Skip to main content

Tag: pensione

Pensione Quota 100, 102 e 103: cumulo con affitti brevi senza penalizzazioni. Regole e limiti

Pensione Quota 100, 102 e 103 e affitti brevi: i limiti reddituali. Il gioco previdenziale, da una parte, apre una porta e, dall’altra, la chiude. Il filo conduttore sono i vincoli legati alla pensione anticipata Quota 100. Per questo, nelle ultime settimane, sono state molte le domande ricevute che sollevano il problema della cumulabilità dei redditi con Quota 100.

Molti sono preoccupati che l’introduzione di nuovi correttivi al sistema previdenziale penalizzi i pensionati Quota 100; altri, invece, temono la sospensione della pensione con la restituzione delle rate indebitamente corrisposte. Vediamo insieme quando l’affitto breve rischia di penalizzare le pensioni Quota 100.

Pensione Quota 100 e affitti brevi

Chiariamo sin da subito che la pensione anticipata Quota 100 non può essere cumulata con altri redditi da lavoro. Tuttavia, sono ammessi altri redditi da impresa o da capitale.

La pensione Quota 100, per legge, non è cumulabile con altri redditi derivanti da qualsiasi attività lavorativa, anche svolta all’estero.

Non rientrano in questo contesto i redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui.

L’INPS ha spiegato che la presenza di redditi derivanti da attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale, ovvero in presenza di altri redditi correlati a lavoro autonomo occasionale oltre il limite massimo di 5.000 euro lordi annui, causa la sospensione dell’erogazione della pensione e l’eventuale recupero delle rate indebitamente corrisposte.

Pertanto, appare chiara la domanda di molti lettori sulla possibilità di cumulo del trattamento con gli affitti brevi.

Cosa non si può fare con la pensione anticipata?

La Corte Costituzionale ha spiegato le motivazioni contenute nella sentenza n. 234/2022. In breve, viene legittimata la norma che dispone per i lavoratori in pensione con Quota 100 il divieto assoluto del rapporto di lavoro subordinato, inclusa la forma intermittente.

In sostanza, i pensionati che hanno scelto di ritirarsi dal lavoro con Quota 100 non possono lavorare dopo il collocamento a riposo.”

Chi è andato in pensione con Quota 100 a 67 anni, cosa succede?

Non tutti forse sanno che i lavoratori che hanno potuto scegliere di collocarsi a riposo a 62 anni con 38 anni di contributi, ovvero che hanno scelto la formula pensionistica di Quota 100, hanno ottenuto un trattamento economico definitivo.

In sostanza, l’importo della rendita non subirà variazioni al raggiungimento dei 67 anni di età, ma neanche negli anni successivi.

Quali sono i redditi che fanno cumulo?

Il legislatore per la misura Quota 100, ma anche per Quota 102 o Quota 103, ha disposto il divieto di cumulo correlato ai redditi da lavoro.

La forma cumulabile con Quota 100 riguarda i redditi correlati a lavoro autonomo occasionale oltre il limite massimo di 5.000 euro lordi annui.

È importante sottolineare che l’incumulabilità si applica per il periodo di rilascio della pensione Quota 100 fino al raggiungimento dei 67 anni di età previsti per la pensione di vecchiaia.

In pensione a 62 anni di età con la rendita degli affitti: quali rischi

Secondo quanto riportato da Investireoggi.it, eventuali entrate da affitto (per cedolare secca o no) rientrano nella categoria dei redditi fondiari e non appartengono alla categoria di redditi da lavoro; pertanto, non sussistono problemi di cumulabilità con la pensione Quota 100, Quota 102 e Quota 103.

Alla luce di questa considerazione, gli affitti brevi o i canoni delle case vacanze sono cumulabili con la pensione Quota 100.

Il pensionato dovrà comunicare gli introiti al fisco tramite il modello 730 o persone fisiche, regolarizzando le imposte, se dovute.”

Pensioni, ecco quali aumenti da gennaio 2024: firmato decreto inflazione 2023 al 5,4%

Il governo ha firmato il decreto per gli aumenti delle pensioni da gennaio 2024 al tasso di inflazione rilevato nel 2023 pari al 5,4%. A ufficializzare gli aumenti è il ministero dell’Economia e delle Finanze mediante un comunicato apparso sul proprio portale istituzionale. Giancarlo Giorgetti e Marina Elvira Calderone, ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, hanno firmato il provvedimento che contiene il tasso di inflazione provvisorio, già anticipato nelle scorse settimane, per l’anno 2023.

In base a questo tasso verranno effettuate le indicizzazioni delle pensioni con aumenti che scatteranno con il cedolino di gennaio 2024. Gli aumenti del 5,4% non saranno pieni per tutti gli assegni di pensioni, ma rileveranno una percentuale (di perequazione) via via decrescente al crescere dell’importo lordo della pensione. Il meccanismo, pertanto, prevede l’aumento del 100% del tasso di interesse rilevato solo per le pensioni fino a quattro volte la pensione minima. Per quelle di importo più elevato si va dall’85% al 22%.

Pensioni aumenti gennaio 2024, ecco quali aumenti per quelle fino a 4 volte il minimo

Con la firma del decreto dell’inflazione rilevata dall’Istat nel 2023, il ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali hanno ufficializzato l’aumento del 5,4% delle pensioni per il 2024. La percentuale risulta dalla rilevazione dell’aumento dei prezzi di quest’anno sulla quale l’Inps effettuerà l’indicizzazione degli assegni di pensione.

Rispetto alle previsioni di qualche settimana fa, il tasso di inflazione è leggermente più basso. Infatti, una prima rilevazione aveva stabilito che l’aumento dei prezzi fosse del 5,6%. Quello ufficializzato dal ministero dell’Economia e delle Finanze sul proprio portale istituzionale è del 5,4%, lo 0,2% in meno.

Avranno un aumento al 100% della pensione rispetto al tasso di inflazione del 5,4% gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo, fissato per il 2023 a 567,94 euro. Quindi, chi prende una pensione che, al loro, arriva a 2.271,76 euro, avrà un aumento nel 2024 del 5,4%. Oltre questo tetto, la rivalutazione degli assegni non è piena, ma è quantificata in base a percentuali di recupero dell’aumento dei prezzi.

Le pensioni tra 4 e 5volte il trattamento minimo percepiranno l’85% del tasso di inflazione. L’aumento delle pensioni sarà, quindi, del 4,590%. Per le pensioni da 5 a 6 volte il minimo, la percentuale di perequazione sarà del 53% e l’aumento degli assegni, rispetto all’inflazione, sarà del 2,862%.

Pensioni aumenti gennaio 2024, quelle più alte recuperano meno di un quarto dell’inflazione

Più aumenta l’importo della pensione percepita e minore è l’aumento spettante applicando la perequazione prevista. Il che corrisponde a verificare che gli assegni più alti non recuperano l’importo spettante rispetto all’aumento dei prezzi registrato nel 2023. Gli assegni da 6 a 8 volte il trattamento minimo godranno di una percentuale di indicizzazione del 47 per cento che corrisponde, per il 2024, a un aumento del 2,538%.

Gli assegni da 8 a 10 volte la pensione minima, per effetto del 37% di perequazione, avranno un incremento effettivo dell’1,998%. Tutte le percentuali di indicizzazione sono rimaste immutate rispetto a un anno fa, a eccezione delle pensioni di oltre le 10 volte il trattamento minimo. Rispetto al tasso di perequazione del 32% del 2023, quello del 2024 sarà abbassato al 22%. Ciò significa che, le pensioni più alte, avranno un aumento dell’1,188%, meno di un quarto rispetto al tasso di inflazione del 2023.

Pensione minima 2024: si arriva a 600 euro

Infine, le pensioni minime – di importo pari a 567,94 euro – con il 100% di rivalutazione al tasso di inflazione del 5,4%, arriveranno a 598,61 euro. L’assegno sociale, quest’anno pari a 503,27 euro, arriverà a 534,40 euro.

Bonus Natale 2023, a chi spetta e a quanto ammonta

In arrivo una bella sorpresa per alcuni pensionati che percepiscono alcune tipologie di pensioni Inps: a chi spetta il Bonus Natale 2023? Si tratta di una misura, ribattezzata con un nome simbolico, dato il periodo dell’anno in cui viene erogato, che viene corrisposta, generalmente, insieme alla tredicesima mensilità.

La misura è stata introdotta nel 2000 e spetta solo ai pensionati che rispettano alcuni requisiti reddituali. Non si tratta, quindi, di una misura universale, dato che alcune categorie di pensionati vengono escluse.

Nel testo, vediamo a chi spetta il Bonus Natale 2023, quali sono i requisiti che bisogna rispettare e a quanto ammonta.

A chi spetta il Bonus Natale 2023

Alcuni pensionati, nel cedolino pensionistico del mese di dicembre, riceveranno una bella sorpresa. Le pensioni di dicembre saranno molto ricche: dalla tredicesima al conguaglio, dagli aumenti ad un’altra sorpresa: il Bonus Natale 2023.

La misura è stata introdotta, per la prima volta, con la Legge finanziaria del 2000. Non si tratta di una misura che sostituisce la tredicesima, ma che l’affianca. Non è un diritto universale, in quanto spetta a tutti i pensionati che rispettano alcuni requisiti e condizioni reddituali.

Solitamente, il Bonus Natale viene corrisposto con la tredicesima mensilità, in presenza di particolari requisiti reddituali.

A chi spetta il Bonus Natale 2023? I titolari di trattamenti pensionistici che percepiscono l’assegno minimo potranno ricevere un discreto aumento. L’integrazione riguarda i titolari delle pensioni Inps delle gestioni private ed ex Enpals.

Non è previsto per alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali erogati dall’Inps come, per esempio, le pensioni di invalidità civile, le pensioni sociali, gli assegni sociali, le rendite facoltative d’inabilità, le rendite facoltative di vecchiaia, le pensioni di vecchiaia e di invalidità della mutualità pensioni a favore delle casalinghe, gli assegni di esodo, le isopensioni.

Requisiti e importo della misura

Innanzitutto, dobbiamo sottolineare che, per ottenere il Bonus Natale 2023, è necessario rispettare una serie di condizioni:

  • Importo annuo dei trattamenti pensionistici;
  • Reddito personale complessivo;
  • Reddito dei coniugi.

Nel primo caso, ci si riferisce ai titolari di una o più pensioni, la cui somma sia inferiore all’importo annuo del trattamento minimo incrementato dell’importo del bonus.

La somma spetta ai pensionati che percepiscono fino a 7.327,32 euro di pensione annua. Una volta varcata la soglia di 7.482,26 euro l’anno, il diritto a ricevere il Bonus Natale decade.

Entro la cifra di 7.482,26 euro l’anno, l’importo della misura sarà pari alla differenza rispetto all’importo della pensione.

Per quanto riguarda il secondo parametro, stabilisce che qualora vi siano altri redditi oltre l’assegno, il totale non deve superare l’importo pari a una volta e mezza il trattamento minimo vigente nell’anno: la soglia è di 10.990,98 euro. Nel caso in cui il beneficiario sia sposato, allora il reddito coniugale non deve superare un importo pari a tre volte il trattamento minimo vigente nell’anno: in questo caso la soglia è di 21.981,96 euro.

L’importo massimo del Bonus Natale è pari a 154,94 euro.

Quando viene erogato il Bonus Natale 2023

Solitamente, il cosiddetto Bonus Natale viene erogato insieme alla tredicesima mensilità nel cedolino pensione del mese di dicembre. Il pagamento, quindi, sarà disponibile a partire dal 1° dicembre 2023, sia presso le banche che presso le Poste Italiane.

Per quanto riguarda i pagamenti delle Poste Italiane, si deve seguire il canonico calendario scaglionato per cognome:

  • Venerdì 1° dicembre: lettera A-C;
  • Sabato 2 dicembre (solo mattina): lettera D-K;
  • Lunedì 4 dicembre: lettera L-P;
  • Martedì 5 dicembre: lettera Q-Z.

Nel caso in cui si ritenga di aver diritto all’importo aggiuntivo del Bonus Natale, ma la cifra non viene erogata insieme alla pensione, alla è possibile inoltrare la domanda sul portale dell’Inps.

Leggi anche: Pagamento pensioni dicembre 2023, insieme al mensile aumenti, arretrati e tredicesima: ecco gli importi e Pagamenti INPS dicembre 2023: pensioni, RdC, Naspi, SFL e Assegno Unico

Pensione quota 103, quanto conviene rispetto alle anticipata? Ricalcolo contributivo, finestre e bonus rinvio uscita

Quanto conviene la nuova pensione a quota 103, rivista dalla legge di Bilancio del 2024, rispetto a quella anticipata di soli contributi? A trarne delle prime previsioni è l’Ufficio parlamentare di Bilancio che, in audizione sul disegno di legge di Bilancio all’esame del Senato, ne ha sottolineato il particolare indirizzamento per le uscite degli uomini rispetto alle donne, ma in generale con ridotte possibilità in più di pensionamento.

Considerando la differenza con la pensione anticipata di soli contributi e l’aumento delle finestre mobili di uscita della nuova legge di Bilancio, la convenienza si assottiglia a pochissimi mesi di lavoro in più. Una misura che non riscuote particolari attenzioni neppure per quanto concerne il bonus “Maroni”, l’incentivo destinato a chi abbia maturato i requisiti di uscita per rimanere a lavoro. Se non si hanno particolari necessità di liquidità, il bonus diventa abbastanza marginale nella scelta tra uscire subito o rimandare, rimanendo a lavoro.

Su un punto, tuttavia, la quota 103 sembrerebbe chiarire le intenzioni del governo, ovvero su quella che sarà la legge organica di riforma delle pensioni: tutti i pensionamenti saranno ricalcolati con il metodo contributivo, annullando i vantaggi accumulati da chi abbia anni di lavoro entro il 31 dicembre 1995 con il sistema retributivo o misto.

Pensioni quota 103, quanto convengono rispetto alle anticipata? Ricalcolo contributivo, finestre e bonus rinvio uscita

Prime analisi sulla nuova pensione a quota 103, la misura previdenziale rivista dal governo nella legge di Bilancio 2024 per i lavoratori con età di 62 anni unitamente a 41 anni di contributi versati. Secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio, la nuova quota 103 amplierà solo marginalmente le possibilità di pensionamento anticipato e sarà destinata principalmente agli uomini, per varie ragioni.

Innanzitutto, l’incremento delle finestre mobili (da tre a sette mesi per i lavoratori del settore privato e da sei a nove mesi per quelli del pubblico impiego), assottiglia le differenze con le pensioni anticipate di soli contributi, avvantaggiando principalmente le donne.

Pensione quota 103 o anticipata, quale conviene?

Da un punto di vista di sola uscita anticipata per chi raggiunga nel 2024 i 41 anni di contributi, l’Ufficio parlamentare di bilancio calcola che, con la quota 103, le donne usciranno sei mesi prima se appartenenti al settore privato e quattro mesi prima per quelle del pubblico impiego, mentre gli uomini avranno un risparmio di anni di lavoro pari a un anno e quattro mesi per quelli del pubblico impiego e di un anno e sei mesi per quelli del privato.

La differenza, dunque, porta ciascun lavoratore a ragionare bene se accettare di uscire con quota 103 o se lavorare qualche mese in più per uscire con 41 anni e dieci mesi con la pensione anticipata (per le donne) o con 42 anni e dieci mesi per gli uomini.

Bonus per chi rimanda uscita e prossimi interventi previdenziali

Tra l’una e l’altra misura di pensione anticipata balla una manciata di mesi di contributi che dovranno essere rapportati anche con l’assegno di pensionamento. Con la nuova quota 103 l’Inps ricalcolerà la pensione tutta con il metodo contributivo, anche se i lavoratori provengono dal meccanismo misto, contenente anni di contributi versati nel retributivo. Ciò determinerà assegni di pensione più bassi anche di chi sia uscito nel 2023 con la stessa misura di quota 103.

Il ricalcolo della pensione sembrerebbe la via maestra anche delle pensioni dei prossimi anni, ovvero delle misure che il governo introdurrà in una futura legge di riforma nella quale le pensioni anticipate avranno requisiti comuni tra chi ha iniziato a lavorare prima o dopo il 31 dicembre 1995.

Infine, non sembrerebbe trarre particolare interesse il bonus “Maroni”, il premio spettante ai lavoratori che rimandino la pensione pur avendo maturato i requisiti per la quota 103. L’Ufficio parlamentare di Bilancio rileva che il bonus non abbia convenienze particolari se il lavoratore non abbia bisogno di liquidità immediata.

Pensione a misura: l’INPS aggiorna il simulatore “Pensami” alla Legge di Bilancio 2023, incluse pensione anticipata flessibile e opzione donna

Pensione a misura: con la pubblicazione del messaggio n. 4082 del 17 novembre 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha dato via il rilascio di una nuova versione del simulatore “Pensami” (PENSione A Misura), il quale consente ai pensionati di effettuare un’apposita simulazione per quanto riguarda il calcolo del proprio trattamento previdenziale, ma non solo.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, dalla Direzione Centrale Comunicazione, e dal Referente PNRR, fa riferimento per l’appunto ai seguenti progetti che sono stati definiti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ovvero:

  • il progetto PNRR “Consulenza virtuale scenari pensionistici futuri“;
  • il progetto PNRR “Sviluppo App INPS“.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda le novità che sono state introdotte da parte dell’Istituto in merito al simulatore “Pensami” (PENSione A MIsura), per via delle recenti disposizioni legislative che sono state introdotte in seguito alla pubblicazione della legge n. 197 del 29 dicembre 2022 (c.d. Legge di Bilancio 2023), per quanto riguarda i seguenti trattamenti previdenziali

  • la pensione anticipata flessibile;
  • la pensione anticipata c.d. Opzione Donna.

Pensione a misura: l’INPS comunica il rilascio della nuova versione aggiornata del simulatore “Pensami”

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, dando attuazione a quanto è stato disposto all’interno del progetto “Consulenza virtuale scenari pensionistici futuri”, nonché all’interno del progetto “Sviluppo App INPS” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato il rilascio dell’ultima versione aggiornata per quanto riguarda il servizio online denominato “Pensami” (PENSione A MIsura).

Tale servizio che viene messo a disposizione all’interno del sito web ufficiale dell’INPS, nello specifico, consente ai pensionati interessati di effettuare una simulazione dei vari scenari pensionistici che questi ultimi possono avere davanti a sé.

Per poter utilizzare il servizio in oggetto, i pensionati non dovranno effettuare alcuna registrazione all’interno della propria area riservata del sito web dell’Istituto, tramite l’utilizzo delle proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, CIE (Carta di Identità Elettronica) 3.0 o CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

Ad ogni modo, la nuova versione aggiornata del servizio online “Pensami – PENSione A MIsura” mantiene invariate tutte le principali caratteristiche che sono presenti al suo interno, nonché alla struttura in essere.

Le modifiche che sono state introdotte da parte dell’INPS, invece, si riferiscono all’introduzione di alcuni dati anagrafici e delle informazioni relative alla contribuzione ma, soprattutto, fanno riferimento alle novità che sono state introdotte in seguito alla pubblicazione della Legge di Bilancio 2023, in modo da garantire ai soggetti interessati di avere a disposizione un consulente pensionistico “di prima istanza” affidabile e aggiornato.

Nello specifico, il simulatore “Pensami” fornisce le informazioni per quanto riguarda le pensioni alle quali i soggetti interessati possono accedere sia in merito alle singole Gestioni previdenziali che andando a considerare insieme tutto il valore complessivo dei contributi che sono stati versati da parte del contribuente.

L’unico elemento che la “PENSione A MIsura” non restituisce ai soggetti richiedenti è l’importo del trattamento pensionistico che questi ultimi possono ricevere.

Pertanto, facendo riferimento agli scenari pensionistici relativi alle pensioni “Anticipata flessibile” e “Opzione donna – legge di bilancio 2023” che sono stati inclusi all’interno del simulatore, quest’ultimo predispone una serie di informazioni che hanno l’obiettivo di agevolare l’utente interessato ai fini della comprensione delle peculiarità che caratterizzano i predetti trattamenti previdenziali.

A tale scopo, infatti, l’INPS ha implementato le seguenti funzioni, sia all’interno del proprio sito web che tramite l’utilizzo dell’apposita app “INPS Mobile”:

  • la funzione “Scopri cosa dice il consulente”;
  • la funzione “Approfondisci”;
  • la funzione “Salva risultati”.

Tagli pensioni PA 2024, medici e infermieri verso l’esenzione totale della stratta, decurtazioni a maestri, ufficiali giudiziari ed enti locali 

Novità in arrivo sulla norma che, nella bozza della legge di Bilancio del prossimo anno, prevede i tagli alle pensioni Pa a partire dal 2024: i medici e gli infermieri andrebbero incontro all’esenzione totale della stretta che riguarderebbe, tuttavia, ancora i maestri, gli ufficiali giudiziari e i dipendenti degli enti locali. Sono due le ipotesi sulle quali il governo guidato da Giorgia Meloni sta lavorando sul taglio delle pensioni dei dipendenti pubblici.

La prima prevede un rinvio della norma di due anni, anche perché i risparmi assicurati dall’articolo 33 della bozza di Manovra assicurerebbero riduzioni di spesa risicati, quantificabili in poco più di una decina di milioni di euro all’anno.

La seconda ipotesi è quella di applicare la penalizzazione a chi esca dal lavoro con la pensione anticipata dei soli contributi (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne). Limitatamente ai lavoratori della sanità, il governo potrebbe procedere con l’esenzione totale dei tagli di pensione. 

Tagli pensioni PA 2024, medici e infermieri verso l’esenzione totale della stratta, retribuzioni a maestri, ufficiali giudiziari ed enti locali 

Sale l’ipotesi rendere meno impattante l’articolo 33 della bozza della legge di Bilancio 2024, la norma che prevede tagli dell’assegno di pensione a partire dal 2024 per i dipendenti statali. A essere attenzioni sono i lavoratori della sanità, i dipendenti degli enti locali, i docenti delle scuole materne ed elementari e gli ufficiali giudiziari.

In tutto, 732mila dipendenti statali in uscita dal lavoro nei prossimi anni che dovrebbero scontare una penalizzazione calcolata sulla quota dei contributi versati nel periodo retributivo, dal 1981 al 1995. Si tratta delle anzianità contributive inferiori a 15 anni rispetto alla data di termine del sistema previdenziale “misto” (il 31 dicembre 1995) che si vedrebbero aumentare l’aliquota di rendimento sulla quota retributiva dell’assegno di pensione con conseguente decurtazione del mensile. 

Tagli pensioni PA 2024, chi rischia di avere un assegno ridotto nel prossimo anno? 

Interessati al taglio delle pensioni sono i lavoratori che versano alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (Cpdel), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (Cos), alla Cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori (Cpug) e alla Cassa per le pensi degli insegnanti di asilo e delle scuole elementari parificate (Cpi). 

Medici e infermieri forse esclusi dalla decurtazione della pensione 

Per tutti i lavoratori interessati, ad eccezione dei medici e degli infermieri della sanità pubblica, il governo starebbe arrivando alla conclusione di applicare i tagli nel 2024 ai soli dipendenti che escano dal lavoro con il meccanismo della pensione anticipata. Per uscite con la pensione con la vecchiaia dei 67 anni e almeno 20 anni di contributi, il ricalcolo non ci sarebbe. Resta da capire per quanti anni verrebbe applicata la deroga all’articolo 33. 

Pensione ridotta, ecco quali sono le cifre 

I dipendenti della sanità, che si sono già organizzati con lo sciopero proclamato per il prossimo 5 dicembre, uscirebbero del tutto dalle manovre al ribasso dell’articolo 33 della legge di Bilancio 2024. Applicando in maniera integrale l’articolo, con i tagli previsti dalla Manovra, i risparmi nei conti pubblici si quantificherebbero in 11,5 milioni di euro nel 2024, 463 milioni nel 2030, 1,1 miliardi di euro nel 2034 e oltre 2 miliardi di euro nel 2042.

Nel 2024, tra tutte le categorie dei dipendenti del pubblico impiego (compresi i medici e gli infermieri) che dovrebbero andare in pensione, il numero di uscite è stimato in 31.500. Per buona parte di questi, si prospetta dunque il ricalcolo degli assegni, riducendo il peso della parte retributiva sull’assegno. 

Pensioni all’estero 2024/2025: l’INPS dà il via all’accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati

Pensioni all’estero: con la pubblicazione del messaggio n. 4071 del 16 novembre 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato che a partire dal mese di marzo del prossimo anno partiranno gli accertamenti dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono il proprio trattamento previdenziale in territorio estero.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, prevede la realizzazione di controlli di verifica in due tranche, una nel 2024 ed un’altra nel 2025.

Pensioni all’estero: quando vengono effettuati gli accertamenti? Ecco quali sono i criteri di esclusione e le modalità di produzione della prova dell’esistenza in vita

L’INPS comunica che gli accertamenti dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero i trattamenti previdenziali loro spettanti sarà effettuata da Citibank N.A., dal momento che quest’ultimo non è altro che il fornitore del servizio di pagamento delle pensioni al di fuori del territorio italiano.

L’Istituto bancario in oggetto, infatti, ha l’obbligo di assicurare la regolarità dei pagamenti e, per fare ciò, deve effettuare un accertamento sull’esistenza in vita dei soggetti titolari delle prestazioni pensionistiche che risiedono all’estero.

Gli obiettivi che si vuole perseguire attraverso l’utilizzo di questo processo di verifica sono i seguenti:

  • garantire l’efficacia dell’accertamento;
  • limitare i possibili disagi ai pensionati;
  • assicurare la correttezza dei flussi di pagamento;
  • prevenire e contrastare il fenomeno dell’indebita percezione delle prestazioni.

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, il processo di verifica viene effettuato in due tranche, le quali sono collocate, per l’appunto, in due diversi archi temporali.

Nello specifico, la prima fase avrà luogo nel periodo compreso tra il mese di marzo 2024 e il mese di luglio 2024, e riguarderà i pensionati che sono residenti in:

  • America;
  • Asia;
  • Estremo Oriente;
  • Paesi scandinavi;
  • Stati dell’Est Europa e Paesi limitrofi.

La seconda fase di accertamento dell’esistenza in vita, invece, avrà luogo nel periodo compreso tra il mese di settembre 2024 e il mese di gennaio 2025, e riguarderà i pensionati che sono residenti in:

  • Europa;
  • Africa;
  • Oceania.

In particolare, andando ad approfondire quello che concerne la prima fase del processo di verifica, i pensionati che hanno la residenza all’interno di uno Stato situato nei territori che abbiamo in precedenza:

  • dovranno presentare le attestazioni di esistenza in vita a partire dal 20 marzo 2024 e fino al 18 luglio 2024;
  • riceveranno il pagamento della rata di agosto 2024 in contanti presso le Agenzie Western Union del proprio Paese di residenza, esclusivamente qualora la sopra citata attestazione non venga prodotta entro i limiti temporali che abbiamo appena visto;
  • vedranno sospeso il pagamento delle pensioni a partire dalla rata di settembre 2024, nel momento in cui si verifica l’ipotesi di mancata riscossione personale oppure in caso di produzione dell’attestazione di esistenza in vita entro il 19 agosto 2024.

I pensionati che riceveranno gli accertamenti da Citibank nella seconda fase del processo di verifica, invece:

  • dovranno presentare le attestazioni di esistenza in vita a partire dal 20 settembre 2024 e fino al 18 gennaio 2025;
  • riceveranno il pagamento della rata di febbraio 2025 in contanti presso le Agenzie Western Union del proprio Paese di residenza, esclusivamente qualora la sopra citata attestazione non venga prodotta entro i limiti temporali che abbiamo appena visto;
  • vedranno sospeso il pagamento delle pensioni a partire dalla rata di marzo 2025, nel momento in cui si verifica l’ipotesi di mancata riscossione personale oppure in caso di produzione dell’attestazione di esistenza in vita entro il 19 febbraio 2025.

L’INPS, infine, ha comunicato ai pensionati interessati anche quelli che sono i criteri di esclusione dall’accertamento generalizzato dell’esistenza in vita, nel caso in cui costoro facciano parte di gruppi di pensionati residenti all’estero.

Nello specifico, stiamo parlando di:

  • pensionati che sono oggetto di scambi mensili di informazioni con lo ZUS polacco;
  • pensionati che hanno riscosso autonomamente presso gli sportelli Western Union almeno una rata di pensione poco tempo prima dell’inizio del processo di verifica;
  • pensionati i cui pagamenti sono stati già sospesi da Citibank a causa di:
    • mancato completamento delle precedenti campagne di accertamento dell’esistenza in vita;
    • riaccrediti consecutivi di rate di pensione;
  • pensionati che sono oggetto di scambi mensili di informazioni con le Istituzioni previdenziali tedesche e svizzere;
  • pensionati che sono oggetto di scambi mensili di informazioni con la Caisse Nationale d’Assurance Vieillesse (CNAV) francese;
  • pensionati residenti in Belgio che beneficiano di trattamenti pensionistici comuni con il Service Fédéral des Pensions (SFPD).

LEGGI ANCHE Pensione dicembre 2023 in aumento: le istruzioni INPS sull’anticipo del conguaglio di perequazione

LEGGI ANCHE Bonus vista: modalità e termini di comunicazione dei rimborsi al Fisco

Pensioni, chi esce prima paga: dopo opzione donna e quota 103, tocca a 732mila dipendenti statali

Si potrebbe asserire, senza rischio di errore, che nelle nuove pensioni del 2024 chi esce prima paga. Sarà così per opzione donna, la prima ad adottare sistemi di penalizzazione della pensione con il ricalcolo dei versamenti con il sistema contributivi, proseguendo per quota 103, la cui nuova disciplina del 2024 comprende l’accettazione del ricalcolo, diversamente dalla misura in vigore quest’anno. Sarà così anche per 732mila lavoratori dipendenti statali che dovranno accettare una penalizzazione della propria pensione per uscire prima da qui ai prossimi anni.

Ne fanno parte i medici e gli infermieri, i dipendenti degli enti locali, i docenti delle scuole materne ed elementari e gli ufficiali giudiziari. Per tutte queste categorie, dal prossimo anno andare in pensione prima della vecchiaia dei 67 anni, avrà un costo. E per tutti i lavoratori statali interessati dalla misura contenuta all’articolo 33 della bozza della legge di Bilancio 2024, il costo sarà anche salato. Fino a un quarto dell’assegno mensile.

Pensioni, chi esce prima paga: dopo opzione donna e quota 103, tocca a 732mila dipendenti statali

Va volgendo verso una soluzione – seppure provvisoria – la questione delle pensioni dei lavoratori dipendenti statali che avranno una triste sorpresa nel calcolo della propria pensione una volta che lasceranno il posto di lavoro. Infatti, per 732mila lavoratori che andranno in pensione nei prossimi anni e per 31.500 solo nel 2024, si prospetta un ricalcolo della quota dei contributi versati nel sistema retributivo. Il ricalcolo è penalizzante rispetto al calcolo previsto senza la modifica dell’articolo 33 della bozza della Manovra 2024.

La norma prevede una penalizzazione da attuare sull’aliquota di rendimento dei contributi versati nel sistema retributivo da parte degli interessati, essenzialmente i contributi datati dal 1981 al 1995. I sindacati stimano una perdita dell’assegno fino al 25 per cento del mensile calcolato senza la penalizzazione introdotta dal governo di Giorgia Meloni.

Pensioni chi esce prima paga: chi sarà penalizzato nel 2024?

Interessati al taglio delle pensioni sono i lavoratori che versano alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (Cpdel), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (Cos), alla Cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori (Cpug) e alla Cassa per le pensi degli insegnanti di asilo e delle scuole elementari parificate (Cpi). Per tutti, il governo è arrivato alla conclusione che, per il 2024, la penalizzazione scatta se si tratta di uscite con la pensione anticipata. Ovvero, per gli uomini con 42 anni e 10 mesi di contributi versati e per le donne un anno in meno. Se, invece, si va in pensione con la vecchiaia dei 67 anni e almeno 20 anni di contributi, il ricalcolo non c’è. Ma solo per il prossimo anno o forse per i prossimi due.

Tagli pensione per medici, infermieri, enti locali, docenti scuole materne ed elementari e ufficiali giudiziari

Si tratta di una soluzione tampone data l’introduzione della nuova norma e, soprattutto, per l’agitazione di medici e infermieri che hanno già annunciato lo sciopero per il prossimo 5 dicembre.

A dire il vero, per il governo non si tratta di un grosso sacrificio, in termini di risorse da compensare. Conti alla mano, nel 2024 la nuova norma produrrebbe appena 11,5 milioni di euro di risparmi per le casse statali. Poca roba rispetto ai 463 milioni di euro di risparmi nel 2030 e, soprattutto, all’oltre un miliardo del 2034 e ai più di due miliardi del 2042. In effetti, la soluzione tampone potrebbe valere solo per il prossimo anno o, al massimo, per il biennio, prima di intervenire integralmente nel calcolo delle future pensioni.

Per i prossimi due decenni si arriverà a 732.000 lavoratori di questi comparti della Pubblica amministrazione interessati dai tagli alle pensioni. La norma arriva a toccare le uscite dei lavoratori statali, peraltro già interessati – insieme ai dipendenti del settore privato e degli autonomi – ai tagli della quota 103 del 2024 (pensione ricalcolata interamente con il sistema contributivo) e dell’opzione donna, il cui ricalcolo è previsto da sempre.

Pensione dicembre 2023 in aumento: le istruzioni INPS sull’anticipo del conguaglio di perequazione

Pensione dicembre 2023: con la pubblicazione del messaggio n. 4050 del 15 novembre 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato di aver completato il calcolo per quanto riguarda le rate di pensione che saranno erogate durante il corso del mese di dicembre 2023, tenendo in considerazione anche il pagamento del conguaglio relativo alla rivalutazione definitiva che è stata prevista per l’anno in corso.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Inclusione e Invalidità Civile, e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1 del decreto legge n. 145 del 18 ottobre 2023, il quale ha anticipato il versamento del conguaglio di perequazione in oggetto all’ultimo pagamento previsto per quanto riguarda l’anno in corso.

A tal proposito, inoltre, l’Istituto ha disposto il pagamento di un importo aggiuntivo pari a 154,94 euro nel mese di dicembre 2023, in base alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 70, comma 7, della legge n. 388 del 23 dicembre 2000, e ha disposto anche il pagamento della seconda tranche della quattordicesima di cui all’art. 5, commi da 1 a 4, del decreto legge n. 81 del 2 luglio 2007, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007, e così come modificato dall’art. 1, comma 187, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016.

Senza indugiare ulteriormente, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda il pagamento della pensione di dicembre 2023 ed, in particolare, quali sono le attività che sono state effettuate da parte dell’INPS in merito all’anticipo del conguaglio per il calcolo della perequazione prevista per l’anno in corso, nonché in merito all’importo aggiuntivo pari a 154,94 euro.

Pensione dicembre 2023: ecco come funziona l’anticipo del conguaglio per il calcolo della perequazione

In base a quanto è stato disposto dall’art. 2 del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) del 10 novembre 2022, il quale è stato introdotto di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS), è stato previsto a partire dal 1° gennaio 2023 un aumento pari al 7,3% della percentuale ai fini del calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2022.

Tale aumento, nello specifico, si è deciso che sarebbe stato erogato ai pensionati beneficiari durante il corso dell’anno successivo, in sede di perequazione, andando ad operare, per l’appunto, una rivalutazione delle pensioni previste per l’anno 2024 a partire dal versamento della rata di gennaio 2024.

Invece, l’art. 1 del decreto legge n. 145 del 2023 ha previsto l’anticipo alla data del 1° dicembre 2023 del conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni, in modo da cercare di contenere quelli che sono gli effetti negativi che ha generato l’inflazione durante l’anno in corso, nonché da fornire un sostegno per quanto riguarda la conseguente perdita del potere di acquisto che hanno subito i pensionati.

Pertanto, tenendo in considerazione tutte le disposizioni legislative che abbiamo appena citato, l’INPS ha comunicato l’anticipo del conguaglio in oggetto per il mese di dicembre 2023, prevedendo un ulteriore aumento pari all’8,1% della percentuale ai fini della perequazione automatica delle pensioni.

Importo aggiuntivo di 154,94 euro: a chi spetta? Ecco i beneficiari

Come abbiamo già accennato anche durante il corso dei precedenti paragrafi, la normativa attualmente vigente in materia prevede l’erogazione di un importo aggiuntivo pari a 154,94 euro alle pensioni di dicembre 2023.

A tal proposito, questo beneficio spetta ai pensionati che ricevono un trattamento a carico dell’AGO e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerati della stessa, nonché delle forme pensionistiche obbligatorie, ad eccezione delle seguenti pensioni:

  • 044 (INVCIV);
  • 077 (PS);
  • 078 (AS);
  • 030 (VOBIS);
  • 031 (IOBIS);
  • 035 (VMP);
  • 036 (IMP);
  • 027 (VOCRED);
  • 028 (VOCOOP);
  • 029 (VOESO);
  • 127 (CRED27);
  • 128 (COOP28);
  • 129 (VESO29);
  • 043 (INDCOM);
  • 094 (limitatamente agli assicurati ed ex dipendenti SPORTASS);
  • 143 (APESOCIAL);
  • 198 (VESO33);
  • 199 (VESO92);
  • 200 (ESPA).

LEGGI ANCHE Conto BancoPosta: tipologie e costi, la guida completa

Cumulo pensioni con lavoro autonomo: dichiarazione entro il 30 novembre, i chiarimenti INPS

Cumulo pensioni con lavoro autonomo: con la pubblicazione del messaggio n. 4043 del 15 novembre 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito dei chiarimenti per quanto riguarda l’individuazione dei pensionati che hanno l’obbligo di inviare la dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo che hanno conseguito durante il corso dell’anno 2022.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 10 del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992.

Cumulo pensioni con lavoro autonomo: ecco quali sono i termini per l’invio della dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo conseguiti durante il corso dell’anno 2022

Attraverso la pubblicazione dell’art. 10 del decreto che abbiamo citato durante il corso del precedente paragrafo, è stato introdotto il divieto di cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo.

Il quarto comma, poi, prevede tale divieto per alcune tipologie di pensionati e dispone per questi ultimi l’obbligo di trasmettere la dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo che si riferiscono al periodo di imposta precedente all’Ente erogatore della pensione.

La sopra citata comunicazione, nello specifico, deve essere inviata nella stessa scadenza che risulta prevista per quanto riguarda la presentazione della dichiarazione ai fini dell’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche).

In particolare, dunque, i redditi da lavoro autonomo che sono stati conseguiti dai pensionati che sono soggetti al divieto di cumulo parziale della pensione con i medesimi, durante l’anno 2022, devono essere comunicati attraverso l’invio di un’apposita dichiarazione entro il termine del 30 novembre 2023, ovvero la stessa data di scadenza che risulta prevista per la trasmissione della dichiarazione dei redditi tramite l’apposito modello Redditi PF relativo al periodo di imposta 2022.

A tal proposito, quindi, l’INPS ha fornito dei chiarimenti in merito ai pensionati per i quali è previsto tale obbligo dichiarativo.

Cumulo pensioni con lavoro autonomo: ecco quali sono i pensionati che sono esclusi dall’obbligo di dichiarare i redditi da lavoro autonomo conseguiti durante il corso dell’anno 2022

Ecco qui di seguito i soggetti che sono esclusi dall’obbligo di invio della dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nell’anno 2022, dal momento che sono soggetti al divieto di cumulo della pensione con i medesimi:

  • i titolari di pensione e assegno di invalidità con decorrenza entro il 31 dicembre 1994;
  • i titolari di pensione di vecchiaia a carico dell’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) dei lavoratori dipendenti o delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi;
  • i titolari di pensione di vecchiaia liquidata nel sistema contributivo;
  • i titolari di pensione di anzianità e di trattamento di prepensionamento a carico dell’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria);
  • i titolari di pensione o assegno di invalidità a carico dell’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) dei lavoratori dipendenti o delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.

Ecco quali sono i pensionati che hanno l’obbligo di dichiarare i redditi da lavoro autonomo conseguiti durante il corso dell’anno 2022

I pensionati che abbiamo elencato durante il corso del precedente paragrafo sono esonerati dall’obbligo di invio della comunicazione dei redditi da lavoro autonomo relativi al periodo di imposta 2022 entro il 30 novembre 2023, ma, a tal proposito, sono previste alcune eccezioni.

Nello specifico, quindi, ecco qui sotto quali sono le situazioni particolari che prevedono l’obbligo dichiarativo in oggetto:

  • i casi previsti dall’art. 10, comma 2, del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992;
  • i casi previsti dall’art. 10, comma 5, del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992;
  • i casi previsti dall’art. 82, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (c.d. Testo unico degli Enti locali – TUEL);
  • i casi previsti dal paragrafo 2.1 della circolare n. 58 del 10 marzo 1998 e dal paragrafo 1 della circolare n. 197 del 23 dicembre 2003;
  • i casi previsti dall’art. 86 della legge n. 342 del 21 novembre 2000;
  • i casi previsti dall’art. 24 della legge n. 222 del 20 maggio 1985.

Tagli pensioni Pubblica amministrazione, verso la penalizzazione di quelle anticipate di 700mila dipendenti 

Governo a lavoro sui correttivi dei tagli delle pensioni della Pubblica amministrazione, con possibile penalizzazione delle uscite anticipate. Si tratta dell’articolo 33 della bozza della legge di Bilancio 2024 che stabilisce nuove penalizzazioni ai meccanismi di uscita dei dipendenti del pubblico impiego per il periodo di contributi versati nel sistema retributivo, riferiti agli anni che vanno dal 1981 al 1995.

Nell’ultima riunione che si è tenuta a Palazzo Chigi, hanno parlato di soluzioni il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e la ministra del lavoro, Marina Elvira Calderone.

I sindacati stimano una perdita per i 700 mila lavoratori in attesa di andare in pensione nei prossimi anni del 25 per cento dell’importo mensile, un quarto di trattamento Inps. 

Tagli pensioni Pubblica amministrazione, verso la penalizzazione di quelle anticipate di 700mila dipendenti: chi riguarda? 

Si cerca una soluzione ai tagli delle pensioni previsti dall’articolo 33 della bozza della legge di Bilancio 2024 per i lavoratori del pubblico impiego, sulla quota retributiva dei contributi Inps versati tra il 1981 e il 1995. In tutto sono interessati alla riduzione delle pensioni i lavoratori che versano alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (Cpdel), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (Cos), alla Cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori (Cpug) e alla Cassa per le pensi degli insegnanti di asilo e delle scuole elementari parificate (Cpi). 

Tutti queste categorie sono a rischio di andare in pensione con un assegno di gran lunga inferiore rispetto a quello che l’Inps ha calcolato finora, senza la novità della legge di Bilancio 2024. Infatti, il taglio avviene sull’aliquota di rendimento che verrebbe ritoccata per tagliare le pensioni dei lavoratori che erano già impiegati nei 15 anni prima dell’introduzione del sistema contributivo puro. 

Tagli pensioni Pubblica amministrazione, di quanto diminuiscono gli assegni dal prossimo anno? 

Stando alle ultime novità emerse dall’incontro di Palazzo Chigi, tra le due opzioni che sono sul tavolo per evitare un impatto cosi diretto dell’articolo 33 della Manovra 2024, il governo dovrebbe agire con i tagli solo sui dipendenti del pubblico impiego che, dal 1° gennaio prossimo, dovessero andare in pensione con una formula anticipata.

Rimarrebbero inalterate solo le pensioni di vecchiaia, in altre parole. L’altra possibile soluzione sarebbe stata quella di rimandare di un paio di anni l’entrata in vigore di questa norma.

Tuttavia, questa soluzione sembrerebbe perdere seguito perché per il prossimo anno (e per i primi anni di applicazione del nuovo sistema previdenziale) i risparmi per le casse dello Stato sono irrisori (11,5 milioni di euro nel 2024). Solo nel proseguo degli anni i tagli darebbero risultati consistenti. Si calcola un taglio della spesa previdenziale di 463 milioni di euro nel 2030, di 1,1 miliardi di euro nel 2034 e del doppio nel 2042. 

Uscita con pensione anticipata penalizzata rispetto alla vecchiaia 

Tra le categorie particolarmente irritate da questa norma vi è quella dei medici e degli infermieri. I sanitari hanno proclamato lo sciopero il prossimo 5 dicembre chiedendo al governo non solo di fare dietrofront su questa norma, ma anche di dare dei segnali importanti per quanto riguarda gli aumenti degli stipendi. Dal prossimo anno, le due categorie di sanitari avranno un aumento della paga oraria straordinaria.

Pensioni, come anticipare l’addio al lavoro nel 2024: guida ai nuovi requisiti e agli importi pensionistici

Nuovi requisiti per le pensioni 2024. Sarà necessario più tempo per rimanere al lavoro e meno tempo per andare in pensione, una condizione che non riguarderà solo alcuni lavoratori. Ancora una volta, anticipare l’addio dal lavoro non sarà facile, poiché vengono apportate ulteriori modifiche al sistema previdenziale.

Il governo Meloni rettifica le misure già attive, facendolo con estrema pacatezza. L’obiettivo rimane quello di ridimensionare i costi; di conseguenza, la presa si stringe (ancora una volta) sul fronte pensionistico. Vediamo insieme quali sono i nuovi requisiti andare in pensione nel 2024.

Pensioni nuovi requisiti 2024

Una casa è certa: anche nel 2024 si andrà in pensione con il requisito anagrafico, contributivo e altre condizioni di natura economica. La linea pensionistica si sviluppa su due fasi: requisiti e importo minimo.

Questo approccio vale per la gran parte dei lavoratori che perfezionano i requisiti per la pensione nel 2024. Secondo numerosi esperti, si tratta di un sistema pensato per garantire una rendita mensile equa alle esigenze familiari.

Tuttavia, c’è un percorso di ritorno, e consiste nel non gravare sulle casse dello Stato.

In sostanza, lo scopo principale rimane quello di ridurre la distribuzione dei sussidi, aiuti e benefici economici necessari a riequilibrare il potere di acquisto delle famiglie.

Nel 2024, ci aspettano ancora modifiche sulle soglie minime per ritirarsi dal lavoro. In particolare, i cambiamenti riguarderanno i contributivi puri e non solo. Vediamo insieme le nuove disposizioni presenti nella bozza della legge di Bilancio 2024.

Cosa cambia sulle pensioni nel 2024?

Secondo quanto indicato nel disegno della Manovra 2024, l’uscita dal lavoro sarà condizionata dalla presenza di un assegno mensile non superiore a cinque volte il trattamento minimo.

Iniziamo con la pensione anticipata Quota 103 nel 2024, che permette l’uscita a 62 anni di età con 41 anni di contributi, accompagnata da un assegno di quattro volte il trattamento minimo. Inoltre, l’INPS calcola la rendita escludendo il sistema retributivo, applicando esclusivamente il sistema contributivo.

Qual è l’importo del trattamento minimo INPS? Il trattamento minimo, ovvero l’assegno sociale, nel 2023 corrisponde all’importo pari a 503,27 euro.

Nel 2024, sono previste delle variazioni in aumento, di pochi spiccioli, considerando che la rivalutazione si attesterà sullo 0,8%. Pertanto, l’importo del trattamento minimo salirà a 507,02, per un totale annuo pari a 6.591,26 euro.

Inoltre, dovrebbe essere applicato un ulteriore incremento dovuto alla nuova rivalutazione del 2024, pari al 5,4%; pertanto, il trattamento minimo dovrebbe salire a 534,40 euro, per un totale annuo pari a  6.947,18 euro.

Come funziona le pensione a 64 anni nel 2024?

Nella prossima legge di Bilancio, non sono previste variazioni per la pensione di vecchiaia; pertanto, resta il requisito generale dei 67 anni di età aggregato ad almeno 20 anni di versamenti contributivi.

Attualmente, i lavoratori che hanno iniziato a maturare un’anzianità contributiva dopo il 31 dicembre 1995 devono, per pensionarsi, rientrare in una rendita pari a 1,5 volte il trattamento minimo.

Applicando le modifiche contenute nella bozza della legge di Bilancio 2024, tale vincolo viene ridimensionato su un importo non inferiore a quello del trattamento minimo. Pertanto, i contributivi puri possono andare in pensione con un assegno pari a 534,40 euro.

Si tratta di una liberazione, soprattutto considerando che, in molti casi, questo limite non permetteva l’accesso alla pensione a 67 anni di età, richiedendo la continuazione del servizio fino al compimento dei requisiti con l’erogazione dell’a rendita a prescindere dall’importo, ovvero fino a 71 anni di età.

Pensioni nuovi requisiti 2024: quanto si andrà in pensione con la nuova riforma?

Dal 2024 l’età per la pensione di vecchiaia resta invariata a 67 anni. Il requisito anagrafico è stato congelato fino al 2026, successivamente sarà adeguato ai rilevamenti ISTAT sull’aspettativa di vita.

I contributivi puri possono pensionarsi a 64 anni di età con 20 anni di contributi. Tuttavia, tali requisiti sono vincolati dalla presenza di una rendita pari a 2,8 volte il trattamento minimo.

In estrema sintesi, le novità presenti nella bozza della Manovra 2024 portano a variazioni sull‘importo della pensione che non deve risultare inferiore all’importo dell’assegno sociale.

Il diritto alla pensione di vecchiaia anticipata a 64 anni di età con 20 anni di contributi prevede l’applicazione di diversi vincoli, tra cui:   

  • una contribuzione effettiva minima di 20 anni di versamenti;
  • una rendita pari ad almeno il valore dell’assegno sociale, rivalutato su base annua nella misura di 3 volte il trattamento minimo, ridotto per le lavoratrici:
    • 2,8 volte per le donne con un figlio;
    • 2,6 volte per le donne con due o più figli.

In diverse situazioni, l’assegno non sarà superiore a cinque volte il trattamento minimo  per l’intero periodo di perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia ordinaria. Attualmente, non sono previsti limiti.

Infine, le novità riguardano anche l’introduzione di una finestra mobile di tre mesi.

Contributi Inps artigiani e commercianti, in arrivo avvisi bonari per mancato versamento: ecco come pagare

Contributi Inps di artigiani e commercianti, sono in arrivo gli avvisi bonari per il mancato versamento di quanto dovuto per le scadenze di maggio e agosto di quest’anno. A precisarlo è lo stesso Istituto di previdenza che detta anche le condizioni per mettersi in regola con i pagamenti.

L’emissione degli avvisi bonari da parte dell’Inps sui contributi delle due categorie dei lavoratori autonomi è stata anticipata nel messaggio numero 4051 recante proprio il recupero dei crediti dell gestione degli artigiani e dei commercianti, con emissione degli avvisi bonari sulle rate dovute con scadenza a maggio ed agosto del 2023. Secondo quanto specifica l’Inps, sono in corso le elaborazioni per l’emissione degli avvisi bonari che, dunque, arriveranno agli interessati nei prossimi giorni.

Contributi Inps artigiani e commercianti, in arrivo avvisi bonari per mancato versamento: come mettersi in regola

L’Inps ha emesso la comunicazione mediante la quale informa che gli artigiani e i commercianti riceveranno gli avvisi bonari sui contributi previdenziali non versati a maggio e ad agosto del 2023. L’informazione è contenuta nel messaggio numero 4051 mediante il quale l’Istituto di previdenza informa che intende recuperare i crediti sulle rate delle due scadenze del 2023. A tal proposito, le categorie interessate riceveranno gli avvisi bonari nei prossimi giorni al fine di procedere con il versamento di quanto dovuto.

Contributi Inps artigiani commercianti maggio e agosto 2023, chi deve pagarli?

Gli artigiani e i commercianti che non hanno versato i contributi spettanti potranno prendere visione degli avvisi bonari direttamente all’interno del Cassetto previdenziale della propria posizione Inps. Sono esclusi dagli avvisi i commercianti e gli artigiani che abbiano presentato domanda di sospensione degli adempimenti e dei versamenti dei contributi in scadenza tra il 1° maggio e il 31 agosto 2023 perché residenti nelle zone alluvionate delle regioni dell’Emilia Romagna, la Toscana e le Marche.

Per effetto di quanto prevede il decreto legge numero 61 del 2023, la sospensione dei versamenti dei contributi riguarda gli artigiani e i commercianti dei Comuni rientranti nell’elenco predisposto dal decreto “Alluvioni” (Dl 61 del 2023). Chi era residente in questi Comuni alla data del 1° maggio 2023 ha beneficiato della sospensione dei versamenti contributivi al pari di altri pagamenti verso il Fisco.

Come visualizzare l’avviso bonario?

Gli avvisi bonari emessi dall’Inps per i pagamento dei contributi non effettuati dagli artigiani e dai commercianti possono essere visualizzati direttamente sul portale dell’Inps. Nel dettaglio, accedendo sul sito Inps, è necessario navigare sul proprio “Cassetto previdenziale per artigiani e commercianti”, per poi cliccare su “Posizione assicurativa” e, infine, su “Avvisi bonari”.

Contestualmente, informa l’Inps, gli interessati riceveranno anche un messaggio email per avvisare del mancato pagamento entro le scadenze sopra descritte. Tale messaggio lo riceveranno anche gli eventuali intermediari nel caso in cui commercianti e artigiani abbiano fornito, mediante il Cassetto previdenziale, l’indirizzo di posta elettronica.

Il percorso telematico descritto dall’Inps sul proprio sito internet per pagare i contributi non versati precedentemente, potrebbe riguardare anche i lavoratori che abbiano già effettuato il pagamento. Se l’artigiano o il commerciante ha già versato i contributi dovrà comunicarlo andando su “Cassetto previdenziale per Artigiani e Commercianti”, quindi nella sezione “Comunicazione bidirezionale”, proseguendo per “Comunicazioni” e, infine, su “Invio quietanza di versamento”.

Contributi e le sanzioni, entro quando pagarli?

Diversamente, il pagamento può essere effettuato entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario dell’Inps. Per il pagamento, il commerciante o l’artigiano deve utilizzare il modello F24. Pagando entro i 30 giorni, si ottiene lo sconto sulle sanzioni per un importo pari a un terzo. Si può anche richiedere di pagare i contributi previdenziali arretrati mediante un piano di rate.

In caso di mancato pagamento, l’importo dovuto sarà richiesto mediante avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. Di norma, il versamento deve essere effettuato entro 60 giorni dalla ricezione, insieme alle sanzioni amministrative previste. La presentazione della domanda all’Inps è stata recentemente prorogata all’11 dicembre 2023.

Pensioni, aumenti di dicembre 2023 e arretrati: ecco gli importi calcolati dall’Inps

Arrivano gli aumenti delle pensioni e gli arretrati con il cedolino di dicembre 2023, mensilità nella quale l’Inps verserà la differenza tra il tasso di inflazione del 2022 provvisorio e la percentuale definitiva spettante. Sulla differenza, l’Inps verserà anche il conguaglio, consistente in arretrati per le prime undici mensilità di quest’anno.

A darne notizia lo stesso Istituto di previdenza che ha pubblicato il messaggio numero 4050 del 2023, con il quale informa di aver terminato i calcoli per l’aggiornamento di 21 milioni di assegni dei pensionati. Con il cedolino di dicembre 2023 ci sarà, dunque, il versamento dell’anticipo dei conguagli del 2022, di norma pagati a gennaio dell’anno successivo, e gli arretrati del 2023.

Pensioni, aumenti di dicembre 2023 e arretrati: ecco gli importi calcolati dall’Inps

Arrivano gli aumenti delle pensioni di Natale. L’Istituto di previdenza ha terminato i calcoli relativi all’aggiornamento dei mensili di 21 milioni di pensionati. A tutti andrà la differenza tra il tasso di inflazione calcolato dall’Istat a fine novembre del 2022 e il dato definitivo, pubblicato successivamente.

Il tasso di inflazione provvisorio è quello riferito all’anno 2022 sul quale sono state indicizzate le pensioni per l’anno 2023. Di norma, il recupero della differenza con il tasso definitivo (comunicato successivamente agli aumenti di inizio anno) avviene nel mese di gennaio, ma il governo ha stabilito il pagamento in anticipo di quanto dovuto, tra aumento delle pensioni e conguaglio del 2023.

La differenza, dunque, deriva dal 7,3% del dato provvisorio dell’Istat e l’8,1% che costituisce il dato definitivo dell’aumento dei prezzi del 2022. Lo 0,8% di differenza, non solo entrerà a regime nel cedolino mensile dei pensionati, ma dovrà essere moltiplicato per 11 – corrispondenti alle mensilità da gennaio a novembre 2023 – per determinare gli arretrati che spettano a ciascun pensionato.

Pensioni dicembre 2023, aumenti e arretrati: ecco tutti i calcoli

Il calcolo degli aumenti e del conguaglio segue lo stesso meccanismo di indicizzazione delle pensioni all’inflazione. Pertanto, lo 0,8% di aumento sarà pieno per tutte le pensioni fino a quattro volte il minimo, pari a 2.254,93 euro al lordo. Queste pensioni aumenteranno di 16,81 euro, mentre gli arretrati ammonteranno a 184,91 euro. Il trattamento minimo riferito all’anno 2023 è pari a 563,73 euro, ovvero 567,94 euro con la rivalutazione al tasso definitivo per l’anno 2023.

Per gli assegni da quattro a cinque volte il minimo dell’Inps, l’aumento è fissato all’85% (dello 0,8%). Quindi, lo 0,68% andrà ad aumentare gli assegni fino a 2.789,90 euro al lordo, con un incremento mensile di 17,86 euro e un conguaglio da gennaio a novembre 2023 di 196,46 euro lordi.

Per le pensioni da cinque a sei volte il trattamento minimo dell’Istituto di previdenza, ovvero fino a 3.274,24 euro al lordo, l’incremento sarà del 53% dello 0,8%, ovvero dello 0,424%. Quindi, queste pensioni avranno un aumento mensile di 13,37 euro e un arretrato di 147,07 euro a dicembre.

Di quanto aumenta la pensione per l’inflazione?

Per le pensioni da sei a otto volte il trattamento minimo, ovvero fino a 4.347,25 euro, l’incremento sarà del 47% (dello 0,8%). L’aumento mensile che andrà a regime sarà di 15,80 euro, mentre gli arretrati per undici mesi saranno pari a 173,80 euro. Per le pensioni da otto a dieci volte il trattamento minimo, ovvero da 4.347,25 a 5.395,71 euro, l’aumento sarà del 37% dello 0,8%, ovvero dello 0,296%. Pertanto, la pensione mensile aumenterà di 15,55 euro, mentre gli arretrati ammontano a 171,05 euro.

Infine, per le pensioni oltre le dieci volte il trattamento minimo, ovvero al di sopra di 5.35,71 euro al lordo, l’aumento sarà del 32% dello 0,8%, quindi pari allo 0,256%. L’incremento mensile a regime sarà di 13,45 euro, per un totale di conguaglio di 147,95 euro.

Pensioni anticipate, ecco perché si va verso un’unica età di uscita a 64 anni

Giornata cruciale, quella di oggi, sul fronte delle pensioni anticipate che dovranno convergere verso un’unica età di uscita a 64 anni. E’ quanto raccomandano i giudici contabili della Corte dei Conti, in audizione il 15 novembre 2023 al Senato sulla legge di Bilancio 2024. Il governo, quindi, è chiamato a valutare una soglia anagrafica che sia uniforme sia per i lavoratori del sistema previdenziale contributivo puro che per coloro che rientrano nel sistema misto. Dovranno essere i ministeri interessati, in primis quello del Lavoro di Marina Elvira Calderone, a individuare correttivi all’attuale assetto della previdenza per ridurre le differenziazioni di requisiti dei lavoratori.

Anche gli ultimi sviluppi della legge di Bilancio 2024 hanno evidenziato il ricorso, ormai sempre più frequente, a limare i vantaggi del sistema retributivo in favore di un calcolo della pensione meno ottimistico quale è quello del sistema contributivo. Sarà cosi, nel 2024, per chi andrà in pensione con la nuova quota 103 che richiede il ricalcolo contributivo dei versamenti effettuati durante la vita lavorativa, con perdita dell’assegno mensile. In questo scenario si inserisce, quindi, la convergenza verso un’età unica di uscita anticipata – che potrebbe essere quella dei 64 anni – anche se continua a essere preoccupante la situazione contributiva delle più giovani generazioni, chiamate a periodi di non occupazione e di buchi contributivi.

Pensioni anticipate, ecco perché si va verso un’unica età di uscita a 64 anni

Una soglia di età standard per le pensioni anticipate. E’ quanto ha richiesto la Corte dei Conti al governo nella giornata di oggi nell’audizione al Senato sulla legge di Bilancio 2024. Il governo è chiamato, quindi, a individuare una sintesi in merito all’età di uscita anticipata, anche se non sarà facile dal momento che si contrappongono due monti previdenziali, quello di chi ha iniziato e a contribuire prima e rientri nel sistema misto, con una quota di retributivo più vantaggiosa per il calcolo della pensione, e i contributivi puri, cioè di coloro che hanno iniziato a lavorare in data successiva al 31 dicembre 1995.

Per entrambi il governo dovrà trovare un’età standard di uscita, che potrebbe essere individuata a 64 anni. E’ questa, infatti, l’età alla quale escono i lavoratori del sistema contributivo puro unitamente a 20 anni di versamenti minimi, purché la pensione abbia un importo di almeno 2,8 volte la pensione sociale, pari a 503 euro nel 2023.

Pensioni anticipate età 64 anni e assegni previdenziali più bassi

La legge di Bilancio 2024 aumenta questo indice a tre volte la pensione sociale stabilendo degli sconti per le donne con figli. I 64 anni di età dovrebbero rappresentare un’età ottimale per la pensione anticipata sia dei contributivi “puri” che dei “misti”. E a questo starebbe andando incontro il governo, iniziando proprio dalle misure incluse nella legge di Bilancio 2024, al capitolo delle pensioni.

Quota 103 peggiorerà nel 2024 rispetto alla misura in vigore fino al 31 dicembre 2023, con il ricalcolo della pensione, per chi esce dal prossimo 1° gennaio, con il metodo contributivo puro. Un taglio della pensione che toccherà anche chi abbia una quota di contributi versati nel sistema previdenziale retributivo.

Promossa la pensione a quota 103 del 2024

Il capitolo pensioni nella Manovra 2024 è stato promosso dai giudici contabili che ne hanno dato una valutazione tutto sommato positiva, soprattutto per quanto concerne il recupero delle risorse finanziarie e il restyling di quota 103.

Il prossimo passaggio è quello di rendere strutturali le misure di pensionamento che saranno introdotte (con quota 103 si è ancora nel campo delle sperimentazioni, peraltro di breve durata) e di correggere le misure troppo espansive per il buon mantenimento dei conti pubblici.

Pensioni 2024, quale conviene tra quota 103 e anticipata contributiva?

Dopo le modifiche introdotte dal governo sulle pensioni del 2024, quale conviene di più tra quota 103 e anticipata contributiva? E’ da chiarire subito che la quota 103 del 2023 è di gran lunga più conveniente della medesima misura di pensione del 2024, anche se i requisiti di accesso sono rimasti identici (62 anni di età e 41 anni di contributi versati). Cambiano, invece, i parametri di calcolo dell’assegno mensile e di fruizione dello stesso.

In primis, perché i lavoratori che andranno in pensione con quota 103 dovranno accettare il ricalcolo dei versamenti della propria carriera lavorativa con il solo metodo contributivo. Considerando che la platea di lavoratori in uscita è composta essenzialmente da lavoratori del sistema previdenziale misto, la convenienza è quella di continuare a lavorare un po’ di mesi in più e di maturare la pensione anticipata di soli contributi (42 anni e dieci mesi di versamenti per gli uomini, 41 anni e dieci mesi per le donne).

Pensioni 2024, ecco quale conviene tra quota 103 e anticipata contributiva

La quota 103 modificata dalla legge di Bilancio per il 2024 diventa meno conveniente non solo della stessa misura in vigore fino al 31 dicembre 2023, ma anche della pensione anticipata dei soli contributi. Chi ha la possibilità di lavorare qualche mese in più può, infatti, sperare in una pensione mensile (con l’anticipata contributiva) più conveniente e con meno tagli.

La quota 103 del prossimo anno comporta il taglio, per sempre, dell’assegno mediante l’accettazione del metodo di calcolo del sistema contributivo, meno conveniente del sistema misto dal quale proviene la platea dei lavoratori che possono andare in pensione con quota 103.

Pensioni quota 103 e anticipata contributiva, limite del trattamento mensile Inps

Ma non è l’unico paletto all’importo della pensione. Infatti, chi esce con quota 103, fino alla maturazione della pensione di vecchiaia, dovrà accontentarsi di un assegno mensile che non può essere più elevato di 2.394,44 euro lordi mensili, ovvero di quattro volte il trattamento minimo di pensione, considerando già i valori del 2024. Anche in questo caso, c’è stato un taglio di pensione rispetto al tetto delle cinque volte il trattamento minimo del 2023 (poco più di 2.800 euro, pari a 2.993,05 dei valori del 2024).

Al taglio di importo si aggiunge anche l’aumento della finestra mobile, ovvero del periodo tra la maturazione dei requisiti di uscita per la quota 103 e l’effettivo pagamento del primo assegno di pensione da parte dell’Inps. Nel 2023, le finestre mobili sono di tre mesi per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per quelli del pubblico impiego. La legge di Bilancio 2024 aumenta le finestre, rispettivamente, sette e nove mesi, rispetto ai tre mesi per tutti della pensione anticipata di soli contributi.

Taglio pensioni 2024, per quali canali di uscita anticipata?

Il taglio di pensione dovuto al ricalcolo contributivo è, senza dubbio, quello che maggiormente penalizza i lavoratori in uscita con quota 103 nel 2024 e che, dunque, rappresenta l’ago della bilancia nella scelta dell’uno o dell’altro meccanismo. Considerando un lavoratore nato nel 1961, con reddito di 56mila euro all’anno al lordo e che maturi i requisiti della quota 103 nel 2023 con la previsione di un assegno mensile calcolato con il sistema misto (dopo 41 anni di contributi versati) di oltre 2.700 euro. Nel caso in cui il requisito contributivo venisse raggiunto a inizio del 2024 e la quota 103 dovesse essere quella del prossimo anno, il ricalcolo contributivo comporterebbe un taglio consistente dell’assegno, portandolo a 1.950 euro lordi.

Considerando il numero di mesi di finestra mobile della quota 103 molto più elevato rispetto alla pensione anticipata di soli contributi, la maturazione di quest’ultima misura comporterebbe meno di 22 mesi di lavoro in più per gli uomini per arrivare alla pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi rispetto ai 41 anni della quota 103, e meno dei dieci mesi di differenza, tra le due misure, per le lavoratrici. Ma, nella pensione anticipata, non ci sarebbe il ricalcolo dei versamenti che penalizza l’assegno mensile.

Pensione anticipata precoci, domanda entro il 30 novembre: ultime uscite a quota 41 nel 2023

Si può presentare domanda entro il 30 novembre 2023 per la pensione anticipata dei lavoratori precoci, in alternativa all’Ape sociale che, però, richiede almeno 63 anni di età e differenti montanti contributivi accumulati. Con la pensione dei precoci non c’è un’età prestabilita per l’uscita anticipata ma occorre aver versato almeno un anno di contribuenti entro il compimento dei 19 anni. Da qui il nome di “precoci” per i lavoratori che cerchino di agganciare questa misura di pensionamento, perché senz’altro il primo lavoro retribuito e con contributi deve essere iniziato nell’età dell’adolescenza.

Tuttavia, oltre all’anno di contributi in giovane età, la pensione anticipata dei lavoratori precoci si ottiene rispettando altri requisiti, alcuni dei quali in comune con l’Ape sociale. Per questo motivo, la platea dei lavoratori che possono agganciare questo sistema di pensionamento risulta penalizzata e ristretta, dal momento che i 41 anni di contributi richiesti non sono sufficienti, da soli, ad assicurare il pensionamento.

Qualche novità potrebbe arrivare nel prossimo anno per questa misura, con ripercussioni su chi possa andare in pensione anticipatamente. Infatti, dalla legge di Bilancio 2024, potrebbe arrivare la revisione delle professioni considerate gravose e usuranti, con ulteriore blocco di parte della platea destinata alla pensione.

Pensione anticipata precoci, domanda entro il 30 novembre 2023: chi può presentarla

Si potrà presentare domanda entro il 30 novembre 2023 per andare in pensione anticipata con la misura destinata ai lavoratori precoci, purché con 41 anni di contributi versati (a prescindere dall’età di pensionamento) e in possesso di altri requisiti previdenziali.

La più grande novità che è arrivata nel corso di quest’anno è quella relativa proprio alla domanda: i precoci possono presentare domanda alle stesse scadenza (tre all’anno) dell’Ape sociale. Pertanto, le tre finestre annuali si presentano a marzo, luglio e a novembre, quest’ultima al residuare di risorse stanziate non ancora ultimate.

Analogie con l’Ape sociale, serve la quota 41

Rispetto all’Ape sociale, che prevede un’indennità di 1.500 euro al mese fino al raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia, la pensione dei precoci dà diritto a un trattamento proporzionale a quanto maturato con i contributi, senza tetti massimi di importo. Tuttavia, come per l’Ape sociale, anche nella pensione dei precoci si vanno a tutelare alcune categorie di lavoratori e contribuenti “deboli”, quali gli ex occupati che abbiano concluso da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione; i caregiver che assistano il coniuge o un parente fino al secondo grado purché convivente; gli invalidi con ridotta capacità lavorativa accertata ad almeno il 74%; gli addetti ai lavori gravosi che abbiano svolto almeno sette degli ultimi dieci anni in queste attività o sei degli ultimi sette anni.

Pensione anticipata precoci 2023, quali sono i requisiti di uscita?

La verifica dei requisiti di pensione per uscire in anticipo con la misura dei precoci si fa tenendo presente che, oltre all’anno di versamenti di contributi entro i 19 anni di età, e ai 41 anni totali di contributi, il richiedente rientri in una delle situazioni in comune con l’Ape sociale.

Quindi, se il richiedente ha tutti i requisiti contributivi, può richiedere la misura di pensione anticipata ad esempio perché assiste regolarmente un parente disabile con il quale conviva da almeno sei mesi al momento della presentazione della domanda. Se si tratta di un parente di secondo grado, è necessario verificare che il coniuge o i genitori del disabile abbiano più di 70 anni di età o siano invalidi o deceduti.

Categorie di lavoratori con mansioni faticose per le pensioni anticipate

La finestra di domanda di fine novembre è l’ultima con la quota 41 del 2023 e la misura del 2024 potrebbe essere rivista nella legge di Bilancio attualmente in discussione, soprattutto per quanto concerne le professioni gravose. L’elenco è reperibile sul portale dell’Inps.

In attesa di una conferma anche per l’anno prossimo, sono 15 le categorie lavorative che danno diritto alla pensione anticipata. Tra queste ritroviamo anche gli insegnanti della scuola dell’infanzia e gli educatori degli asili nido, le professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche, e varie categorie di operai e conduttori.

Riscatto laurea per la pensione con quota 103, come fare?

Come scegliere il riscatto della laurea per la pensione a quota 103? Il caso è quello di un contribuente che abbia maturato l’età di 63 anni e che abbia almeno 36 o 37 anni di contributi versati. Il riscatto della laurea servirebbe a colmare gli ultimi quattro o cinque anni mancanti per maturare la quota 41. Tuttavia, in merito al calcolo per il costo dell’operazione è necessario fare alcune osservazioni e numerosi calcoli, soprattutto perché i contribuenti che si trovino in questa situazioni di uscita con la quota 103 rientrano nel sistema previdenziale misto.

In virtù, quindi, dei contributi versati, un metodo di calcolo dell’onere del riscatto della laurea può risultare più conveniente degli altri e viceversa.

Riscatto laurea per la pensione con quota 103, come fare?

Come riscattare gli anni di laurea per andare in pensione prima e agganciare, ad esempio, la quota 103 nel 2023? La misura di pensione anticipata prevede l’età minima di uscita di 63 anni e la maturazione di 41 anni di contributi previdenziali. Per chi non avesse tutti gli anni di versamenti richiesti, è possibile tagliare il traguardo con il riscatto della laurea e recuperare fino a quattro o cinque anni di contribuzione, a seconda della durata del corso di laurea.

Nel caso, ad esempio, di un artigiano che si trovi nella situazione di poter andare in pensione con la quota 103, occorre verificare a quando risale l’iscrizione alla previdenza. Di certo, per la maturazione del requisito contributivo, il lavoratore rientra nel sistema misto, ovvero ha versamenti prima del 1996 ma non oltre i 18 anni.

A tal proposito, il riscatto della laurea prevede il calcolo del costo con la riserva matematica, ovvero si determina il differenziale della pensione annua che verrebbe versata al contribuente con e senza il riscatto della laurea; al risultato si applicano dei coefficienti che variano a seconda di vari fattori, quali il sesso, l’età, il numero di anni di contributi, e così via. I fattori sono contenuti nella tabella allegata al decreto ministeriale di Lavoro e previdenza del 31 agosto 2007.

Riscatto laurea pensione quota 103, quanto costa?

In alternativa, il contribuente può scegliere il calcolo con il metodo ordinario di calcolo dell’onere del riscatto della laurea. Il costo si ottiene moltiplicando il reddito complessivo dei dodici mesi precedenti quello della presentazione della domanda di riscatto per l’aliquota contributiva per il numero di anni di studio da riscattare. L’aliquota contributiva, nel caso dell’artigiano, è del 24 per cento; per un lavoratore alle dipendenze è pari al 33 per cento.

Come calcolare l’onere da versare all’Inps per gli anni di studio?

Si può, infine, scegliere il metodo di calcolo del costo del riscatto della laurea con il sistema agevolato al fine di accorciare il tempo che manca alla pensione. In questo caso, è necessario moltiplicare la base imponibile – costituita dal minimale degli artigiani e dei commercianti e pari, per il 2023, a 17.504 euro – per il 33 per cento, rapportato il numero di anni da riscattare. Le due tipologie di riscatto sono, quindi, molto simili, ma cambia l’aliquota contributiva da applicare al calcolo.

Come sarà la misura previdenziale nel 2024?

Tuttavia, in quest’ultimo caso, il ricatto della laurea richiede l’accettazione da parte del richiedente del ricalcolo dei contributi tutti con il metodo contributivo puro, come se fossero stati versati dopo il 31 dicembre 1995.

Si ricorda che, nel 2024, chi sceglie di andare in pensione con la quota 103 dovrà accettare questo ricalcolo in ogni caso, con riduzione dell’assegno mensile di pensione che non potrà essere, in ogni modo, più elevato di quattro volte il trattamento minimo (cinque volte fino al 31 dicembre 2023).

Domanda Ape sociale entro il 30 novembre 2023, come andare in pensione anticipata per l’ultima volta a 63 anni

Ultima possibilità di presentare domanda entro il 30 novembre 2023 dei lavoratori che vogliano andare in pensione anticipata con l’Ape sociale. Infatti, a fine mese scade la terza data utile per quest’anno per gli ultrasessantenni che vogliano lasciare il lavoro prima. Dopo le finestre di domande aperte a marzo e a luglio scorsi, il termine del 30 novembre rappresenta, tuttavia, una chance abbastanza aleatoria e non sicura di pensionamento.

Infatti, la domanda va presentata ma l’accettazione della stessa dipende dalla circostanza che avanzino ancora delle risorse per questa misura di pensionamento. Leggiamo, dunque, quali sono i requisiti per andare in pensione prima e quali adempimenti bisogna rispettare per l’Anticipo pensionistico sociale. 

Domanda Ape sociale entro il 30 novembre 2023, come andare in pensione anticipata per l’ultima volta a 63 anni

Ultime settimane per presentare domanda di pensione anticipata con l’Ape sociale per il 2023. Infatti, fino al 30 novembre prossimo è aperta la terza e ultima finestra i domande per quest’anno, dopo i termini aperti negli scorsi mesi di marzo e di luglio. Tuttavia, per questa finestra di domanda l’accettazione dell’istanza dipende dal fatto che avanzino delle risorse. 

Quella di fine novembre, peraltro, è l’ultima scadenza prima che i requisiti richiesti siano più gravosi. Infatti, si potrà contare sull’età di 63 anni, rispetto agli aumenti previsti per il prossimo anno. La bozza della legge di Bilancio 2024 stabilisce un peggioramento del requisito anagrafico di cinque mesi. Dal 1° gennaio prossimo, quindi, per agganciare l’Ape sociale serviranno come minimo 63 anni e cinque mesi

La domanda che si presenta entro novembre è il primo dei due passaggi previsti per la pensione con questa misura. Infatti, con questa istanza l’Inps può valutare la sussistenza dei requisiti dell’Ape sociale posseduti dal richiedenti. All’esito positivo di questa istanza, il contribuente può presentare la domanda di pensione vera e propria. 

Domanda Ape sociale 2023, quali sono i requisiti richiesti? 

Oltre all’età di 63 anni, a chi faccia domanda di uscita di pensione con l’Ape sociale è richiesto il possesso di una determinata anzianità di contributi previdenziali. Infatti, il richiedente deve aver versato almeno 30 anni di contributi per le formule di uscita legate alla condizione di disoccupato, caregiver o disabile almeno al 74 per cento. Se, invece, il lavoratore punta ad avere l’agevolazione perché svolge un lavoro gravoso, gli anni di contributi salgono a 36. 

È altresì necessario avere la residenza in Italia e la cessazione già avvenuta del proprio rapporto di lavoro alle dipendenze (o autonomo). Le domande accettate di pensionamento daranno luogo, per il contribuente, a una indennità fissa di 1.500 euro al mese al lordo, fino alla maturazione dei requisiti della pensione di vecchiaia dei 67 anni.

La fruizione dell’indennità prevista per l’Ape sociale, tuttavia, potrebbe terminare anche prima, ovvero alla maturazione dei requisiti della pensione anticipata dei soli contributi. Ad esempio, una donna che esce a 63 anni di età con 40 anni di contributi, potrebbe terminare l’Ape sociale dopo 22 mesi per effetto della maturazione della pensione anticipata a 41 anni e 10 mesi. 

Pensione anticipata a 63 anni, come sarà nel 2024? 

Si ricorda, inoltre, che i requisiti anagrafici devono sussistere alla fine dell’anno. Pertanto, può presentare domanda a novembre anche chi compia 63 anni di età a dicembre, in ritardo rispetto all’istanza stessa. Lo stesso principio vale anche nel prossimo anno, con l’età a 63 anni e cinque mesi. Potranno presentare domanda i contribuenti che compiano 63 anni entro la fine di luglio 2024 dal momento che sono richiesti 63 anni e cinque mesi entro il 31 dicembre 2024. 

Chi va in pensione con l’Ape sociale per aver svolto mansioni gravose, dovrà dimostrare di aver prestato una delle attività comprese nell’elenco predisposto dall’Inps per sei anni degli ultimi sette o per sette anni degli ultimi dieci anni. 

Pensioni Ape sociale 2024, quanti anni di contributi servono?

Quanti anni di contributi previdenziali servono nel 2024 per le pensioni con Anticipo pensionistico (Ape) sociale? La bozza della legge di Bilancio 2024 modifica il requisito anagrafico dell’Ape sociale. Rispetto ai requisiti in vigore fino al 31 dicembre 2023, infatti, nel prossimo anno serviranno 63 anni e cinque mesi di età per andare in pensione anticipata con questa formula. L’aumento sarà, quindi, di cinque mesi rispetto ai 63 anni richiesti attualmente.

Tuttavia, in base alle varie ipotesi di uscita con l’Ape sociale – e a parità di età di uscita – è da dimostrare il versamento di un certo numero di anni di contributi previdenziali. Vediamo, nel dettaglio, quanti versamenti servono per agganciare quella che può essere definita come un’indennità di 1.500 euro al mese, corrisposta dall’Inps fino alla maturazione della pensione di vecchiaia.

Pensioni Ape sociale 2024, quanti anni di contributi servono?

Cambia la pensione con Ape sociale nel 2024 per effetto dell’aumento dell’età di uscita che sale a 63 anni e cinque mesi, rispetto ai 63 anni validi fino al 31 dicembre 2023. A fronte di questo requisito anagrafico, particolare attenzione è da prestare sul numero di anni di contributi utili per agganciare questa misura. Infatti, la bozza della legge di Bilancio 2024 non modifica il requisito contributivo, che rimane di 30 o di 36 anni, salvo eccezioni.

Serviranno, nel prossimo anno, 30 anni di contributi ai lavoratori di 63 anni e cinque mesi che escano con l’Ape sociale per motivi legati all’invalidità del 74 per cento, alla situazione di disoccupazione o ai carichi di cura (caregiver) verso il coniuge o familiari conviventi da almeno sei mesi. Sono necessari, invece, 36 anni di contributi per chi esce perché svolge un lavoro rientrante tra quelli gravosi e usuranti.

Pensioni Ape sociale 2024, meno lavoratori usuranti e gravosi in uscita

Per queste categorie, tuttavia, la legge di Bilancio 2024 dovrebbe fissare una riduzione mediante l’esclusione di numerosi mestieri ammessi negli anni scorsi. Dovrebbero rimanere le categorie di lavori gravosi del primo intervento, quello originario nella Manovra degli anni 2017 e 2018, mentre dovrebbero essere escluse le mansioni aggiunte successivamente, nel biennio 2022-2023. Peraltro in queste ultime mansioni rientravano i lavoratori edili e i ceramisti per i quali gli anni di contributi richiesti erano ridotti a 32. Per le imprese edili è arrivata anche lo sconto sui contributi previdenziali degli operai per l’anno 2023.

Nel dettaglio, le prime categorie ammesse all’uscita tra i lavoratori gravosi erano in numero di 15 e vi rientravano specifiche mansioni di operai, di personale addetto a professioni sanitarie (infermieri e ostetriche ospedaliere con lavoro su turni), gli insegnanti della scuola dell’infanzia e gli educatori degli asili nido, gli operai agricoli, i pescatori, e i marittimi.

A queste categorie, nel biennio 2022-2023 erano state aggiunte altre 23 categorie che, la legge di Bilancio 2024, dovrebbe escludere nuovamente, restringendo notevolmente la platea dei lavoratori che possono uscire in anticipo con questo canale previdenziale.

Come presentare domanda?

Per chi, nel 2024, dovesse rientrare nei requisiti delle pensioni con Ape sociale, è necessario presentare la domanda di pensionamento in due momenti. Nel primo, si richiede all’Inps il riconoscimento dei requisiti dell’Ape sociale; nel secondo, una volta avuto l’esito positivo del primo passaggio, si richiede la pensione vera e propria.

Quali sono le finestre delle domande di uscita nel 2024?

Per il 2024 le finestre di presentazione delle domande sono fissate al 31 marzo, con risposta da ottenere dall’Istituto di previdenza entro il 30 giugno 2024; la seconda finestra di domanda va dal 1° aprile al 15 luglio 2024, con risposta Inps prevista entro il 15 ottobre 2024; infine, nel caso in cui residuino risorse, l’ultima data di presentazione della domanda ha scadenza al 30 novembre 2024.

I requisiti, sia anagrafico dei 63 anni e cinque mesi, che contributivi dei 30 o 36 anni, devono essere raggiunti entro la fine dell’anno. Pertanto, l’Ape sociale spetta nel prossimo anno solo a chi compie 63 anni al massimo entro la fine di luglio 2024, considerando i cinque mesi di aumento del requisito anagrafico.

Pensioni, alcuni aumenti del 2024 già nel cedolino di dicembre 2023

Alcuni aumenti delle pensioni che dovrebbero arrivare nel 2024, saranno anticipati al cedolino di pagamento di dicembre 2023. Si tratta della differenza tra il tasso di inflazione provvisorio registrato dall’Istat a novembre 2022, riferito agli aumenti dei prezzi dello scorso anno, e il dato definitivo, arrivato successivamente. Il primo valore, pari al 7,3 per cento, è quello sul quale sono stati effettuati gli aumenti delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2023; il dato definitivo, pari all’8,1 per cento, dovrà essere il valore al quale si indicizzano le pensioni in via definitiva, con il versamento anche degli arretrati spettanti sulla differenza tra quanto già pagato e quanto spettante.

La differenza dello 0,8%, quindi, verrà versata nel cedolino di dicembre prossimo ed entrerà a far parte dell’assegno mensile di pensione. Ma l’Inps dovrà corrispondere anche la differenza delle prime undici mensilità del 2023 (da gennaio a novembre) a conguaglio.

Nel frattempo, è stato definitivo il tasso di inflazione provvisorio del 2023, pari al 5,4 per cento. Sarà su questa percentuale che aumenteranno le pensioni del 2024, in base al meccanismo di indicizzazione degli assegni.

Pensioni, alcuni aumenti del 2024 già nel cedolino di dicembre 2023

Con il pagamento delle pensioni di dicembre 2023 saranno pagati anche gli arretati di undici mesi di rivalutazione degli assegni. La previsione arriva dal decreto “Anticipi” (Dl 145 del 2023), approvato dal governo di Giorgia Meloni insieme al disegno di legge di Bilancio 2024. L’Inps, dunque, anticiperà il conguaglio della differenza di indicizzazione delle pensioni per effetto del tasso di inflazione. Il calcolo degli aumenti delle pensioni del 2023 è stato effettuato non sul dato definitivo dell’Istat, ma su quello provvisorio, comunicato a fine novembre 2022.

Gli arretrati sarebbero dovuti arrivare con il pagamento delle pensioni di gennaio 2024, come avviene di norma. In tutto, gli arretrati spettanti riguardano undici mensilità, mentre la quota di differenza entrerà nel cedolino mensile di pensione.

Pensioni aumenti cedolino dicembre 2023, indicizzazione e arretrati spettanti

La differenza tra il dato provvisorio di aumento dei prezzi del 2022, pari al 7,3%, e l’indice definitivo dell’8,1%, seguirà lo stesso meccanismo di indicizzazione che, a gennaio scorso, ha permesso ai pensionati di ottenere la rivalutazione degli assegni. Quindi, sulle pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo (pari a 2.101 euro al lordo ai valori di fine 2022), sarà corrisposto il 100% dello 0,8% di pensione. La differenza, in corrispondenza delle pensioni che più si avvicinano al limite maggiore, è pari a circa 17 euro mensili, cifra che entrerà a far parte dell’assegno mensile e che verrà moltiplicata per 11 per stabilire quali sono gli arretrati da pagare.

Per le pensioni da 4 a 5 volte il trattamento minimo, il recupero sarà dell’85%. Ciò significa che ai pensionati non verrà riconosciuto lo 0,8% pieno, ma solo lo 0,68%. Quindi, per chi percepisce una pensione da 2.101 a 2.626 euro al lordo, l’incremento mensile sarà di 17,86 euro. Le pensioni da 2.626 a 3.152 euro al lordo, avranno un incremento del 53% dello 0,8%, pari allo 0,424 per cento: l’aumento sarà di 13,36 euro nella fascia massima.

Di quanto aumenteranno gli assegni di pensione più alti?

Proseguendo, gli assegni da 3.152 a 4.203 euro avranno un incremento del 47% dello 0,8%, corrispondente allo 0,376%. Nel cedolino di pensione, l’aumento è fissato a 15,80 euro. Per chi prende una pensione da 4.203 a 5.253 euro lordi, l’aumento al mese è di 15,55 euro, ovvero il 37% dello 0,8%.

Infine, per chi prende una pensione maggiore di 5.253 euro lordi (oltre dieci volte il trattamento minimo), l’aumento è del 32% dello 0,8%, pari allo 0,256 per cento. Nel cedolino di dicembre si avranno in più 13,45 euro più gli arretrati per undici mensilità.

Pensioni, quali novità per uscire nel 2024?

Poche le novità delle pensioni contenute nella bozza del disegno di legge di Bilancio per uscire dal lavoro nel 2024. Peraltro, i pochi cambiamenti del sistema previdenziale sono negativi per i lavoratori. Il governo lascia invariati i principali canali e requisiti di uscita, cioè la pensione di anzianità e la pensione di vecchiaia. Quest’ultima si raggiunge all’età di 67 anni con almeno 20 anni di contributi. L’anticipata matura con almeno 42 anni e 10 mesi per gli uomini e con 41 anni e 10 mesi per le donne (un anno di sconto). Entrambe le condizioni prescindono dall’età di uscita.

Le modifiche riguardano, invece, quelli che erano e sono, ad oggi, i principali canali di uscita anticipata. Tuttavia, la Manovra 2024 rende più difficili da raggiungere i requisiti per la pensione, anche per i lavoratori del sistema contributivo puro.

Pensioni, quali novità per uscire nel 2024? Ecco come cambia opzione donna

Poche le novità dalla legge di Bilancio 2024 in merito alle pensioni e alle variazioni dei requisiti di uscita anticipata. Le limitate modifiche vanno a peggiorare le aspettative previdenziali dei lavoratori, allontanandone l’uscita. L’opzione donna, tra i canali di pensione anticipata più utilizzati negli ultimi anni – che in passato aveva offerto la possibilità alle lavoratrici di uscire già dall’età di 58 anni – già nello scorso anno era stata penalizzata, con l’aumento dell’età minima a 60 anni di età, e con l’introduzione di ulteriori requisiti personali che, sostanzialmente, hanno ristretto di molto la platea delle pensionate. Infatti si è passati da oltre 20mila uscite del 2022, a poco più di 2.500 nel 2023.

Nel 2024 potranno andare in pensione con opzione donna le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2023, avranno raggiunto i 35 anni di contributi e 61 anni di età. Insieme all’opzione donna, viene innalzato anche il requisito dell’Ape sociale, che non è una vera e propria pensione ma un’indennità versata nel periodo di prepensionamento (fino alla pensione di vecchiaia) e di importo pari a 1.500 euro.

L’anticipo pensionistico sociale prevede l’innalzamento dell’età di uscita dal lavoro a 63 anni e cinque mesi (rispetto ai 63 anni in vigore fino al 31 dicembre 2023). Gli altri requisiti rimangono sostanzialmente immutati, tranne che per i lavoratori in uscita con le mansioni gravose e faticose per le quali potrebbe esserci un sostanziale taglio delle varie categorie.

Pensioni novità 2024, la nuova quota 103

Più cambiamenti ha subito la pensione con quota 103, la misura in vigore dall’inizio del 2023 e confermata per il 2024. C’è stato un tira e molla in sede di approvazione del disegno di legge, ma alla fine il governo ha deciso di mantenere invariati i requisiti di uscita consistenti in 62 anni di età e in 41 anni di contributi versati. Ma chi sceglierà questa opzione nel 2024 avrà l’assegno calcolato con il sistema contributivo puro, meno conveniente del misto e del retributivo. L’importo della pensione mensile sarà quindi ridimensionato.

Un’ulteriore penalizzazione per i pensionati con quota 103 riguarda l’importo che non dovrà essere comunque superiore a quattro volte il trattamento minimo. In caso di assegno superiore a 2.250 euro circa al lordo, l’Inps non paga la parte eccedente. Il taglio persisterà fino alla maturazione dei requisiti della pensione di vecchiaia.

Pensione di vecchiaia dei lavoratori del contributivo, ecco i paletti

Un altro paletto viene posto dalla legge di Bilancio 2024 ai lavoratori he abbiano iniziato a lavorare e a versare i contributi dal 1° gennaio 1996 in poi, e che quindi rientrino nel sistema contributivo puro. Per ora si tratta di una platea molto ristretta di lavoratori prossimi alla pensione, anche se di anno in anno il bacino si allargherà sempre più fino a divenire predominante nei prossimi anni.

Da una parte si riduce il requisito di importo per ricevere la pensione di vecchiaia a 67 anni di età: ad oggi, infatti, è richiesto un importo pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale, dal 1° gennaio 2024 sarà sufficiente avere un importo pari ad almeno l’assegno sociale (503 euro nel 2023). Quindi si potrà andare in pensione di vecchiaia anche con un importo minimo e, oggettivamente, insufficiente per condurre un livello di vita senza pensieri.

Nuova pensione anticipata 2024, quali requisiti?

Dall’altra parte arrivano novità anche per la pensione anticipata contributiva che si ottiene a 64 anni di età e 20 anni di contributi, ma con limite di importo pari a 2,8 volte l’assegno sociale. La legge di Bilancio 2024 innalza anche questo limite, portandolo a 3 volte l’assegno sociale.

Anche in questo caso, qualora il valore dell’assegno di pensione sia superiore a cinque volte il trattamento minimo (pari a 2.800 euro circa, nel 2023), l’Inps non corrisponde la quota eccedente fino al raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia.