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Tag: pensione

Organizzazioni internazionali: cumulo per la pensione anticipata

Organizzazioni internazionali: con la pubblicazione della circolare n. 87 del 1° agosto 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per ciò che concerne la nuova normativa che ha previsto l’esercizio della facoltà di cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali, anche per quanto riguarda la pensione anticipata.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • il decreto legislativo n. 509 del 30 giugno 1994, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 196 del 23 agosto 1994;
  • l’art. 2, comma 26, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, recante “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 101 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 190 del 16 agosto 1995;
  • il decreto legislativo n. 103 del 10 febbraio 1996, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 43 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 52 del 2 marzo 1996;
  • l’art. 18 della legge n. 115 del 29 luglio 2015, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2014”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 178 del 3 agosto 2015;
  • il decreto legge n. 69 del 13 giugno 2023, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 136 del 13 giugno 2023, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 103 del 10 agosto 2023.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso tramite la pubblicazione all’interno del proprio sito web ufficiale dei seguenti atti:

  • la circolare INPS n. 71 dell’11 aprile 2017, recante “Articolo 18 della legge 29 luglio 2015, n. 115 – Disposizioni in materia di cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali”;
  • la circolare INPS n. 50 del 21 aprile 2022, recante “Articolo 18 della legge 29 luglio 2015, n. 115. Disposizioni in materia di cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali. Chiarimenti”.

Organizzazioni internazionali: novità sul cumulo dei periodi assicurativi maturati, le istruzioni INPS

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato comunicato dalle recenti circolari n. 71 dell’11 aprile 2017 e n. 50 del 21 aprile 2022, l’INPS ha fornito le istruzioni operative ed attuative per ciò che concerne la disciplina relativa al cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali.

Tali istruzioni, nello specifico, sono state comunicate in seguito alle modifiche che sono state apportate dal comma 1 dell’art. 18 della suddetta legge n. 115 del 2015, il quale ha introdotto a partire dal 1° gennaio 2016 il cumulo dei periodi assicurativi maturati presso le organizzazioni internazionali con quelli maturati presso una o più delle seguenti gestioni previdenziali:

  • il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD);
  • le Gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • la Gestione separata;
  • le Gestioni sostitutive ed esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO);
  • i regimi previdenziali degli Enti privatizzati gestori delle forme di previdenza obbligatoria in favore dei liberi professionisti.

Il successivo comma 2, poi, ha specificato che il cumulo in questione può essere richiesto per beneficiare della pensione di vecchiaia, invalidità e superstiti.

Dopodiché, l’art. 5, comma 1, del decreto legge n. 69 del 2023, e successive modificazioni, ha aggiunto al cumulo delle prestazioni anche la pensione anticipata.

Non hai trovato il rimborso del 730 nel cedolino pensione di agosto? Ecco quali sono i motivi

Il mese di agosto, centinaia di migliaia di pensionati attendono il rimborso del 730 nel cedolino pensione. Non bisogna sottovalutare questa importante novità del mese di agosto, in quanto il rimborso rappresenta un importante sostegno economico.

Potrebbe capitare, però, di non ricevere il rimborso nella pensione di agosto. Perché non arriva il rimborso dal 730? Quali sono le possibili cause?

Nel testo, facciamo una breve analisi della situazione spiegando quali potrebbero essere le possibili cause e i motivi della mancata erogazione del rimborso.

Quando arriva il rimborso del 730 nel cedolino pensione di agosto?

Nel mese di agosto, i pensionati, che hanno presentato il 730, dovrebbero ricevere l’eventuale rimborso scaturito nel cedolino pensione.

I pensionati che ricevono il pagamento della pensione in contanti presso gli uffici delle Poste Italiane devono rispettare il calendario per cognome:

  • 1° agosto: A – C;
  • 2 agosto: D – F;
  • 3 agosto: G – L;
  • 5 agosto: M – O;
  • 6 agosto: P – R;
  • 7 agosto: S – Z.

Insieme al cedolino pensione del mese di agosto, i pensionati dovrebbero iniziare a ricevere l’accredito del rimborso Irpef.

In linea generale, le date di accredito cambiano in base a quando il pensionato ha presentato o presenta la dichiarazione dei redditi:

  • Entro il 20 giugno: rimborso da agosto;
  • Dal 21 giugno al 15 luglio: rimborso a settembre;
  • Dal 16 luglio al 31 agosto: rimborso a ottobre;
  • Entro il 30 settembre: rimborso a novembre.

Perché il rimborso non viene erogato?

Possono essere diversi i motivi per cui il rimborso scaturito dal Modello 730 non arriva nel cedolino pensione del mese di agosto.

Molti pensionati, infatti, potrebbero ricevere il rimborso a partire dal mese di settembre. Per esempio, questo ritardo, che di ritardo non si tratta, potrebbe dipendere solo dal fatto di non avere presentato il modello 730 entro il 20 giugno.

Le ragioni dei ritardi sono diverse e, in ogni caso, è ancora un po’ presto per iniziare a preoccuparsi. Anche perché, come spiegheremo, c’è ancora tempo per recuperare quanto spetta.

In caso di dubbi o per qualsiasi cosa, si consiglia di rivolgersi ad un Caf oppure ad un professionista abilitato per richiedere informazioni in merito e, soprattutto, per sapere come muoversi.

Cosa fare se non si riceve il rimborso sulla pensione?

I pensionati che inviano la dichiarazione dei redditi, con Modello 730, entro il 20 giugno e dalla quale scaturisce un credito, dovrebbero ottenere il rimborso nel mese di agosto.

Cosa deve fare il pensionato? Ci sono una serie di step da seguire. Per prima cosa, si deve verificare il cedolino pensione. Se non si vede l’accredito e non si riesce a individuare il motivo del mancato pagamento, il pensionato deve verificare l’area assistenza fiscale del 730/4 sul sito dell’Inps.

Qualora neanche questo step servisse a sbrogliare la matassa, il cittadino può controllare se il Modello 730 sia stato realmente trasmesso entro i termini o se si siano verificati problemi.

L’ultima chance di verifica è rappresentata dall’Agenzia delle entrate per verificare che non ci siano stati problemi o ritardi da parte dei loro sistemi automatizzati.

Qualora non sia emerso nulla di strano, non rimane che attendere il cedolino pensione del mese di settembre e sperare che si tratti solo di un ritardo.

Infine, se il pensionato non riceve affatto il rimborso e non si accorge in tempo di non averlo ricevuto, non bisogna preoccuparsi: i soldi spettanti non andranno persi. In ultima istanza, infatti, il credito potrebbe essere recuperato nella dichiarazione dei redditi del 2025.

Come possono andare in pensione le casalinghe senza aver versato contributi? Ecco 2 modi per avere fino a 1000 euro al mese

Le casalinghe che non hanno mai lavorato e, quindi, sono senza contributi possono comunque andare in pensione e ottenere un assegno fino a 1000 euro al mese.

Quello della casalinga viene considerato un lavoro vero e proprio anche se, ancora, qualcuno sostiene il contrario.

A chi si occupa della casa, uomini o donne che siano, l’Inps riconosce la possibilità di poter andare comunque in pensione, tramite due metodi.

Nel testo vediamo quali sono questi due modi alternativi che hanno le casalinghe per andare in pensione, anche senza aver versato contributi.

Le casalinghe possono andare in pensione senza contributi?

Che siano uomini o donne che hanno deciso di occuparsi della casa e della famiglia possono comunque andare in pensione. L’Inps riconosce alle casalinghe 2 metodi per andare in pensione anche senza aver versato contributi.

L’Istituto riconoscere una somma a titolo di pensione a tutti coloro che si dedicano all’attività domestica. Un’attività che, molte persone, non considerano come lavoro. In realtà non è proprio così, perché anche la cura della casa e della famiglia richiede responsabilità e sacrifici, pur svolgendosi all’interno delle mura domestiche.

Pensione casalinghe: 2 modi per avere fino a 1000 euro

Le casalinghe possono andare in pensione, anche senza aver mai versato contributi, optando per due vie:

  • Il fondo casalinghe;
  • La pensione sociale.

Il fondo casalinghe è stato istituito il 1° gennaio 1997 ed è destinato a tutte le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti e derivanti da responsabilità familiari.

Chi può iscriversi al fondo? Sono ammessi i cittadini con un’età compresa tra i 16 anni e i 65 anni. Una volta inviata la domanda, l’Inps provvede a verificare la presenza di tutti i requisiti. Quali sono i requisiti necessari? Oltre all’età anagrafica, si devono rispettare i suddetti:

  • Non essere titolari di pensione diretta;
  • Non svolgere attività lavorativa dipendente o autonoma che richiede l’iscrizione ad una cassa previdenziale.

La seconda opzione è la pensione sociale. Rispetto al fondo casalinghe, l’importo della pensione è inferiore e per accedervi occorre il rispetto dei seguenti requisiti indicati dall’Inps:

  • Compimento del 67° anno d’età;
  • Essere cittadini italiani o avere un regolare permesso di soggiorno;
  • Essere residenti in Italia;
  • Rispettare un limite di reddito annualmente stabilito dall’Inps.

Come fare domanda per andare in pensione

Per accedere al fondo sociale, si può inviare la domanda online sul sito dell’Inps con le proprie credenziali personali e compilare il modulo apposito.

Una volta iscritti, il sistema rilascia una ricevuta e, in un momento successivo, l’Istituto provvederà a verificare il possesso dei requisiti. La domanda può essere rigettata e l’Istituto provvede a inviare una raccomandata.

In alternativa, i cittadini possono anche presentare richiesta di iscrizione al fondo telefonicamente oppure tramite Patronati o intermediari dell’Istituto.

Il contributo minimo da versare al fondo è pari a 26 euro al mese: è bene far presente che i soldi versati al fondo casalinghe non possono essere utilizzati per finalità diverse dalla pensione.

A quanto ammonta la pensione? Si tratta, probabilmente, di una delle domande più diffuse. Tra la pensione sociale e il fondo casalinghe c’è una differenza significativa. Chi opta per il fondo casalinghe può avere una pensione fino a 1000 euro al mese, mentre chi sceglie di andare in pensione con quella sociale, l’importo sarà pari circa alla metà.

Precisiamo, infine, che nel caso del fondo casalinghe, l’importo varia anche in funzione di quanto si versa mensilmente. Maggiore sarà l’importo mensile versato, molto più alto sarà l’assegno pensione.
Per quanto riguarda, invece, la pensione sociale, l’importo scende ancora se il richiedente percepisce altri redditi.

Quanto costa riscattare 5 anni di contributi per avere un assegno pensione più alto? Come funziona la pace contributiva Inps 2024

L’Inps ha recepito quanto stabilito dalla Legge di Bilancio del 2024 e, adesso, alcuni lavoratori hanno la possibilità di riscattare 5 anni di contributi per avere un assegno pensione più alto.

La possibilità è riservata ai lavoratori che non hanno maturato contributi prima del 1° gennaio 1996 e che sono iscritti dall’Assicurazione generale obbligatoria (Ago) o ai fondi speciali.

La pace contributiva 2024 può coprire fino a 5 anni, anche non consecutivi. Come si calcola? Come funziona?

Chi sono i beneficiari della pace contributiva Inps 2024

La pace contributiva Inps è una misura introdotta dalla Legge di Bilancio del 2024 per il biennio 2024-25. Già sperimentata nel triennio 2019-21, è stata recepita dall’Inps nella circolare n 69/2024.

Permette a chi non ha contributi precedenti al 1° gennaio 1996 di riscattare fino a 5 anni di periodi non coperti da contribuzione.

La misura si rivolge ai lavoratori iscritti:

  • All’AGO e alle sue forme sostitutive ed esclusive;
  • Alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, commercianti e artigiani;
  • Agli iscritti alla Gestione separata.

I periodi da riscattare non devono essere già coperti da contribuzione in nessun fondo previdenziale.

Periodi riscattabili della pace contributiva

La pace contributiva Inps 2024 prevede la copertura di periodi senza contributi anche non continuativi, sempre nel limite di 5 anni.

I periodi devono collocarsi dopo il 31 dicembre 1995 e devono essere precedenti al 1° gennaio 2024.
Quali sono i periodi riscattabili? Si possono riscattare solo ed esclusivamente i periodi scoperti da contribuzione obbligatoria che si trovano tra due periodi di lavoro.

Non è ammesso l’utilizzo della pace contributiva Inps 2024 per i periodi precedenti alla prima occupazione. I periodi riscattati vengono considerati sia ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione, sia per il calcolo dell’assegno pensionistico.

Come funziona il riscatto fino a 5 anni dei contributi

L’Inps, nella circolare n. 69/2024, specifica che la pace contributiva 2024 ha lo scopo di offrire la possibilità di aggiungere fino a 5 anni di contributi, anche per tutti coloro che non hanno già fruito della misura attiva nel triennio 2019-21.

Bisogna stare molto attenti alla decadenza dal beneficio. Quando avviene? Si decade quando il contribuente ha periodi da riscattare che sono già coperti in altri fondi previdenziali oltre che nella cassa.

Non è possibile neppure attivare la pace contributiva per i periodi precedenti alla prima occupazione.
I lavoratori non hanno la possibilità di esercitare la possibilità di riscatto per recuperare periodi di svolgimento di attività lavorativa in cui era in vigore l’obbligo del versamento contributivo.

Come richiedere il riscatto dei contributi? Le domande possono essere inviate entro e non oltre il 31 dicembre 2025.

Costo e vantaggi della pace contributiva 2024

La pace contributiva, da un certo punto di vista, prevede numerosi vantaggi. Intanto, l’anticipo del diritto alla pensione: riscattando i periodi contributivi si può andare in pensione prima.

In secondo luogo consente un aumento dell’assegno pensione, in quanto i periodi riscattati concorrono all’aumento dell’importo.

Ci sono, poi, altri due vantaggi:

  • Possibilità di rateizzare il pagamento;
  • Deducibilità del contributo versato.

Molti contribuenti, a questo punto, potrebbero porsi la fatidica domanda: quanto costa? L’onere di riscatto viene calcolato “a percentuale”. Si tratta di un metodo che prevede l’applicazione di aliquote contributive per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS), sull’imponibile degli ultimi dodici mesi precedenti la data della presentazione della domanda.

Tra i vantaggi abbiamo inserito anche la flessibilità dei pagamenti. Il pagamento, infatti, può avvenire in un’unica soluzione oppure dilazionato, in massimo 120 rate, ciascuna di importo non inferiore a 30 euro. Non è prevista l’applicazione di interessi.

PRISMA INPS, dal 22 luglio 2024 estensione a cittadini e patronati: come funziona e come accedere al servizio

PRISMA INPS: con la pubblicazione del messaggio n. 2650 del 19 luglio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato di aver esteso anche ai cittadini e agli Istituti di Patronato il nuovo servizio denominato PRISMA (Prospetto informativo sintetico dell’anzianità assicurativa dei lavoratori iscritti a forme pensionistiche obbligatorie gestite dall’INPS).

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Organizzazione e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • la legge n. 12 dell’11 gennaio 1979, recante “Norme per l’ordinamento della professione di consulente del lavoro”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 20 del 20 gennaio 1979;
  • il decreto legislativo n. 509 del 30 giugno 1994, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 196 del 23 agosto 1994;
  • l’art. 2, comma 18, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, recante “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 101 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 190 del 16 agosto 1995;
  • il decreto legislativo n. 103 del 10 febbraio 1996, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 43 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 52 del 2 marzo 1996;
  • la legge n. 243 del 23 agosto 2004, recante “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 222 del 21 settembre 2004;
  • l’art. 5 del regolamento UE n. 679 del 27 aprile 2016, il quale è stato redatto da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, ed il quale è relativo alla protezione delle persone fisiche per ciò che concerne il trattamento dei dati personali e la libera circolazione degli stessi, in abrogazione della precedente direttiva 95/46/CE (c.d. regolamento generale sulla protezione dei dati).

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso all’interno del proprio sito web ufficiale attraverso la pubblicazione dei seguenti atti:

  • la circolare INPS n. 177 del 7 settembre 1996, recante “Art. 2, comma 18, della legge 8.8.1995, n. 335 di riforma del sistema pensionistico. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti”;
  • la circolare INPS n. 42 del 17 marzo 2009, recante “Chiarimenti in materia di applicazione del massimale contributivo di cui all’art. 2, comma 18, della L. 335/1995”.
  • la circolare INPS n. 48 del 25 marzo 2024, recante “Prospetto informativo per i datori di lavoro privati che hanno alle dipendenze lavoratori iscritti a forme pensionistiche obbligatorie gestite dall’INPS, ai fini della corretta applicazione del massimale contributivo di cui all’articolo 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335”.

PRISMA INPS: dati sull’anzianità assicurativa dei lavoratori disponibili anche per cittadini e Patronati

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato comunicato mediante la pubblicazione della sopra citata circolare n. 48 del 25 marzo 2024 l’INPS ha messo a disposizione dei soggetti interessati un servizio online denominato PRISMA.

Tale piattaforma, nello specifico, ha lo scopo di fornire un prospetto di sintesi in merito alle informazioni che sono contenute all’interno degli archivi dell’Istituto stesso, dietro apposita richiesta da parte del datore di lavoro o dell’intermediario che ha il compito di svolgere gli adempimenti previdenziali previsti, in modo da permettere a questi ultimi di non commettere errori per ciò che concerne l’eventuale applicazione del massimale contributivo.

Nel prospetto, in particolare, sono presenti tutti i dati relativi all’anzianità assicurativa del lavoratore a partire dalla data in cui è avvenuta la prima iscrizione presso le forme pensionistiche obbligatorie gestite dall’INPS.

A tal proposito, dunque, l’Istituto ha comunicato che a partire dal 22 luglio 2024 potranno accedere al servizio anche i cittadini e i Patronati, previa autenticazione mediante SPID, CIE o CNS, seguendo il percorso: “Lavoro > Contratti e rapporti di lavoro > Strumenti > Prospetto Informativo Sintetico Massimale”.

Chi potrà andare in pensione nel 2025? Tanti vincoli e pochi fortunati

Andare in pensione è diventato sempre più un punto interrogativo per diversi motivi, ma senza spostarci troppo oltre nel tempo chi potrà andarci nel 2025? Non immaginate molte certezze, ma solo una: la pensione ordinaria.

Per le altre misure in deroga, almeno per il momento, le certezze mancano, anche perché si attendono novità dalla prossima legge di bilancio.

Le pensioni ordinarie, invece, dovrebbero rimanere con requisiti invariati. Ci troviamo comunque sul terreno delle ipotesi, ma vediamo chi potrebbero essere i pochi fortunati ad andare in pensione nel 2025 e come.

Chi potrà andare in pensione nel 2025

In base ai calcoli, nel 2025 potranno andare in pensione i lavoratori classe 1958. Si tratta, infatti, di tutti coloro che compiranno 67 anni tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2025.

Non basta, naturalmente, il requisito anagrafico. I suddetti, infatti, devono anche aver versato almeno 20 anni di contribuzione.

Almeno per il momento, in base alle previsioni, fino al 2026 le pensioni di vecchiaia dovrebbero avere i requisiti congelati a quelli di oggi, sia anagrafici che contributivi. Anche se l’età per andare in pensione aumenterà dal 2029.

Chi può optare per la pensione anticipata contributiva

Per diversi nati nel 1961, c’è comunque la possibilità di andare in pensione. Chi compie 64 anni d’età, nel 2025, ha la possibilità di andare in pensione con il sistema contributivo con solo 20 anni di contributi versati, purché il primo versamento sia successivo al 31 dicembre 1995. I versamenti possono essere anche volontari, figurativi o da riscatto.

La possibilità è prevista per le donne con due o più figli e l’uscita sarà ammessa a condizione che la pensione liquidata sia pari o superiore a 2,6 volte l’assegno sociale. Ovviamente, il limite, al momento non può essere ancora quantificato.

E per le donne con un solo figlio? La pensione anticipata contributiva spetterà a fronte di una prestazione liquidata superiore o uguale a 2,8 volte l’assegno sociale.

Infine, per le donne senza figli e per gli uomini, sarà necessario un trattamento inferiore a 3 volte l’assegno sociale.

Pensione per i più giovani nel 2025, ma con vincoli stringenti

Oltre alle possibilità rivolte ai nati nel 1958 e ai nati nel 1961, sono previste altre due possibilità anche per chi è nato in anni diversi.

Chi ha 66 anni d’età e ha versato almeno 20 anni di contributi, potrebbe andare comunque in pensione l’anno prossimo. Non tutti, ovviamente, ma solo le donne con almeno tre figli.

Queste lavoratrici possono andare in pensione approfittando di uno sconto di quattro mesi per ogni figlio avuto rispetto all’età della pensione di vecchiaia. Applicando lo stesso meccanismo, le donne con tre o più figli possono andare in pensione a 63 anni.

Passiamo, per concludere ai nati fino al 1965 o al 1966, che hanno maturato più di 40 anni di contributi.
Questa categoria di lavoratori ha la possibilità di andare in pensione optando per uscite anticipate ordinarie.

Quali sono i requisiti?

  • Per gli uomini servono 42,10 anni di contributi;
  • Per le donne servono 41,10 anni di contributi.

Si nota bene che si tratta di una possibilità concessa a chi ha iniziato a lavorare molto presto. Sono necessarie, inoltre, carriere lavorative continue e senza interruzioni. In aggiunta, bisogna anche rispettare il vincolo dei 35 anni di contributi effettivi. Perché dei 42,10 o 41,10 anni di contributi che servono rispettivamente per gli uomini o per le donne, 35 devono essere effettivi. Senza considerare i figurativi da disoccupazione o da malattia.

Aumenta ancora l’età per andare in pensione: quale sarà la situazione nel 2029?

L’età per andare in pensione aumenta ancora, ma fino al 31 dicembre del 2028 rimane confermata l’età di 67 anni per accedere alla pensione di vecchiaia. Brutte notizie per l’anno successivo, in quanto è previsto l’aumento.

Un indicatore e anche fattore incidente all’età pensionabile è la speranza di vita. Si tratta, in particolar modo, di un indicatore statistico che esprime la media degli anni di vita a partire dal compimento di una certa età.

Questo parametro, molto importante, viene incluso nei simulatori che calcolano quando si potrà andare in pensione.

Nel testo, vediamo quali sono le previsioni per i prossimi anni e come la pensione si adegua alla speranza di vita.

Perché aumenta l’età per andare in pensione

Arrivati ad una certa età, quasi tutti pensano a quando potranno uscire dal mondo del lavoro. Per conoscere la data in cui si andrà in pensione, ci sono molti simulatori. Tra i tanti indicatori che confluiscono nel calcolo dell’età pensionabile c’è la speranza di vita.

Si tratta di un indicatore statistico, come abbiamo anticipato, importantissimo per determinare l’età pensionabile. Se aumenta la speranza di vita, di conseguenza aumenta l’età per andare in pensione.

In base alla nota di aggiornamento al rapporto n. 24 dell’Istat, si è registrato un progressivo rallentamento della speranza di vita e, quindi, nel biennio 2027-28 l’età pensionabile rimane stabile. Fino al 31 dicembre 2028, viene confermata l’età pensionabile di 67 anni.

Quali sono i requisiti per andare in pensione

I lavoratori possono scegliere se andare in pensione con la formula anticipata oppure con la classica pensione di vecchiaia.

Per chi accede alla pensione anticipata, i requisiti sono leggermente diversi. Essendo anticipata, i requisiti anagrafici sono inferiori, ma il requisito contributivo è molto più stringente.

Invece, chi intende accedere alla pensione di vecchiaia, attualmente sono richiesti:

  • 67 anni d’età;
  • 20 anni di contributi.

Nel 2024, la Legge di bilancio ha stabilito che il diritto alla pensione di vecchiaia potrà essere ottenuto se l’importo lordo mensile della pensione è almeno pari a quello dell’assegno sociale.

Per quest’anno, è stato modificato l’importo massimo di pensione anticipata maturata in base ai requisiti perfezionati entro il 31 dicembre 2023, da corrispondere fino a quando si raggiungerà l’età anagrafica richiesta per la pensione di vecchiaia. A quanto ammonta? L’importo è pari a 598,61 euro.

Pensione di vecchiaia

Abbiamo spiegato che l’aspettativa di vita è un fattore determinante per il calcolo della pensione: se sale, di conseguenza aumenta anche la soglia dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Dal 2019, l’adeguamento viene effettuato con frequenza biennale. Dal biennio 2021-22 al biennio 2025-26 non sono stati registrati aumenti. In base alla normativa, l’aumento può esserci di massimo 3 mesi tra un biennio e l’altro.

Cosa succede se l’aspettativa di vita diminuisce? L’età pensionabile non si riduce, ma rimane stabile.

Pensione anticipata

La pensione anticipata è accessibile indipendente dall’età, ma solo ed esclusivamente in base ai contributi versati, che cambiano in base al sesso:

  • Uomini: 42 anni e 10 mesi di contributi;
  • Donne: 41 anni e 10 mesi di contributi.

Oltre alla pensione anticipata, ci sono anche altri scivoli pensionistici che permettono di uscire prima dal mondo del lavoro. Sono ancora attive Opzione donna e l’Ape sociale.

Aumenta l’età per andare in pensione dal 2029

Attualmente, per accedere alla pensione di vecchiaia, l’età anagrafica è fissata a 67 anni. L’età pensionabile rimane stabile per gli anni 2025, 2026, 2027 e 2028. Tuttavia, dal 2029 scatterà il primo aumento.

Quando si potrà andare in pensione? Dal 2029, saranno richiesti 67 anni e d’età e un mese per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Cessione del quinto della pensione: i tassi aggiornati del terzo trimestre 2024

Cessione del quinto della pensione: con la pubblicazione del messaggio n. 2614 del 16 luglio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quelli che sono i nuovi tassi aggiornati per ciò che concerne il terzo trimestre 2024.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno del decreto n. 62375 del 24 giugno 2024, il quale è stato pubblicato dal Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Cessione del quinto della pensione: ecco i nuovi tassi aggiornati comunicati dall’INPS relativi al terzo trimestre 2024

Attraverso la pubblicazione del decreto sopra richiamato, il Dipartimento del Tesoro del MEF ha comunicato quelli che sono i Tassi Effettivi Medi Globali (TEGM) che vengono praticati da parte delle banche e da parte degli altri intermediari finanziari.

Questi tassi, nello specifico, si riferiscono al periodo compreso tra il 1° luglio 2024 e il 30 settembre 2024, ovvero il terzo trimestre dell’anno in corso, e sono determinati dando attuazione alla normativa attualmente vigente in materia di usura, pubblicata all’interno dell’art. 2, comma 1, della legge n. 108 del 7 marzo 1996, così come modificato dal decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011.

A tal proposito, quindi, ecco qui sotto quali sono i nuovi tassi aggiornati relativi al terzo trimestre 2024 (1° luglio 2024 – 30 settembre 2024) in merito ai prestiti con cessione del quinto della pensione e dello stipendio:

  • fino a 15.000 euro, il tasso medio è pari al 13,68% e il tasso soglia usura è pari al 21,1000%;
  • oltre i 15.000 euro, il tasso medio è pari al 9,77% e il tasso soglia usura è pari al 16,4625%.

In particolare, ecco quali sono i tassi massimi che le banche e gli altri intermediari possono applicare in modo da non essere intesi come usurari:

  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età pari o inferiore a 59 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 9,92%, per quanto riguarda i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 8,08%, per quanto riguarda i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 60 e i 64 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 10,72%, per quanto riguarda i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • l’8,88%, per quanto riguarda i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 65 e i 69 anni, il tasso soglia è pari a:
    • l’11,52%, per quanto riguarda i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 9,68%, per quanto riguarda i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 70 e i 74 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 12,22%, per quanto riguarda i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 10,38%, per quanto riguarda i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 75 e i 79 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 13,02%, per quanto riguarda i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • l’11,18%, per quanto riguarda i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età superiore a 79 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 21,1000%, per quanto riguarda i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 16,4625%, per quanto riguarda i prestiti di importo superiore a 15.000 euro.

Andare in pensione a 61 anni è possibile, ma non per tutti: chi può farlo e quali sono le opzioni

È possibile andare in pensione a 61 anni d’età, ma rispettando precise regole, un percorso particolare e rientrando in categorie altrettanto particolari. Bisogna conoscere quali sono le regole per l’accesso alla pensione per sfruttare tutte le occasioni e per trovare tutte le possibili strade alternative e uscite anticipate dal mondo del lavoro.

Con la pensione di vecchiaia, infatti, bisogna attendere di aver compiuto 67 anni d’età. Per chi, invece, è stanco di lavorare e vuole godersi prima gli anni della pensione, ci sono diverse soluzioni. Naturalmente, è richiesto il possesso di determinati requisiti, a volte più stringenti e anche penalizzanti. Si tratta di compromessi per poter andare in pensione prima, rispetto alle regole generalmente previste.

Chi può andare in pensione a 61 anni?

Come andare in pensione a 61 anni

In presenza di determinati requisiti, i lavoratori hanno la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con largo anticipo.

Si tratta di un percorso che prevede vari step da seguire. Non si tratta, infatti, di una pensione anticipata, quanto più di un percorso da seguire fintanto che non si raggiungano i requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Quando il lavoratore dipendente ha intenzione di uscire dal mondo del lavoro a 61 anni d’età, per prima cosa deve avere accesso alla Naspi. L’accesso all’indennità di disoccupazione segue regole ben precise e molto rigide. La prima fra tutti è perdere il lavoro in modo involontario. In caso contrario, il lavoratore non avrebbe diritto a ricevere alcun sussidio.

La Naspi spetta per una durata pari alla metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni.
Nel migliore dei casi, si potrebbe ricevere la Naspi per 2 anni. Quindi, il lavoratore dipendente potrebbe godere di 2 anni coperti da contribuzione figurativa, ottenendo indennità il cui ammontare è calcolato come segue:

  • 75% della retribuzione media per i primi 1.425,21 euro;
  • 25% per la parte restante fino a un massimo di 1.550,42 euro.

Accesso all’Ape Sociale

Il secondo step da seguire è quello di ricevere l’accesso all’Ape Sociale. Si tratta di una prestazione pensionistica anticipata che, ovviamente, non spetta a tutti, ma solo a particolari categorie.

Possono accedervi:

  • Lavoratori dipendenti che svolgono mansioni gravose (per almeno 7 anni negli ultimi 10 o per almeno 6 anni negli ultimi 7);
  • Invalidi civili al 74%;
  • Lavoratori dipendenti disoccupati che hanno esaurito il trattamento di disoccupazione (come la Naspi);
  • Caregivers che assistono familiari da almeno 6 mesi.

A meno che non si faccia parte di una delle categorie sopra indicate, non si può uscire dal lavoro a 61 anni d’età e l’intero percorso da seguire non è più percorribile.

Il richiedente dell’Ape sociale potrà usufruire del sussidio fino al compimento dei 67 anni per accedere alla pensione di vecchiaia. Ricordiamo, inoltre, che si accede all’Ape sociale 2024 con 63 anni e 5 mesi d’età e 30 anni di contributi versati. Inoltre, bisogna essere disoccupati e aver cessato l’attività lavorativa da almeno 3 mesi.

Pensione vera e propria

Una volta raggiunta l’età dei 67 anni, vengono maturati i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Il percorso finisce qui, ma accanto al vantaggio di lasciare il mondo del lavoro con largo anticipo, ci sono comunque alcuni svantaggi.

Il primo problema potrebbe essere quello di dover fare comunque molti sacrifici economici, soprattutto durante il periodo di percezione della Naspi.

Ma, soprattutto, si deve tener presente che la pensione sarà inevitabilmente più bassa rispetto a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse continuato a svolgere l’attività lavorativa fino ai 67 anni di età. Durante il periodo in cui il dipendente percepisce l’Ape sociale, non è prevista alcuna contribuzione figurativa a suo favore. Risulteranno meno contributi versati, con conseguente taglio della pensione.

Convenzione INPS-UN.SI.AU.: istruzioni per la riscossione dei contributi sindacali sulla pensione

Convenzione INPS-UN.SI.AU.: con la pubblicazione della circolare n. 79 del 3 luglio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative e contabili per ciò che concerne l’applicazione della nuova convenzione che è stata stipulata tra l’Istituto stesso e l’Organizzazione sindacale UNIONE SINDACATI AUTONOMI NAZIONALE (UN.SI.AU.) relativamente alla riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Organizzazione, dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 23 octies del decreto legge n. 267 del 30 giugno 1972, recante “Semplificazione e snellimento di procedure relative ai trattamenti di attività e di quiescenza dei dipendenti dello Stato, comprese le aziende autonome”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 212 del 16 agosto 1972, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 485 dell’11 agosto 1972;
  • l’art. 11 della legge n. 364 del 31 luglio 1975, recante “Modifiche alla disciplina dell’indennità integrativa speciale e delle quote di aggiunta di famiglia”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 216 del 14 agosto 1975;
  • il regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche per quanto riguarda il trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di questi dati, il quale abroga la precedente direttiva 95/46/CE (c.d. regolamento generale sulla protezione dei dati);
  • l’art. 1456 del codice civile, recante “Clausola risolutiva espressa”;
  • l’art. 1467 del codice civile, recante “Contratto con prestazioni corrispettive”.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso all’interno del proprio sito web ufficiale tramite la pubblicazione della deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’INPS n. 11 del 16 febbraio 2022, recante “Schema di convenzione tra l’INPS e le organizzazioni sindacali, per la riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche ai sensi dell’articolo 23-octies del decreto-legge 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485”.

Convenzione INPS-UN.SI.AU.: l’Istituto stipula una convenzione con l’Organizzazione sindacale UNIONE SINDACATI AUTONOMI NAZIONALE

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto viene previsto dalle normative sopra richiamate, lo scorso 30 maggio 2024 l’INPS ha sottoscritto una convenzione con l’Organizzazione sindacale UNIONE SINDACATI AUTONOMI NAZIONALE (UN.SI.AU.) ai fini della riscossione dei contributi sindacali che sono dovuti da parte degli associati che sono beneficiari di un trattamento pensionistico.

La durata della convenzione in oggetto, nello specifico, ha una durata stabilita fino al 31 dicembre 2024 ed è rinnovabile per altri tre anni dietro richiesta specifica via posta elettronica certificata (PEC) da parte dell’Organizzazione sindacale UN.SI.AU. entro entro il termine di scadenza fissato.

Una volta giunti alla scadenza prevista la convenzione in questione sarà considerata cessata e smetterà di produrre i propri effetti, garantendo comunque la possibilità ad entrambe le parti in causa di recedere mediante l’invio di un’apposita comunicazione tramite PEC.

La convezione tra l’INPS e l’Organizzazione sindacale UN.SI.AU. prevede che hanno diritto di versare i contributi sindacali attraverso una trattenuta sulla pensione i seguenti soggetti:

  • i titolari di di pensione diretta, indiretta o di reversibilità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (AGO) dei lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e di ogni altro fondo obbligatorio di previdenza, sostitutivo o integrativo sempre gestiti da parte dell’Istituto;
  • i titolari di pensione diretta, indiretta o di reversibilità amministrate da parte dell’Istituto ed erogate da parte delle Casse pensionistiche della Gestione pubblica.

Pensione anticipata 2024: modifiche alle aliquote di rendimento e ai termini per l’accesso

Pensione anticipata 2024: con la pubblicazione della circolare n. 78 del 3 luglio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per ciò che concerne l’applicazione delle nuove normative che sono state introdotte e delle modifiche che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024 in merito alle aliquote di rendimento a favore degli iscritti alla CPDEL, alla CPS, alla CPI e alla CPUG, nonché in merito alle decorrenze della pensione anticipata e della pensione per i lavoratori precoci.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 13 della legge n. 1338 del 12 agosto 1962, recante “Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 229 dell’11 settembre 1962;
  • la tabella di cui all’allegato A della legge n. 965 del 26 luglio 1965, recante “Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza delle Casse per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali e agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 204 del 16 agosto 1965;
  • la tabella A allegata alla legge n. 16 del 24 gennaio 1986, recante “Trattamento di quiescenza per gli iscritti a carico della Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 30 del 6 febbraio 1986;
  • l’art. 13, lett. b), del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992, recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 137 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 305 del 30 dicembre 1992;
  • l’art. 17, comma 1, della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 174 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 304 del 30 dicembre 1994;
  • il decreto legislativo n. 67 del 21 aprile 2011, recante “Accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, a norma dell’articolo 1 della legge 4 novembre 2010, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 108 dell’11 maggio 2011;
  • l’art. 24, comma 10, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 251 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 284 del 6 dicembre 2011, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011;
  • l’art. 4, commi da 1 a 7 ter, della legge n. 92 del 28 giugno 2012, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 136 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 153 del 3 luglio 2012;
  • l’art. 26 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 221 del 23 settembre 2015;
  • l’art. 1, commi da 179 a 186, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 57 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 297 del 21 dicembre 2016;
  • l’art. 1, commi da 147 a 153, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 (c.d. Legge di Bilancio 2018), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 62 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 302 del 29 dicembre 2017;
  • l’art. 17 del decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 23 del 28 gennaio 2019, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 28 marzo 2019;
  • l’art. 1, commi da 157 a 163, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40/L della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023.

Pensione anticipata 2024: le istruzioni INPS per l’applicazione delle nuove aliquote di rendimento e delle modifiche alle decorrenze

In seguito alle modifiche che sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2024, ecco come deve essere effettuato il calcolo della pensione:

  • con le nuove aliquote di rendimento di cui all’allegato II della Legge di Bilancio 2024, per l’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
  • con le aliquote di rendimento indicate nelle tabelle allegate alle leggi n. 965 del 1965 e n. 16 del 1986, per le quote di pensione retributive.

Ecco, invece, quali sono le nuove decorrenze stabilite dalla Legge di Bilancio 2024 per quanto riguarda la pensione anticipata e la pensione per i lavoratori precoci:

  • dopo 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2024;
  • dopo 4 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2025;
  • dopo 5 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2026;
  • dopo 7 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2027;
  • dopo 9 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se a partire dal 1° gennaio 2028;

Quattordicesima pensionati 2024: requisiti e limiti di reddito

Quattordicesima pensionati 2024: con la pubblicazione del messaggio n. 2362 del 25 giugno 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale comunica ai soggetti beneficiari che a partire dal mese di luglio dell’anno in corso procederà con il pagamento della somma aggiuntiva (c.d. quattordicesima), la quale verrà erogata d’ufficio per i soggetti per i quali nelle banche dati dell’Istituto stesso sono presenti i dati reddituali che sono necessari al fine di effettuare la lavorazione.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 5, commi da 1 a 4, del decreto legge n. 81 del 2 luglio 2007, recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 151 del 2 luglio 2007, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007;
  • l’art. 35, commi 8 e 9, del decreto legge n. 207 del 30 dicembre 2008, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 304 del 31 dicembre 2008, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 27 febbraio 2009;
  • l’art. 13, comma 6, lett. a) e b), del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 114 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 125 del 31 maggio 2010, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010;
  • l’art. 1, comma 187, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 57 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 297 del 21 dicembre 2016.

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso attraverso la pubblicazione dei seguenti provvedimenti:

  • il messaggio INPS n. 2549 del 20 giugno 2017, recante “Corresponsione, per l’anno 2017, della somma aggiuntiva (cd quattordicesima) di cui all’art. 5, commi da 1 a 4, del D.L. 2 luglio 2007, n.81, convertito con modificazioni dalla legge 127/2007, come modificata dall’ articolo 1, comma 187 della legge 11 dicembre 2016, n. 232”;
  • il messaggio INPS n. 2702 del 4 luglio 2018;
  • il messaggio INPS n. 4567 del 6 dicembre 2018.

Quattordicesima pensionati 2024: requisiti reddituali

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato previsto dalle normative sopra richiamate, ecco quali sono i redditi da prendere come riferimento per l’anno in corso ai fini del calcolo della quattordicesima pensionati 2024:

  • in caso di prima erogazione, tutti i redditi che sono stati conseguito dal beneficiario nel 2024;
  • in caso di erogazione successiva alla prima, i seguenti redditi:
    • i redditi per prestazioni conseguiti nel 2024;
    • i redditi diversi da quelli indicati nel punto precedente conseguiti nel 2023.

Limiti di reddito

Ecco qui di seguito i limiti reddituali previsti per l’anno 2024:

  • 437 euro in caso di lavoratori dipendenti con meno di 15 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con meno di 18 anni di contribuzione (T.M. annuo x 1,5 fino a 11.672,90 euro);
  • max 12.109,90 euro in caso di lavoratori dipendenti con meno di 15 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con meno di 18 anni di contribuzione (T.M. annuo x 1,5 compreso tra 11.672,91 euro e 11.773,89 euro);
  • 336 euro in caso di lavoratori dipendenti con meno di 15 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con meno di 18 anni di contribuzione (T.M. annuo x 2 compreso tra 11.773,90 euro e 15.563,86 euro);
  • max 15.899,86 euro in caso di lavoratori dipendenti con meno di 15 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con meno di 18 anni di contribuzione (T.M. annuo x 2 oltre 15.563,86 euro);
  • 546 euro in caso di lavoratori dipendenti con anni di contribuzione tra 15 e 25 e di lavoratori autonomi con anni di contribuzione tra 18 e 28 (T.M. annuo x 1,5 fino a 11.672,90 euro);
  • max 12.218,90 euro in caso di lavoratori dipendenti con anni di contribuzione tra 15 e 25 e di lavoratori autonomi con anni di contribuzione tra 18 e 28 (T.M. annuo x 1,5 compreso tra 11.672,91 euro e 11.773,89 euro);
  • 420 euro in caso di lavoratori dipendenti con anni di contribuzione tra 15 e 25 e di lavoratori autonomi con anni di contribuzione tra 18 e 28 (T.M. annuo x 2 compreso tra 11.773,90 euro e 15.563,86 euro);
  • max 15.983,86 euro in caso di lavoratori dipendenti con anni di contribuzione tra 15 e 25 e di lavoratori autonomi con anni di contribuzione tra 18 e 28 (T.M. annuo x 2 oltre 15.563,86 euro);
  • 655 euro in caso di lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con più di 28 anni di contribuzione (T.M. annuo x 1,5 fino a 11.672,90 euro);
  • max 12.327,90 euro in caso di lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con più di 28 anni di contribuzione (T.M. annuo x 1,5 compreso tra 11.672,91 euro e 11.773,89 euro);
  • 504 euro in caso di lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con più di 28 anni di contribuzione (T.M. annuo x 2 compreso tra 11.773,90 euro e 15.563,86 euro);
  • max 16.067,86 euro in caso di lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contribuzione e di lavoratori autonomi con più di 28 anni di contribuzione (T.M. annuo x 2 oltre 15.563,86 euro).

Quota 41 per tutti nel 2025, ma con assegno ridotto: calcolo e come funziona

Si sta facendo largo l’ipotesi di Quota 41 per tutti nel 2025, ma con alcuni compromessi. Per contenere i costi dell’assegno, infatti, dovrebbe essere applicato il metodo di calcolo contributivo.

Si prevede, quindi, una riduzione dell’importo di circa il 20%: i lavoratori prossimi alla pensione dovrebbero accettare un assegno ridotto.

In realtà, se ne sta già parlando da diverso tempo, nell’ambito di una riforma strutturale delle pensioni. Proprio per questo motivo, ci sono molti dubbi in merito.

Nel testo, vediamo quali sono tutte le ipotesi di una possibile Quota 41 per tutti nel 2025.

Quota 41 per tutti nel 2025

Si sta lavorando per le pensioni del 2025, soprattutto in vista della futura scadenza delle misure di uscita anticipata attualmente in vigore: Quota 103, Opzione Donna e Ape sociale.

Il nodo sono sempre le risorse: un problema non da poco conto, in quanto è uno dei motivi che, ancora, sta frenando la definizione del futuro della previdenza in una riforma vera e propria. Da considerare, inoltre, quelli che sono gli interventi prioritari del Governo, come il taglio del cuneo fiscale e la riforma dell’Irpef, entrambi particolarmente onerosi.

Nonostante ciò, le ipotesi continuano ad essere elaborate e, tra le diverse, spunta quella di Quota 41 per tutti nel 2025. Si tratta, come vedremo, di una formula già in vigore, ma rivolta unicamente a pochi soggetti. Si prevede, però, che venga estesa a tutti i lavoratori, per dargli la possibilità di uscire dal lavoro con 41 anni di contributi versarti a prescindere dall’età anagrafica.

Assegno ridotto del 20% con il metodo contributivo

Affinché ciò sia possibile, è necessario un compromesso. Si prevede, infatti, che chi andrà in pensione con questo strumento, qualora approvato, dovrà accettare un assegno ridotto di circa il 20%. Infatti, verrebbe applicato il metodo di calcolo contributivo, così come accade già con Quota 103.

Solo applicando il metodo di calcolo contributivo, la nuova misura potrebbe essere sostenibile per i conti dello Stato. Ma per i lavoratori, sarà conveniente?

Intanto, secondo le prime stime potrebbe interessare una platea di circa 100.000 lavoratori. Si tratterebbe di una soluzione che permetterebbe l’uscita anticipata di uno o due anni rispetto ai requisiti previsti dalla Legge Fornero.

Per rispondere alla domanda che ci siamo posti, naturalmente, sarà “compito” degli interessati valutare e soppesare la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro, ma con un taglio del 20%.

Facendo un discorso ancora più ampio, questo tipo di penalizzazioni potrebbe diventare il compromesso per l’accesso alla pensione anticipata. Ancora, comunque, quasi nulla è sicuro e, come abbiamo detto, non si tratta altro che di ipotesi.

Come funziona attualmente Quota 41

Attualmente, esiste già Quota 41, ma è un’uscita anticipata rivolta esclusivamente ai lavoratori precoci, ovvero a tutti coloro che hanno iniziato a lavorare prestissimo.

Per accedervi, è necessario aver maturato almeno dodici mesi di contributi prima di aver compiuto 19 anni d’età: ma per accedervi non ci sono limiti d’età.

Più che Quota 41, il vero nome del trattamento è quello di pensione per i lavoratori precoci. La prestazione è riservata non solo a chi possiede il requisito contributivo, ma a chi si trova anche in condizione di fragilità, come la disoccupazione oppure essere caregiver.

La domanda per Quota 41 può essere inviata entro il 1° marzo 2024, per chi ha maturato i requisiti ed entro il 30 novembre 2024, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. A proposito di risorse, per il 2024 sono pari a 90 milioni di euro, che saliranno a 120 milioni di euro per il 2025.

Pagamento pensioni di luglio 2024: calendario e novità

Si sta avvicinando il pagamento Inps delle pensioni di luglio 2024. Quello di luglio, è senza dubbio uno dei cedolini pensione più attesti dell’anno, perché porta con sé importanti novità: il riferimento è la quattordicesima mensilità.

La quattordicesima, però, non spetta a tutti i pensionati, ma solo in base al rispetto di un preciso requisito anagrafico e reddituale.

Nel testo, vediamo in dettaglio il calendario dei pagamenti del mese di luglio 2024 e parliamo di tutte le novità attese: non solo della quattordicesima, ma anche delle trattenute Irpef e del conguaglio.

Calendario pagamento pensioni di luglio 2024

Il pagamento delle pensioni sarà effettuato con la data di valuta di lunedì 1° luglio 2024.
L’accredito della prestazione sarà effettuato anche per chi ha scelto l’accredito bancario.

Per quanto riguarda, invece, chi ritira la pensione presso gli Uffici Postali, il calendario da seguire è:

  • A – B: lunedì 1° luglio 2024;
  • C – D: martedì 2 luglio 2024;
  • E – K: mercoledì 3 luglio 2024;
  • L – O: giovedì 4 luglio 2024;
  • P – R: venerdì 5 luglio 2024;
  • S – Z: sabato (solo mattina) 6 luglio 2024.

Quattordicesima mensilità

Il cedolino pensione del mese di luglio 2024 è molto ricco di novità. Le voci che lo compongono non sono solo relative al rateo pensione, ma ci sono, per gli aventi diritto, anche l’accredito della quattordicesima mensilità e le trattenute Irpef e conguaglio.

Parliamo della quattordicesima, la novità più attesa del mese di luglio. Si tratta di una somma aggiuntiva introdotta con la Legge 127/2007. Viene corrisposta solitamente nel mese di luglio oppure, in altri casi, nel mese di dicembre di ogni anno.

La quattordicesima spetta ai pensionati di almeno 64 anni compiuti, nel rispetto dei seguenti requisiti:

  • Titolari di uno o più trattamenti pensionistici di enti pubblici di previdenza obbligatoria;
  • Con reddito complessivo lordo annuo di 15.563,86 euro, ovvero due volte il minimo di 598 euro al mese parametrato su 13 mensilità.

Dal suddetto reddito complessivo non si conteggiano:

  • Assegni familiari o per il nucleo familiare;
  • Indennità di accompagnamento;
  • Reddito della casa di abitazione;
  • Trattamenti di fine rapporto;
  • Arretrati soggetti a tassazione separata.

Si fa presente che la quattordicesima viene corrisposta d’ufficio e viene riconosciuta in via provvisoria e, successivamente, previa verifica della base dei redditi consuntivi.

Trattenute Irpef e conguaglio

Nel cedolino pensione del mese di luglio continua ad essere presente l’applicazione delle trattenute Irpef e le rate delle addizionali regionali e comunali per il 2023 e gli acconti per il 2024.

Inoltre, sono presenti i conguagli delle ritenute erariali sulle pensioni erogate nel 2023. Nel caso in cui siano emersi debiti non ancora pagati, allora questi verranno ripartiti sui ratei mensili successivi fino alla completa estinzione.

Come controllare il pagamento delle pensioni di luglio 2024

I cittadini possono controllare in completa autonomia il cedolino pensione. Per farlo, è sufficiente accedere al Fascicolo previdenziale del cittadino, sul sito dell’Inps, previa autenticazione con le proprie credenziali digitali Spid, Cie, Cns o eIDAS.

Inoltre, è possibile accedere al cedolino pensione anche tramite l’app INPS, seguendo il percorso “Tutti i Servizi” – “Cedolino Pensione”.

Cosa si può fare? È possibile sapere l’importo accreditato, con tutte le informazioni necessarie e la presenza di eventuali variazioni. Per questo mese, è possibile anche visualizzare la presenza del pagamento della quattordicesima.

In caso di mancata corresponsione è possibile presentare domanda di ricostituzione online. Se la domanda viene accolta e la quattordicesima spetta al richiedente, allora sarà erogata dall’Inps nei mesi immediatamente successivi.

Nuovo aggiornamento per il simulatore Inps Pensami: ecco quali sono le novità introdotte

È arrivato un nuovo aggiornamento per il simulatore Inps Pensami, recependo le ultime novità introdotte per il 2024. In particolar modo, ciò riguarda l’adeguamento dei requisiti pensionistici agli incrementi alla speranza di vita.

Già molto ricco, il servizio Inps Pensami si completa con novità molto importanti, come annunciato dallo stesso Istituto, il 10 giugno 2024.

Vediamo subito quali sono tutte le novità introdotte e cosa cambia.

Nuovo aggiornamento per il simulatore Inps Pensami

Il 10 giugno 2024, l’Inps ha pubblicato il messaggio n. 2180, informando i cittadini del nuovo aggiornamento del simulatore Pensami.

Molto conosciuto, il servizio consente di simulare gli scenari pensionistici. Realizzato nell’ambito delle attività progettuali del PNRR, è articolato su tre livelli di risposta.

L’utente, quindi, arriva a conoscere:

  • A quali pensioni ha diritto sulla base dell’intera contribuzione indicate e il sistema di calcolo applicativo;
  • Quando potrà andare in pensione, tenendo conto della contribuzione presente in ciascuna gestione;
  • Se è possibile anticipare l’accesso alla pensione.

Le novità pensionistiche sono state recepite e introdotte nel servizio di simulazione Pensami. Infatti, tiene conto dell’importo massimo della pensione anticipata flessibile, Quota 103, maturata sulla base dei requisiti perfezionati entro il 31 dicembre 2023.

L’Inps ha comunque precisato che sono ancora in fase di elaborazione gli aggiornamenti del servizio volti a recepire le novità introdotte dalla Legge di bilancio 2024, come la stretta sui requisiti di accesso per la pensione anticipata.

Come accedere al servizio Pensami Inps

Chi è prossimo alla pensione può utilizzare il servizio Inps Pensami per conoscere gli scenari pensionistici futuri. Il servizio è accessibile anche senza registrazione.

Come accedere? È molto semplice. Si può raggiungere anche dal proprio tablet o smartphone, utilizzando l’applicazione INPS Mobile, disponibile sia per IOS che per Android. L’utente deve selezione “Servizi” e, poi, “Pensami”.

Invece, per poter accedere al simulatore direttamente dal sito dell’Inps, gli utenti devono seguire il percorso di seguito indicato: “Pensione e Previdenza” – “Esplora Pensione e Previdenza” – nella sezione “Strumenti” selezionare “Vedi tutti” – “Pensami – Simulatore scenari pensionistici”.

Strumento informativo sulla riforma pensioni

È molto importante precisare che il servizio ha sola valenza informativa. Non accede al fascicolo previdenziale del cittadino e non contempla casistiche specifiche che possano dare diritto a forme di pensione agevolata.

Il servizio propone formule pensionistiche ordinarie e anche temporanee, Quota 103 e Opzione Donna.
Inoltre, nel servizio è stata implementata anche una funzione di consulenza, che permette di visualizzare le principali caratteristiche di tutti gli scenari pensionistici.

Il simulatore Inps consente agli utenti di verificare se si possono utilizzare il riscatto oppure altri istituti simili per sfruttare periodi contributivi ai fini della maturazione del diritto a pensione.
Vengono fornite informazioni su:

  • Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD);
  • Gestione esercenti attività commerciali (COM);
  • Gestione artigiani (ART);
  • Gestione coltivatori diretti, mezzadri e coloni (CD/CM);
  • Gestione separata;
  • Cassa pensioni dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato (CTPS);
  • Cassa pensioni dei dipendenti degli Enti locali (CPDEL);
  • Cassa pensioni degli ufficiali giudiziari (CPUG);
  • Cassa pensioni insegnanti (CPI);
  • Cassa pensioni sanitari (CPS).

Da considerare che Pensami non considera la presenza di particolari attività che potrebbero consentire l’accesso a forme di pensione agevolata in base a requisiti diversi da quelli inseriti nel simulatore.

Infine, considerando che si tratta di informazioni che sono state auto dichiarate dall’utente, non è previsto l’accesso alla banca dati dell’Inps, che pertanto non pre-carica i dati del contribuente e neppure il montante accumulato. Al contrario di quello che fa il simulatore “La tua pensione futura”, servizio accessibile con credenziali personali.

Prepensionamento editoria 2024: le istruzioni INPS

Prepensionamento editoria: con la pubblicazione della circolare n. 68 del 23 maggio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative e contabili per quanto riguarda l’autorizzazione di altre risorse finanziarie che sono state messe a disposizione ai fini dell’accesso al prepensionamento da parte dei lavoratori poligrafici di imprese stampatrici di giornali quotidiani e di giornali periodici, nonché dei lavoratori poligrafici di imprese editrici di giornali quotidiani, di giornali periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, nonché dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1, comma 500, della legge n. 160 del 27 dicembre 2019, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 45 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 304 del 30 dicembre 2019.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto dall’art. 1, comma 141, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023.

Prepensionamento editoria: i chiarimenti dell’INPS sui requisiti di accesso per il 2024

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato previsto dal sopra citato art. 1, comma 141, della Legge di Bilancio 2024, sono state stanziate altre risorse finanziarie fino all’anno 2027 e, dunque, anche per l’anno 2024, per ciò che concerne l’accesso al prepensionamento editoria di cui all’art. 1, comma 500, della legge n. 160 del 2019.

A tal proposito, nello specifico, devono essere stati presentati al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS), entro il termine ultimo del 31 dicembre 2023, i piani di riorganizzazione o di ristrutturazione aziendale in caso di crisi delle imprese interessate.

Per quanto riguarda i requisiti ai fini dell’accesso al prepensionamento in oggetto, invece, l’INPS rimanda alle condizioni che sono state definite dall’art. 37, comma 1, lett. a), della legge n. 416 del 5 agosto 1981, e dal successivo art. 1, comma 500, della suddetta legge n. 160 del 2019, rinviando per questo al contenuto delle precedenti circolari pubblicate sempre da parte dell’Istituto stesso n. 93 del 6 agosto 2020, n. 126 del 6 novembre 2020 e n. 10 del 31 gennaio 2023 (paragrafo 4).

In particolare, possono accedere al prepensionamento di cui all’art. 1, comma 500, della legge n. 160 del 2019, i seguenti soggetti:

  • i lavoratori poligrafici che operano presso delle imprese stampatrici di giornali quotidiani;
  • i lavoratori poligrafici che operano presso delle imprese stampatrici di giornali periodici;
  • i lavoratori poligrafici che operano presso delle imprese editrici di giornali quotidiani;
  • i lavoratori poligrafici che operano presso delle imprese editrici di giornali periodici;
  • i lavoratori poligrafici che operano presso delle agenzie di stampa a diffusione nazionale.

Tali soggetti, però, devono necessariamente aver presentato al MLPS, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2023, dei piani di riorganizzazione o di ristrutturazione aziendale in presenza di crisi.

I lavoratori sopra elencati, inoltre, devono essere ammessi con un apposito decreto ministeriale al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) finalizzato al prepensionamento.

Infine, l’INPS specifica che la CIGS deve essere fruita entro il 30 novembre 2024 e dopodiché i soggetti interessati dovranno necessariamente presentare la domanda di pensione.

Chi percepisce la Naspi può andare in pensione?

La Cassazione ha esaminato una questione molto interessante, spesso fonte di dubbi e domande: chi percepisce la Naspi può andare in pensione?

Naturalmente, si evince subito si tratta di una domanda che si collega alla compatibilità tra la percezione dell’indennità di disoccupazione e il raggiungimento dei requisiti per poter andare in pensione.

Nel testo, andiamo a rispondere al quesito, fornendo le indicazioni generali sulla Naspi e sul pensionamento.

Cos’è la Naspi

La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) è una indennità mensile di disoccupazione che spetta ai lavoratori subordinati che hanno perso involontariamente il posto di lavoro. La prestazione va a sostituire le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI.

La prestazione spetta dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Come abbiamo anticipato, viene corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive presenti negli ultimi quattro anni.

Per quanto riguarda l’importo della prestazione, è variabile in funzione dell’ammontare del reddito percepito durante i quattro anni precedenti la domanda di disoccupazione.

Presenta alcune compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa, sia autonoma che subordinata, ma l’importo della prestazione si riduce.

Quali sono i requisiti per poter andare in pensione

Il principale strumento che l’ordinamento previdenziale italiano predispone a favore dei lavoratori che, a causa dell’età avanzata, non sono più in grado di assicurarsi un reddito mediante lo svolgimento di un’attività di lavoro è la pensione di vecchiaia.

Hanno diritto ad accedere alla pensione di vecchiaia tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria.

In questo caso, è necessario raggiungere l’età stabilita per legge (67 anni, confermati fino al 2026, che aumentano progressivamente se sale la speranza di vita) e un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.

Oltre alla pensione di vecchiaia, c’è anche la pensione anticipata. Si tratta del trattamento pensionistico che il lavoratore può conseguire anche prima del compimento dell’età anagrafica prevista dalla legge per il pensionamento, purché egli sia in possesso di specifici requisiti contributivi.

Ricordiamo il metodo delle quote per accedere alla pensione anticipata, inaugurato dal governo Conte I con Quota 100. Questa prevedeva un mix di età anagrafica e anzianità contributiva. Si è continuato in questa direzione con Quota 102 e, dopo, Quota 103.

Chi percepisce la Naspi può andare in pensione?

Non ci resta che ritornare al punto di partenza e rispondere al quesito. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11965/2024, ha esaminato la possibilità di cumulare l’assegno di disoccupazione NASPI con il diritto alla pensione.

I giudici hanno fatto riferimento alla Legge 92/2012, articolo 2, comma 40, secondo cui il diritto alla Naspi è escluso per coloro che percepiscono una pensione.

La questione precisa, però, è quella di determinare se la Naspi termina quando si presentano i requisiti per andare in pensione o quando la pensione viene effettivamente erogata.

Secondo la Cassazione, il diritto alla Naspi cessa già al momento in cui si perfezionano i requisiti per il pensionamento, sia che si tratti di pensione di vecchiaia o anticipata. Quindi, non è importante la data in cui inizia il pagamento della pensione. Non è neppure importante quella in cui viene presentata la domanda di pensionamento, bensì il momento in cui si raggiungono i requisiti.

Se ci si pensa bene, si tratta di un punto importante. Chi percepisce la Naspi e raggiunge i requisiti per andare in pensione, per continuare a mantenere il diritto sulla disoccupazione potrebbe continuare, volontariamente, a ritardare la presentazione della domanda di pensione.

Ne consegue che l’Inps è legittimato a recuperare le somme di Naspi erogate a partire dalla data in cui l’individuo ha maturato i requisiti per il pensionamento.

Pensioni giugno 2024: pubblicato il cedolino INPS, aumenti in arrivo

Pensioni giugno 2024: l’INPS nella giornata di ieri, martedì 21 maggio 2024, ha pubblicato all’interno del proprio sito web ufficiale il documento che consente di verificare l’importo che sarà erogato da parte dell’Istituto stesso per quanto riguarda il mese di giugno dell’anno in corso.

Oltre a permettere di verificare l’importo che viene pagato ogni mese dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, il cedolino della pensione consente ai pensionati interessati di venire a conoscenza di quelle che sono le ragioni per le quali l’importo che gli viene versato può variare di mese in mese.

Senza indugiare ulteriormente, quindi, andiamo subito a vedere insieme quali sono le informazioni che sono state comunicate da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e che si riferiscono al cedolino della pensione di giugno 2024.

Pensioni giugno 2024: ecco tutte le informazioni che sono state comunicate dall’INPS nel cedolino della pensione del prossimo mese

Con la pubblicazione dell’avviso del 21 maggio 2024 l’INPS ha comunicato le seguenti informazioni per ciò che concerne il cedolino della pensione di giugno 2024:

  • la data di pagamento;
  • le trattenute fiscali che vengono applicate sull’importo versato dall’Istituto stesso, ovvero:
    • le ritenute IRPEF mensili;
    • le addizionali regionali e comunali a saldo relative all’anno 2023;
  • i conguagli di imposta a credito o a debito relativi al periodo d’imposta 2023.

Pensioni giugno 2024: la data di pagamento e le trattenute fiscali

Le pensioni relative al mese di giugno 2024 saranno versate ai pensionati da parte dell’INPS in data valuta:

  • 1° giugno, per quanto riguarda coloro che decidono di riscuotere il trattamento economico presso gli uffici delle Poste Italiane;
  • 3 giugno, per quanto riguarda coloro che decidono di riscuotere il trattamento economico presso gli istituti bancari.

Sull’importo pagato dall’Istituto vengono prelevate, per quanto riguarda il mese di giugno 2024, le seguenti trattenute fiscali:

  • le ritenute IRPEF mensili;
  • le addizionali regionali e comunali a saldo relative al periodo d’imposta 2023.

Le sopra citate trattenute fiscali relative all’anno 2023, in particolare, vengono recuperate in 11 rate mensili di pari importo, a partire dal mese di gennaio e fino al mese di novembre dell’anno successivo a quello a cui si riferiscono, andando dunque a diminuire l’importo che viene versato dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ai singoli pensionati.

Le ritenute IRPEF mensili e le addizionali regionali e comunali a saldo che abbiamo appena visto vengono effettuate sulle pensioni di giugno 2024 relative a tutti i pensionati, ad esclusione di tutti coloro che beneficiano delle seguenti prestazioni economiche:

Il conguaglio relativo al periodo d’imposta 2023: come viene effettuato il recupero dei conguagli a debito da parte dell’INPS?

In merito ai conguagli di fine anno 2023 l’INPS, in qualità di sostituto d’imposta dei pensionati, ha effettuato il ricalcolo a consuntivo delle ritenute erariali che sono state applicate durante il corso dell’anno appena trascorso sulla base dell’ammontare complessivo delle sole prestazioni pensionistiche che sono state pagate da parte dell’Istituto stesso.

A tal proposito, qualora nelle operazioni di verifica tra l’importo delle ritenute operate e quello dell’imposta effettivamente dovuta sulle somme che sono state già versate nel 2023 le prime risultino superiori alla seconda, allora l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale effettua il recupero dei conguagli a debito nelle seguenti modalità:

  • per i pensionati che hanno percepito dei trattamenti pensionistici di importo superiore a 18.000 euro il recupero del debito d’imposta è stato già effettuato sulla pensione di gennaio e di febbraio 2024;
  • per i pensionati che hanno percepito dei trattamenti pensionistici di importo pari o inferiore a 18.000 euro, con un debito IRPEF superiore a 100 euro, il recupero del debito d’imposta viene rateizzato fino alla mensilità di novembre.

Pensione di reversibilità ai nipoti: nuove regole e ampliamento della platea dei beneficiari, la circolare INPS

Pensione di reversibilità ai nipoti: con la pubblicazione della circolare n. 64 del 7 maggio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quali sono le nuove regole e gli effetti della sentenza che è stata pronunciata di recente da parte della Corte Costituzionale per quanto riguarda la platea dei soggetti che sono destinatari della misura in oggetto.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni, dal Coordinamento Generale Legale e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento a quanto è stato disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 9 febbraio – 5 aprile 2022.

Pensione di reversibilità ai nipoti: ecco che cosa prevede la sentenza della Corte Costituzionale

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dalla sopra citata sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 9 febbraio – 5 aprile 2022, la Corte Costituzionale stessa ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 818 del 26 aprile 1957, il quale è stato successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 231 del 17 settembre 1957.

Tale decreto, nello specifico, recante “Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti”, prevedeva la non inclusione all’interno dei soggetti che sono beneficiari diretti ed immediati della pensione di irreversibilità i nipoti maggiorenni orfani che si trovano nella seguente situazione:

  • vengono riconosciuti come soggetti inabili al lavoro;
  • vivono a carico degli ascendenti assicurati.

Questa decisione di ampliare quella che è la platea dei soggetti beneficiari del trattamento economico in oggetto, in particolare, è stata presa da parte della Corte Costituzionale in considerazione del fatto che dalla precedente sentenza n. 180 del 1999 emerge l’assimilabilità della relazione che intercorre tra l’ascendente e il nipote minore di età rispetto a quella che intercorre tra l’ascendente e il nipote maggiorenne orfano e inabile al lavoro.

Pertanto, dichiarando l’illegittimità del suddetto art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 818 del 1957 la Corte Costituzione sancisce come illogico ed ingiustamente discriminatorio il trattamento che veniva riservato esclusivamente ai nipoti orfani maggiorenni, inabili al lavoro e che vivono a carico dell’ascendente, i quali, pur trovandosi in una condizione di bisogno e di fragilità spiccata, non potevano beneficiare della pensione di reversibilità.

Ai superstiti, inoltre, oltre all’erogazione della pensione di reversibilità che viene riconosciuta in caso di morte del pensionato, viene erogata anche la pensione indiretta, la quale viene riconosciuta in caso di morte dell’assicurato.

Pertanto, in considerazione di tutte le premesse sopra richiamate, la Corte Costituzionale si è pronunciata per l’inclusione dei nipoti maggiorenni orfani che vengono riconosciuti come inabili al lavoro e che vivono a carico degli ascendenti all’interno della platea dei soggetti destinatari diretti ed immediati della pensione ai superstiti.

Infine, per ciò che concerne la verifica in merito alla condizione della vivenza a carico degli ascendenti l’INPS rimanda a quanto è stato disposto in precedenza all’interno del paragrafo 3 della circolare n. 185 del 18 novembre 2015, la quale prevede che ci debba essere la non autosufficienza economica e che debba essere dimostrato il mantenimento abituale da parte dell’ascendente nelle circostanze in cui non sussista la convivenza.

Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulla platea dei beneficiari

Ecco quali sono gli effetti che produce la sentenza n. 88 del 9 febbraio – 5 aprile 2022 che è stata pronunciata da parte della Corte Costituzionale:

  • la liquidazione delle pensioni ai nipoti maggiorenni orfani inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti;
  • la riliquidazione delle pensioni alle altre categorie di superstiti contitolari che si trovano in una situazione compatibile con quella dei nipoti aventi diritto;
  • la revoca delle pensioni già pagate alle categorie di superstiti che si trovano in una situazione incompatibile con quella dei nipoti aventi diritto.

Contributi sindacali pensione: convenzione tra INPS e FIGEC

Contributi sindacali pensione: con la pubblicazione della circolare n. 60 del 3 maggio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative e contabili per quanto riguarda l’applicazione della nuova convenzione che è stata stipulata tra l’INPS stesso e l’Organizzazione sindacale FEDERAZIONE ITALIANA GIORNALISMO EDITORIA COMUNICAZIONE (FIGEC) in merito alla riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Organizzazione, dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 23 octies del decreto legge n. 267 del 30 giugno 1972, recante “Semplificazione e snellimento di procedure relative ai trattamenti di attività e di quiescenza dei dipendenti dello Stato, comprese le aziende autonome”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 212 del 16 agosto 1972;
  • la legge n. 485 dell’11 agosto 1972, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 1972, n. 267, concernente miglioramenti ad alcuni trattamenti pensionistici ed assistenziali”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 222 del 26 agosto 1972;
  • l’art. 11 della legge n. 364 del 31 luglio 1975, recante “Modifiche alla disciplina dell’indennità integrativa speciale e delle quote di aggiunta di famiglia”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 216 del 14 agosto 1975;
  • il regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche per quanto riguarda il trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di questi dati, il quale abroga la precedente direttiva 95/46/CE (c.d. regolamento generale sulla protezione dei dati);
  • il decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003, recante “Codice in materia di protezione dei dati personali”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 174 del 29 luglio 2003;
  • il provvedimento dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali n. 393 del 2 luglio 2015, recante “Misure di sicurezza e modalità di scambio dei dati personali tra amministrazioni pubbliche”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 179 del 4 agosto 2015;
  • il decreto legislativo n. 101 del 10 agosto 2018, recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 205 del 4 settembre 2018.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto disposto in precedenza dalla deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’INPS n. 11 del 16 febbraio 2022, recante “Schema di convenzione tra l’INPS e le organizzazioni sindacali, per la riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche ai sensi dell’articolo 23-octies del decreto-legge 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485”, nonché dalla nota n. 9050 del 3 agosto 2023.

Contributi sindacali pensione: l’INPS stipula una convenzione con l’Organizzazione sindacale FEDERAZIONE ITALIANA GIORNALISMO EDITORIA COMUNICAZIONE (FIGEC)

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, lo scorso 18 dicembre 2023 l’INPS ha firmato una convenzione con l’Organizzazione sindacale FEDERAZIONE ITALIANA GIORNALISMO EDITORIA COMUNICAZIONE (FIGEC) per la riscossione dei contributi sindacali che devono essere versati dagli associati che beneficiano di un trattamento pensionistico.

La durata della convenzione in oggetto è fino al 31 dicembre 2024, è rinnovabile per altri tre anni su richiesta tramite PEC entro giugno 2024 da parte della FIGEC e si può recedere con le stesse modalità.

La convezione tra l’INPS e la FIGEC prevede che hanno diritto di versare i contributi sindacali mediante trattenuta sulla pensione i seguenti soggetti:

  • i titolari di di pensione diretta, indiretta o di reversibilità a carico dell’AGO dei lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e degli altri fondi gestiti dall’Istituto;
  • i titolari di pensione diretta, indiretta o di reversibilità amministrate dall’INPS ed erogate dalle Casse pensionistiche della Gestione pubblica.

Opzione Donna requisiti 2024: nuova circolare INPS

Opzione Donna requisiti 2024: con la pubblicazione della circolare n. 59 del 3 maggio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni applicative in condivisione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) per quanto riguarda le modifiche che sono state apportate per l’anno in corso in materia di pensione anticipata c.d. Opzione Donna.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1, comma 138, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40/L della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche alle modifiche che sono state apportate da parte della sopra citata Legge di Bilancio 2024 a quanto era stato precedentemente disposto all’interno dell’art. 16, comma 1 bis, del decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 23 del 28 gennaio 2019, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213 del 30 dicembre 2023.

Opzione Donna requisiti 2024: ecco quali sono i requisiti e le condizioni per l’accesso alla pensione anticipata da parte delle lavoratrici

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato previsto dal sopra citato art. 1, comma 138, della Legge di Bilancio 2024, è stato esteso il diritto di beneficiare della pensione anticipata c.d. Opzione Donna alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti che sono necessari entro il termine ultimo del 31 dicembre 2023.

Pertanto, nello specifico, possono accedere al suddetto trattamento pensionistico tutte le donne lavoratrici che possiedano i seguenti requisiti:

  • avere un’età anagrafica di almeno 61 anni al 31 dicembre 2023;
  • aver maturato entro il 31 dicembre 2023 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni, ovvero aver versato i contributi dovuti per un periodo di tempo pari ad almeno 35 anni.

Per quanto riguarda il requisito anagrafico che richiede alla lavoratrice di avere almeno 61 anni le norme che sono attualmente in vigore permettono di beneficiare di una riduzione di un anno per ogni figlio, fino ad un limite massimo di due anni.

Per le lavoratrici di cui all’art. 16, comma 1 bis, lett. c), del decreto legge n. 4 del 2019, invece, la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico è prevista anche nel caso in cui non si abbiano dei figli.

In merito al requisito contributivo, poi, devono essere presi in considerazione anche i periodi assicurativi che sono maturati all’interno di Paesi esteri in cui si applicano i regolamenti dell’Unione Europea (UE) in materia di sicurezza sociale oppure all’interno di Paesi esteri che sono regolati da apposite convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l’Italia.

In definitiva, oltre al possesso dei sopra citati requisiti anagrafici e contributivi, ecco quali sono le condizioni che devono essere rispettate al fine di accedere alla pensione anticipata c.d. Opzione Donna:

  • assistere da almeno 6 mesi a partire dalla data di presentazione della domanda uno dei seguenti soggetti:
    • coniuge;
    • parte dell’unione civile;
    • parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;
    • parente o affine di secondo grado convivente con un genitore, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap grave che abbia almeno 70 anni, che sia affetto da patologie invalidanti oppure che sia deceduto o mancante;
  • avere una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74%;
  • essere dipendenti o essere state licenziate da imprese per cui è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.

Cedolino pensione maggio 2024: data di pagamento e importi

Cedolino pensione maggio 2024: l’INPS nella giornata di venerdì 19 aprile 2024 ha pubblicato all’interno del proprio sito web ufficiale il documento che permette di verificare l’importo che sarà versato da parte dell’Istituto per quanto riguarda il mese di maggio dell’anno in corso.

Oltre a consentire di verificare l’importo che viene erogato ogni mese dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, il cedolino della pensione permette ai pensionati interessati di venire a conoscenza di quelle che sono le motivazioni in base alle quali l’importo che gli viene pagato può variare di mese in mese.

Senza indugiare ulteriormente, dunque, andiamo subito a vedere quali sono le informazioni che sono state comunicate da parte dell’INPS e che si riferiscono al cedolino della pensione di maggio 2024.

Cedolino pensione maggio 2024: ecco tutte le informazioni che sono state comunicate dall’INPS nel cedolino della pensione del prossimo mese

Con la pubblicazione dell’avviso del 19 aprile 2024 l’INPS ha annunciato le seguenti informazioni per quanto riguarda il cedolino della pensione di maggio 2024:

  • la data di pagamento;
  • le trattenute fiscali che vengono applicate sull’importo versato dall’Istituto stesso, ossia:
    • le ritenute IRPEF mensili;
    • le addizionali regionali e comunali relative all’anno 2023;
  • i conguagli di imposta a credito o a debito relativi al periodo di imposta 2023.

Cedolino pensione maggio 2024: la data di pagamento e le trattenute fiscali

La pensione relativa al mese di maggio 2024 sarà versata ai pensionati da parte dell’INPS in data valuta 2 maggio, dal momento che il 1° maggio è un giorno festivo e che, pertanto, la data di pagamento slitta al primo giorno feriale successivo.

Sull’importo erogato dall’Istituto vengono prelevate, per quanto riguarda il mese di maggio 2024, le seguenti trattenute fiscali:

  • le ritenute IRPEF mensili;
  • le addizionali regionali e comunali relative al periodo di imposta 2023.

Le sopra citate trattenute fiscali relative all’anno 2023, nello specifico, vengono recuperate in 11 rate di pari importo, a partire dal mese di gennaio e fino al mese di novembre dell’anno successivo a quello al quale si riferiscono, e vanno a diminuire l’importo che viene erogato dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ai singoli pensionati.

Le ritenute IRPEF e le addizionali regionali e comunali che abbiamo appena visto vengono effettuate sulle pensioni di maggio 2024 di tutti i pensionati, ad eccezione di quelli che beneficiano delle seguenti prestazioni economiche:

Il conguaglio relativo al periodo di imposta 2023: come viene effettuato il recupero dei conguagli a debito da parte dell’INPS?

Per quanto riguarda i conguagli di fine anno 2023 l’INPS, in qualità di sostituto di imposta dei pensionati, ha effettuato il ricalcolo a consuntivo delle ritenute erariali che sono state applicate durante il corso dell’anno appena passato sulla base dell’importo complessivo delle sole prestazioni pensionistiche che sono state erogate da parte dell’Istituto stesso.

Pertanto, se effettuando le operazioni di verifica tra l’importo delle ritenute operate e l’ammontare dell’imposta effettivamente dovuta sulle somme che sono state pagate nel 2023 le prime risultano superiori alla seconda, allora l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale effettua il recupero dei conguagli a debito nei seguenti modi:

  • per i pensionati che hanno percepito dei trattamenti pensionistici annui di importo superiore a 18.000 euro il recupero del debito d’imposta è stato effettuato dall’INPS mediante trattenuta diretta sulla pensione di gennaio e di febbraio 2024;
  • per i pensionati che hanno percepito dei trattamenti pensionistici annui di importo pari o inferiore a 18.000 euro, con un debito IRPEF superiore a 100 euro, il recupero del debito d’imposta viene effettuato fino alla mensilità di novembre.