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Tag: pensione

Assegno pensione più alto a novembre per questa categoria: beneficiari e importi

Buone notizie per alcune categorie di pensionati: nel mese di novembre è in arrivo l’assegno pensione più alto. Più che una novità, si tratta della conferma del trend del mese di ottobre.

La rivalutazione sugli assegni pensioni rimane per effetto del taglio al cuneo fiscale. A beneficiarne, però, non saranno tutti i pensionati, ma solo una specifica categoria.

L’aumento non è da capogiro, ma per questi pensionati l’importo in più potrebbe essere necessario a coprire una piccola parte delle spese mensili.

Oltre all’aumento, sono anche in arrivo gli eventuali arretrati, che saranno accreditati solo a chi non li ha già ricevuti nelle mensilità passate.

Vediamo dunque chi sono gli interessati all’aumento e diamo anche uno sguardo al calendario dei pagamenti, considerando le festività di novembre.

Chi riceverà l’assegno pensione di più alto a novembre

Si prosegue sul trend di ottobre: anche a novembre, ci sarà un aumento sull’assegno pensione per alcune categorie di pensionati. L’assegno pensione di novembre sarà più alto solo per una specifica categoria di pensionati e non per tutti.

I beneficiari dell’aumento saranno solo i percettori delle pensioni minime e che hanno più di 75 anni d’età. L’aumento non sarà considerevole, ma solo del 2,7% sul trattamento mensile e che, a conti fatti, è pari a 16 euro.

La rivalutazione, come già avvenuta a ottobre, prosegue per effetto del taglio del cuneo fiscale, ma gli effetti saranno più consistenti sugli importi minimi.

Beneficeranno della rivalutazione circa 16 milioni di pensionati. Come abbiamo già detto non si tratterà di un aumento da capogiro, ma di appena 16 euro. L’importo della pensione minima di novembre dovrebbe passare da 598,61 euro a 614,77 euro.

Dando uno sguardo più in là, le pensioni minime aumenteranno nel 2025? Secondo le ipotesi, si punta a superare la cifra attuale, portando gli assegni a 650 euro. Il capitolo pensioni, però, nella manovra 2025 è stato sacrificato, come già d’altronde si prevedeva. Non ci resta che attendere possibili interventi nell’iter di approvazione della manovra.

Cedolino pensione più pesante con gli arretrati

Le novità degli assegni pensione di novembre non finiscono qua. Oltre all’aumento, il cedolino sarà anche più pesante per tutti quei pensionati che, ancora, non hanno ricevuto gli arretrati dei mesi passati per effetto della rivalutazione.

Come saperlo in anticipo? I pensionati possono visualizzare il proprio cedolino pensione tramite i servizi online dell’INPS, in modo da verificare l’importo erogato ogni mese e le ragioni per le quali questo può cambiare.

Inoltre, nel mese di novembre saranno applicate le trattenute sugli assegni. Le addizionali relative all’anno precedente, ricordiamo, vengono recuperate in un totale di 11 rate, dal mese di gennaio al mese di novembre.

Discorso diverso per quanto riguarda le addizionali comunali, la cui trattenuta può scattare anche come acconto nell’anno di riferimento. In questo caso, la ripartizione è in 9 rate, dal mese di marzo al mese di novembre.

Quando viene pagata la pensione di novembre

A novembre ci sono novità anche sul fronte del calendario dei pagamenti. Il primo giorno del mese coincide con la festività di Ognissanti e, di conseguenza, il calendario degli accrediti partirà con un giorno di ritardo.

Il primo giorno di pagamento, quindi, sarà sabato 2 novembre, giorno in cui riceveranno l’accredito i pensionati con iniziali del cognome A-B. Per il resto non ci dovrebbero essere altre differenze, in quanto gli accrediti saranno effettuati sempre sulla base dell’iniziale del cognome, nei giorni successivi.

Di seguito, per avere un’idea complessiva, ecco il calendario dei pagamenti per cognome di novembre:

  • 2 novembre: cognomi A-B;
  • 4 novembre: cognomi C-D;
  • 5 novembre: cognomi E-K;
  • 6 novembre: cognomi L-O;
  • 7 novembre: cognomi P-R;
  • 8 novembre: cognomi S-Z.

Nel 2051 si potrà andare in pensione a 70 anni: perché l’età pensionabile è destinata a salire

Un dato pressoché allarmante è arrivato dall’ISTAT: nel 2051 si potrà andare in pensione a 70 anni. A dispetto delle speranze e delle aspettative di chi sperava che l’età di pensionamento si abbassasse ai sognati 60 anni, la realtà è ben più dura del previsto.

L’età per la pensione di vecchiaia è destinata ad aumentare. Il sistema previdenziale sta affrontando sfide molto complesse, in gran parte dovute ai cambiamenti demografici. Il divario generazionale continuerà ad ampliarsi, esercitando sempre più pressione sul sistema pensionistico. Ed ecco il perché in futuro si andrà in pensione due anni più tardi rispetto a oggi.

Forniamo maggiori spiegazioni e analizziamo i dati per comprendere più a fondo il meccanismo delle pensioni.

In pensione a 70 anni nel 2051

La speranza è sempre l’ultima a morire, nonostante la situazione poco promettente, si pensa ancora che un giorno si potrà ritornare ad andare in pensione a un’età non troppo avanzata. L’ideale, per la maggior parte dei lavoratori, è sempre 60 anni.

La realtà è molto più dura del previsto, tant’è che nel 2051, l’età pensionabile toccherà i 69 anni e i 6 mesi d’età. Altro che 67 anni, si potrà andare in pensione quasi a 70 anni.

Con le leggi attualmente in vigore, l’età è destinata a salire man mano che si allunga la speranza di vita fino a sfiorare i 70 anni. La stima dell’ISTAT è allarmante. Già nel 2027, l’età sarà di 67 anni e tre mesi.

Il sistema previdenziale italiano è destinato ad affrontare sfide sempre più difficili e il percorso che lo attende nei prossimi anni è forse tra i meno rosei in assoluto, soprattutto da un punto di vista economico.
Tra le sfide principali, come detto, quello pensionistico è tra i più ardui, considerando che l’età per lasciare il lavoro si alzerà, inevitabilmente, lasciando ormai spazio a nessuna speranza di un cambio di rotta.

Se ci pensiamo bene, anche per questo motivo si stanno pensando a premi e incentivi per far restare più a lungo a lavoro.

Perché l’età per andare in pensione è in costante salita

Bisogna comprendere le ragioni di questo repentino e inevitabile aumento dell’età per andare in pensione. L’aggiornamento prende atto da un inasprimento dell’invecchiamento della popolazione.

Nel determinare l’aumento o meno dell’età pensionabile si deve considerare l’aumento della speranza di vita all’età di 65 anni. Il parametro è stato preso in considerazione dalla legge per gli adeguamenti biennali.

Nel 2031, le persone con 65 anni d’età e anche oltre potrebbero rappresentare il 27,7% del totale secondo lo scenario mediano. In virtù di questo dato, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà più importante del previsto, considerando il fatto di dover fronteggiare i fabbisogni di una parte della popolazione sempre più numerosa e longeva.

Queste stime si basano su un calcolo mediano dell’ISTAT, dove rimane molto importante il flusso di migranti, stimato in 230.000 persone fino al 2030 e in 170.000 fino al 2050.

Da considerare anche il rovescio della medaglia: secondo lo scenario negativo, la popolazione italiana potrebbe scendere anche più già dei 54 milioni stimati. In questo caso, la differenza tra popolazione in età da lavoro e popolazione in pensione sarebbe abissale.

Lo squilibrio generazionale è tra le cause dell’età di pensionamento in salita

Un altro fattore da considerare è lo squilibrio generazionale tra la popolazione anziana e quella in età da lavoro, come abbiamo anticipato.

Le prospettive future parlano di un chiaro squilibrio tra la nuova e la vecchia generazione, che sarà sempre più marcato. La sproporzione potrebbe essere anche di due terzi della popolazione in pensione contro un terzo in età da lavoro.

Il futuro non è roseo neppure per le famiglie, in quanto sono previsti nuclei sempre più piccoli e frammentati. Il numero medio a famiglia scenderà dalle attuali 2,25 persone per famiglia a 2,18 nel 2031.

D’altra parte, il numero dei nuclei familiari è in aumento, passando da 26,1 milioni nel 2024 a 26,6 milioni nel 2031.

Pensione internazionale: cosa significa e come fare domanda

Pensione internazionale: l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale mette a disposizione all’interno del proprio sito web ufficiale un apposito servizio online mediante il quale consente ai soggetti interessati di presentare la domanda di pensione in regime di convenzione bilaterale.

Possono beneficiare dell’erogazione della suddetta prestazione previdenziale da parte dell’INPS, nello specifico, tutti quei lavoratori che hanno operato all’interno di Stati che si trovano al di fuori dell’Unione Europea (UE), a patto che l’Italia abbia stipulato con questi ultimi un’apposita Convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che concerne la domanda di pensione internazionale ed, in particolare, che cos’è e come funziona il trattamento previdenziale in regime di convenzione bilaterale, a chi spetta e quali sono i soggetti che possono beneficiare della prestazione in oggetto, nonché come fare domanda all’INPS.

Pensione internazionale: che cos’è e come funziona il trattamento previdenziale in regime di convenzione bilaterale che viene erogato dall’INPS?

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’INPS mette a disposizione una prestazione economica che viene versata previa presentazione di un’apposita domanda da parte dei soggetti interessati e che ha lo scopo di far accedere al trattamento previdenziale in questione tutti quei lavoratori che hanno svolto la propria attività presso degli Stati extra UE.

Tale prestazione previdenziale, in particolare, viene concessa esclusivamente nel caso in cui i sopra citati Stati che si trovano al di fuori dell’Unione Europea (UE) abbiano firmato una Convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale con lo Stato italiano.

A tal proposito, infatti, in seguito all’accertamento del diritto di beneficiare della pensione internazionale, l’INPS procederà con il calcolo del trattamento previdenziale tenendo conto sia dei contributi che sono stati versati in Italia e sia di quelli che sono stati versati all’interno di un Paese estero.

Per quanto riguarda il funzionamento della pensione internazionale, in particolare, la necessità di individuare in maniera corretta la legislazione di sicurezza sociale e fiscale che può essere applicata a tutti coloro che lavorano in uno Stato estero ha portato l’Italia ha stipulare delle apposite Convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale con alcuni degli Stati extra UE presso i quali i lavoratori interessati operano.

Pertanto, con tali accordi che vengono firmati tra lo Stato italiano e i Paesi che si trovano al di fuori dell’Unione Europea, i lavoratori interessati hanno la possibilità di presentare la propria domanda al fine di ricevere la pensione in Italia utilizzando anche quei contributi che sono stati versati in precedenza all’interno dello Stato estero in questione, in modo da perfezionare i requisiti che sono necessari per beneficiare della pensione internazionale.

Nello specifico, l’importo della pensione in regime di convenzione bilaterale viene calcolato tenendo conto dei contributi che sono stati versati in Italia, secondo il calcolo del pro-rata.

Pensione internazionale: a chi spetta?

La domanda di pensione in regime di convenzione bilaterale può essere presentata da parte dei lavoratori che hanno operato presso i seguenti Stati extra UE:

  • Argentina;
  • Australia;
  • Brasile;
  • Canada e Québec;
  • Israele;
  • Isole del Canale e Isola di Man;
  • Paesi dell’ex-Jugoslavia:
    • Repubblica di Bosnia ed Erzegovina;
    • Repubblica del Kosovo;
    • Repubblica di Macedonia;
    • Repubblica di Montenegro;
    • Repubblica di Serbia;
    • Vojvodina (Regione autonoma);
  • Principato di Monaco;
  • Repubblica di Capo Verde;
  • Repubblica di San Marino;
  • Santa Sede;
  • Stati Uniti;
  • Tunisia;
  • Turchia;
  • Uruguay;
  • Venezuela.

Come fare domanda all’INPS?

La domanda per beneficiare della pensione internazionale può essere presentata tramite l’utilizzo dell’apposito servizio che viene messo a disposizione dall’INPS, previa autenticazione mediante le seguenti credenziali digitali:

Cessione del quinto della pensione INPS: i tassi aggiornati del quarto trimestre 2024

Cessione del quinto della pensione INPS: con la pubblicazione del messaggio n. 3298 del 4 ottobre 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quelli che sono i nuovi tassi aggiornati per ciò che concerne il quarto trimestre 2024.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, fa riferimento alle disposizioni che sono contenute all’interno del decreto n. 87826 del 25 settembre 2024, che è stato pubblicato dal Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Cessione del quinto della pensione INPS: ecco i nuovi tassi aggiornati comunicati dall’Istituto relativi al quarto trimestre 2024

Attraverso la pubblicazione del decreto che abbiamo citato durante il corso del precedente paragrafo, il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha comunicato quelli che sono i Tassi Effettivi Medi Globali (TEGM) che vengono praticati da parte delle banche e da parte degli altri intermediari finanziari.

Questi tassi, nello specifico, si riferiscono al periodo compreso tra il 1° ottobre 2024 e il 31 dicembre 2024, ovvero il quarto trimestre dell’anno in corso, e sono determinati dando attuazione alle disposizioni che sono attualmente vigenti in materia di usura, pubblicate all’interno dell’art. 2, comma 1, della legge n. 108 del 7 marzo 1996, così come modificato dal decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011.

A tal proposito, dunque, ecco qui di seguito quali sono i nuovi tassi aggiornati relativi al quarto trimestre 2024 (1° ottobre 2024 – 31 dicembre 2024) per quanto riguarda i prestiti con cessione del quinto della pensione e dello stipendio:

  • fino a 15.000 euro, il tasso medio è pari al 13,41% e il tasso soglia usura è pari al 20,7625%;
  • oltre i 15.000 euro, il tasso medio è pari al 9,59% e il tasso soglia usura è pari al 15,9875%.

In particolare, ecco quali sono i tassi massimi che le banche e gli altri intermediari finanziari hanno la possibilità di applicare cosicché non vengano considerati come usurari:

  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età pari o inferiore a 59 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 9,75%, per ciò che concerne i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 7,82%, per ciò che concerne i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 60 e i 64 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 10,55%, per ciò che concerne i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • l’8,62%, per ciò che concerne i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 65 e i 69 anni, il tasso soglia è pari a:
    • l’11,35%, per ciò che concerne i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 9,42%, per ciò che concerne i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 70 e i 74 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 12,05%, per ciò che concerne i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 10,12%, per ciò che concerne i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età compresa tra i 75 e i 79 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 12,85%, per ciò che concerne i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • l’10,92%, per ciò che concerne i prestiti di importo superiore a 15.000 euro;
  • per i prestiti con cessione del quinto che vengono effettuati da parte di pensionati di età superiore a 79 anni, il tasso soglia è pari a:
    • il 20,7625%, per ciò che concerne i prestiti di importo pari o inferiore a 15.000 euro;
    • il 15,9875%, per ciò che concerne i prestiti di importo superiore a 15.000 euro.

Premi per chi resta al lavoro pur avendo i requisiti per andare in pensione: ecco quali sono le ipotesi del Governo

Il Governo sta pensando all’introduzione di premi e bonus per chi resta al lavoro pur avendo i requisiti utili per andare in pensione.

Con tutta probabilità, nel 2025 non assisteremo a una riforma delle pensioni, quanto più a una riconferma delle misure già in vigore, a partire da Quota 103 e degli altri sistemi di anticipo pensionistico.

Tuttavia, seppur si sperava in misure più favorevoli per lasciare il mondo del lavoro, bisogna fare i conti con una realtà ben diversa. Si sta pensando bene di allungare l’età lavorativa, per ora su base volontaria, proprio attraverso l’offerta di incentivi.

Il Governo punta ad allungare l’età per lasciare il lavoro

Nel 2025, cambierà poco o nulla sulle pensioni. Si tratta, per il momento, di quanto è trapelato dalle ultime intenzioni del Governo. Molte misure potrebbero essere prorogate: parliamo di Quota 103, Opzione donna e, probabilmente, anche l’Ape Sociale.

La cornice dei conti pubblici sembrerebbe essere molto stretta per i prossimi anni e l’intenzione del Governo è quella di allungare l’età per lasciare il lavoro.

Non si porrebbe come un obbligo o un nuovo tetto che andrebbe a sostituire il requisito dei 67 anni d’età, piuttosto come una decisione da lasciare prendere autonomamente ai lavoratori.

Durante le scorse settimane, ha fatto anche discutere la possibilità che avranno i lavoratori pubblici nel lasciare il lavoro a 70 anni.

Il Governo, quindi, punta a incentivare il più possibile i lavoratori a restare al lavoro, pur avendo già maturato i requisiti necessari per andare in pensione.

Come si legge nel documento di Bilancio, l’allungamento della vita lavorativa è una necessità. Soprattutto nel caso del pubblico impiego, la previsione è quella di superare l’obbligatorietà di ingresso in quiescenza.

L’imperativo resta solo uno: far quadrare i conti. La spesa pensionistica è in crescita, il calo delle nascite ha causato la perdita di 1,8 milioni di lavoratori in 10 anni. Una situazione complessa e fragile perché con meno forza lavoro c’è il serio rischio di non riuscire a pagare gli assegni a chi è già in pensione.

Premi e incentivi per chi resta al lavoro

L’ipotesi è quella di incentivare i lavoratori a lasciare il lavoro dopo il compimento dei 67 anni d’età. Quindi, si prevede un premio o un bonus a tutti coloro che, pur avendo maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia, decidono di continuare a lavorare qualche anno in più.

Si tratta di una decisione che i lavoratori dovranno prendere su base volontaria, seppur con qualche incentivo.

Ricordiamo che è stata presentata una proposta molto simile per i lavoratori pubblici, qualche settimana fa. L’obiettivo era quello di trattenere gli statali in servizio e farli andare in pensione a 70 anni dal 2025. Anche in questo caso, si parlava di una scelta su base volontaria.

Ancora non sappiamo quali saranno, effettivamente, questi premi. Inoltre, almeno per ora, si tratta solo di ipotesi.

Uscita anticipata dal lavoro: verso una conferma delle pensioni anticipate

Più che una riforma vera e propria del sistema pensionistico, nel 2025 possiamo aspettarci una riconferma di alcune misure attualmente in vigore che permettono l’uscita anticipata dal lavoro: Quota 103 e Opzione donna. Il Governo, d’altra parte, non ha ancora scoperto tutte le carte in tavola e di certo c’è ben poco.

Tuttavia, salvo colpi di scena finali, per il 2025 dovrebbe essere confermata Quota 103. Nel 2024, la misura ha subito una stretta, a causa del ricalcolo contributivo dell’assegno e il tetto pari a 4 volte il trattamento minimo INPS fino a 67 anni.

Dovrebbe procedere alla riconferma, senza troppi intoppi, anche Opzione donna. Già nel 2024, la formula ha subito una stretta importante, con l’aumento del requisito anagrafico a 61 anni.

Aumento pensione a ottobre 2024: sei tra i fortunati? Ecco quanto prenderai

Nel mese di ottobre 2024 è atteso un aumento della pensione per alcuni fortunati. L’incremento è dovuto a diverse combinazioni di misure fiscali e grazie alla rivalutazione annuale collegata all’inflazione.

L’aumento del cedolino pensione, però, sarà differenziato in base al reddito dei beneficiari e avrà un impatto maggiore sui pensionati con assegni bassi.

Chi avrà l’aumento a ottobre?

A chi tocca l’aumento della pensione a ottobre 2024

Buone notizie per i pensionati. A ottobre 2024, è previsto l’aumento delle pensioni, ma non per tutti. Gli aumenti riguarderanno diverse categorie di pensionati e, in modo particolare, chi riceve assegni minimi. Il loro importo, come vedremo, aumenta di 16 euro, passando da 598,77 euro a 614,77 euro. Non parliamo certo di un aumento significativo, anzi, minimo, ma rappresenta comunque un leggero miglioramento per chi trova nella fascia di reddito più bassa.

Bisogna comunque considerare che l’aumento delle pensioni minime continua nel mese di dicembre 2024 e anche nel mese di gennaio 2025.

L’aumento non è uguale per tutti i pensionati e varia in base agli scaglioni di reddito. Di seguito, un elenco completo riepilogativo degli aumenti:

  • Pensioni fino a 4 volte il minimo INPS: aumento del 5,4% su un importo lordo fino a 2.272,76 euro;
  • Pensioni da 4 a 5 volte il minimo INPS: aumento del 4,59% su un importo fino a 2.839,70 euro;
  • Pensioni da 5 a 6 volte il minimo INPS: aumento del 2,862% su un importo fino a 3.407,64 euro;
  • Pensioni da 6 a 8 volte il minimo INPS: aumento del 2,538% su un importo fino a 4.543,52 euro;
  • Pensioni da 8 a 10 volte il minimo INPS: aumento del 1,998% su un importo fino a 5.679,40 euro;
  • Pensioni oltre 10 volte il minimo INPS: aumento dell’1,728% per importi oltre 5.679,40 euro.

Dalle percentuali possiamo capire come gli aumenti maggiori siano destinati a chi percepisce pensioni più basse, mentre per le fasce più alte l’incremento sarà un po’ meno rilevante.

Conguagli cedolino pensione ottobre 2024

Come ogni mese, i pensionati possono visualizzare il cedolino pensione dalla propria area personale, sul sito dell’INPS. In questo modo, è possibile verificare l’importo, tutte le varie voci e anche le ragioni per cui questo può variare.

Le trattenute fiscali sulla pensione di ottobre includeranno la quota IRPEF mensile e anche le addizionali regionali e comunali relative al 2023.

Le somme conguagliate saranno certificate nella CU 2024. Per quanto riguarda i pensionati che hanno scelto l’INPS come sostituto d’imposta, saranno effettuate operazioni di abbinamento delle risultanze contabili per il modello 730.

Quando ritirare la pensione?

L’accredito delle pensioni di ottobre 2024 è previsto per martedì, 1° gennaio 2024. Come al solito, chi decide di riscuotere la pensione presso gli sportelli delle Poste italiane, deve seguire il calendario per cognome comunicato ogni mese.

Il calendario del pagamento della pensione di ottobre 2024 è il seguente:

  • 1° ottobre: cognomi dalla lettera A alla B;
  • 2 ottobre: cognomi dalla lettera C alla D;
  • 3 ottobre: cognomi dalla lettera E alla K;
  • 4 ottobre: cognomi dalla lettera L alla O;
  • 5 ottobre (mattina): cognomi dalla lettera P alla R;
  • 7 ottobre: cognomi dalla lettera S alla Z.

Ci sarà l’aumento della pensione nel 2025?

Quello delle pensioni è un tema caro al Governo, seppur messo in secondo piano. D’altra parte, l’aumento delle pensioni di ottobre 2024 è solo una parte delle iniziative per migliorare il sistema previdenziale.

Da considerare che c’è anche una notizia negativa: l’ipotesi del blocco della rivalutazione per le pensioni che superano 4 volte il minimo. Una misura che, probabilmente, potrebbe essere inclusa nella stessa Legge di Bilancio 2025. Ma tutto è ancora da vedere.

Prestazioni di esodo: altri chiarimenti INPS su come presentare la domanda di ricostituzione

Prestazioni di esodo: con la pubblicazione del messaggio n. 3078 del 19 settembre 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito degli ulteriori chiarimenti per ciò che concerne le ricostituzioni delle prestazioni di esodo e degli assegni straordinari dei Fondi di solidarietà.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 4, commi da 1 a 7, della legge n. 92 del 28 giugno 2012, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 136 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 153 del 3 luglio 2012;
  • l’art. 26 e l’art. 41, comma 5 bis, del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 221 del 23 settembre 2015.

L’atto in questione, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso attraverso la pubblicazione all’interno del proprio sito web ufficiale del messaggio INPS n. 2099 del 18 maggio 2022.

Prestazioni di esodo: l’INPS fornisce altre istruzioni operative in merito alla presentazione della domanda di ricostituzione

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato comunicato dal sopra citato messaggio n. 2099 del 18 maggio 2022, l’INPS ha fornito delle istruzioni operative per quanto riguarda le situazioni nelle quali in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro vengono corrisposte delle retribuzioni che si riferiscono al periodo di lavoro che precede la cessazione stessa e che non vengono prese in considerazione al momento della liquidazione in via definitiva della prestazione di accompagnamento a pensione.

Oltre a tali indicazioni, poi, l’Istituto ha fornito delle istruzioni operative anche in merito alle circostanze in cui sia presente nell’estratto conto contributivo la contribuzione accreditata, la quale non risultava al momento della liquidazione definitiva della prestazione di esodo.

Tramite la pubblicazione del messaggio in oggetto, dunque, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha ritenuto opportuno fornire degli ulteriori chiarimenti per ciò che concerne la possibilità di ricostituire le prestazioni di esodo in questione, nel caso in cui sia presente della contribuzione accreditata in seguito alla presentazione dell’apposita domanda in una data successiva rispetto all’accesso in esodo.

In particolare, dal momento che la domanda relativa alle prestazioni di esodo deve essere presentata necessariamente dal datore di lavoro interessato, il quale ha anche il compito di effettuare il pagamento delle medesime, allora l’Istituto specifica che la rispettiva ricostituzione non potrà essere effettuata né d’ufficio e né attraverso la presentazione di un’apposita istanza da parte del lavoratore esodato.

Pertanto, la domanda di ricostituzione delle prestazioni di esodo deve essere trasmessa esclusivamente da parte del datore di lavoro esodante, previo accordo con il lavoratore interessato.

Infine, l’INPS chiarisce che la ricostituzione delle prestazioni di esodo può essere richiesta dai soggetti sopra richiamati nelle due seguenti circostanze:

  • qualora in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro vengano erogate delle retribuzioni che si riferiscono al periodo di lavoro che precede la cessazione medesima, le quali non venivano però considerate nel momento in cui è stata effettuata la liquidazione definitiva della prestazione di esodo;
  • qualora nell’estratto conto contributivo risultino dei contributi versati che però non erano indicati nel momento in cui è stata effettuata la liquidazione definitiva della prestazione di esodo.

Cumulo pensione con redditi da lavoro autonomo: chiarimenti INPS su soggetti obbligati e come presentare modello RED 2024

Cumulo pensione con redditi da lavoro autonomo: con la pubblicazione del messaggio n. 3077 del 19 settembre 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito dei chiarimenti per ciò che concerne quelli che sono i pensionati che sono obbligati ad effettuare le comunicazioni dei redditi da lavoro autonomo che questi ultimi hanno conseguito durante il corso dell’anno 2023, attraverso l’utilizzo del c.d. modello RED 2024.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • il decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 29 dicembre 1973, recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 120 del 9 maggio 1974;
  • la legge n. 177 del 29 aprile 1976, recante “Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 120 del 7 maggio 1976;
  • la legge n. 222 del 20 maggio 1985, recante “Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 129 del 3 giugno 1985;
  • la legge n. 274 dell’8 agosto 1991, recante “Acceleramento delle procedure di liquidazione delle pensioni e delle ricongiunzioni, modifiche ed integrazioni degli ordinamenti delle Casse pensioni degli istituti di previdenza, riordinamento strutturale e funzionale della Direzione generale degli istituti stessi”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 52 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 199 del 26 agosto 1991;
  • il decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992, recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 137 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 305 del 30 dicembre 1992;
  • la legge n. 335 dell’8 agosto 1995, recante “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 101 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 190 del 16 agosto 1995;
  • la legge n. 662 del 23 dicembre 1996, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 233 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 28 dicembre 1996;
  • il decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (c.d. Testo unico degli Enti locali – TUEL), il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 162 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 227 del 28 settembre 2000;
  • la legge n. 343 del 21 novembre 2000, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 settembre 2000, n. 265, recante misure urgenti per il settore dell’autotrasporto e della pesca”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 276 del 25 novembre 2000;
  • la legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (c.d. Legge di Bilancio 2001), la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 219 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 302 del 29 dicembre 2000;
  • il decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 152 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 147 del 25 giugno 2008, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008;
  • il decreto legislativo n. 36 del 28 febbraio 2021, e successive modificazioni.

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche ai seguenti atti che sono stati pubblicati in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso:

  • la circolare n. 58 del 10 marzo 1998;
  • la circolare n. 22 dell’8 febbraio 1999;
  • il messaggio n. 4233 del 23 luglio 1999;
  • la circolare n. 20 del 26 gennaio 2001;
  • il messaggio n. 340 del 26 settembre 2003;
  • la circolare n. 197 del 23 dicembre 2003;
  • la circolare n. 108 del 9 dicembre 2008;
  • la circolare n. 92 del 28 luglio 2022;
  • la circolare n. 88 del 31 ottobre 2023.

Cumulo pensione con redditi da lavoro autonomo: ecco quali sono i pensionati che hanno l’obbligo di presentare il modello RED 2024

Entro il 31 ottobre 2024 i pensionati hanno l’obbligo di comunicare i redditi da lavoro autonomo che hanno conseguito nell’anno 2023, a patto che non si trovino in una delle seguenti condizioni:

  • i titolari di pensione e assegno di invalidità avente decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1994;
  • i titolari di pensione di vecchiaia;
  • i titolari di pensione di vecchiaia liquidata nel sistema contributivo;
  • i titolari di pensione di anzianità e di trattamento di prepensionamento a carico dell’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) e delle forme sostitutive ed esclusive della stessa;
  • i titolari di pensione o assegno di invalidità a carico dell’AGO dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della stessa, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi con un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni.

Come presentare il modello RED 2024?

Il modello RED 2024 consente di dichiarare i redditi di lavoro autonomo conseguiti nel 2023, al netto dei contributi dovuti e al lordo delle ritenute erariali.

Tale comunicazione può essere effettuata mediante l’apposito servizio online presente sul sito web dell’INPS, previa autenticazione attraverso le seguenti credenziali digitali:

  • SPID;
  • CIE;
  • CNS;
  • eIDAS.

Quanto guadagna chi va in pensione dopo i 67 anni? I vantaggi

Il Governo sta valutando di trattenere i lavoratori statali al lavoro fino a 70 anni, su base assolutamente volontaria, ma la domanda da porsi è la seguente: quanto guadagna chi va in pensione dopo i 67 anni?

Attualmente, per legge, il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia è fissato a 67 anni; un limite che il Governo vorrebbe porre come derogabile.

Non dobbiamo allarmarci e pensare a un peggioramento delle regole per l’accesso alla pensione (almeno per ora), ma dobbiamo capire quanto davvero sia conveniente restare altri tre anni al lavoro.

I vantaggi di andare in pensione a 70 anni

Recentemente, è spuntata una nuova ipotesi sulle pensioni, con l’obiettivo di trattenere gli statali fino a 70 anni dal 2025. Si tratta di una scelta su base volontaria, con l’obiettivo di permettere alla Pubblica Amministrazione di disporre per più anni di lavoratori specializzati per far funzionare al meglio i settori di riferimento.

Il 2024, c’è stato un vero boom di concorsi pubblici, ma resta la difficoltà di reperire lavoratori altamente specializzati.

Se la possibilità di trattenere al lavoro per più anni i lavoratori avvantaggia le PA, qual è il vantaggio per i dipendenti? In genere, la pensione non riesce più a raggiungere l’importo percepito dell’ultimo stipendio. Ritardare la pensione potrebbe essere una soluzione per assicurarsi un cedolino più alto.

Perché lavorare più anni assicurerebbe ai lavoratori un cedolino pensione più alto?

  • Si continuano a versare i contributi: così facendo si accresce il montante contributivo;
  • Il coefficiente che viene utilizzato per trasformare il montante contributivo in pensione diventa più vantaggioso.

Per chi va in pensione a 67 anni, viene applicato un coefficiente di trasformazione pari al 5,723%, mentre per chi ci va a 70 anni si applica un coefficiente del 6,395%.

Quello del coefficiente è un meccanismo che è stato introdotto con lo scopo di incentivare i lavoratori a lasciare il posto di lavoro più tardi rispetto alla soglia fissata dalla legge.

Quanto guadagna di più chi va in pensione dopo i 67 anni

I lavoratori che vanno in pensione oltre i 67 anni d’età beneficiano di un importo pensionistico maggiore. Infatti, il vantaggio di lavorare qualche anno in più garantisce un importo leggermente superiore, per via delle due ragioni elencate poc’anzi.

C’è da dire che con l’introduzione del sistema contributivo il calcolo della pensione beneficia anche del rinvio stesso del pensionamento. In sostanza l’equazione è molto semplice: più lavori più percepirai di pensione.

Il calcolo dipende da due fattori:

  • L’età in cui effettivamente si va in pensione;
  • Lo stipendio percepito.

Il primo dei due fattori è molto importante per capire quanti anni ancora si versano i contributi e quale sarà il coefficiente contributivo applicato. Il secondo, invece, è un fattore determinante per capire l’ammontare dei contributi dovuti all’INPS.

Facciamo qualche esempio per capire l’aumento annuo della pensione per chi lascia il lavoro a 70 anni. Se prendiamo un lavoratore con un guadagno annuo pari a 25.000 euro, ci troveremo a un aumento annuo della pensione pari a 1.583,91 euro. Spingiamoci oltre, prendendo come riferimento un lavoratore con un guadagno annuo pari a 50.000 euro. L’aumento annuo della pensione sarà pari a 3.172,39 euro.

Perché si vuole trattenere gli statali al lavoro oltre i 67 anni

La scelta di restare al lavoro fino a 70 anni, come abbiamo detto, sarà su base volontaria.

Il periodo extra servirebbe per svolgere attività di tutoraggio e per affiancare i neo assunti. Il personale più esperto, infatti, avrebbe il compito di operare un passaggio di competenze per garantire il più alto standard di efficienza. D’altra parte, si andrebbe a garantire anche una minore spesa previdenziale.

Fondo Credito: chiarimenti INPS su come aderire in prossimità del pensionamento

Fondo Credito: con la pubblicazione del messaggio n. 3028 del 13 settembre 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito dei chiarimenti per ciò che concerne le modalità di presentazione delle domande ai fini dell’adesione al c.d. Fondo Credito da parte dei lavoratori dipendenti che sono già iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e che si trovano in prossimità della cessazione della propria attività lavorativa in seguito all’accoglimento delle istanze relative all’accesso all’APE Sociale o alle procedure di esodo/espansione.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Credito Welfare e Strutture Sociali, dalla Direzione Centrale Pensioni, e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 4 della legge n. 92 del 28 giugno 2012, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 136 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 153 del 3 luglio 2012;
  • l’art. 41 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 221 del 23 settembre 2015;
  • l’art. 1, commi da 166 a 186, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 57 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 297 del 21 dicembre 2016.

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso attraverso la pubblicazione all’interno del proprio sito web ufficiale della circolare INPS n. 20 del 3 febbraio 2022.

Fondo Credito: l’INPS fornisce i chiarimenti per l’adesione da parte dei lavoratori dipendenti in prossimità all’accesso all’APE Sociale e alle procedure di esodo/espansione

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quello che viene previsto dalle normative sopra richiamate, l’INPS ha fornito dei chiarimenti ai lavoratori dipendenti iscritti in costanza di rapporto di lavoro alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali per quanto riguarda i termini e le modalità ai fini dell’adesione al Fondo Credito.

Tali chiarimenti, in particolare, sono rivolti ai dipendenti che sono prossimi alla cessazione del proprio rapporto di lavoro e ai quali è stata accetta la domanda per l’accesso alle seguenti prestazioni:

Le istanze ai fini dell’adesione al Fondo Credito, però, devono essere necessariamente presentate in una data che precede quella in cui viene accolta quella relativa all’accesso alle suddette prestazioni.

A tal proposito, pertanto, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale specifica che le domande di accesso al Fondo in oggetto vengono sottoposte ai dovuti controlli ai fini dell’applicazione della quota di adesione sulla rata di pensione.

Le istruzioni dell’INPS per la compilazione e l’invio delle denunce

Ai fini della corretta implementazione della posizione assicurativa, in modo da consentire la registrazione della cessazione dal servizio e l’interruzione dell’obbligo di versamento dei contributi alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, l’ultima denuncia relativa al lavoratore dipendente interessato deve obbligatoriamente contenere uno specifico codice di cessazione

In particolare, ecco quali sono i codici che devono essere utilizzati:

  • 54 “Cessazione per esodo art. 41, c. 5-bis, d.lgs. 148/2015”;
  • 47 “Cessazione per esodo legge n.92/2012”;
  • 53 “Cessazione D.I. n. 103594/2019”;
  • 60 “Cessazione APE sociale”.

Accertamento esistenza in vita INPS dei pensionati che riscuotono all’estero 2024 e 2025: seconda fase al via dal 20 settembre

Accertamento esistenza in vita INPS: con la pubblicazione del messaggio n. 3006 dell’11 settembre 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha dato il via alla seconda fase dell’accertamento per l’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero per ciò che concerne gli anni 2024 e 2025.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, fa riferimento alle disposizioni che erano state fornite in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso con la pubblicazione del recente messaggio n. 4071 del 16 novembre 2023.

Accertamento esistenza in vita INPS dei pensionati che riscuotono all’estero per gli anni 2024 e 2025: tempistiche e soggetti coinvolti

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato comunicato dal sopra citato messaggio n. 4071 del 16 novembre 2023, l’INPS ha fornito quelle che sono le modalità di conduzione e la tempistica in merito alla verifica dell’esistenza in vita per quanto riguarda gli anni 2024 e 2025.

A tal proposito, con il precedente messaggio l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per quanto riguarda l’avvio della prima fase dell’accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero e che hanno la propria residenza in:

  • America;
  • Asia;
  • Estremo Oriente;
  • Paesi scandinavi;
  • Est Europa e Paesi limitrofi.

Se ti interessa avere maggiori informazioni per ciò che concerne il messaggio dell’Istituto sopra richiamato, allora ti consiglio di andarti a riprendere un nostro recente articolo di approfondimento in materia, che abbiamo pubblicato sempre qui sul sito di Tag24.

Dopodiché, con il messaggio in oggetto l’INPS ha fornito le istruzioni per ciò che concerne la seconda fase dell’accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero per gli anni 2024 e 2025, la quale sarà avviata a partire dal mese di settembre dell’anno in corso da parte di Citibank N.A., relativamente ai pensionati che sono residenti in:

  • Europa (ad esclusione dei Paesi che erano già interessati dalla prima fase di accertamento);
  • Africa;
  • Oceania.

Nello specifico, i pensionati all’estero interessati dovranno presentare le attestazioni di esistenza in vita a partire dal 20 settembre 2024 ed entro il termine ultimo del 18 gennaio 2025.

Il pagamento della rata di febbraio 2025 sarà effettuato in contanti presso gli sportelli Western Union del Paese di residenza, qualora l’attestazione non sia prodotta entro la scadenza fissata.

In caso di mancata riscossione personale oppure nel caso in cui l’attestazione non sia prodotta entro il 19 febbraio 2025, invece, il pagamento sarà sospeso a partire dalla rata di marzo 2025.

La seconda fase di accertamento dell’esistenza in vita viene svolta da parte dell’INPS con lo scopo di ridurre il rischio di effettuare dei pagamenti delle pensioni anche dopo la morte del soggetto beneficiario, nonché di dover effettuare delle eventuali azioni di recupero delle somme versate in maniera indebita.

Infine, l’Istituto specifica che i singoli Stati che sono coinvolti dalla verifica generalizzata dell’esistenza in vita sono disponibili ed elencati all’interno dell’Allegato n. 1 al messaggio in questione.

Soggetti esclusi dalla seconda fase del processo di verifica

L’INPS ha comunicato anche quelli che sono i criteri di esclusione dall’accertamento generalizzato dell’esistenza in vita per ciò che concerne i gruppi di pensionati che si trovano all’estero.

In particolare, stiamo parlando di:

  • i pensionati per i quali i rispettivi dati anagrafici e dati di decesso vengono scambiati con cadenza mensile tra l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e le Istituzioni previdenziali tedesche e svizzere;
  • i pensionati per i quali i rispettivi dati anagrafici e dati di decesso vengono scambiati con cadenza mensile tra l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e la Caisse Nationale d’Assurance Vieillesse (CNAV) francese;
  • i pensionati che hanno la propria residenza in Belgio e che sono beneficiari di trattamenti pensionistici comuni con il Service fédéral des Pensions (SFP);
  • i pensionati che hanno riscosso in maniera personale presso gli sportelli Western Union almeno una rata di pensione in una data che risulta vicina all’avvio del processo di verifica, dal momento che la riscossione personale effettuata nel suddetto modo viene considerata come prova sufficiente dell’esistenza in vita perché gli sportelli Western Union richiedono necessariamente di fornire un proprio documenti di identità in corso di validità;
  • i pensionati per i quali i pagamenti sono stati già sospesi da Citibank N.A. in seguito al mancato completamento dei precedenti processi di verifica.

Pensione a 70 anni dal 2025: chi sono i lavoratori “sfortunati”

Allo studio la pensione a 70 anni dal 2025 in quella che dovrebbe essere l’ossatura della riforma del sistema pensionistico italiano.

Nella bozza emerge un articolo che prevede un innalzamento dell’età (non obbligatorio) per lasciare il lavoro per alcune categorie di lavoratori, con l’obiettivo di affiancare i nuovi assunti. Insomma, i lavoratori interessati si troveranno a fare delle scelte.

Se i cittadini speravano in un abbassamento dell’età pensionabile, dal 2025 potrebbe arrivare la doccia fredda per alcuni lavoratori. Infatti, la proposta potrebbe essere inserita nella prossima manovra finanziaria.

Chi sono i lavoratori sfortunati? Nel testo, le novità.

In pensione a 70 anni nel 2025

Al lavoro sulla prossima Legge di bilancio per il 2025, tra i tanti tempi, c’è anche quello delle pensioni che, inizialmente, si pensava trascurato. Si prospettano novità all’orizzonte per i lavoratori dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Si sta ipotizzando di introdurre una norma che dia la possibilità alle Pubbliche Amministrazioni di trattenere in servizio i lavoratori fino a 70 anni: ben oltre l’età pensionabile che, attualmente, è fissata a 67 anni.

Gli statali, però, non dovrebbero preoccuparsi troppo, in quanto si tratta di una possibilità di scelta concessa ai lavoratori.

Il periodo extra servirebbe per svolgere attività di tutoraggio e affiancamento oppure per esigenze funzionali. Non determinerebbe oneri maggiori, tuttalpiù dovrebbe risultare vantaggioso.

Si parla, addirittura, di un doppio vantaggio. Infatti, restando altri tre anni in servizio, gli statali dovrebbero affiancare il personale neoassunto e trasmettere loro competenze che garantiscano uno standard maggiore di efficienza. Inoltre, trattenendo i lavoratori più anni in servizio, si andrebbe a risparmiare sulla spesa previdenziale.

Conviene lavorare fino a 70 anni? Per il momento, non ci sono notizie su quali dovrebbero essere gli incentivi previsti per trattenere i lavoratori in servizio. Se vogliamo fare un discorso più generale, ritardare l’accesso alla pensione comporta qualche vantaggio. Solitamente, con il collocamento in quiescenza c’è una riduzione del reddito percepito. Inoltre, continuando a lavorare incrementa anche il valore del montante contributivo.

Quali lavoratori andranno in pensione a 70 anni

Se per una più che buona fetta dei lavoratori, l’età ideale per andare in pensione sarebbe di 60 anni, all’orizzonte non si scorge proprio un possibile abbassamento dell’età per lasciare il lavoro. Molti lavoratori possono ancora approfittare delle pensioni anticipate che gli permettono di andare in pensione prima dei 62 anni d’età.

Altri lavoratori, a quanto pare, saranno chiamati a fare delle scelte: restare a lavoro più a lungo oppure andare in pensione a 67 anni.

Infatti, si tratta, almeno per ora, di una scelta personale: si potrà andare in pensione una volta raggiunti i requisiti vigenti, mentre su base assolutamente volontaria si potrà decidere di continuare a lavorare fino a 70 anni. Parliamo di una possibilità che dovrà comunque essere concordata con la Pubblica Amministrazione di appartenenza, anche per quelle decentrate.

Da una parte, si punta a trattenere gli statali a lavoro fino a 70 anni e, dall’altra parte, sorge anche l’intenzione di assumere 350.000 giovani entro l’anno prossimo.

L’obiettivo è quello di svecchiare l’organico perché l’età media attuale è di 49 anni, ma, al contempo, si ragiona sul rinvio del pensionamento, trattenendo i lavoratori in servizio di altri 3 anni.

Per saperne di più, comunque, non ci rimane che attendere maggiori dettagli e capire come, effettivamente, il Governo ha intenzione di muoversi per la prossima Legge di Bilancio.

Il futuro delle pensioni minime

Altro tema importante è quello delle pensioni minime. In questo caso, si ha l’intenzione di innalzarle, seppur di molto poco. I 1000 euro sono ancora molto lontani, ma si potrebbero raggiungere comunque cifre importanti. L’ipotesi al momento circolante è quella di 620/630 euro.

Si tratta pur sempre di una cifra più che ragionevole e chissà se un giorno, più lontano che vicino, si arriverà davvero ai 1000 euro.

Chi può andare in pensione con sconto di 43 mesi sull’età?

Il sistema previdenziale italiano offre diverse soluzioni e opzioni, alcune poco altre discretamente convenienti: grazie a un particolare sistema, ci sono alcuni fortunati che possono beneficiare di uno sconto di 43 mesi sull’età.

Si tratta davvero di pochi fortunati appartenenti a determinate categorie che hanno la possibilità di andare in pensione un po’ prima.

Con il passare degli anni si sono succedute diverse regole di pensionamento. In questo modo, alcune persone di sono trovate improvvisamente escluse da un sistema che, fino a poco prima, gli avrebbe consentito di andare in pensione.

La pensione di cui andremo a parlare nel testo ha subito anch’essa qualche cambiamento: nel testo, vediamo chi può accedervi.

Chi sono i fortunati che possono andare in pensione con uno sconto di 43 mesi

Tra le diverse opzioni pensionistiche previste dal sistema previdenziale italiano, continua a suscitare un grande interesse l’Ape sociale. Al pari di altre formule, anch’essa ha subito qualche cambiamento, ma offre, l’opportunità di andare in pensione di anticipo di 43 mesi.

Si tratta di una possibilità molto circoscritta, alla quale possono accedere solo determinate categorie di persone.

L’Ape sociale è una formula introdotta sperimentalmente e, poi, confermato negli anni. Il suo obiettivo principale è quello di aiutare determinate categorie di lavoratori molto svantaggiati ad accedere alla pensione in anticipo.

I beneficiari sono i seguenti:

  • Disoccupati, solo dopo aver completato il periodo di fruizione della Naspi e senza trovare una nuova occupazione;
  • Caregiver, che da almeno sei mesi si occupano di un parente disabile convivente;
  • Invalidi civili, con una percentuale di invalidità riconosciuta pari o superiore al 74%;
  • Lavoratori con mansioni gravose, ovvero chi svolge attività considerate gravose e ha maturato almeno 36 anni di contributi, con almeno 6 degli ultimi 7 anni o 7 degli ultimi 10 impiegati in quelle attività.

Questa formula pensionistica offre il principale vantaggio di poter andare in pensione fino a 43 mesi prima, rispetto alla normale età fissata a 67 anni. Però, come si denota dall’elenco dei beneficiari, si tratta di una possibilità per pochi.

In pensione con l’Ape sociale

La pensione con l’Ape sociale permette di lasciare il lavoro a 63 anni e 5 mesi e con il versamento di almeno 30 anni di contributi. Non c’è, però, la possibilità di cumulo con altri redditi da lavoro.

Una volta raggiunta l’età per accedere alla pensione ordinaria, l’Ape sociale termina e viene automaticamente sostituita dalla pensione di vecchiaia.

L’importo massimo non può essere superiore a 1500 euro lordi al mese, a prescindere dal reddito effettivo che il lavoratore ha maturato.

Abbiamo anticipato che un po’ tutte le formule per andare in pensione, con il corso del tempo, hanno subito qualche cambiamento: l’Ape sociale non fa differenza.

Parlando direttamente dell’ultima modifica, nel 2024, è stata fortemente inasprita l’età minima richiesta per accedere al beneficio. Prima della modifica in questione, l’età era fissata a 63 anni, mentre adesso l’età richiesta, come abbiamo visto prima, è aumentata di ben 5 mesi.

A prima vista può sembrare una lieve modifica, ma che, in realtà, ha escluso chi, pur essendo vicino all’età pensionabile per accedervi, non riesce a raggiungere il requisito anagrafico entro la fine dell’anno.

Lo spettro di una riforma delle pensioni è nell’aria già da un po’ di tempo, ma mai effettivamente attuato. Cosa aspettarsi dal 2025? Il destino delle pensioni anticipate, almeno per ora, è incerto e quello dell’Ape sociale non è da meno.

La misura era nata in via sperimentale e, fino al 2024, è stata prorogata di anno in anno. Per ora non c’è nessuna conferma ufficiale, né di una sua possibile riconferma e neppure di una sua sospensione.

Domanda pensione di vecchiaia 2024: le novità per i lavoratori in regime contributivo

Domanda pensione di vecchiaia 2024: l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale mette a disposizione all’interno del proprio sito web ufficiale un apposito servizio online mediante il quale permette ai soggetti interessati di presentare la domanda di pensione di vecchiaia, la quale ha subito delle modifiche che sono state apportate per quanto riguarda l’anno in corso dalla Legge di Bilancio 2024.

Possono beneficiare dell’erogazione della suddetta prestazione previdenziale da parte dell’INPS tutti i lavoratori dipendenti e autonomi che sono iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), alla Gestione Separata e ai fondi pensione esclusivi e sostitutivi dell’AGO.

Senza perderci troppo in chiacchiere, dunque, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che concerne la domanda relativa alla pensione di vecchiaia per l’anno 2024 ed, in particolare, che cos’è e come funziona il trattamento previdenziale in oggetto, qual è la decorrenza della stessa, quali sono i soggetti che possono beneficiarne e quali sono i requisiti che questi ultimi devono possedere anche in seguito alle novità che sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2024, nonché come fare domanda all’INPS.

Domanda pensione di vecchiaia 2024: che cos’è e come funziona il trattamento previdenziale che viene erogato dall’INPS? Decorrenza

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’INPS mette a disposizione una prestazione economica che viene erogata previa presentazione di un’apposita domanda da parte dei soggetti interessati e che ha lo scopo di far accedere al trattamento pensionistico in questione tutti i lavoratori che risultano in possesso dei requisiti di tipo anagrafico e di tipo contributivo che sono previsti dalla legge.

Per ciò che concerne la decorrenza della pensione di vecchiaia, quest’ultima decorre da:

  • il giorno successivo a quello in cui avviene la cessazione del rapporto di lavoro per quanto riguarda i lavoratori dipendenti pubblici che sono iscritti alla forma esclusiva dell’AGO ed, in particolare, a:
    • la Cassa Trattamenti Pensionistici dei Dipendenti dello Stato (CTPS);
    • la Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali (CPDEL);
    • la Cassa Pensioni Sanitari (CPS);
    • la Cassa Pensioni Ufficiali Giudiziari (CPUG);
    • la Cassa Pensioni Insegnanti di asilo e scuole parificate (CPI);
  • il primo giorno del mese successivo a quello nel quale maturano tutti i requisiti che sono necessari per l’accesso al trattamento previdenziale in caso di pensione in cumulo dei periodi assicurativi;
  • il 1° settembre dell’anno in cui avviene il perfezionamento dei requisiti che sono previsti dalla legge per quanto riguarda il personale che opera nel comparto scuola;
  • il 1° novembre dell’anno in cui avviene il perfezionamento dei requisiti che sono previsti dalla legge per quanto riguarda il personale dell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM);
  • il primo giorno del mese successivo a quello nel quale maturano tutti i requisiti che sono necessari per l’accesso al trattamento previdenziale oppure, in caso di presentazione della domanda da parte dei soggetti interessati, il primo giorno del mese successivo a quello nel quale viene inviata la medesima, per quanto riguarda i seguenti soggetti:
    • i lavoratori dipendenti e autonomi che sono iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), ovvero il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) e le gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni);
    • i lavoratori che sono iscritti alla Gestione Separata.

Domanda pensione di vecchiaia 2024: quali sono i soggetti che possono presentarla? Requisiti

La pensione di vecchiaia spetta ai seguenti soggetti:

  • i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’AGO, ossia:
    • Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD);
    • gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • i lavoratori iscritti alla Gestione Separata;
  • i lavoratori iscritti alle forme assicurative esclusive e sostitutive dell’AGO.

Per quanto riguarda i requisiti, invece, sono validi gli stessi che vigevano in precedenza, ad eccezione dell’obbligo che l’importo della pensione risulti pari a quello relativo all’assegno sociale per coloro che si trovano in regime contributivo.

Come fare domanda all’INPS?

La domanda deve essere presentata attraverso una delle seguenti modalità:

  • il servizio online dell’INPS;
  • il Contact center;
  • gli enti di patronato e gli intermediari dell’Istituto.

Ricostituzione della pensione: a chi spetta? Come funziona e come richiederla all’INPS

Ricostituzione della pensione: l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale mette a disposizione all’interno del proprio sito web ufficiale un apposito servizio online tramite il quale permette ai soggetti interessati di presentare la domanda di ricostituzione della pensione, la quale prevede una rideterminazione dell’importo relativo al trattamento previdenziale per effetto di riconoscimento dei contributi che sono stati versati o che sono maturati in una data precedente rispetto a quella relativa alla decorrenza della pensione in questione.

Possono usufruire del ricalcolo della pensione spettante da parte dell’INPS tutti i pensionati, sia pubblici che privati.

Senza perderci troppo in chiacchiere, dunque, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che concerne la ricostituzione della pensione ed, in particolare, che cos’è e come funziona la rideterminazione dell’importo del trattamento previdenziale, a chi spettacome fare domanda all’INPS.

Ricostituzione della pensione: che cos’è la rideterminazione dell’importo del trattamento previdenziale?

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’INPS mette a disposizione dei soggetti che sono interessati un apposito servizio online con lo scopo di ricalcolare l’importo della pensione per effetto di riconoscimento di contribuzione versata o maturata in data precedente rispetto a quella di decorrenza del trattamento previdenziale stesso

Tale rideterminazione, in particolare, può essere effettuata sia d’ufficio che previa presentazione all’Istituto di un’apposita domanda da parte dei pensionati interessati e prevede il ricalcolo della pensione in base alla normativa vigente in materia al momento della decorrenza originaria.

Per quanto riguarda l’importo della ricostituzione della pensione, invece, la rideterminazione che viene effettuata da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale può apportare sia una variazione in aumento che una variazione in diminuzione.

Ricostituzione della pensione: come funziona?

Per ciò che concerne il funzionamento della ricostituzione della pensione, la variazione dell’importo di quest’ultima a seguito della rideterminazione che viene effettuata da parte dell’INPS opera dalla data di decorrenza originaria del trattamento previdenziale in oggetto, applicando i coefficienti di perequazione dall’origine.

A tal proposito, pertanto, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale effettua una verifica dell’esistenza di tutti i requisiti che sono necessari al fine di accedere alla ricostituzione della pensione, nonché il ricalcolo della medesima come se si trattasse di una nuova liquidazione.

La prescrizione subentra nei seguenti termini:

  • per quanto riguarda i ratei che sono stati maturati in una data successiva al 6 luglio 2011 questi ultimi si prescrivono in 5 anni;
  • per quanto riguarda i ratei che sono stati maturati in una data precedente al 6 luglio 2011 questi ultimi si prescrivono in 10 anni, i quali vengono ridotti a 5 anni nel caso in cui il periodo di prescrizione residuo sia superiore al medesimo;
  • per quanto riguarda le variazioni a debito della ricostituzione della pensione, infine, la prescrizione subentra in 10 anni, dal momento che sono valide le disposizioni legislative in materia di recupero degli indebiti pensionistici.

A chi spetta? Le istruzioni dell’INPS su come fare domanda

I pensionati pubblici e privati che sono interessati ad un ricalcolo del proprio trattamento previdenziale spettante devono presentare un’apposita domanda all’INPS attraverso l’utilizzo di una delle seguenti modalità:

  • il servizio online che viene messo a disposizione da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale all’interno del proprio sito web ufficiale, previa autenticazione all’area riservata mediante l’utilizzo delle seguenti credenziali digitali:
    • lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), almeno di livello 2;
    • la CIE (Carta di Identità Elettronica) 3.0;
    • la CNS (Carta Nazionale dei Servizi);
  • il Contact Center, chiamando il numero verde 803 164 (da rete fissa in maniera gratuita) oppure chiamando il numero 06 164 164 (da rete mobile a pagamento, in base al piano tariffario che viene offerto da parte del proprio gestore telefonico);
  • gli enti di patronato e gli altri intermediari dell’Istituto, tramite gli appositi servizi telematici che vengono offerti da parte di questi ultimi.

Posticipo del pensionamento, incentivo per i lavoratori dipendenti: come fare domanda all’INPS

Posticipo del pensionamento: l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale mette a disposizione all’interno del proprio sito web ufficiale un apposito servizio online tramite il quale consente ai soggetti interessati di presentare la domanda al fine di beneficiare dell’incentivo che viene riconosciuto nei confronti di alcune tipologie di lavoratori dipendenti.

Possono usufruire dell’erogazione dei suddetti incentivi da parte dell’INPS tutti i lavoratori dipendenti che decidono di continuare a svolgere la propria attività lavorativa anche se hanno maturato tutti i requisiti che sono necessari per accedere alla pensione anticipata flessibile.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che concerne l’incentivo al posticipo del pensionamento ed, in particolare, che cos’è e come funziona la misura in questione, quali sono la decorrenza e la durata del medesimo, quali sono i soggetti che possono beneficiarne e quali sono i requisiti che questi ultimi devono possedere, come fare domanda all’INPS.

Posticipo del pensionamento: che cos’è e come funziona l’incentivo che viene erogato dall’INPS? Decorrenza e durata

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’INPS mette a disposizione un incentivo con lo scopo, per l’appunto, di incentivare i lavoratori dipendenti che hanno maturato i requisiti necessari al fine di accedere alla pensione anticipata flessibile a continuare lo svolgimento della propria attività lavorativa, posticipando il proprio pensionamento.

Tale misura, nello specifico, è stata introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 e consiste nella possibilità da parte dei lavoratori dipendenti interessati di rinunciare all’accredito dei contributi a loro carico ed ottenere in cambio un importo che corrisponde ai medesimi direttamente all’interno della propria busta paga.

Questa quota corrispondente ai contributi dovuti è imponibile ai fini fiscali ma non ai fini contributivi.

A tal proposito, pertanto, il datore di lavoro non sarà più obbligato a versare la quota dei contributi a carico dei lavoratori dipendenti che hanno deciso di optare per il posticipo del pensionamento e, quindi, di beneficiare del relativo incentivo corrisposto da parte dell’INPS.

Al contrario, invece, dovrà essere comunque pagata all’Istituto stesso la quota dei contributi a carico del datore di lavoro.

Ad ogni modo, l’esenzione dall’obbligo di versamento della quota dei contributi a carico del lavoratore viene meno a partire dalla prima decorrenza utile della pensione anticipata flessibile, ma esclusivamente nel caso in cui la domanda di rinuncia sia stata presentata in una data che precede la maturazione dei requisiti per l’accesso al pensionamento.

Nel caso in cui, invece, la domanda relativa al posticipo del pensionamento sia stata presentata nella stessa data oppure in una data successiva alla prima decorrenza utile della pensione anticipata flessibile, l’esonero dall’obbligo di versamento dei contributi sopra richiamati decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui il lavoratore dipendente a carico abbia optato per beneficiare dell’incentivo in oggetto.

Incentivo al posticipo del pensionamento: a chi spetta? Requisiti

L’incentivo al posticipo del pensionamento viene riconosciuto ai lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, a patto che questi ultimi siano iscritti a:

  • l’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO);
  • le forme sostitutive ed esclusive della stessa.

Oltre alle clausole sopra citate, poi, i lavoratori richiedenti devono rispettare anche i seguenti requisiti entro il 31 dicembre 2023:

  • avere un’età anagrafica pari ad un minimo di 62 anni;
  • aver maturato un’anzianità contributiva di almeno 41 anni.

Come fare domanda all’INPS per beneficiare dell’incentivo?

La domanda per l’incentivo al posticipo del pensionamento deve essere presentata tramite l’utilizzo di una delle seguenti modalità:

  • il servizio online presente sul sito web dell’INPS, previa autenticazione mediante le proprie credenziali digitali SPID, CIE o CNS;
  • il Contact center, telefonando al numero verde 803 164 (gratis da rete fissa) oppure al numero 06 164 164 (a pagamento da rete mobile);
  • i patronati e gli intermediari dell’Istituto.

Riforma delle pensioni: quali misure saranno adottate nel 2025

Uno dei nodi principali della Manovra 2025 è la riforma delle pensioni, per cui ci sono molte incognite e poche certezze sulle misure che saranno adottate il prossimo anno.

Per le pensioni, come quasi sempre, la strada è tortuosa e piena di ostacoli. Non si tratta, come per altre misure (taglio del cuneo fiscale o riforma dell’Irpef) di una priorità del Governo. Infatti, le coperture non potrebbero bastare a coprire una revisione del sistema pensionistico.

Sorgono dubbi, allora, anche sulle pensioni anticipate attualmente in vigore: quali saranno adottate il 2025? A quali dovremmo dire addio?

Riforma delle pensioni 2025

Per la prossima Legge di Bilancio 2025, la riforma delle pensioni non è tra le priorità del Governo. Gli italiani, da parte loro, vorrebbero una revisione del sistema pensionistico, spaventati anche da un ritorno della Legge Fornero e dall’eliminazione dei più o meno convenienti scivoli pensionistici.

Il punto di debolezza degli scivoli pensionistici è l’onerosità estremamente alta per le casse dello Stato, ma senza di essi, molti cittadini con i requisiti per accedervi, saranno costretti ad aspettare ancora molti anni prima di uscire dal mondo del lavoro.

Purtroppo, per attuare una riforma delle pensioni non manca tanto la volontà, quanto i fondi. Per reperire risorse, si dovrà metter mano a bonus e altre agevolazioni, revisionando, probabilmente, anche l’Assegno unico.

Quanto costa la riforma delle pensioni

La riforma delle pensioni costa e pure tanto. Da una parte, probabilmente, si cerca di evitare di fare promesse che poi, alla luce della situazione reale, potrebbero non essere mantenute. Dall’altra parte, però, è ancora troppo presto per cantare vittoria.

La situazione dei conti pubblici, in ogni caso, è molto fragile, forse più del solito. Basti pensare che solo per finanziare il rinnovamento di Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna sono necessari quasi 650 milioni di euro. Almeno per il momento di tratta di fondi irrecuperabili, se non con tagli.

Una delle proposte portate avanti dalla Lega è Quota 41 che, nella sua versione ridotta, costerebbe quasi 1 miliardo di euro. Cosa prevede? Ribattezzata Quota 41 light prevede l’intero calcolo con il metodo contributivo e con un assegno pensionistico molto leggero, mutilato fino al 30%, ma con finestre molto più lunghe.

Ammettendo una riduzione delle spese, le cifre raggiungerebbero comunque un record: si parla di 900 milioni di euro. Si tratta, data la situazione, di una spesa troppo elevata per una misura che, a conti fatti, potrebbe far comodo solo a pochi cittadini.

Pensioni anticipate nel 2025

Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna hanno data di scadenza al 31 dicembre 2024. Saranno rinnovate? Il Governo, proprio nella Manovra 2025, è chiamato a prendere una decisione difficile, se prorogare o dire addio alle pensioni anticipate.

Si tratta di una decisione non facile. Da una parte si potrebbe decidere di prorogare le formule con qualche ritocco, così come è stato fatto nella precedente Legge di Bilancio. Dall’altra parte, invece, si potrebbe decidere di non rinnovare le misure, ma sostituirle con delle nuove nell’ambito di una mini-riforma della flessibilità.

Entrambe le ipotesi, ma soprattutto la seconda, appare comunque molto difficile con le risorse a disposizione.

Si deve anche considerare che, al momento, nella maggioranza ci sono diverse scuole di pensiero sulle possibili ed eventuali soluzioni da adottare.

In ogni caso, i dubbi permangono sulla già citata Quota 41 contributiva, il cavallo di battaglia della Lega. Spunta anche l’ipotesi di Quota 104, già pensata in precedenza.

Il nodo principale, però, rimangono le tre formule attualmente in vigore: Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna. Saranno rinnovate anche per il 2025? Ancora è presto per dirlo, bisogna attendere successivi sviluppi.

Quanti contributi servono per andare in pensione a 60 anni?

Chi non vorrebbe anticipare l’uscita dal mondo del lavoro di almeno 6 o 7 anni e, allora, bisogna sapere quanti contributi servono per andare in pensione a 60 anni.

Si tratterebbe di un anticipo significativo che potrebbe fare gola a molti lavoratori. Infatti, si tratta dell’età che, un po’ per tutti, sarebbe l’ideale per pensionarsi.

È possibile? Sì, sia nel 2024 che nel 2025 è possibile, ma solo soddisfacendo alcuni requisiti, forse un po’ stringenti.

Ovviamente, possono anticipare la pensione di 6 o 7 anni tutti coloro che hanno iniziato a lavorare sin da giovanissimi e, in virtù di ciò, hanno una storia contributiva molto sostanziosa.

Nel testo, facciamo il punto sui requisiti e spieghiamo quanti contributi versare.

Andare in pensione a 60 anni è possibile

Molti lavoratori (se non tutti) sognano di poter andare in pensione il prima possibile e l’età ideale, più o meno condivisa da tutti, è quella dei 60 anni.

Andare in pensione a 60 anni è possibile, ma purtroppo non per tutti. Si tratta di una possibilità molto interessante rivolta solo a specifiche categorie, e nel rispetto di requisiti molto stringenti.

Anche se andare in pensione con un anticipo di 6 o 7 anni potrebbe sembrare davvero difficile, in realtà è realizzabile.

Quanti contributi maturare per andare in pensione a 60 anni

Per poter andare in pensione a 60 anni, o al massimo a 61 anni, è necessario avere alle spalle una lunga carriera lavorativa. Si tratta di una possibilità che dipende dalla pensione anticipata ordinaria che, tra i requisiti, prevede quello contributivo.

Nel 2024 e nel 2025, ma forse anche nel 2026, i requisiti contributivi per la pensione anticipata ordinaria restano fissati a:

  • 42 anni e 10 mesi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi per le donne.

Almeno 35 anni di contributivi devono essere privi di quelli figurativi da disoccupazione o malattia, ma effettivi da lavoro.

Pensione a 60 anni con Quota 41

Un’ottima opportunità di pensionamento a 60 anni è rivolta ai lavoratori precoci, con Quota 41. Per accedervi, è obbligatorio aver maturato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni d’età. Si tratta, quindi, di tutte quelle persone che hanno iniziato a lavorare sin da giovanissimi.

Con Quota 41, il diritto alla pensione di matura con il versamento di 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica. Quindi, si può andare in pensione a 60 anni, ma anche prima.

Possono andare in pensione con Quota 41:

  • I disoccupati da almeno 12 mesi;
  • Gli invalidi con almeno il 74%;
  • I caregiver;
  • I lavoratori usuranti o gravosi.

Pensione prima dei 60 anni per casalinghe e invalidi

Dal 1° gennaio dell’ormai lontano 1997, è attivo il Fondo Casalinghe e Casalinghi. Possono iscriversi tutti coloro che si prendono cura della casa e della famiglia, senza percepire alcuna retribuzione.

L’iscrizione al Fondo ha un costo minimo di 25,82 euro al mese. Per ottenere una pensione più alta, è possibile aumentare l’investimento, se no si rischia di maturare un assegno pensionistico di poche centinaia di euro.

Gli iscritti al Fondo casalinghe che abbiano maturato almeno 5 anni di contributi possono andare in pensione una volta compiuti i 57 anni d’età.

Si deve, però, rispettare anche un’altra condizione. L’assegno maturato deve essere pari all’assegno sociale maggiorato del 20%. Stando ai valori del 2024, deve essere maggiore di 649,29 euro. si tratta di un requisito non richiesto quando si va in pensione dopo 65 anni.

Un’altra categoria di persone può andare in pensione anche a 60 anni: si tratta delle persone che hanno una capacità lavorativa ridotta di almeno l’80%. Per gli invalidi, è prevista la possibilità di andare in pensione con il versamento di almeno 20 anni di contributi. Il diritto alla pensione, però, si acquisisce solo al compimento dei 61 anni d’età.

Pagamento pensioni settembre 2024: in arrivo lunedì 2 il prossimo accredito Inps

Il prossimo pagamento delle pensioni è fissato al 2 settembre 2024. L’accredito Inps avverrà lo stesso giorno sia per chi ritira la pensione presso le Poste Italiane che per chi la ritira alle banche.

Così come avvenuto nel mese corrente, insieme all’accredito Inps viene corrisposto il rimborso Irpef scaturito dalla dichiarazione dei redditi. Ovviamente, il periodo di corresponsione del rimborso varia in base al periodo di presentazione del Modello 730.

Il primo lunedì di settembre, quindi, molti pensionati potrebbero ricevere un importo maggiore, vedendo così accresciuto il loro assegno pensione, rispetto ai precedenti mesi dell’anno.

Calendario pagamento pensioni di settembre 2024

La tabella di marcia Inps prevede che il pagamento delle pensioni del mese di settembre 2024 è previsto per lunedì 2.

In linea generale, le somme vengono erogate il primo giorno bancabile del mese, con l’unica eccezione per il mese di gennaio.

Le date di pagamento sono definite in base alle modalità di riscossione e viene specificata nelle disposizioni di pagamento illustrate sul proprio cedolino.

Il calendario dei pagamenti del mese di settembre 2024 è il seguente:

  • Cognomi da lettera A a C: lunedì 2 Settembre 2024;
  • Cognomi da lettera D a K: martedì 3 Settembre 2024;
  • Cognomi da lettera L a P: mercoledì 4 Settembre 2024;
  • Cognomi da lettera Q a Z: giovedì 5 Settembre 2024.

Chi si fa accreditare dall’Inps la pensione sul proprio conto corrente postale o bancario riceverà il pagamento il 2 settembre 2024. Invece, chi preleva la pensione in contanti presso uno sportello degli Uffici Postali, deve rispettare il calendario che abbiamo poc’anzi indicato.

Rivalutazione pensioni di settembre

A settembre 2024, vengono confermate le operazioni di rinnovo delle pensioni per l’anno 2024. L’indice provvisorio di rivalutazione è pari al 5,4%.

Le prestazioni di accompagnamento a pensione non vengono rivalutate perché non hanno la natura di prestazione pensionistica.

Passando, un attimo alle trattenute e alle addizionali, ricordiamo che l’Istituto procede applicando le novità introdotte dalla riforma dell’Irpef 2024. Le trattenute vengono realizzate sulla base della riduzione a tre aliquote e scaglioni di reddito.

Le prestazioni di invalidità civile, così come le pensioni o gli assegni sociali non sono soggette a tassazione e non subiranno trattenute fiscali.

Pagamento rimborso Modello 730 sulla pensione di settembre 2024

Dal mese di agosto sono iniziate le procedure di conguaglio risultate dal Modello 730/2024, per tutti quei pensionati che hanno optato per l’Inps come sostituto d’imposta. Molti pensionati non hanno trovato il rimborso nel cedolino pensione di agosto, ma potrebbero riceverlo proprio a settembre.

A settembre, vengono effettuate, quindi, le operazioni relative a quanto scaturito dalla dichiarazione dei redditi, per cui l’Inps procede:

  • Al rimborso dell’importo a credito del contribuente;
  • Alla trattenuta, in caso di conguaglio a debito del contribuente.

Per quanto riguarda l’eventuale rateazione degli importi a debito risultati, questa deve concludersi obbligatoriamente entro il mese di novembre.

I contribuenti che hanno indicato l’INPS come sostituto d’imposta possono verificare le risultanze contabili della dichiarazione e i relativi esiti attraverso il servizio online: “Assistenza fiscale (730/4): servizi al cittadino”.

Dove trovare il cedolino pensione settembre 2024

Al pari di tutti gli altri mesi dell’anno, il cedolino pensione del mese di settembre 2024 è facilmente consultabile attraverso il servizio online dell’Inps.

È sufficiente accedere alla propria area riservata, previa autenticazione con le credenziali Spid, Cie o Cns.
Il cedolino è disponibile alla consultazione nella sezione principale dell’area riservata. È possibile non solo consultarlo, ma anche scaricarlo sul proprio PC.

Inoltre, l’Inps invia il documento anche via e-mail, ma solo a coloro che hanno confermato il proprio indirizzo di posta elettronica.

Il servizio Inps permette di:

  • Verificare l’importo dei trattamenti liquidati dall’INPS ogni mese;
  • Conoscere le ragioni per cui questo importo può variare;
  • Accedere ad altri servizi di consultazione, certificazione e variazione dati.

Organizzazioni internazionali: cumulo per la pensione anticipata

Organizzazioni internazionali: con la pubblicazione della circolare n. 87 del 1° agosto 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per ciò che concerne la nuova normativa che ha previsto l’esercizio della facoltà di cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali, anche per quanto riguarda la pensione anticipata.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • il decreto legislativo n. 509 del 30 giugno 1994, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 196 del 23 agosto 1994;
  • l’art. 2, comma 26, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, recante “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 101 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 190 del 16 agosto 1995;
  • il decreto legislativo n. 103 del 10 febbraio 1996, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 43 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 52 del 2 marzo 1996;
  • l’art. 18 della legge n. 115 del 29 luglio 2015, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2014”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 178 del 3 agosto 2015;
  • il decreto legge n. 69 del 13 giugno 2023, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 136 del 13 giugno 2023, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 103 del 10 agosto 2023.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto in precedenza sempre da parte dell’Istituto stesso tramite la pubblicazione all’interno del proprio sito web ufficiale dei seguenti atti:

  • la circolare INPS n. 71 dell’11 aprile 2017, recante “Articolo 18 della legge 29 luglio 2015, n. 115 – Disposizioni in materia di cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali”;
  • la circolare INPS n. 50 del 21 aprile 2022, recante “Articolo 18 della legge 29 luglio 2015, n. 115. Disposizioni in materia di cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali. Chiarimenti”.

Organizzazioni internazionali: novità sul cumulo dei periodi assicurativi maturati, le istruzioni INPS

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato comunicato dalle recenti circolari n. 71 dell’11 aprile 2017 e n. 50 del 21 aprile 2022, l’INPS ha fornito le istruzioni operative ed attuative per ciò che concerne la disciplina relativa al cumulo dei periodi di assicurazione maturati presso organizzazioni internazionali.

Tali istruzioni, nello specifico, sono state comunicate in seguito alle modifiche che sono state apportate dal comma 1 dell’art. 18 della suddetta legge n. 115 del 2015, il quale ha introdotto a partire dal 1° gennaio 2016 il cumulo dei periodi assicurativi maturati presso le organizzazioni internazionali con quelli maturati presso una o più delle seguenti gestioni previdenziali:

  • il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD);
  • le Gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • la Gestione separata;
  • le Gestioni sostitutive ed esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO);
  • i regimi previdenziali degli Enti privatizzati gestori delle forme di previdenza obbligatoria in favore dei liberi professionisti.

Il successivo comma 2, poi, ha specificato che il cumulo in questione può essere richiesto per beneficiare della pensione di vecchiaia, invalidità e superstiti.

Dopodiché, l’art. 5, comma 1, del decreto legge n. 69 del 2023, e successive modificazioni, ha aggiunto al cumulo delle prestazioni anche la pensione anticipata.

Non hai trovato il rimborso del 730 nel cedolino pensione di agosto? Ecco quali sono i motivi

Il mese di agosto, centinaia di migliaia di pensionati attendono il rimborso del 730 nel cedolino pensione. Non bisogna sottovalutare questa importante novità del mese di agosto, in quanto il rimborso rappresenta un importante sostegno economico.

Potrebbe capitare, però, di non ricevere il rimborso nella pensione di agosto. Perché non arriva il rimborso dal 730? Quali sono le possibili cause?

Nel testo, facciamo una breve analisi della situazione spiegando quali potrebbero essere le possibili cause e i motivi della mancata erogazione del rimborso.

Quando arriva il rimborso del 730 nel cedolino pensione di agosto?

Nel mese di agosto, i pensionati, che hanno presentato il 730, dovrebbero ricevere l’eventuale rimborso scaturito nel cedolino pensione.

I pensionati che ricevono il pagamento della pensione in contanti presso gli uffici delle Poste Italiane devono rispettare il calendario per cognome:

  • 1° agosto: A – C;
  • 2 agosto: D – F;
  • 3 agosto: G – L;
  • 5 agosto: M – O;
  • 6 agosto: P – R;
  • 7 agosto: S – Z.

Insieme al cedolino pensione del mese di agosto, i pensionati dovrebbero iniziare a ricevere l’accredito del rimborso Irpef.

In linea generale, le date di accredito cambiano in base a quando il pensionato ha presentato o presenta la dichiarazione dei redditi:

  • Entro il 20 giugno: rimborso da agosto;
  • Dal 21 giugno al 15 luglio: rimborso a settembre;
  • Dal 16 luglio al 31 agosto: rimborso a ottobre;
  • Entro il 30 settembre: rimborso a novembre.

Perché il rimborso non viene erogato?

Possono essere diversi i motivi per cui il rimborso scaturito dal Modello 730 non arriva nel cedolino pensione del mese di agosto.

Molti pensionati, infatti, potrebbero ricevere il rimborso a partire dal mese di settembre. Per esempio, questo ritardo, che di ritardo non si tratta, potrebbe dipendere solo dal fatto di non avere presentato il modello 730 entro il 20 giugno.

Le ragioni dei ritardi sono diverse e, in ogni caso, è ancora un po’ presto per iniziare a preoccuparsi. Anche perché, come spiegheremo, c’è ancora tempo per recuperare quanto spetta.

In caso di dubbi o per qualsiasi cosa, si consiglia di rivolgersi ad un Caf oppure ad un professionista abilitato per richiedere informazioni in merito e, soprattutto, per sapere come muoversi.

Cosa fare se non si riceve il rimborso sulla pensione?

I pensionati che inviano la dichiarazione dei redditi, con Modello 730, entro il 20 giugno e dalla quale scaturisce un credito, dovrebbero ottenere il rimborso nel mese di agosto.

Cosa deve fare il pensionato? Ci sono una serie di step da seguire. Per prima cosa, si deve verificare il cedolino pensione. Se non si vede l’accredito e non si riesce a individuare il motivo del mancato pagamento, il pensionato deve verificare l’area assistenza fiscale del 730/4 sul sito dell’Inps.

Qualora neanche questo step servisse a sbrogliare la matassa, il cittadino può controllare se il Modello 730 sia stato realmente trasmesso entro i termini o se si siano verificati problemi.

L’ultima chance di verifica è rappresentata dall’Agenzia delle entrate per verificare che non ci siano stati problemi o ritardi da parte dei loro sistemi automatizzati.

Qualora non sia emerso nulla di strano, non rimane che attendere il cedolino pensione del mese di settembre e sperare che si tratti solo di un ritardo.

Infine, se il pensionato non riceve affatto il rimborso e non si accorge in tempo di non averlo ricevuto, non bisogna preoccuparsi: i soldi spettanti non andranno persi. In ultima istanza, infatti, il credito potrebbe essere recuperato nella dichiarazione dei redditi del 2025.

Come possono andare in pensione le casalinghe senza aver versato contributi? Ecco 2 modi per avere fino a 1000 euro al mese

Le casalinghe che non hanno mai lavorato e, quindi, sono senza contributi possono comunque andare in pensione e ottenere un assegno fino a 1000 euro al mese.

Quello della casalinga viene considerato un lavoro vero e proprio anche se, ancora, qualcuno sostiene il contrario.

A chi si occupa della casa, uomini o donne che siano, l’Inps riconosce la possibilità di poter andare comunque in pensione, tramite due metodi.

Nel testo vediamo quali sono questi due modi alternativi che hanno le casalinghe per andare in pensione, anche senza aver versato contributi.

Le casalinghe possono andare in pensione senza contributi?

Che siano uomini o donne che hanno deciso di occuparsi della casa e della famiglia possono comunque andare in pensione. L’Inps riconosce alle casalinghe 2 metodi per andare in pensione anche senza aver versato contributi.

L’Istituto riconoscere una somma a titolo di pensione a tutti coloro che si dedicano all’attività domestica. Un’attività che, molte persone, non considerano come lavoro. In realtà non è proprio così, perché anche la cura della casa e della famiglia richiede responsabilità e sacrifici, pur svolgendosi all’interno delle mura domestiche.

Pensione casalinghe: 2 modi per avere fino a 1000 euro

Le casalinghe possono andare in pensione, anche senza aver mai versato contributi, optando per due vie:

  • Il fondo casalinghe;
  • La pensione sociale.

Il fondo casalinghe è stato istituito il 1° gennaio 1997 ed è destinato a tutte le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti e derivanti da responsabilità familiari.

Chi può iscriversi al fondo? Sono ammessi i cittadini con un’età compresa tra i 16 anni e i 65 anni. Una volta inviata la domanda, l’Inps provvede a verificare la presenza di tutti i requisiti. Quali sono i requisiti necessari? Oltre all’età anagrafica, si devono rispettare i suddetti:

  • Non essere titolari di pensione diretta;
  • Non svolgere attività lavorativa dipendente o autonoma che richiede l’iscrizione ad una cassa previdenziale.

La seconda opzione è la pensione sociale. Rispetto al fondo casalinghe, l’importo della pensione è inferiore e per accedervi occorre il rispetto dei seguenti requisiti indicati dall’Inps:

  • Compimento del 67° anno d’età;
  • Essere cittadini italiani o avere un regolare permesso di soggiorno;
  • Essere residenti in Italia;
  • Rispettare un limite di reddito annualmente stabilito dall’Inps.

Come fare domanda per andare in pensione

Per accedere al fondo sociale, si può inviare la domanda online sul sito dell’Inps con le proprie credenziali personali e compilare il modulo apposito.

Una volta iscritti, il sistema rilascia una ricevuta e, in un momento successivo, l’Istituto provvederà a verificare il possesso dei requisiti. La domanda può essere rigettata e l’Istituto provvede a inviare una raccomandata.

In alternativa, i cittadini possono anche presentare richiesta di iscrizione al fondo telefonicamente oppure tramite Patronati o intermediari dell’Istituto.

Il contributo minimo da versare al fondo è pari a 26 euro al mese: è bene far presente che i soldi versati al fondo casalinghe non possono essere utilizzati per finalità diverse dalla pensione.

A quanto ammonta la pensione? Si tratta, probabilmente, di una delle domande più diffuse. Tra la pensione sociale e il fondo casalinghe c’è una differenza significativa. Chi opta per il fondo casalinghe può avere una pensione fino a 1000 euro al mese, mentre chi sceglie di andare in pensione con quella sociale, l’importo sarà pari circa alla metà.

Precisiamo, infine, che nel caso del fondo casalinghe, l’importo varia anche in funzione di quanto si versa mensilmente. Maggiore sarà l’importo mensile versato, molto più alto sarà l’assegno pensione.
Per quanto riguarda, invece, la pensione sociale, l’importo scende ancora se il richiedente percepisce altri redditi.