretesi dall’autorità di vigilanza dei mercati finanziari statunitensi da Ripple Labs. Una sproporzione che è stata immediatamente messa in rilievo dall’azienda guidata da Brad Garlinghouse, alle prese con la battaglia legale sorta con l’agenzia.

Ripple denuncia la differenza di trattamento della SEC rispetto a Terraform Labs

Ripple Labs ha respinto al mittente la proposta della Securities and Exchange Commission relativa ad una multa multimiliardaria nell’ambito della causa sorta intorno a Ripple. Lo ha fatto nell’ambito di un “avviso di autorità supplementare” che ha provveduto ad inviare nella giornata di ieri al giudice che supervisiona il caso.

Al suo interno, il consulente legale della società ha affermato che la corte dovrebbe respingere quella che suona alla stregua di una richiesta sproporzionata e senza precedenti. La SEC, infatti, chiede il versamento di quasi due miliardi di dollari di multe all’azienda tecnologica che dirige le operazioni di XRP.

L’avvocato Michael K. Kellogg nel presentare le sue argomentazioni, ha preso come riferimento proprio il recente accordo transattivo tra la SEC e Terraform Labs, l’azienda guidata da Do Kwon. Un accordo che stabilisce in 4,5 i miliardi di dollari che gli accusati devono versare sotto forma di multa.

Perché la protesta di Ripple Labs?

A stridere con grande forza, secondo le tesi di Kellogg, è proprio la differenza di motivazioni alla base delle due cause. Nel caso di Terraform Labs, infatti, siamo di fronte ad una vera e propria frode ai danni degli investitori. Una truffa condotta in assoluta consapevolezza dagli imputati, terminata con la scomparsa di oltre 40 miliardi di dollari degli investitori.

Mentre nel caso di Ripple l’accusa è di aver venduto titoli non autorizzati, senza però alcuna intenzione, perlomeno provata a livello di dibattimento, di truffare gli investitori. Una disparità la quale salta in evidenza agli occhi degli spettatori neutrali delle cause in oggetto.

“La sanzione civile richiesta dalla SEC nel caso Terraform dimostra l’irragionevolezza della sanzione civile richiesta dalla SEC in questo caso”: queste le parole di Kellogg, al proposito. Per poi aggiungere: “Non ci sono accuse di frode in questo caso e gli acquirenti istituzionali di fatto non hanno subito perdite sostanziali.” Concludendo poi che una multa proporzionata all’entità del caso si attesterebbe intorno ai dieci milioni di dollari.

Occorre anche sottolineare come la SEC abbia giustificato l’enormità della sanzione con la volontà di dissuadere Ripple Labs per il futuro. Una tesi abbastanza strana, considerato come le aule di tribunale giudichino reati effettivamente compiuti e non quelli che potrebbero essere commessi.

Intanto l’azienda si muove per la sua stablecoin

Mentre prosegue la battaglia legale con la SEC, Ripple non resta comunque ferma ad attendere gli eventi. Anzi, continua ad espandere la propria attività, come testimonia il recente completamento dell’acquisizione della Standard Custody & Trust Company.

Si tratta di una società di custodia di criptovalute regolamentata dal Dipartimento dei servizi finanziari di New York, il cui acquisto sembra ideale per sospingere Ripple Labs verso il suo prossimo grande obiettivo: lanciare una stablecoin ancorata al dollaro statunitense.

Un lancio che avverrà in un momento molto particolare, il quale vede Tether sottoposta a grandi pressioni. L’azienda che emette USDT, infatti, deve fare i conti non solo con la nuova legge sulle stablecoin proposta da Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand, ma anche con il bando emesso nei suoi confronti dall’UE. USDT, infatti, non rispetta gli standard pretesi dall’eurozona con l’entrata in vigore del MiCA.

Ripple dona altri 25 milioni di dollari al super PAC Fairshake. La criptosfera è sempre più coinvolta nella battaglia politica

Ripple Labs ha deciso di donare altri 25 milioni di dollari al super PAC (Political Action Committee) Fairshake, cui l’azienda partecipa in concorso con altre importanti realtà della blockchain. Una donazione che fa seguito ad una prima di pari importo risalente alla fine dell’anno passato.

La nuova donazione testimonia più di tante parole un dato di fatto che è ormai evidente: il mondo dell’innovazione finanziaria intende essere un fattore politico. E, in particolare, non si perita di nascondere l’intenzione di mobilitarsi a favore di tutti gli esponenti politici reputati crypto-friendly. Un novero in cui appaiono molti repubblicani, molto più lesti dei rivali democratici a fiutare la situazione favorevole che si va profilando all’orizzonte.

Ripple: altri 25 milioni di dollari a Fairshake

Sono quindi già 50 i milioni di dollari che Ripple Labs ha destinato alla battaglia elettorale per la Casa Bianca e il rinnovo del Congresso degli Stati Uniti. Le sue donazioni, di conseguenza, rappresentano circa la metà degli oltre 100 milioni di dollari che Fairshake ha raccolto da alcuni dei maggiori attori del settore cripto. Tra di essi spiccano due exchange di criptovalute, Coinbase e Gemini, oltre alla società di venture capital Andreessen Horowitz e al gestore patrimoniale ARK Invest.

Si tratta dell’ennesima testimonianza di un dato di fatto: l’innovazione finanziaria non intende restare alla finestra, ma vuole farsi parte attiva della battaglia politica. Ha in pratica fatto propria una constatazione di buon senso: se non ti interessi alla politica, la politica si interessa però a te. E restare fermi in attesa degli eventi può diventare molto pericoloso.

Le elezioni di fine anno, quindi, sono viste come un’ottima occasione per modificare una situazione molto problematica. Nel corso degli ultimi anni, infatti, la Securities and Exchange Commission guidata da Gary Gensler ha mostrato evidente ostilità sul fronte crypto. Ostilità del resto condivisa da molte importanti personalità del partito democratico.

Le aziende del settore, quindi, hanno deciso di attivarsi per avere un Congresso in cui siano presenti molti rappresentanti favorevoli agli asset digitali. A scapito naturalmente di quelli che non hanno mascherato la propria contrarietà in tal senso. A partire da Elizabeth Warren, senatrice democratica del Massachusetts, responsabile di aver presentato un progetto di legge visto come il fumo negli occhi dalla criptosfera.

Proprio Fairshake si è rivelato la punta di lancia di questo interventismo. Il super PAC, infatti, ha largamente contribuito alla sconfitta di Katie Porter, la cui candidatura al Senato è stata letteralmente schiacciata in California. Sono stati ben dieci i milioni di dollari messi in campo da Fairshake in questa occasione.

Ripple e Fairshake, uno sforzo per promuovere politiche pro-crypto

In un annuncio di mercoledì, Ripple ha indicato il suo contributo a Fairshake come “parte di uno sforzo a livello di settore per promuovere politiche che supportino la prossima generazione di innovazione finanziaria negli Stati Uniti”

L’annuncio, in particolare, mette in discussione il ruolo dei regolatori federali. Lo fa indicando come fallito l’approccio della SEC teso a regolamentare le criptovalute attraverso l’applicazione delle norme. Gli Stati Uniti, quindi, devono ora creare un “paesaggio normativo positivo” per le criptovalute. Un nuovo habitat in grado di favorire l’innovazione.

Anche Brad Garlinghouse, il CEO di Ripple Labs ha affrontato la questione. In particolare, ha affermato: “I nostri contributi a Fairshake sono solo uno dei tanti modi in cui Ripple investirà attivamente nell’educare gli elettori sul ruolo che le criptovalute svolgeranno in futuro e sui pericoli della posizione anti-criptovaluta a cui alcuni politici si stanno aggrappando a Washington. “Ripple non resterà – e l’industria delle criptovalute non dovrebbe – restare in silenzio mentre i regolatori non eletti cercano attivamente di impedire l’innovazione e la crescita economica utilizzate da milioni di americani. L’industria delle criptovalute intende rimanere pesantemente investita in questo sforzo finché non vedremo cambiamenti significativi.”

Il duello con la SEC si trasferisce dai tribunali alla politica

Il duello tra Ripple Labs e la SEC è in atto ormai dal 2020. Proprio in quell’anno, infatti, l’ente di regolamentazione dei mercati finanziari statunitensi ha accusato l’azienda di violare le leggi federali sui titoli. Ne è conseguita un’aspra battaglia giudiziaria che è tuttora in corso.

Con il supporto a Fairshake, però, Ripple mostra di voler giocare su più tavoli. Una strada che potrebbe risultare rischiosa, nel caso di una affermazione di Biden alle prossime presidenziali. Ma probabilmente meno rispetto al restare fermi in attesa dei colpi dell’avversario.

Anche Ripple ha deciso di lanciare una stablecoin: vediamo i motivi della decisione

Ripple è l’ultimo grande attore ad entrare nel mercato delle stablecoin, almeno per ora. Ovvero, in un mercato che vale 150 miliardi di dollari e che sta attirando sguardi estremamente interessati. L’azienda ha infatti dichiarato la sua intenzione di lanciare una valuta digitale ancorata in rapporto paritario al dollaro statunitense.

Naturalmente, almeno nelle intenzioni, per ogni dollaro virtuale emesso ce ne sarà uno come riserva sotto forma di asset reali, ovvero dollari, titoli di Stato ed equivalenti in contanti. Altro particolare importante, le riserve saranno analizzate da una società di revisione contabile mese dopo mese, coi risultati costantemente disponibili per il pubblico. Non è stato però reso noto, almeno per ora, chi sarà incaricato di farlo.

Ripple si appresta a sfidare un lotto estremamente qualificato di concorrenti

La nuova stablecoin di Ripple sarà rivolta al mercato statunitense, ma l’azienda non esclude l’offerta di altri prodotti sui mercati europei e asiatici. Con questa decisione si aggiunge un ulteriore sfidante in un settore per ora dominato da Tether e Circle, l’emittente di USDC. La prima vanta una capitalizzazione di mercato superiore ai 106 miliardi di dollari, la seconda oltrepassa la soglia dei 32 miliardi.

Già PayPal, il gigante dei pagamenti elettronici, aveva deciso in precedenza di lanciare il suo guanto di sfida in un settore che prospetta molte opportunità. Il CEO di Ripple, Brad Garlinghouse, ha però dichiarato di essere fiducioso sulla riuscita dell’operazione. Secondo lui, infatti, il settore è destinato ad aumentare le proprie dimensioni nel futuro. Aprendo di conseguenza nuove opportunità, di cui anche l’azienda californiana intende usufruire.

I motivi dietro il lancio di una stablecoin da parte di Ripple

Quali sono i motivi alla base della decisione di Ripple? È stato proprio Garlinghouse ad affermare che la società ha deciso di introdurre una stablecoin sul mercato lo scorso anno in risposta al “depegging” del token USDT di Tether e dell’USDC di Circle.

USDT, infatti, ha temporaneamente perso il suo ancoraggio al dollaro nel 2022, in concomitanza con il crac di Terra (LUNA). Mentre USDC è sceso temporaneamente sotto la fatidica quota di un dollaro nel 2023, dopo la rivelazione della propria esposizione al collasso di Silicon Valley, l’istituto di credito focalizzato sulla tecnologia blockchain.

Proprio a proposito di Tether, non sono pochi i critici che contestano l’origine delle sue riserve, tanto da dubitare che la società sia capitalizzata a sufficienza per reggere a una corsa allo sportello. Una tesi contestata da Tether, affermando che il suo token è pienamente supportato da riserve di qualità e di essere sempre stata in grado di far fronte ai prelievi, anche in tempi di difficoltà.

Una tesi che è però stata contestata ripetutamente e sulla quale grava un fatto di non poco conto: il certificatore delle sue riserve è noto per aver indicato come sani, nel novembre del 2022, i bilanci di The Rock Trading, la più grande piattaforma italiana di criptovalute. Soltanto tre mesi dopo la stessa società è fallita, ingoiando oltre 20 milioni di euro nel suo crac.  

La stablecoin potrebbe fungere da valuta ponte

Alcuni analisti, dal canto loro, hanno avanzato l’ipotesi che una stablecoin Ripple sarebbe del tutto funzionale al suo prodotto On-Demand Liquidity, teso a regolare rapidamente le transazioni tra banche e altre società finanziarie.

Sinora è stato utilizzato XRP come valuta “ponte”, incontrando però ostacoli di rilievo con banche e società di pagamento. Santander, ad esempio, ha scelto di non utilizzare il token dopo aver appurato che Ripple non era ancora attiva in un numero di mercati sufficiente per supportarne le esigenze.

La nuova stablecoin quindi, potrebbe ovviare a questo problema. Lo stesso Garlinghouse, però, ha affermato che l’azienda non intende rinunciare a XRP e che la stablecoin rappresenterebbe un prodotto complementare per l’ecosistema di Ripple.

Intanto, Tether ha già iniziato le schermaglie con Ripple. Alla domanda di un commento da parte della CNBC sulla mossa di Ripple e sui commenti di Garlinghouse, un suo portavoce ha detto testualmente: “Ci auguriamo che il team di Ripple abbia più successo con la sua nuova stablecoin di quanto non abbia avuto finora.”

Ripple, la SEC si propone di stangare letteralmente l’azienda

La vertenza tra la Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti e Ripple Labs si trova ancora in una fase di stallo. Nell’attesa della sentenza definitiva, però, l’autorità di vigilanza dei mercati finanziari statunitensi sta scaldando i muscoli.

A dimostrarlo è quello che da più parti è stato interpretato come un vero e proprio abuso di potere, ovvero una richiesta di risarcimento abnorme. Andiamo quindi a vedere cosa si sta profilando nelle spire di una sfida che potrebbe avere larghe ripercussioni per l’intera ecosfera.

Ripple, le richieste di risarcimento della SEC sarebbero abnormi

A mettere in rilievo l’enormità del risarcimento richiesto dalla SEC è stato in particolare il professore di diritto J. W. Verret che su X ha fatto notare: “La SEC raccoglie di solito l’11% delle richieste di risarcimento per le vendite non registrate. Nel caso di Ripple, però, ha preteso di avere il 300%. Questo è un abuso di potere.”

Per dimostrare la sua tesi, lo stesso Verret ha pubblicato un grafico il quale evidenzia l’importo sproporzionato dei risarcimenti legali richiesti dall’autorità di regolamentazione nel caso di Ripple. In effetti il confronto è impietoso, ove paragonato con quanto è stato raccolto in una serie di casi analoghi.

Quelli citati dal professore sono Telegram, Kik Interactive, la piattaforma decentralizzata di condivisione video LBRY e l’exchange di criptovalute Kraken. La piattaforma di messaggistica istantanea ha infatti pagato 1,24 miliardi di dollari di risarcimento su un totale di 1,7 miliardi indicati in sede giudiziaria come frutto di vendite non registrate. Molto meglio è andata a LBRY, che ha dovuto pagare appena l’1%, e a Kik, costretta a versare il 5%, mentre Kraken ha pagato il 20,41%.

Nel caso di Ripple, le richieste della SEC tra multe e sanzioni si attestano a quota 2 miliardi di dollari. La cifra corrisponde al 275% dei 729 milioni di dollari che l’azienda avrebbe ricavato dalla vendita incriminata. Troppo anche per Bill Morgan, altro esperto legale che si sta interessando della questione. Tanto da spingerlo a indicare nelle richieste dell’autorità di sorveglianza un vero e proprio oltraggio. Per poi aggiungere: “La SEC deve detestare Ripple per aver lottato così duramente e per aver bloccato per tre anni e mezzo il suo piano di controllo delle criptovalute”.

Una richiesta punitiva

La tesi di Bill Morgan risulta tutt’altro che peregrina. In effetti Ripple Labs si sta rivelando un osso molto duro per la SEC. Tanto che il verdetto della causa è ancora in alto mare, senza che si riesca effettivamente a capire come potrebbe chiudersi la questione.

In altri casi, del resto, le aziende che si sono trovate a dover sopportare l’urto con l’autorità di regolamentazione hanno deciso di adottare un profilo molto più accomodante. Una scelta magari pagata in maniera salata da un punto di vista finanziario, ma che è servita a dare maggiore sicurezza alla loro attività.

Nel caso di Ripple la questione è invece deflagrata, incagliandosi nelle aule di tribunale. Sono già tre anni che i duellanti incrociano le loro tesi e proprio la mancanza di una soluzione ha in pratica impedito alla commissione di allargare il campo di battaglia coinvolgendo altri soggetti. Il timore di molti sostenitori dell’innovazione finanziaria, in effetti, è che una volta vinta la causa contro Ripple la SEC possa decidere di dare vita alla battaglia finale, nella quale la posta in palio sarebbe il controllo totale sul settore.

L’ente guidato da Gary Gensler, nel frattempo, può rallegrarsi di quanto sta accadendo nella causa intentata contro Coinbase. In quel caso, infatti, il giudice distrettuale statunitense Katherine Polk Failla ha definito assolutamente fondate le tesi della SEC e cassato la richiesta dell’exchange di rigettare la causa. Le accuse da essa formulate, quindi, potrebbero essere recepite da una giuria, durante il processo.

Ripple: come potrebbe andare nel 2024

La lunga vertenza tra Ripple e la SEC, contrariamente a quanto si pensa, non è terminata del tutto. L’ultima puntata di questa storia è stata oggetto di commenti trionfalistici da parte di coloro che sostengono l’azienda, ma in effetti si tratta del classico bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto.

Il giudice che si è espresso nel mese di luglio, infatti, ha sostenuto che il token XRP non è un titolo, sinché la sua vendita avviene sugli exchange di asset digitali. Questa parte della sentenza ha dato la stura ai festeggiamenti in casa Ripple, ma al tempo stesso la sentenza afferma che la trasformazione in titolo avviene nel momento stesso in cui lo stesso token è proposto a clienti istituzionali. In questa seconda veste, infatti, soddisfa le condizioni del classico test di Howey.

Da quel momento XRP ha dato vita ad un prolungato rally, che gli ha consentito di arrivare ad un clamoroso +83% rispetto alla quotazione con cui aveva iniziato l’anno. Nelle ultime settimane, però, ha lasciato qualcosa sul terreno, segno evidente che molti investitori si sono presi una pausa di riflessione.

Ripple: è in corso una pausa di riflessione

Non è semplice capire come potrebbe andare nel corso del 2024, per Ripple. Per capirlo occorre partire proprio dalle decisioni di luglio, che hanno in pratica lasciato la porta aperta a qualsiasi esito finale.

Per capirlo basta in effetti leggere le dichiarazioni rilasciate da Stuart Alderoty, chief legal officer di Ripple, il quale ha affermato di attendersi la chiusura della vicenda proprio nel 2024.

Sembra abbastanza chiaro, quindi, che i trionfalismi estivi hanno ormai lasciato spazio alla doverosa riflessione, all’interno dell’azienda. In effetti i pericoli insiti nel contenzioso con la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti sono ancora presenti.

Tanto da spingere i legali di Ripple ad affermare che l’unica vera soluzione di quella che assomiglia ad una guerra della SEC contro l’intero settore dell’innovazione finanziaria non può che essere rappresentata dalla tanto attesa regolamentazione del settore. Come ad esempio ha fatto l’Unione Europea, con il Markets in Crypto Assets (MiCA), la normativa che indica i paletti legislativi in cui devono muoversi le aziende del settore lungo l’eurozona.

Ripple: come potrebbe andare nel 2024?

L’attesa per la decisione finale della SEC sembra alla base della flessione fatta registrare da XRP nel corso delle ultime settimane. Occorre comunque sottolineare che, dopo aver iniziato l’anno a quota 0,345 dollari, il token è ora a 0,62. Ha quindi corso molto durante il 2023 e la speranza di chi lo detiene è che possa fare altrettanto, nel 2024.

Si tratta di una speranza ragionevole? Non è facile capirlo. La SEC, infatti, non sembra intenzionata a trattare con l’azienda e punta al risultato pieno. Un atteggiamento che secondo molti analisti ha frenato la crescita del token, impedendone l’accettazione negli Stati Uniti.

Una tesi portata avanti soprattutto da John Deaton, un avvocato che non ha esitato a schierarsi al fianco di Ripple, durante la vicenda giudiziaria. Nel frattempo, però, l’atmosfera sembra essere notevolmente mutata.

A dimostrarlo è il ritorno di XRP nelle contrattazioni di molti degli exchange che avevano deciso di bandirlo in precedenza. Un atteggiamento il quale era da collegare ai timori di ritorsioni da parte dell’autorità di controllo. Questo ritorno è stato interpretato alla stregua di un attestato di fiducia in previsione della conclusione della vicenda.

Un altro fattore che sembra giocare a favore di Ripple è poi l’approssimarsi del quarto halving di Bitcoin. Un evento che potrebbe innescare il boom dell’intero settore, scacciando il crypto winter dell’ultimo biennio.

La speranza è, naturalmente, che non ci siano altri clamorosi crolli, come quello di FTX, a fare da contrappeso in tal senso. In tal caso, XRP potrebbe effettivamente crescere, anche se è difficile pensare ad un raddoppio del suo valore, come è praticamente avvenuto nel 2023.