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Tag: legge di bilancio

Manovra 2025 pensa (quasi) a tutti: proposto l’aumento dello stipendio ai ministri non eletti

L’emendamento che prevede l’aumento dello stipendio ai ministri e i sottosegretari in carica non eletti, presentato dai relatori di maggioranza alla Legge di Bilancio del 2025, sta suscitando molte polemiche da parte delle opposizioni, ma anche, in minima parte, da alcune parti del centro destra.

Complessivamente, sono 18 i componenti del Governo interessati all’adeguamento degli stipendi: 8 ministri, 2 viceministri e 8 otto sottosegretari, per una spesa di 1,3 milioni l’anno.

Cosa cambierebbe se l’emendamento fosse approvato?

I ministri non eletti pagati meno

Sono diversi gli emendamenti presentati alla Legge di Bilancio 2025. Uno degli ultimi, però, ha fatto discutere più del solito. Arriva l’emendamento alla Legge di Bilancio del 2025 che equipara gli stipendi dei ministri non parlamentari a quelli eletti in Parlamento.

I ministri che non sono stati letti vengono pagati di meno di rispetto ai colleghi eletti. Con questa norma, a tali ministri e sottosegretari spetterebbe non solo l’indennità che, al momento, è già pari per tutti, ma anche le altre voci che compongono il più che sostanzioso stipendio dei parlamentari.

Per il momento, alla Commissione Bilancio della Camera c’è uno stallo sui lavori per la prossima manovra: si attendono le modifiche necessarie. L’emendamento presentato dal Governo, che prevede l’aumento degli stipendi per i ministri non parlamentari, però, fa discutere tanto.

La norma propone, come già detto, lo stesso trattamento economico, con un aumento davvero consistente se paragonato a quello previsto per le pensioni.

Sono 18 i componenti del Governo interessati all’adeguamento degli stipendi, di cui ci sono otto ministri, due viceministri e otto sottosegretari.

Cosa prevede l’emendamento

La Legge di Bilancio per il 2025 sembra pensare proprio a tutti (o quasi). Ci saranno aumenti per tutti, per alcuni modici, giusto per poter pagare una tazza di caffè in più al bar, altri molto più consistenti.

Un emendamento alla manovra punta a sostenere una categoria penalizzata: i ministri non eletti. Secondo la proposta, avrebbe proposto un aumento dello stipendio per ministri e sottosegretari che non sono deputati o senatori.

L’aumento modifica il loro trattamento economico complessivo, con lo scopo di equipararlo a quello degli altri ministri eletti.

In modo particolare, l’emendamento interviene su una legge del lontano 1999 che regola le indennità dei ministri che non hanno seggi in Parlamento.

Lo stesso emendamento, inoltre, contiene la norma cosiddetta “anti Renzi”. La norma prevede che i membri del Governo, parlamentari ed europarlamentari, e i presidenti di Regione non lavorino per soggetti pubblici o privati senza sede legale e operativa nell’Unione Europea. In caso di violazione di tale divieto, il compenso debba essere versato al bilancio pubblico. In caso di mancata ottemperanza dell’obbligo, i soggetti sono tenuti al versamento di una multa di importo pari al compenso percepito.

Di quanto è l’aumento dello stipendio proposto

L’aumento proposto sarebbe di poco più di 7000 euro al mese. Per i 18, tra ministri e i sottosegretari in carica non che non hanno un seggio in Parlamento, ai circa 9000 euro di stipendio che già intascano, vanno aggiunti soldi per rimborsi dell’esercizio del mandato, della diaria e anche importi per le spese telefoniche e rimborsi viaggi.

Il costo complessivo della misura, secondo quanto stimato dal testo, è pari a 1,3 milioni di euro l’anno. L’esborso non è altissimo, ma non giustificabile dall’esterno.

Dopo l’aumento di 1,80 euro sulle pensioni minime, la proposta di un aumento simile per i ministri non eletti ha attirato facilmente le proteste e lo sconcerto non è stato poco.

Durissima è arrivata la critica dalle opposizioni e qualche piccola nota di disappunto è arrivata anche dalla stessa maggioranza di Governo. La proposta è stata additata come indecente, considerando il periodo molto fragile in cui viviamo con accanto, dall’altra parte, famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese, dove l’emergenza salariale, seppur spesso negata, rappresenta uno dei problemi maggiori. Forse, non per tutti.

Per riassumere

L’emendamento alla Legge di Bilancio 2025 che propone l’aumento degli stipendi per i ministri non eletti ha suscitato polemiche, soprattutto dalle opposizioni, ma anche da alcune frange del centrodestra.

L’aumento riguarderebbe 18 membri del governo, tra cui ministri, viceministri e sottosegretari, con un costo annuale di 1,3 milioni di euro. La proposta intende equiparare gli stipendi dei ministri non eletti a quelli dei colleghi eletti, aumentando notevolmente il trattamento economico complessivo.

Le critiche sono arrivate in particolare a causa della contraddizione tra l’aumento per i politici e i modesti aumenti per le pensioni minime.

Pensione di vecchiaia

Pensione di vecchiaia 2025: arriva lo sconto fino a 16 mesi per alcune lavoratrici con figli

Nel 2025, la pensione di vecchiaia diventa più vantaggiosa per le lavoratrici con figli. Si tratta di una piccola e importante novità, considerando il fatto che nella Legge di Bilancio del 2025 non riserva molto spazio al capitolo pensioni.

Nonostante questo piccolo anticipo cui potranno fruire le lavoratrici madri, la pensione di vecchia e quella anticipata non subiranno modifiche.

Vediamo subito come funziona lo sconto e di quanto sarà.

Come andare in pensione nel 2025

La Legge di Bilancio per il 2025 non sembra riservare molto spazio al capitolo pensioni. Non ci sono novità all’orizzonte e rimangono le uscite ordinarie e anticipate già in vigore quest’anno. Alcuni lavoratori, però, possono fare domanda di pensionamento anticipato.

La stessa pensione di vecchiaia, contrariamente a quanto erroneamente si pensa, prevede quattro diverse modalità di uscita dal mondo del lavoro.

La pensione di vecchiaia ordinaria prevede il raggiungimento dei 67 anni d’età e il versamento di 20 anni di contributi. Tuttavia, se chi accede alla pensione ha iniziato a versare i contributi solo dal 1996 può utilizzare la formula contributiva che prevede il possesso dei seguenti requisiti:

  • 67 anni d’età;
  • 20 anni di contributi versati;
  • La pensione almeno pari all’assegno sociale INPS.

C’è una terza opzione per chi non riesce a soddisfare i suddetti requisiti può accedere alla pensione al raggiungimento dei 71 anni d’età, con una contribuzione di soli 5 anni. In questo caso, non è necessario rispettare al alcun limite d’importo.

La quarta e ultima possibilità è rivolta esclusivamente agli invalidi. In questo caso, occorre avere un’invalidità di almeno l’80%. Si chiama pensione anticipata e, oltre ai suddetti, si deve avere:

  • 20 anni di contributi;
  • 56 anni d’età per le donne e 61 anni d’età per gli uomini.

Come funziona lo sconto per le lavoratrici madri

Se non cambia nulla (o quasi) per la pensione di vecchiaia in generale, c’è una piccola novità che spicca per le lavoratrici madri. Nel 2025, le lavoratrici con molti figli possono smettere di lavorare con sedici mesi di anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia.

L’anticipo spetta grazie allo sconto di quattro mesi che si aggiunge alle diverse agevolazioni per le donne con figli previste dalla Legge Dini.

Le lavoratrici possono fruire di uno sconto di quattro mesi per ogni figlio, fino a un massimo di un anno. L’agevolazione è molto utile perché, con essa, l’accesso alla pensione di vecchiaia per chi ha 3 o più figli avviene al compimento dei 66 anni d’età, anziché 67 anni.

C’è anche un’alternativa. Si può godere di un ricalcolo più favorevole applicando un coefficiente di trasformazione più alto.

Per il 2025, la Legge di Bilancio prevede condizioni più vantaggiose: viene mantenuto lo sconto di 4 mesi e viene incrementato il limite che passa a 16 mesi. Vengono favorite le lavoratrici con almeno 4 figli. Incrementando il limite dello sconto, che passa da 12 a 16 mesi, una donna con 4 figli potrà andare in pensione a 65 anni d’età e 8 mesi. In questo modo si anticipa davvero molto il momento per lasciare il mondo del lavoro.

Tornando al coefficiente di trasformazione, anche questo diventa ancora più favorevole. Alle donne con uno o due figli, questo viene maggiorato di un anno, mentre a quelle con più di due figli viene maggiorato di due anni.

Quali sono i requisiti per fruire dello sconto

Lo sconto di 4 mesi è un’ottima opportunità che le lavoratrici potranno cogliere al volo. Purtroppo, però, non si applica a tutte. Per potervi beneficiare, le lavoratrici devono rientrare integralmente nel regime contributivo.

La misura, quindi, si rivolge esclusivamente alle lavoratrici che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996. Nel periodo precedente tale data non devono aver versato contributi.

Pensione di vecchiaia 2025 in sintesi

Nel 2025, le lavoratrici madri potranno andare in pensione con un anticipo massimo di 16 mesi. Questa agevolazione riguarda solo chi ha iniziato a versare contributi dal 1996.

La pensione di vecchiaia ordinaria non subisce modifiche, con i consueti requisiti di età e contributi. L’agevolazione è utile per le madri che vogliono ritirarsi prima dal lavoro.

Il coefficiente di trasformazione delle pensioni sarà anche maggiorato per le donne con figli.

Detrazioni fiscali

Taglio detrazioni fiscali per i redditi superiori a 75.000 euro: cosa cambia, per quali spese e perché

Dal 2025, ci sarà un cambio di rotta senza precedenti sul fronte delle detrazioni fiscali. La bozza del disegno di Legge di Bilancio non promette nulla di buono, puntando su tagli che interesseranno milioni di cittadini.

È prevista l’introduzione di un doppio limite alle detrazioni, con l’obiettivo di garantire una fiscalità più equa tra i contribuenti. Risentiranno della novità i contribuenti con redditi medio-alti e per quasi tutte le spese che, fino a ora, è possibile scaricare presentando la dichiarazione dei redditi.

Vediamo subito cosa cambia.

Come cambiano le detrazioni fiscali nel 2025

Nella bozza del disegno di Legge di Bilancio c’è il taglio alle detrazioni fiscali. Si tratta di una novità che interesserà una vasta platea di contribuenti.

La norma prevede l’introduzione di un doppio limite alle detrazioni legato a:

  • Reddito complessivo;
  • Tipo di spesa.

Il taglio, o meglio, le modifiche interessano quasi tutte le spese che, fino a oggi, siamo stati abituati a scaricare dalla dichiarazione dei redditi.

Nonostante queste modifiche, tutte le spese detraibili continueranno a rispettare i limiti in vigore. In questo senso, non ci saranno variazioni.

Ciò che cambia riguarda unicamente i contribuenti. Chi ha un reddito superiore a 75.000 euro dovrà sottostare a un nuovo tetto complessivo di spese che potrà detrarre annualmente.

Da questo nuovo reddito complessivo resteranno escluse l’abitazione principale e le relative pertinenze.
Come andrò a spiegare tra pochissimo, verrà introdotto anche un doppio limite alla detrazione, in funzione del reddito.

Come funziona il doppio limite

Verrà introdotto un doppio limite. Si tratta di due importi base e due fasce di reddito:

  • 14.000 euro è l’importo base per i redditi superiori a 75.000 euro;
  • 8000 euro è l’importo base per i redditi superiori a 100.000 euro.

L’importo base, per essere ancora più precisi, fa riferimento alla fascia di reddito che, poi, deve essere moltiplicato per i coefficienti riferiti al numero di figli:

  • 0,50 in assenza di figli a carico;
  • 0,70 per un figlio a carico;
  • 0,85 per due figli a carico;
  • 1 per più di due figli a carico o almeno un figlio disabile.

Quali spese saranno tagliate?

Le modifiche introdotte nella bozza del disegno di legge di Bilancio per il 2025 non interessano i contribuenti con reddito fino a 75.000 euro. Il meccanismo che permette di fruire delle detrazioni fiscali non subisce modifiche.

Tuttavia, per chi ha un reddito superiore a 75.000 euro, molte detrazioni fiscali saranno tagliate. Più che altro, sono a rischio tutte quelle applicate in percentuale sulle spese sostenute. L’elenco è davvero molto lungo e parte dai bonus edilizi. A seguire troviamo, per esempio, gli interessi passivi sui mutui, le erogazioni liberali per il Terzo Settore e le stesse spese universitarie.

Parliamo degli interessi passivi sul mutuo: un contribuente può detrarli nel limite di 4000 euro l’anno. La novità, però, rischia seriamente di penalizzare chi ha un contratto di mutuo perché, così, non riuscirebbe a fruire per intero della detrazione. D’altra parte, però, la norma non è retroattiva e per i mutui contratti fino al 31 dicembre 2024, la detrazione continuerà a spettare per intero.

Un discorso simile possiamo farlo anche per i bonus edilizi. Le detrazioni che si stanno già fruendo, ovvero quelle per le spese effettuate entro il 31 dicembre 2024, non rientrano nei nuovi limiti.

Si salvano dalla mannaia quelle relative alle spese mediche e sanitarie sostenute. In base a quanto detto, sono salve dal taglio anche le spese effettuate fino al 31 dicembre 2024.

Il nuovo taglio colpirà chi ha un reddito superiore a 75.000 euro. Gli altri contribuenti, con redditi inferiori, non subiranno il taglio e continueranno ad avere diritto alle detrazioni.

Per riassumere il taglio delle detrazioni fiscali

Il disegno di Legge di Bilancio per il 2025 introduce un taglio alle detrazioni fiscali, che colpiranno i contribuenti con redditi superiori a 75.000 euro. Verranno applicati due limiti alle detrazioni: uno legato al reddito e l’altro alla tipologia di spesa, con importi base differenziati a seconda del reddito e dei figli a carico.

Le modifiche interesseranno soprattutto spese come quelle per i bonus edilizi, gli interessi sui mutui e le erogazioni per il Terzo Settore, mentre le spese mediche resteranno intatte. I contribuenti con redditi fino a 75.000 euro non subiranno modifiche.

Ecobonus 2025: detrazione del 65% ancora possibile? Ecco cosa aspettarsi

L’Ecobonus con aliquota del 65% scade il 31 dicembre 2024, ma nelle ultime ore si sta facendo largo l’ipotesi di una proroga al 2025, proprio con la stessa percentuale di detrazione.

Si tratta di 15 punti in più rispetto a quelli che, allo stato attuale delle cose, sarebbero previsti per il prossimo anno. Infatti, si prevederebbe una proroga della misura con una percentuale di detrazione del 50%, a condizione che gli interventi vengano effettuati sull’abitazione principale. Il ritorno alla detrazione del 65% è contenuto in un emendamento alla Legge di Bilancio presentato da Forza Italia.

Cos’è e come funziona l’Ecobonus

Misura introdotta dalla Legge finanziaria del 2007, l’Ecobonus, ancora attivo nel 2024, ha l’obiettivo di incentivare i lavori volti alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Tra gli interventi ammessi, per esempio, vi rientrano quelli relativi alla sostituzione di finestre o infissi, ma anche all’installazione di caldaie e pompe di calore.

L’Ecobonus è quasi fondamentale per favorire gli interventi edilizi che puntano a un risparmio energetico, in linea con gli obiettivi della direttiva Case Green.

Non tanto seguendo il buon senso e capendo che bisogna fare qualsiasi cosa in nostro potere per ridurre l’inquinamento e favorire la transizione green, quanto più per ottemperare agli obblighi UE, era stato ipotizzato, solo inizialmente, si prorogare l’Ecobonus così com’è anche per il 2025. Tuttavia, si è trattato di un’ipotesi che, purtroppo, resterà solo tale. Al pari di molte altre misure nell’ambito dei bonus edilizi, anche l’Ecobonus non sarà risparmiato dalla mannaia del Governo.

Ritorno dell’Ecobonus con detrazione del 65% nel 2025?

Forse, non tutto è perduto. Si inserisce, quasi timidamente, un emendamento a firma di Forza Italia, per ripristinare l’Ecobonus al 65% per il prossimo anno.

Si tratta di una piccola possibilità limitata solo ai lavori sulle prime casa. Sicuramente, sempre meglio che niente. Per il resto, la riduzione della detrazione al 36% dovrebbe rimanere.

Prorogare la detrazione del 65%, almeno in piccola parte, anche al 2025, permetterebbe ai cittadini, comprese le famiglie meno abbienti, di continuare a migliorare l’efficienza energetica delle proprie abitazioni, contribuendo alla decarbonizzazione e alla transizione green.

Si tratta di un tema molto delicato, sul quale si stanno scatenando non poche polemiche. La direttiva Case green, ricordiamo, prevede per il 2025, il divieto di agevolazioni fiscali alle caldaie alimentate da combustibili fossili.

Pertanto, da una parte ci sono i produttori di pompe di calore che chiedono di incentivare maggiormente queste nuove tecnologie. Dall’altra parte, troviamo i produttori di gas che sostengono di mantenere le agevolazioni sulle caldaie.

Dove si colloca l’emendamento di Forza Italia? Cerca di evitare qualsiasi differenziazione. D’altra parte, però, potrebbe non andare in porto proprio per via dei costi molto alti e dei margini molto stretti di spesa con cui ha a che fare il Governo.

Detrazione del 36% e del 50%

La direttiva Case Green sembra essere destinata a passare in sordina, considerando il fatto che, almeno per ora, la Legge di Bilancio 2025 dovrebbe dare il colpo di grazia al piano delle detrazioni fiscali per favorire gli interventi di risparmio energetico.

Infatti, nel testo all’esame della Camera, l’Ecobonus, fino alla fine del 2024, sarà riconosciuto con detrazione del 65% oppure del 50%. Dal 2025, invece, diventerà del 36%. Dal 2026 e, poi, dal 2027, subirà un ulteriore taglio che porterà alla detrazione del 30%.

Esclusivamente per gli interventi sulle prime case è prevista una normativa leggermente più favorevole. Infatti, per il 2025, l’Ecobonus sarà del 50%, ma solo per i lavori sostenuti sull’abitazione principale. Mentre, sarà del 36% per i lavori sostenuti sugli immobili diversi dalle prime case. Sempre seguendo questa linea, dal 2026 al 27, la detrazione per i lavori sulle prime case passerà al 36%, per scendere al 30% per i lavori sugli altri immobili.

In sintesi

Si accende un piccolo lume di speranza per l’Ecobonus con detrazione del 65% anche per il 2025, grazie all’emendamento di Forza Italia. Cosa aspettarsi?

  1. Proroga dell’Ecobonus al 65% per il 2025? Un emendamento di Forza Italia propone di estendere la detrazione del 65% solo per i lavori sulla prima casa, ma al momento resta incerta la sua approvazione.
  2. Modifiche fiscali in arrivo: dal 2025, la detrazione scenderà al 50% per gli interventi sulla prima casa e al 36% per gli altri immobili. Dal 2026, ulteriori tagli porteranno la detrazione al 30%.

Detrazioni fiscali 2025: novità, limiti e chi sarà penalizzato dalla Legge di Bilancio

Le detrazioni fiscali hanno l’obiettivo di alleggerire il carico fiscale dei cittadini, riducendo l’IRPEF sulla base delle spese sostenute durante il periodo fiscale di riferimento.

Quelle più importanti, oltre che più utilizzate sono relative alla salute, alla famiglia e all’istruzione. Nonostante la loro notevole importanza, la Legge di Bilancio del 2025, almeno nel suo disegno di legge, va a modificare proprio questo sistema, introducendo limiti e paletti. La revisione avrà un impatto significativo, tutt’altro che positivo.

Cosa cambia? Perché i contribuenti ci andranno a perdere?

Come cambiano le detrazioni fiscali

Uno degli obiettivi della Legge di Bilancio del 2025 è quello di modificare il regime delle detrazioni fiscali. Si sta valutando, infatti, di arginare gli sgravi fiscali per risanare i conti. La spesa pubblica è molto alta e si devono trovare soluzioni per risparmiare. Ed ecco che, allora, ci vanno di mezzo le detrazioni fiscali.

Sono state avanzate diverse ipotesi, ma le vittime del taglio saranno le detrazioni e le deduzioni fiscali. Non dobbiamo prenderla come una rivoluzione dell’ultima ora, in quanto la stessa decisione era stata già presa in passato.

Dal 2020 al 2023, le detrazioni hanno subito diversi tagli e ci siamo già dovuti abituare a paletti e restrizioni. Tuttavia, già allora si è trattato di soluzioni che non hanno portato a casa i risultati sperati. Il risparmio non è mancato, ma è stato davvero esiguo.

Quindi, le detrazioni cambieranno, ma per chi? In prima battuta, come spiegheremo meglio tra pochissimo, ci rimetteranno i redditi alti. L’obiettivo è quello di salvaguardare e sostenere il ceto medio.
Accanto al taglio delle detrazioni, però, non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo del contenimento dei costi doveva muoversi anche revisionando il sistema dei crediti d’imposta e delle garanzie pubbliche.

Soffermandoci prevalentemente sulle detrazioni, nel Disegno di Legge di Bilancio del 2025 è stato introdotto l’articolo 16-bis del Tuir. Con questo articolo si pone un limite alle spese detraibili, calcolato sulla base del:

Verso la riduzione dei benefici fiscali

Le detrazioni fiscali subiranno un brusco freno, ma non tutte le spese saranno incluse. Le novità si applicheranno solo sui costi che verranno sostenuti dal 2025, con le seguenti esclusioni:

  • Spese sanitarie;
  • Interessi passivi sui mutui contratti fino al 31 dicembre 2024;
  • Rate delle spese sono state sostenute entro il 31 dicembre 2024.

Per quanto riguarda, invece, altre spese si deve fare un’attenta valutazione.

Chi ci perderà?

I contribuenti che avranno un impatto negativo dalle modifiche alle detrazioni fiscali sono quelli con i redditi più alti. La Legge di Bilancio 2025, infatti, taglia nettamente le detrazioni in base al reddito e al numero dei figli. Accanto a chi ha redditi alti, ci perderanno anche i nuclei familiari poco numerosi.

Chi ha un reddito compreso tra i 120.001 euro e i 240.000 euro deve, quindi, mettere in conto la riduzione progressiva delle detrazioni fiscali. Infatti, man mano che il reddito aumenta, le detrazioni diminuiscono fino ad arrivare al loro azzeramento quando si raggiunge il tetto dei 240.000 euro.

I nuovi limiti sono una grande novità. In alcuni casi, percepita considerevolmente. Per esempio, già i cittadini con reddito superiore a 75.000 euro andranno incontro a nuovi e un conseguente incremento significativo dell’IRPEF da pagare.

Ricapitolando, in linea di massima, la revisione avrà un impatto per i contribuenti con un reddito superiore a 75.000 euro, con il risultato di un impatto fiscale decisamente maggiore, rispetto a oggi.

Qual è il motivo delle novità? L’obiettivo da perseguire è quello di ridurre la progressività del sistema fiscale, favorendo, principalmente, le fasce con reddito medio-basso.

Le detrazioni fiscali dal 2025 in sintesi

Dal 2025, il sistema delle detrazioni fiscali subirà importanti modifiche, determinando un impatto maggiore su alcune categorie di contribuenti. In sintesi:

  1. Modifica delle detrazioni fiscali: la Legge di Bilancio 2025 introduce nuovi limiti alle detrazioni fiscali, in particolare per i redditi elevati e le famiglie con pochi membri.
  2. Impatto sui redditi alti: i contribuenti con reddito superiore a 75.000 euro vedranno una riduzione progressiva delle detrazioni, con un aumento dell’IRPEF dovuto.
  3. Esclusioni e spese esenti: le spese sanitarie, gli interessi passivi sui mutui contratti entro fine 2024 e alcune rate non subiranno modifiche, ma altre spese saranno soggette ai nuovi limiti.

Aliquote IRPEF 2025: come le modifiche possono alleggerire il tuo carico fiscale

Lo schema attuale dell’IRPEF a tre aliquote e scaglioni sarà riconfermato nel 2025. Il Disegno di Legge di Bilancio non ha introdotto novità in merito, se non la strutturalità della misura e l’inserimento di nuovi sgravi fiscali per i lavoratori.

Le novità ci sono eccome, ma ci si aspettava anche un’ulteriore revisione dell’imposta. Ciò non è avvenuto per mancanza di fondi: la rimodulazione dell’IRPEF costa, e pure tanto!

Durante il passaggio in Parlamento, potrebbe essere ridotta l’aliquota intermedia dal 35% al 33%, estendendo questa fascia di reddito fino a 60.000 euro (risorse permettendo).

Vediamo subito cosa aspettarsi.

Come sarà l’IRPEF nel 2025

La Legge di Bilancio del 2024 ha introdotto la riduzione delle aliquote IRPEF a tre. Si tratta di una misura che, almeno inizialmente, era pensata come temporanea, ma stanno alle intenzioni del Governo, sarà confermata anche nel 2025. Infatti, nel Disegno di Legge di Bilancio, non solo lo schema a tre aliquote e scaglioni è confermato, ma diventa strutturale.

La bozza è ancora in esame, ma se sarà confermata, le aliquote IRPEF e gli scaglioni in vigore nel 2025 saranno i seguenti:

  • Aliquota al 23%: fino a 28.000 euro di reddito;
  • Aliquota al 35%: da oltre 28.000 e fino a 50.000 euro di reddito;
  • Aliquota al 43%: oltre i 50.000 euro di reddito.

Il sistema a tre aliquote e scaglioni, accanto alla seconda misura principale della Legge di Bilancio, ovvero il taglio del cuneo fiscale che sarà anche esteso ai redditi fino a 40.000 euro, dovrebbe portare un buon risparmio nelle buste paga dei lavoratori dipendenti.

Due misure che costano davvero tanto, ma cavallo di battaglia del Governo che, nel 2025, dovrebbero comportare un beneficio anche per altre classi di reddito che ne beneficeranno.

Le aliquote IRPEF saranno rimodulate?

L’impianto dell’IRPEF ricalcherà nuovamente il sistema a tre in vigore quest’anno. La riduzione a due aliquote sarebbe stata molto più onerosa e decisamente meno attuabile.

Tuttavia, il Governo non si ferma alla strutturalità della misura e qualora venissero reperite altre risorse potrebbe spuntare un’altra modifica.

Nelle intenzioni dell’esecutivo, c’è anche la valutazione di apporre qualche altra modifica allo schema. Sostanzialmente, ci sono al vaglio due opzioni che, nella migliore delle ipotesi, potrebbero essere addirittura complementari.

Da una parte, si pensa di portare la seconda aliquota dal 35% al 33%. D’altra parte, invece, si pensa di innalzare il secondo scaglione di reddito fino a 60.000 euro. Due ipotesi che circolavano già nella prima bozza della manovra e se i risultati del concordato preventivo biennale porteranno a casa la vittoria tanto sperata, potrebbe essere valutate nuovamente.

Infine, sullo sfondo al sistema IRPEF c’è anche una terza ipotesi, non meno importante. Si pensa a una possibile modifica della no tax area. Secondo le ipotesi, si potrebbe ampliare la platea dei beneficiari, spostando il limite dagli attuali 8500 euro a 12.000 euro.

Riordino detrazioni fiscali per i lavoratori

Accanto all’IRPEF, si sta lavorando sul riordino e sull’aumento della base delle detrazioni sul lavoro, passando da 1880 euro a 1955 euro. L’incremento dovrebbe alleviare la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e incentivare maggiormente i consumi.

Le detrazioni fiscali, per i soggetti con reddito complessivo fino a 75.000 euro, saranno riordinate, limitate e calcolate in base al numero dei figli.

Il limite è il seguente:

  • 14.000 euro se il reddito è superiore a 75.000 euro;
  • 8.000 euro se il reddito è superiore a 100.000 euro.

Il coefficiente da utilizzare varia in base al numero dei figli:

  • 0,50 senza figli;
  • 0,70 con un figlio;
  • 0,85 con due figli;
  • 1,00 con più di due figli o almeno un figlio disabile.

Per riassumere

In attesa della conclusione dei lavori sulla prossima Legge di Bilancio, ecco un breve e conciso riassunto sulle novità in materia IRPEF:

  1. Conferma delle aliquote IRPEF nel 2025: il sistema a tre aliquote (23%, 35% e 43%) sarà mantenuto anche nel 2025, con l’eventualità di alcune modifiche, come una possibile riduzione dell’aliquota intermedia al 33% e l’estensione della fascia di reddito fino a 60.000 euro.
  2. Sgravi fiscali per i lavoratori: ampliamento degli sgravi fiscali per i lavoratori, con l’innalzamento delle detrazioni fiscali e l’implementazione di un taglio del cuneo fiscale fino a 40.000 euro di reddito.
  3. Altre possibili novità: modifiche alla “no tax area” (aumentando il limite da 8.500 a 12.000 euro) e la rimodulazione delle detrazioni in base al numero di figli, per rendere il sistema fiscale più equo e vantaggioso per le famiglie.

Fondo di Garanzia mutuo prima casa: proroga fino al 2027 e categorie agevolate

Il Fondo di garanzia per il mutuo prima casa viene rifinanziato e prorogato fino al 2027. Una più che buona notizia, considerando l’aumento delle domande ammesse di oltre il 15% rispetto allo stesso periodo 2023.

Secondo Consap, la dotazione per il 2026 è pari a 130 milioni di euro e di 270 milioni di euro per i due anni successivi. Ci troviamo di fronte a uno stanziamento complessivo di 670 milioni di euro.

La proroga è messa nero su bianco nel testo della Legge di Bilancio 2025, attualmente in discussione in Parlamento.

Vediamo allora come funziona e quali sono i requisiti di accesso al Fondo e, soprattutto, quali sono le categorie speciali con accesso prioritario.

Prorogato fino al 2027 il Fondo di garanzia prima casa

Il Fondo di garanzia per la prima casa è stato rifinanziato e prorogato al 2027 dalla Legge di Bilancio 2025. Si tratta di una misura istituita con la Legge n. 147/2013, che riveste una particolare importanza per chi deve acquistare la prima casa con l’intenzione di accendere un mutuo.

Le risorse stanziate, per un totale di 670 milioni di euro per il triennio 2025-27, verranno utilizzate per supportare i finanziamenti con garanzia statale, agevolando l’acquisto della prima casa a tutte quelle categorie più in difficoltà ad accedere al credito. Pensiamo, per esempio, alle categorie fragili oppure a tutte quelle persone che non hanno un lavoro stabile.

La garanzia prevista dal fondo è pari al 50%, per un massimo di 250.000 euro. In alcuni casi, è previsto l’aumento all’80% e anche fino al 90%.

Da quando è stato istituito il Fondo, nell’ormai lontano 2013, al 30 settembre scorso sono pervenute oltre 582.000 domande, di cui sono state ammesse alla garanzia 537.000. Queste corrispondono a 62 miliardi di euro e 441.000 mutui erogati.

Soffermandoci sui primi nove mesi di quest’anno, le domande ammesse sono oltre 61.000, registrando un +15,2% rispetto al 2023.

Sono dati che fanno riflettere. Nonostante il taglio dei tassi della BCE abbia portato anche a un abbassamento delle rate dei mutui, c’è ancora chi si trova in forte difficoltà e una misura di questo tipo rappresenta un grande sostegno.

Quali sono le agevolazioni sul mutuo prima casa

La copertura prevista dal Fondo è variabile proprio in funzione di alcuni fattori, come il numero dei componenti del nucleo familiare.

Le giovani coppie e i genitori single hanno diritto all’80% per il mutuo prima con loan-to-value (LTV), superiore all’80% dell’immobile.

Nella fascia d’età fino a 36 anni, la copertura può arrivare all’80%, a condizione che l’ISEE non superi i 40.000 euro e che il mutuo copra l’80% del valore dell’immobile. In questo modo, si punta a favorire l’accesso dei giovani alla prima abitazione.

Nel caso delle famiglie, il valore cambia in base al numero dei componenti e al valore ISEE:

  • Famiglie con 3 figli e con ISEE fino a 40.000 euro: fino all’80%;
  • Famiglie con 4 figli e con ISEE fino a 45.000 euro: fino all’85%;
  • Famiglie con 5 figli e con ISEE fino a 50.000 euro: fino al 90%.

Chi ha diritto all’accesso prioritario alle agevolazioni

Uno degli aspetti vincenti della misura è proprio l’accesso prioritario alle agevolazioni per alcune categorie di cittadini.

In particolare, rispetto agli altri, queste categorie possono avere accesso alla copertura dall’80% al 90% del capitale finanziato.

Fanno parte della categoria:

  • Giovani coppie;
  • Nuclei familiari mono genitoriali, in presenza di figli minori;
  • Famiglie numerose;
  • Conduttori di alloggi di proprietà di istituti autonomi per le case popolari;
  • Giovani under 36 con ISEE fino a 40.000 euro.

Dobbiamo fare un appunto sulle famiglie numerose: sono previsti requisiti differenziati di copertura in base al numero dei figli. Se il nucleo è composto da cinque o più figli, la copertura può arrivare fino al 90%.

In sintesi

  • Proroga e rifinanziamento: il Fondo di Garanzia per il Mutuo Prima Casa è stato prorogato fino al 2027, con un finanziamento totale di 670 milioni di euro per supportare l’acquisto della prima abitazione.
  • Requisiti di accesso: le agevolazioni variano a seconda del nucleo familiare, con coperture fino all’80% per giovani coppie e famiglie numerose, e accesso prioritario per categorie vulnerabili.
  • Aumento delle domande: nel 2023, le domande ammesse al fondo sono aumentate del 15%, evidenziando l’importanza di questa misura nel sostenere chi ha difficoltà ad accedere al credito.

Pensione a 70 anni dal 2025: chi sono i lavoratori “sfortunati”

Allo studio la pensione a 70 anni dal 2025 in quella che dovrebbe essere l’ossatura della riforma del sistema pensionistico italiano.

Nella bozza emerge un articolo che prevede un innalzamento dell’età (non obbligatorio) per lasciare il lavoro per alcune categorie di lavoratori, con l’obiettivo di affiancare i nuovi assunti. Insomma, i lavoratori interessati si troveranno a fare delle scelte.

Se i cittadini speravano in un abbassamento dell’età pensionabile, dal 2025 potrebbe arrivare la doccia fredda per alcuni lavoratori. Infatti, la proposta potrebbe essere inserita nella prossima manovra finanziaria.

Chi sono i lavoratori sfortunati? Nel testo, le novità.

In pensione a 70 anni nel 2025

Al lavoro sulla prossima Legge di bilancio per il 2025, tra i tanti tempi, c’è anche quello delle pensioni che, inizialmente, si pensava trascurato. Si prospettano novità all’orizzonte per i lavoratori dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Si sta ipotizzando di introdurre una norma che dia la possibilità alle Pubbliche Amministrazioni di trattenere in servizio i lavoratori fino a 70 anni: ben oltre l’età pensionabile che, attualmente, è fissata a 67 anni.

Gli statali, però, non dovrebbero preoccuparsi troppo, in quanto si tratta di una possibilità di scelta concessa ai lavoratori.

Il periodo extra servirebbe per svolgere attività di tutoraggio e affiancamento oppure per esigenze funzionali. Non determinerebbe oneri maggiori, tuttalpiù dovrebbe risultare vantaggioso.

Si parla, addirittura, di un doppio vantaggio. Infatti, restando altri tre anni in servizio, gli statali dovrebbero affiancare il personale neoassunto e trasmettere loro competenze che garantiscano uno standard maggiore di efficienza. Inoltre, trattenendo i lavoratori più anni in servizio, si andrebbe a risparmiare sulla spesa previdenziale.

Conviene lavorare fino a 70 anni? Per il momento, non ci sono notizie su quali dovrebbero essere gli incentivi previsti per trattenere i lavoratori in servizio. Se vogliamo fare un discorso più generale, ritardare l’accesso alla pensione comporta qualche vantaggio. Solitamente, con il collocamento in quiescenza c’è una riduzione del reddito percepito. Inoltre, continuando a lavorare incrementa anche il valore del montante contributivo.

Quali lavoratori andranno in pensione a 70 anni

Se per una più che buona fetta dei lavoratori, l’età ideale per andare in pensione sarebbe di 60 anni, all’orizzonte non si scorge proprio un possibile abbassamento dell’età per lasciare il lavoro. Molti lavoratori possono ancora approfittare delle pensioni anticipate che gli permettono di andare in pensione prima dei 62 anni d’età.

Altri lavoratori, a quanto pare, saranno chiamati a fare delle scelte: restare a lavoro più a lungo oppure andare in pensione a 67 anni.

Infatti, si tratta, almeno per ora, di una scelta personale: si potrà andare in pensione una volta raggiunti i requisiti vigenti, mentre su base assolutamente volontaria si potrà decidere di continuare a lavorare fino a 70 anni. Parliamo di una possibilità che dovrà comunque essere concordata con la Pubblica Amministrazione di appartenenza, anche per quelle decentrate.

Da una parte, si punta a trattenere gli statali a lavoro fino a 70 anni e, dall’altra parte, sorge anche l’intenzione di assumere 350.000 giovani entro l’anno prossimo.

L’obiettivo è quello di svecchiare l’organico perché l’età media attuale è di 49 anni, ma, al contempo, si ragiona sul rinvio del pensionamento, trattenendo i lavoratori in servizio di altri 3 anni.

Per saperne di più, comunque, non ci rimane che attendere maggiori dettagli e capire come, effettivamente, il Governo ha intenzione di muoversi per la prossima Legge di Bilancio.

Il futuro delle pensioni minime

Altro tema importante è quello delle pensioni minime. In questo caso, si ha l’intenzione di innalzarle, seppur di molto poco. I 1000 euro sono ancora molto lontani, ma si potrebbero raggiungere comunque cifre importanti. L’ipotesi al momento circolante è quella di 620/630 euro.

Si tratta pur sempre di una cifra più che ragionevole e chissà se un giorno, più lontano che vicino, si arriverà davvero ai 1000 euro.

Riforma delle pensioni: quali misure saranno adottate nel 2025

Uno dei nodi principali della Manovra 2025 è la riforma delle pensioni, per cui ci sono molte incognite e poche certezze sulle misure che saranno adottate il prossimo anno.

Per le pensioni, come quasi sempre, la strada è tortuosa e piena di ostacoli. Non si tratta, come per altre misure (taglio del cuneo fiscale o riforma dell’Irpef) di una priorità del Governo. Infatti, le coperture non potrebbero bastare a coprire una revisione del sistema pensionistico.

Sorgono dubbi, allora, anche sulle pensioni anticipate attualmente in vigore: quali saranno adottate il 2025? A quali dovremmo dire addio?

Riforma delle pensioni 2025

Per la prossima Legge di Bilancio 2025, la riforma delle pensioni non è tra le priorità del Governo. Gli italiani, da parte loro, vorrebbero una revisione del sistema pensionistico, spaventati anche da un ritorno della Legge Fornero e dall’eliminazione dei più o meno convenienti scivoli pensionistici.

Il punto di debolezza degli scivoli pensionistici è l’onerosità estremamente alta per le casse dello Stato, ma senza di essi, molti cittadini con i requisiti per accedervi, saranno costretti ad aspettare ancora molti anni prima di uscire dal mondo del lavoro.

Purtroppo, per attuare una riforma delle pensioni non manca tanto la volontà, quanto i fondi. Per reperire risorse, si dovrà metter mano a bonus e altre agevolazioni, revisionando, probabilmente, anche l’Assegno unico.

Quanto costa la riforma delle pensioni

La riforma delle pensioni costa e pure tanto. Da una parte, probabilmente, si cerca di evitare di fare promesse che poi, alla luce della situazione reale, potrebbero non essere mantenute. Dall’altra parte, però, è ancora troppo presto per cantare vittoria.

La situazione dei conti pubblici, in ogni caso, è molto fragile, forse più del solito. Basti pensare che solo per finanziare il rinnovamento di Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna sono necessari quasi 650 milioni di euro. Almeno per il momento di tratta di fondi irrecuperabili, se non con tagli.

Una delle proposte portate avanti dalla Lega è Quota 41 che, nella sua versione ridotta, costerebbe quasi 1 miliardo di euro. Cosa prevede? Ribattezzata Quota 41 light prevede l’intero calcolo con il metodo contributivo e con un assegno pensionistico molto leggero, mutilato fino al 30%, ma con finestre molto più lunghe.

Ammettendo una riduzione delle spese, le cifre raggiungerebbero comunque un record: si parla di 900 milioni di euro. Si tratta, data la situazione, di una spesa troppo elevata per una misura che, a conti fatti, potrebbe far comodo solo a pochi cittadini.

Pensioni anticipate nel 2025

Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna hanno data di scadenza al 31 dicembre 2024. Saranno rinnovate? Il Governo, proprio nella Manovra 2025, è chiamato a prendere una decisione difficile, se prorogare o dire addio alle pensioni anticipate.

Si tratta di una decisione non facile. Da una parte si potrebbe decidere di prorogare le formule con qualche ritocco, così come è stato fatto nella precedente Legge di Bilancio. Dall’altra parte, invece, si potrebbe decidere di non rinnovare le misure, ma sostituirle con delle nuove nell’ambito di una mini-riforma della flessibilità.

Entrambe le ipotesi, ma soprattutto la seconda, appare comunque molto difficile con le risorse a disposizione.

Si deve anche considerare che, al momento, nella maggioranza ci sono diverse scuole di pensiero sulle possibili ed eventuali soluzioni da adottare.

In ogni caso, i dubbi permangono sulla già citata Quota 41 contributiva, il cavallo di battaglia della Lega. Spunta anche l’ipotesi di Quota 104, già pensata in precedenza.

Il nodo principale, però, rimangono le tre formule attualmente in vigore: Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna. Saranno rinnovate anche per il 2025? Ancora è presto per dirlo, bisogna attendere successivi sviluppi.

ISCRO 2024: le istruzioni amministrative INPS

ISCRO 2024: con la pubblicazione della circolare n. 84 del 23 luglio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni procedurali e contabili per ciò che concerne l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) che viene riconosciuta nei confronti dei soggetti che svolgono un’attività professionale di lavoro autonomo e che risultano iscritti alla Gestione separata dell’Istituto stesso, in seguito alle modifiche normative che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Inclusione e Sostegno alla Famiglia e alla Genitorialità, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, e dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 29 settembre 1973, recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 1 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 268 del 16 ottobre 1973;
  • la legge n. 222 del 12 giugno 1984, recante “Revisione della disciplina della invalidità pensionabile”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 165 del 16 giugno 1984;
  • l’art. 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. TUIR), il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 126 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 302 del 31 dicembre 1986;
  • il decreto legislativo n. 509 del 30 giugno 1994, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 196 del 23 agosto 1994;
  • l’art. 2, comma 26, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, recante “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 101 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 190 del 16 agosto 1995;
  • il decreto legislativo n. 103 del 10 febbraio 1996, recante “Attuazione della delega conferita dall’art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 43 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 52 del 2 marzo 1996;
  • il decreto interministeriale del 30 gennaio 2015, recante “Semplificazione in materia di documento unico di regolarià’ contributiva (DURC)”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 125 del 1° giugno 2015;
  • l’art. 13 del decreto legislativo n. 150 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 221 del 23 settembre 2015;
  • l’art. 1, comma 179, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017), la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 57 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 297 del 21 dicembre 2016;
  • la legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021), la quale è stata pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 46 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 322 del 30 dicembre 2020;
  • il decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 103 del 4 maggio 2023, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 3 luglio 2023;
  • l’art. 1, commi da 142 a 155, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), la quale è stata pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023;
  • l’art. 17 bis del decreto legge n. 60 del 7 maggio 2024, recante “Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 105 del 7 maggio 2024, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 95 del 4 luglio 2024.

ISCRO 2024: le istruzioni INPS sull’indennità riconosciuta ai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dal sopra citato art. 1, commi da 142 a 155, della Legge di Bilancio 2024, viene riconosciuta ai soggetti iscritti alla Gestione separata INPS e che svolgono per professione abituale attività di lavoro autonomo un’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, denominata ISCRO.

A tal proposito, in particolare, possono beneficiare dell’indennità ISCRO tutti i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata che sono in possono dei seguenti requisiti.

  • non essere titolari di trattamento pensionistico diretto e non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
  • non essere beneficiari di Assegno di inclusione;
  • aver prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, inferiore al 70% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei due anni ancora precedenti;
  • aver dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore a 12.000 euro;
  • essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
  • essere titolari di partita IVA attiva da almeno tre anni.

La domanda può essere presentata sia tramite Istituti di Patronato e Contact Center che direttamente sul sito web dell’INPS, nella sezione “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche”, previa autenticazione mediante SPID, CIE o CNS.

Pensione anticipata 2024: modifiche alle aliquote di rendimento e ai termini per l’accesso

Pensione anticipata 2024: con la pubblicazione della circolare n. 78 del 3 luglio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per ciò che concerne l’applicazione delle nuove normative che sono state introdotte e delle modifiche che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024 in merito alle aliquote di rendimento a favore degli iscritti alla CPDEL, alla CPS, alla CPI e alla CPUG, nonché in merito alle decorrenze della pensione anticipata e della pensione per i lavoratori precoci.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 13 della legge n. 1338 del 12 agosto 1962, recante “Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 229 dell’11 settembre 1962;
  • la tabella di cui all’allegato A della legge n. 965 del 26 luglio 1965, recante “Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza delle Casse per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali e agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 204 del 16 agosto 1965;
  • la tabella A allegata alla legge n. 16 del 24 gennaio 1986, recante “Trattamento di quiescenza per gli iscritti a carico della Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 30 del 6 febbraio 1986;
  • l’art. 13, lett. b), del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992, recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 137 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 305 del 30 dicembre 1992;
  • l’art. 17, comma 1, della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 174 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 304 del 30 dicembre 1994;
  • il decreto legislativo n. 67 del 21 aprile 2011, recante “Accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, a norma dell’articolo 1 della legge 4 novembre 2010, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 108 dell’11 maggio 2011;
  • l’art. 24, comma 10, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 251 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 284 del 6 dicembre 2011, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011;
  • l’art. 4, commi da 1 a 7 ter, della legge n. 92 del 28 giugno 2012, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 136 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 153 del 3 luglio 2012;
  • l’art. 26 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 221 del 23 settembre 2015;
  • l’art. 1, commi da 179 a 186, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 57 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 297 del 21 dicembre 2016;
  • l’art. 1, commi da 147 a 153, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 (c.d. Legge di Bilancio 2018), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 62 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 302 del 29 dicembre 2017;
  • l’art. 17 del decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 23 del 28 gennaio 2019, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 28 marzo 2019;
  • l’art. 1, commi da 157 a 163, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40/L della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023.

Pensione anticipata 2024: le istruzioni INPS per l’applicazione delle nuove aliquote di rendimento e delle modifiche alle decorrenze

In seguito alle modifiche che sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2024, ecco come deve essere effettuato il calcolo della pensione:

  • con le nuove aliquote di rendimento di cui all’allegato II della Legge di Bilancio 2024, per l’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
  • con le aliquote di rendimento indicate nelle tabelle allegate alle leggi n. 965 del 1965 e n. 16 del 1986, per le quote di pensione retributive.

Ecco, invece, quali sono le nuove decorrenze stabilite dalla Legge di Bilancio 2024 per quanto riguarda la pensione anticipata e la pensione per i lavoratori precoci:

  • dopo 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2024;
  • dopo 4 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2025;
  • dopo 5 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2026;
  • dopo 7 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se entro il 31 dicembre 2027;
  • dopo 9 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi, se a partire dal 1° gennaio 2028;

Nuove compensazioni F24 dal 1° luglio: circolare Agenzia delle Entrate

Nuove compensazioni F24: con la pubblicazione della circolare n. 16/E del 28 giugno 2024 da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’amministrazione finanziaria stessa ha fornito le istruzioni operative per ciò che concerne le modifiche che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024 e dal decreto Agevolazioni alle procedure di compensazione dei crediti.

La suddetta circolare dell’AdE, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Coordinamento Normativo, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • il decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 29 settembre 1973, recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 1 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 268 del 16 ottobre 1973;
  • il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 29 settembre 1973, recante “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 2 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 268 del 16 ottobre 1973;
  • l’art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 31 dicembre 1992, recante “Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 8 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 9 del 13 gennaio 1993;
  • l’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 9 luglio 1997, recante “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 174 del 28 luglio 1997;
  • l’art. 8, comma 1, della legge n. 212 del 27 luglio 2000, recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 177 del 31 luglio 2000;
  • l’art. 1, commi da 421 a 423, della legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 192 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 306 del 31 dicembre 2004;
  • l’art. 37, commi 49 e ss., del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 153 del 4 luglio 2006, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 4 agosto 2006;
  • l’art. 31, comma 1, del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 114 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 125 del 31 maggio 2010, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010;
  • l’art. 11 del decreto legge n. 66 del 24 aprile 2014, recante “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 95 del 24 aprile 2014, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 23 giugno 2014;
  • l’art. 1, commi da 94 a 98, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023;
  • l’art. 4, commi 2 e 3, del decreto legge n. 39 del 29 marzo 2024 (c.d. decreto Agevolazioni), recante “Misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119 e 119-ter del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, altre misure urgenti in materia fiscale e connesse a eventi eccezionali, nonché relative all’amministrazione finanziaria”, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 75 del 29 marzo 2024, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 67 del 23 maggio 2024.

Nuove compensazioni F24: le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate sulle novità introdotte dal 1° luglio 2024

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dalle normative sopra richiamate, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative in merito a:

  • l’obbligo di effettuare la compensazione dei crediti attraverso l’utilizzo dei servizi online che vengono messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, anche se maturati nei confronti dell’INPS e dell’INAIL;
  • l’impossibilità di effettuare compensazione dei crediti a partire dal 1° luglio 2024 in caso di iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, nonché dei debiti con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, di importo superiore a 100.000 euro.

Cessione di immobili oggetto di Superbonus: le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate sulle novità

Cessione di immobili oggetto di Superbonus: con la pubblicazione della circolare n. 13/E del 13 giugno 2024 da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’amministrazione finanziaria stessa ha comunicato quelle che sono le novità che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024 per ciò che concerne la disciplina relativa alle plusvalenze in caso di cessioni di immobili oggetto di Superbonus.

La circolare in questione, inoltre, illustra quali sono le novità in merito alla disciplina della variazione dello stato dei beni.

La suddetta circolare dell’AdE, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Coordinamento Normativo, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 29 settembre 1973, recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 1 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 268 del 16 ottobre 1973;
  • gli artt. 67 e 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), e successive modificazioni, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 126 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 302 del 31 dicembre 1986;
  • l’art. 1, commi 1 e 2, del decreto ministeriale n. 701 del 19 aprile 1994, relativo al “Regolamento recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari”, il quale è stato redatto da parte del Ministero delle Finanze ed il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 300 del 24 dicembre 1994;
  • l’art. 1, comma 496, della legge n. 266 del 23 dicembre 2005 (c.d. Legge di Bilancio 2006), recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 211 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 302 del 29 dicembre 2005;
  • l’art. 1, commi da 634 a 636, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (c.d. Legge di Bilancio 2015), recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 99 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 300 del 29 dicembre 2014;
  • l’art. 119 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. decreto Rilancio), recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 21 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 128 del 19 maggio 2020, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020;
  • l’art. 121, comma 1, lett. a) e b), del sopra citato decreto legge n. 34 del 2020;
  • l’articolo 1, commi da 64 a 67, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023;
  • l’art. 1, commi 86 e 87, della sopra citata Legge di Bilancio 2024.

Cessione di immobili oggetto di Superbonus: ecco quali sono le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative per quanto riguarda le novità che sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 in materia di cessione di immobili oggetto di Superbonus, ma non solo.

Nello specifico, ecco qui sotto le novità introdotte per quest’anno:

  • l’art. 1, commi da 64 a 67, della Legge di Bilancio 2024 ha apportato delle modifiche alla disciplina delle plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili;
  • l’art. 1, commi 86 e 87, della Legge di Bilancio 2024 ha introdotto delle nuove misure in materia di variazione dello stato dei beni.

Congedo parentale: indennità elevata all’80% solo per il 2024, le istruzioni INPS

Congedo parentale: con la pubblicazione della circolare n. 57 del 18 aprile 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato che l’indennità in oggetto è stata aumentata per un altro mese dal 30% al 60%, elevata all’80% esclusivamente per il solo anno 2024.

L’Istituto, a tal proposito, ha fornito anche le istruzioni amministrative ed operative per quanto riguarda l’indennità di congedo parentale prevista per i lavoratori dipendenti e per le lavoratrici dipendenti.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1, comma 179, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), la quale è stata successivamente pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 14 del 18 gennaio 2024.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce alle modifiche che sono state apportate dal sopra citato articolo legislativo della Legge di Bilancio 2024 a quanto era stato disposto in precedenza all’interno dell’art. 34, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 96 del 26 aprile 2001.

Congedo parentale, indennità elevata dal 30% al 60% e all’80% solo per l’anno 2024: a chi spetta? Ecco quali sono i soggetti che possono beneficiare dell’aumento

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dal sopra richiamato art. 1, comma 179, della Legge di Bilancio 2024, sono state apportate delle modifiche all’art. 34 del decreto legislativo n. 151 del 2001 ed è stato previsto l’aumento dal 30% al 60% dell‘indennità di congedo parentale per un altro mese esclusivamente per quanto riguarda i lavoratori dipendenti.

Sono esclusi, pertanto, dalla possibilità di beneficiare dell’aumento della misura in oggetto i seguenti lavoratori:

  • i lavoratori autonomi;
  • i lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS;
  • ecc…

Tale aumento, inoltre, è stato fissato in misura pari all’80% della retribuzione conseguita esclusivamente per quanto riguarda l’anno 2024.

Infine, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale chiarisce che nel caso in cui un genitore lavori con un contratto di lavoro in qualità di dipendente, mentre l’altro genitore operi in qualità di un’altra categoria lavorativa, allora l’ulteriore mese di congedo parentale per il quale è previsto l’aumento dell’indennità fino al 60% e, per il solo anno 2024, fino all’80% della retribuzione spetta esclusivamente al genitore lavoratore dipendente.

Come fare domanda?

La domanda di congedo parentale deve essere presentata dai soggetti che abbiamo specificato durante il corso del precedente paragrafo in modalità telematica direttamente all’INPS, tramite l’utilizzo di uno dei seguenti sistemi:

  • il sito web dell’INPS, recandosi all’interno della home page dell’Istituto e seguendo il percorso “Lavoro > Congedi, permessi e certificati”, previa autenticazione all’interno della propria area riservata mediante l’utilizzo di una delle seguenti credenziali digitali:
  • il Contact center integrato, telefonando al numero verde 803 164 (in maniera gratuita chiamando da rete fissa) oppure telefonando al numero 06 164 164 (a pagamento, in base al piano tariffario che viene offerto dal proprio gestore telefonico, chiamando da rete mobile);
  • gli Istituti di Patronato, utilizzando gli appositi servizi online che vengono messi a disposizione da parte dei medesimi.

Legge di Bilancio 2024 e Decreto Anticipi: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulle novità in materia di redditi di lavoro dipendente

Legge di Bilancio 2024 novità: con la pubblicazione della circolare n. 5/E del 7 marzo 2024 da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’amministrazione finanziaria stessa ha fornito dei chiarimenti per quanto riguarda le novità che sono state apportate in materia di redditi di lavoro dipendente.

Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative ai propri Uffici collocati sul territorio nazionale in merito alle novità fiscali che sono state introdotte in merito alla disciplina del welfare aziendale, per ciò che concerne la legge sul riscatto dei periodi non coperti da retribuzione (art. 1 della Legge di Bilancio 2024), nonché in merito alla normativa che riguarda il trattamento integrativo speciale per il lavoro notturno e festivo dei seguenti lavoratori:

  • i lavoratori dipendenti che operano presso degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande;
  • i lavoratori dipendenti che operano presso delle strutture turistiche, ricettive e termali.

La suddetta circolare dell’AdE, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Coordinamento Normativo, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024) e all’interno del decreto legge n. 145 del 18 ottobre 2023 (c.d. Decreto Anticipi).

La circolare in oggetto, inoltre, per ciò che concerne la nuova normativa in materia di welfare aziendale, fornisce dei chiarimenti in seguito alle modifiche che sono state apportate dalle sopra citate leggi su quanto era stato precedentemente disposto dall’art. 51, comma 4, lett. b), primo periodo, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR)

Nello specifico, l’amministrazione finanziaria ha fornito delle precisazioni per quanto riguarda ciò che è stato previsto dall’art. 3, commi 3 bis e 3 ter, del Decreto Anticipi, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191 del 15 dicembre 2023, in merito alle modalità di determinazione del fringe benefit in caso di prestiti che vengono concessi al lavoratore dipendente interessato.

Legge di Bilancio 2024 novità: l’Agenzia delle Entrate fornisce dei chiarimenti sulle modifiche apportate a welfare aziendale, trattamento integrativo speciale e riscatto dei periodi non coperti da retribuzione

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, ecco qui di seguito quali sono le novità che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024 e dal Decreto Anticipi per quanto riguarda le misure fiscali per il welfare aziendale:

  • l’art. 1, commi 16 e 17, della Legge di Bilancio 2024, ha apportato delle modifiche in materia di non imponibilità del valore dei beni che sono stati ceduti e dei servizi che sono prestati ai lavoratori dipendenti, nonché in materia di non imponibilità delle somme di denaro che sono state pagate oppure rimborsate ai medesimi da parte dei propri datori di lavoro;
  • l’art. 3, commi 3 bis e 3 ter, del Decreto Anticipi, ha apportato delle modifiche in materia di determinazione del compenso in natura che riguarda i prestiti che sono stati pagati ai lavoratori dipendenti da parte dei propri datori di lavoro;
  • l’art. 1, comma 18, della Legge di Bilancio 2024 ha apportato delle modifiche per quanto riguarda la tassazione dei premi risultato, disponendo una riduzione dal dal 10% al 5% dell’aliquota che è prevista ai fini del versamento dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato e di partecipazione agli utili di impresa di cui all’art. 1, comma 182, della legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (c.d. Legge di Bilancio 2016).

Infine, tramite la pubblicazione della circolare in oggetto l’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti anche sulle seguenti novità:

  • le modifiche apportate sul trattamento integrativo speciale previsto per i lavoratori di:
    • esercizi di somministrazione di alimenti e bevande;
    • comparto turistico, ricettivo e termale;
  • le modifiche apportate dell’art. 1, commi da 126 a 130, della Legge di Bilancio 2024, sul riscatto dei periodi non coperti da retribuzione.

Taglio cuneo fiscale e IRPEF: come cambiano gli stipendi nel 2024? Le novità previste dalla Manovra del Governo

Taglio cuneo fiscale e IRPEF: dopo che il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026” (Legge di Bilancio 2024) è stato approvato da parte del Senato della Repubblica in data 22 dicembre 2023, il disegno di legge presentato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze (MEF), Giancarlo Giorgetti è stato approvato in via definitiva anche dalla Camera dei Deputati.

A tal proposito, dunque, lo stesso Ministro Giorgetti ha espresso la propria soddisfazione per quanto riguarda il contenuto della Manovra relativa al prossimo anno sulla quale ha lavorato il Governo.

Come è stato comunicato anche all’interno di un apposito avviso da parte del MEF, disponibile all’interno del rispettivo sito web ufficiale del MEF, le principali misure che sono previste dalla Legge di Bilancio 2024 hanno come obiettivo principale quello di andare a fornire un sostegno a:

  • lavoratori che conseguono dei redditi medio-bassi;
  • le famiglie numerose;
  • la natalità.

Inoltre, le novità che sono state introdotte da parte del Consiglio dei Ministri hanno lo scopo anche di:

  • disciplinare il rinnovo dei contratti pubblici;
  • rifinanziare la spesa pubblica per quanto riguarda il settore della sanità;
  • potenziare quelli che sono gli investimenti pubblici e privati.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme solamente due tra le varie misure che sono state introdotte da parte del Governo all’interno della Legge di Bilancio 2924, ovvero:

  • il taglio del cuneo fiscale;
  • la riforma dell’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche).

Taglio cuneo fiscale e IRPEF: il Governo stanzia 10 miliardi di euro per garantire un esonero contributivo ai lavoratori dipendenti che conseguono redditi pari o inferiori a 35.000 euro

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, il Governo ha deciso di stanziare un ammontare di risorse economiche pari a 10 miliardi di euro con l’obiettivo di rinnovare il taglio del cuneo fiscale anche per quanto riguarda l’anno 2024.

Pertanto, il Consiglio dei Ministri ha deciso di introdurre in via eccezionale un esonero contributivo esclusivamente per quanto riguarda i lavoratori dipendenti che percepiscono dei compensi di importo inferiore a 2.692 euro mensili o a 1.923 euro mensili (a seconda dei casi), durante il corso del periodo compreso tra il 1º gennaio 2024 e il 31 dicembre 2024.

Nello specifico, dunque, ecco qui di seguito gli importi legati al taglio del cuneo fiscale in oggetto contenuto all’interno della Legge di Bilancio 2024:

  • esonero contributivo pari al 7% dei redditi conseguiti da parte del lavoratore dipendente, nel caso in cui questi ultimi siano di ammontare pari o inferiore a 25.000 euro l’anno (1.923 euro mensili);
  • esonero contributivo pari al 6% dei redditi conseguiti da parte del lavoratore dipendente, nel caso in cui questi ultimi siano di ammontare compreso tra 25.001 euro e 35.000 euro l’anno (2.692 euro mensili).

Dal momento in cui viene concesso tale esonero contributivo, in particolare, quest’ultimo non inficerà in alcun modo sul rateo di tredicesima, nonché sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore.

La riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche: scaglioni ridotti da 4 a 3 e aumento della soglia della no tax area

Oltre al taglio del cuneo fiscale di cui abbiamo già parlato durante il corso del precedente paragrafo, un’altra misura che andrà ad influire sugli stipendi relativi all’anno 2024 è la riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

A tal proposito, il Governo ha deciso per l’appunto di modificare gli scaglioni IRPEF per l’anno attualmente in corso, andando a ridurre gli stessi da quattro a tre per via dell’accorpamento che è stato operato sui primi due scaglioni relativi ai redditi più bassi.

Nello specifico, il Consiglio dei Ministri, dietro proposta presentata da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha eliminato la distinzione tra coloro che possiedono dei redditi pari o inferiori a 15.000 euro e coloro che possiedono dei redditi compresi tra 15.001 euro e 28.000 euro.

L’aliquota IRPEF prevista per entrambi i casi, dunque, sarà d’ora in avanti pari al 23% dei redditi conseguiti da parte del lavoratore.

Per sintetizzare e spiegare al meglio questa modifica che è stata introdotta dal Governo, ecco qui di seguito come sono stati riformulati i vari scaglioni di reddito e le varie aliquote IRPEF per l’anno 2024:

  • per quanto riguarda i redditi di importo pari o inferiore a 28.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 23%;
  • per quanto riguarda i redditi di importo compreso tra 28.001 euro e 50.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 35%;
  • per quanto riguarda i redditi di importo superiore a 50.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 43%.

Ecco, invece, quali erano gli scaglioni di reddito e le aliquote relative all’imposta sul reddito delle persone fisiche previsti prima della riforma in questione:

  • per quanto riguarda i redditi di importo pari o inferiore a 15.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 23%;
  • per quanto riguarda i redditi di importo compreso tra 15.001 euro e 28.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 25%;
  • per quanto riguarda i redditi di importo compreso tra 28.001 euro e 50.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 35%;
  • per quanto riguarda i redditi di importo superiore a 50.000 euro annui, l’aliquota IRPEF da applicare ai fini del calcolo dell’imposta lorda annuale è pari al 43%.

Infine, sempre in merito alla riforma dell’IRPEF, la Legge di Bilancio 2024 ha disposto anche l’aumento da 1.880 euro a 1.995 euro della detrazione che spetta ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito fino a 15.000 euro, comportando così un incremento della soglia della no tax area, la quale si attesta ora a 8.500 euro come avviene già anche per i pensionati.

Per approfondire, sempre qui su TAG24 abbiamo pubblicato un altro articolo su tutte le misure previste dal Governo all’interno della Legge di Bilancio 2024.

Legge di Bilancio 2024: tutte le misure previste dal Governo

Legge di Bilancio 2024: in seguito all’approvazione da parte del Senato della Repubblica in data 22 dicembre 2023, il disegno di legge presentato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze (MEF), Giancarlo Giorgetti, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026” è stato approvato in via definitiva anche dalla Camera dei Deputati.

A tal proposito, lo stesso Ministro ha comunicato la propria soddisfazione per quanto riguarda il contenuto della Manovra sulla quale ha lavorato il Governo.

Come è possibile evincere anche all’interno dell’apposito comunicato che è stato pubblicato all’interno del sito web ufficiale del MEF, le principali misure previste dalla Legge di Bilancio 2024 hanno lo scopo di fornire un sostegno ai lavoratori che conseguono dei redditi medio-bassi, alle famiglie numerose e all’incentivo alla natalità.

Inoltre, le novità introdotte dal Consiglio dei Ministri hanno l’obiettivo anche di regolamentare il rinnovo dei contratti pubblici, rifinanziare la spesa pubblica relativa al settore della sanità, nonché potenziare quelli che sono gli investimenti pubblici e privati.

Senza indugiare ulteriormente, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda la Legge di Bilancio 2024 ed, in particolare, quali sono tutte le misure che sono state introdotte da parte del Governo.

Legge di Bilancio 2024: tutte le misure con le risorse stanziate dal Consiglio dei Ministri nei vari settori

Ecco qui di seguito tutte le misure che sono state introdotte da parte del Governo con la pubblicazione della Legge di Bilancio 2024:

  • 10 miliardi di euro sono stati stanziati ai fini del rinnovo del taglio del cuneo fiscale per quanto riguarda l’anno 2024, il quale è previsto per i seguenti ammontari:
    • il 7% per quanto riguarda i redditi di importo pari o inferiore a 25.000 euro;
    • il 6% per quanto riguarda i redditi di importo compreso tra 25.001 euro e 35.000 euro.
  • la riforma delle aliquote IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), la quale prevede:
    • 4,3 miliardi di euro sono stati stanziati ai fini della riduzione degli scaglioni IRPEF da quattro a tre grazie all’accorpamento dei primi due;
    • l’aliquota IRPEF per quanto riguarda i redditi di importo pari o inferiore a 28.000 euro sarà pari al 23%;
    • la soglia della no tax area è stata aumentata fino a 8.500 euro;
    • l’aumento delle buste paga relative ai lavori dipendenti per un ammontare pari a 1.298 euro annui;
  • 3 miliardi di euro sono stati stanziati ai fini del rinnovo relativo ai contratti della pubblica amministrazione per quanto riguarda l’anno 2024. A questo importo, inolte, bisogna aggiungere anche le seguenti risorse stanziate da parte del Governo:
    • per quanto riguarda l’anno 2025 sono stati stanziati 5 miliardi di euro ai fini del rinnovo relativo ai contratti della pubblica amministrazione;
    • altre risorse economiche sono state stanziate in merito al personale che opera all’interno del comparto medico sanitario, all’interno del comparto sicurezza, nonché all’interno del comparto difesa;
  • per quanto riguarda il settore della sanità sono state stanziate le seguenti risorse economiche:
    • 3 miliardi di euro per l’anno 2024;
    • 4 miliardi di euro per l’anno 2025;
    • 4,2 miliardi di euro a partire dall’anno 2026;
    • inoltre, 250 milioni di euro per l’anno 2025 e 350 milioni di euro per l’anno 2026 sono stati stanziati ai fini del potenziamento dell’assistenza territoriale e delle nuove assunzioni di personale operante nel comparto;
  • 1 miliardo di euro è stato stanziato per quanto riguarda le misure che sono state introdotte con il fine di fornire un sostegno alle famiglie e alla natalità, con l’approvazione delle seguenti misure:
    • la conferma della carta “Dedicata a te” (600 milioni di euro), utilizzabile esclusivamente per l’acquisto di prima necessità e di carburanti;
    • il rifinanziamento del Fondo di garanzia per mutui prima casa destinato ai giovani di età pari o inferiore 36 e alle famiglie numerose (280 milioni di euro);
    • la proroga per il primo trimestre 2024 del contributo straordinario previsto per il caro energia ai soggetti beneficiari del c.d. bonus sociale elettricità (200 milioni di euro);
    • la proroga fino al mese di febbraio 2024 dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) in caso di acquisto di pellet;
    • la decontribuzione pari al 100% di quanto dovuto, fino ad un importo massimo di 3.000 euro l’anno, da parte delle madri lavoratrici che hanno dei figli a carico per una durata pari ad un anno in caso di due figli e a tre anni in caso di tre o più figli;
    • il rafforzamento del bonus asili nido;
  • per quanto riguarda il mondo del lavoro:
    • confermata la detassazione dei premi di produttività al 5%;
    • confermata la soglia di esenzione prevista per i fringe benefit fino ad un importo pari a 1.000 euro e, in caso di lavoratori con figli, fino ad un importo pari a 2.000 euro;
    • detassazione del lavoro notturno e festivo per i dipendenti dche operano presso delle strutture turistico-alberghiere;
  • per quanto riguarda le imprese:
    • 1,3 miliardi di euro sono stati stanziati per finanziare l’aumento delle deduzioni in caso di assunzione con un contratto di lavoro a tempo indeterminato di giovani, domne, lavoratori di categorie svantaggiate ed ex beneficiari del Reddito di Cittadinanza (RdC);
    • 1,8 miliardi di euro sono stati stanziati per finanziare il credito di imposta previsto per coloro che decidono di investire in beni strumentali destinati a strutture produttive presenti all’interno della ZES unica del Mezzogiorno;
    • rinvio fino al 1º luglio 2024 dell’entrata in vigore della plastic e sugar tax;
    • introduzione dell’obbligo di stipula di polizze assicurative a copertura dei rischi che possono derivare da catastrofi e calamità naturali;
  • per quanto riguarda le pensioni:
    • proroga di Quota 193, APE Sociale e Opzione Donna;
    • rinnovo del Bonus Maroni;
    • conferma del meccanismo di indicizzazione delle pensioni all’inflazione;
  • riduzione del Canone RAI, il quale passa da 90 a 70 euro l’anno, con integrazione del finanziamento alla Rai per un’ammontare pari a 430 milioni di euro per l’anno 2024;
  • per quanto riguarda l’istruzione, sono stati stanziati altri 36 milioni di euro per il conferimento delle borse di studio agli studenti e 10 milioni di euro per l’istituzione del c.d. Fondo per l’Erasmus italiano;
  • altri provvedimenti sono stati adottati per la cultura, le infrastrutture, le autonomie, gli investimenti pubblici, il Fisco, l’Ucraina e le missioni internazionali, la cedolare secca sugli affitti brevi, la violenza sulle donne.

Pensione anticipata contributiva e nuove regole: 64 anni con 20 anni di contributi e altri requisiti

 La pensione contributiva a 64 anni di età, sembra essere più vantaggiosa per le donne. A dispetto delle migliori previsioni, le pensioni degli italiani cominciano a perdere pezzi pregiati, anche se non è del tutto una novità; in molti sapevano, altri hanno intuito la presenza di maggiori paletti.

Il governo Meloni ha lasciato inalterati i requisiti per la pensione di vecchiaia, introducendo vincoli e paletti per coloro che scelgono di ritirarsi prima dal lavoro.

È forte la sensazione che il vaso di Pandora sia pronto ad aprirsi ancora una volta sulla testa dei lavoratori e che lo scenario della pensione contributiva a 64 anni, stranamente più favorevole per le donne, nasconda ben altro.

Pensione contributiva a 64 anni

Nella legge di Bilancio 2024, sono previste modifiche per i requisiti per l’accesso all’opzione contributiva della pensione anticipata, a favore dei lavoratori che non hanno maturato un’anzianità contributiva entro il 31 dicembre 1995.

D’altra parte, pochi raccontano che questa formula previdenziale è una misura flessibile di pensionamento introdotta dalla legge Fornero.

Il principio della pensione a 64 anni di età con 20 anni di contributi effettivi, esclusi i contributi figurativi, si basa sulla presenza di una carriera lavorativa ricca e continua, tale da garantire una rendita mensile pari a 2,8 volte il trattamento minimo vitale.

Nel 2024, anche questa misura è stata oggetto di modifiche, con l’obiettivo di facilitarne l’accesso. Vediamo come.

Quali sono i requisiti per andare in pensione a 64 anni?

È importante notare che possono accedere alla pensione contributiva a 64 anni solo i lavoratori che hanno maturato un’anzianità contributiva integralmente nel sistema contributivo e che possono richiedere il computo della Gestione separata riservata ai contributivi puri.

In sostanza, la misura riguarda coloro che hanno iniziato ad accumulare una contribuzione utile ai fini previdenziali a partire dal 1° gennaio 1996, secondo le norme previste dalla legge Dini.

Quando si può andare in pensione con il sistema contributivo?

Nel 2024, per accedere alla pensione anticipata contributiva, è necessario rispettare diverse condizioni. Come detto sopra, fino al 31 dicembre 2023, l’assegno previdenziale non deve risultare più alto di 2,8 volte il trattamento minimo, ovvero pari a 1.409,15 euro lordi, considerando che l’importo dell’assegno sociale corrisponde a 503,27 euro.

Le nuove regole sono più favorevoli per le donne. Nel 2024, si potrà andare in pensione a 64 anni, ottenendo la pensione contributiva, a condizione che si soddisfino diversi requisiti:

  • 64 anni di età;
  • almeno 20 anni di contributi effettivi (obbligatori, da riscatto e volontari);
  • un assegno pari a 3 volte il trattamento minimo vitale;
  • per le donne con un figlio, il tetto dell’assegno scende a 2,8 volte il trattamento minimo;
  • per le donne con due figli, il tetto dell’assegno scende a 2,6 volte il trattamento minimo vitale.

Pensione contributiva 64 anni: con quale assegno nel 2024

Di fatto, diventerà più difficile accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni di età, come confermato in un articolo di money.it.

Sarà richiesto sempre un assegno di un valore più alto, considerando la presenza della rivalutazione applicata da gennaio 2024. Secondo numerosi esperti, l’assegno sociale dovrebbe attestarsi a 535 euro; di conseguenza, l’assegno per la pensione dovrà raggiungere 1.605 euro lordi al mese.

Le condizioni migliorano per le lavoratrici con un figlio, che dovranno rientrare in un assegno pari a 1.498 euro lordi, mentre con due figli il tetto scende a 1.391 euro lordi.

In conclusione, la Legge di Bilancio 2024 del governo Meloni modifica la pensione anticipata contributiva, permettendo l’accesso a 64 anni con 20 anni di contributi, favorendo soprattutto le donne con condizioni più vantaggiose.

Reddito di libertà: cos’è, a chi spetta e nuovi fondi per il 2024

Il Reddito di libertà è una misura destinata alle donne vittima di violenza, con l’obiettivo di garantire loro un’indipendenza economica: per il 2023 sono previsti nuovi fondi. Per il Fondo per il Reddito di libertà sono stati stanziati 6 milioni di euro in più a decorrere dal 2024.

La domanda per ottenere il sussidio mensile deve essere presentata all’Inps e, una volta accolta, il contributo sarà erogato dalle Regioni e dalle Province autonome.

Nel testo, spieghiamo cos’è e come funziona, a chi spetta, ma prima di tutto parliamo dei nuovi fondi stanziati a decorrere dal 2024.

Reddito di libertà, nuovi fondi per il 2024

Il Fondo per il Reddito di libertà per le donne vittime di violenza, per il 2024, si arricchisce di nuovi fondi. La Legge di Bilancio prevede lo stanziamento di 6 milioni di euro a decorrere dal 2024, rendendo strutturale la misura nata nel 2020.

Il Fondo punta a favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà.

Il contributo è finalizzato a sostenere le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale e dei figli.

La misura è stata introdotta dall’articolo 3, comma 1, del decreto del presidente del Consiglio datato 17 dicembre 2020 e, adesso, è diventata strutturale.

Cos’è e a chi spetta

Il Reddito di libertà è un sussidio economico, erogato mensilmente e riconosciuto per un solo anno alle donne vittime di violenza. Il contributo è stato istituito per garantire e favorire l’indipendenza economica, l’emancipazione e percorsi di autonomia per le donne vittime di violenza, che si trovano in condizioni di povertà.

Lo scopo della misura, inoltre, è anche quello di contenere gli effetti negativi aggiunti provocati dalla pandemia di Covid-19, su una categoria già abbastanza provata.

A chi spetta? La misura può essere richiesta dalle donne vittime di violenza, sole oppure con figli minori a carico, che sono già seguite dai centri anti violenza, i quali devono essere riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali.

I requisiti richiesti sono i seguenti:

  • Residenza in Italia;
  • Cittadinanza italiana o comunitaria;
  • Aver intrapreso un percorso di fuoriuscita della violenza, presso i centri antiviolenza riconosciuto dalle Regioni e dai servizi sociali;
  • Trovarsi in una particolare condizione di povertà e di vulnerabilità, nonché di “urgenza e di bisogno”.

Come funziona e importo

Il Reddito di libertà viene riconosciuto dall’Inps previa la presentazione di apposita domanda. Il contributo viene riconosciuto una sola volta per un importo di 400 euro, su base mensile, per un massimo di 12 mesi.

La misura ha lo scopo di coprire le spese e assicurare alla vittima di violenza il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • Autonomia abitativa;
  • Percorso scolastico e formativo per i figli;
  • Acquisizione di un’autonomia personale a seguito di episodi di violenza.

Anche se la domanda per il riconoscimento del Reddito di libertà deve essere presentata all’Inps, il contributo verrà erogato dagli enti locali, ovvero i Comuni per conto delle Regioni.

Come presentare la domanda

Le donne vittime di violenza interessate devono presentare la domanda all’Inps, direttamente oppure mediante un rappresentante legale o un delegato, tramite il proprio Comune di residenza. Per presentare la domanda deve essere utilizzato il modello allegato alla circolare esplicativa dell’Inps.

La suddetta circolare illustra anche le funzionalità di accesso al servizio online e le conseguenti modalità operative e contabili.

Il budget è comunque limitato e può capitare che non tutte le domande vengano accolte. Le domande non ammesse potranno, però, essere accolte in un momento successivo, in caso di respingimento di domande già presentate.

Leggi anche: Violenza sulle donne: il ruolo chiave delle madri dei maschi per sperare in una società migliore e Violenza sulle donne, Fiorella Mannoia al Governo: “In manovra niente fondi per i centri antiviolenza”

Prelievo contanti 2024: quanto si può prelevare in banca senza esse…

Potrebbero esserci novità nel prelievo di contanti per il 2024? Forse non ci sono “sorprese” in arrivo o, al contrario, potrebbe esserci una nuova stretta fiscale. In poche parole, possiamo cogliere i timidi segnali che ruotano attorno al prelievo di contanti dal proprio conto corrente, segnali che non dovremmo sottovalutare, soprattutto se riguardano i controlli fiscali e i limiti delle operazioni in entrata e uscita. Vediamo insieme le novità previste per il prelievo di contanti nel 2024.

Prelievo contanti 2024

Nelle ultime settimane, abbiamo ricevuto molte domande riguardo alle novità previste nella legge di Bilancio del 2024 per i prelievi di contanti. Nonostante le regole introdotte per limitarne la circolazione, l’uso e lo scambio di denaro contante in Italia sono ancora molto diffusi, sia all’interno del Paese che in Europa.

Tuttavia, la diminuzione degli sportelli bancomat ha spinto il governo italiano a considerare l’introduzione di una norma che consentirebbe il prelievo tramite POS o in negozio, fino a un massimo di 250 euro al giorno. Questa novità è contemplata nell’articolo 85, anche se è difficile prevedere la sua tempestiva attuazione, poiché richiede modifiche dirette alle leggi contro il riciclaggio.

Quanto contante si può prelevare in banca 2023 privati?

 Dal 1° gennaio 2023, il limite sull’utilizzo del denaro contante è stato fissato a 5.000 euro. Per il prelievo di denaro dal proprio conto corrente, è necessario non superare l’importo di 10.000 euro, che può essere frazionato o totale.

Ciò implica che, nell’arco di un mese, il totale delle operazioni effettuate non deve superare i 10.000 euro, anche se eseguite in più tranche e quindi frazionate. Chi supera questa soglia rischia una segnalazione alla UIF.

Quanto si può prelevare in banca senza essere segnalati?

Come detto sopra, l‘uso anomalo di operazioni bancarie superiori a 10.000 euro in un mese porta l’istituto di credito a segnalare l’operazione alla UIF, in conformità alle regole stabilite dalla normativa Antiriciclaggio. Non è garantito che effettuando un prelievo di 10.010 euro si venga segnalati, ma è sicuramente preferibile rispettare le regole Antiriciclaggio.

Va notato che non esiste un limite specifico per il prelievo di denaro contante dal proprio conto corrente. Il correntista può ritirare le somme liquide disponibili entro il tetto fissato dalla banca.

Di solito, il prelievo massimo dal proprio conto corrente attraverso gli sportelli automatici non supera i 500 euro al giorno, con un totale mensile di 5.000 euro.

Tuttavia, è importante considerare che l’attuale normativa prevede limiti per i pagamenti in contanti e gli scambi commerciali, stabilendo che i pagamenti in contanti non possono superare il valore di 4.999 euro. Per evitare sanzioni per pagamenti che superano questa cifra, è necessario effettuare il pagamento tramite mezzi tracciabili.

Inoltre, in conformità alle disposizioni di legge della normativa Antiriciclaggio, le banche devono comunicare periodicamente all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) i movimenti di uscita (prelievi) che superano la soglia di 10.000 euro. Si tratta di un adempimento obbligatorio, e sarà compito della UIF valutare se esistono le condizioni per informare la Procura della Repubblica.

Nel merito, si riportano le disposizioni normative contenute nell’articolo 35 D.Lgs. 231/2007:

 “I soggetti obbligati, prima di compiere l’operazione, inviano senza ritardo alla UIF, una segnalazione di operazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa”.

 Quanti contanti si possono versare in banca senza controlli? Quali rischi sul prelievo contanti 2024?

 La situazione cambia completamente se le operazioni riguardano versamenti di denaro provenienti da carte, bonifici, assegni, e wallet digitali, ma non sono supportate da regole di attività lavorativa.

È importante ricordare che strumenti tracciabili per i movimenti di entrate e uscite sono utilizzati per contrastare l’economia sommersa, compresi fenomeni come l’evasione fiscale e le attività illecite.

I movimenti del conto corrente sono attentamente monitorati dall’Anagrafe dei conti correnti, un database alimentato dalle informazioni fornite dalle banche, che registra anche le transazioni di importo minimo. Questo spiega il motivo per cui anche un versamento di 100 euro può attirare l’attenzione del fisco.

Le disposizioni normative contenute nell’articolo 32 del Testo Unico sulle imposte sui redditi fanno riferimento ai movimenti di versamenti in banca o agli accrediti tramite bonifico, identificandoli come ricavi da correlare alla dichiarazione dei redditi.

In questo contesto, non rientrano i ricavi già tassati alla fonte, come le vincite da gioco, né quelli esenti da tasse, come i risarcimenti assicurativi. Tuttavia, è fondamentale poter dimostrare la provenienza del denaro.

Infatti, l’assenza di documentazione giustificativa porta il fisco a presumere che si tratti di proventi non dichiarati.

È importante sottolineare che l’onere della prova resta a carico del contribuente, il quale deve dimostrare con prove scritte e documentabili la provenienza del denaro oggetto di contestazione. In mancanza di prove, scattano le sanzioni previste dalla legge.

Tax free shopping, il limite di spesa scende a 70 euro: cos’è, come…

Arrivano novità, nella Legge di Bilancio del 2024, sulla Tax free schopping: cos’è e come funziona? Chiamata anche con il nome di Bonus shopping, si tratta di un’agevolazione che punta a stimolare il turismo e il settore del made in Italy.

Grazie alla Tax free shopping, i cittadini residenti o domiciliati al di fuori dell’UE possono acquistare beni in Italia destinati al consumo personale e familiare e chiedere il rimborso dell’Iva. Il limite, fino ad ora era fissato a 154, 90 euro, ma la prossima Legge di Bilancio ha ridotto la soglia, portandola a 70 euro.

Nel testo, oltre a vedere cosa cambia con la prossima Manovra finanziaria, andremo a spiegare cos’è la Tax free shopping e come funziona.

Cos’è e come funziona la Tax free shopping

Chiamata anche con il più comune nome di Bonus shopping, la Tax free shopping è un’agevolazione che viene riconosciuta sotto forma di rimborso Iva per gli acquisti di beni effettuati in Italia dai turisti stranieri.

La ratio dell’agevolazione è di stimolare e incentivare il commercio internazionale, il settore del turismo e del made in Italy.

In Italia, la tassa vale per i cittadini con residenza o domicilio al di fuori dell’Unione Europea. Egualmente, per gli italiani nei Paesi extra Europei, secondo il regime fiscale dello Stato in cui si effettua l’acquisto.

Grazie a questa misura, i visitatori internazionali possono risparmiare da un minimo del 4% fino ad un massimo del 22% sul prezzo di vendita dei beni acquistati. In soldoni, non pagano l’Iva sui prodotti.

Come funziona? Il turista straniero, che acquista beni di consumo in Italia da negozi convenzionati indicati come Tax free shopping, riceverà dal negoziante la fattura e il modello di Tax Refund. Per chiedere il rimborso, i viaggiatori possono affidarsi su agenzie internazionali specifiche, chiamate Tax Refund Agency, incaricate di restituire l’Iva. In alternativa, il rimborso può essere anche effettuato direttamente dal rivenditore.

Quando e a chi spetta

La tax free shopping spetta per gli acquisti effettuati in Italia da soggetti stranieri, non residenti o domiciliati in UE.

L’agevolazione può essere concessa nel rispetto delle seguenti condizioni:

  • Il valore dei beni acquistati, per ogni fattura, deve essere attualmente superiore a 154,94 euro, fino al 31 dicembre 2023;
  • La merce acquistata deve essere destinata ad uno personale o familiare;
  • La merce acquistata deve essere trasportata nei bagagli personali;
  • Sulla fattura devono essere riportati la descrizione della merce, i dati anagrafici del viaggiatore, gli estremi del passaporto o di un altro documento equipollente comprovante che il turista sia residente o domiciliato fuori dall’UE;
  • L’uscita dei beni dal territorio dell’Unione Europea deve avvenire entro il 3° mese successivo all’emissione della fattura;
  • La fattura deve essere restituita al venditore entro i 4 mesi successivi a quello di acquisto.

Come cambia con la Legge di Bilancio 2024

La Legge di Bilancio ha in serbo novità anche sulla Tax free shopping. Fino al 31 dicembre 2023, il limite di spesa oltre il quale scattava il beneficio era pari a 154,90 euro. Con la prossima Legge di Bilancio, a partire dal 1° gennaio 2024, il limite di spesa scende a 70 euro.

Si tratta di una misura che avvicina l’Italia alle scelte fatte dagli altri Paesi membri dell’Unione Europea. In sostanza, verrà ridotta e più che dimezzata la soglia minima delle spese ai fini della fruizione del beneficio dell’esenzione o del rimborso dell’Iva.

Non cambiano, però, le regole generali. L’agevolazione sull’Iva continuerà ad applicarsi per i beni destinati all’uso personale e trasportati nei bagagli personali fuori dal territorio doganale dell’Unione Europea.

In ogni caso, si resta in attesa di novità, dopo il via libera alla Legge di Bilancio, atteso per la fine dell’anno.

Leggi anche: Cosa aspettarsi dalla Legge di Bilancio 2024? Ecco i provvedimenti sul Lavoro e CdM approva Legge di Bilancio 2024: tutte le misure previste dal Governo