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Tag: Julian Assange

Bitcoin: cosa ne pensa Julian Assange?

Per il vastissimo movimento che si è raccolto nel corso degli anni intorno a Julian Assange, la liberazione del fondatore di WikiLeaks è stato un momento indimenticabile. Una parte di essa, quella che fa riferimento alle criptovalute, ha avuto anche un ulteriore motivo di soddisfazione, dall’epilogo della vicenda, quello legato all’effettiva utilità dimostrata dal Bitcoin al suo interno.

Basti pensare, in tal senso, alla raccolta di risorse digitali che ha permesso ad Assange di noleggiare un aereo e recarsi prima a Vanuatu e poi tornare in patria. Nel corso della quale ha spiccato la donazione di un anonimo Bitcoiners, pari a oltre otto BTC, che sono andati a coprire quasi interamente le spese necessarie.

Proprio per questo motivo, in queste ore, è interessante andare a rileggere le parole dedicate dal giornalista ed editore australiano alle criptovalute nel corso degli anni. Particolare interesse sta destando, in queste ore, un video recentemente riemerso, risalente a diversi anni prima del suo arresto, in cui elogiava apertamente gli asset digitali, definendoli un potente strumento per la libertà.

Bitcoin: cosa ne pensa il fondatore di Wikileaks?

Il pensiero di Julian Assange sulle criptovalute è espresso in una clip risalente al settembre 2014 che è stata condivisa dal presidente esecutivo di MicroStrategy Michael Saylor. Al suo interno, Assange definisce Bitcoin “lo sviluppo intellettuale più interessante su Internet” dalla nascita della rete nel 2009.

Aggiungendo le seguenti parole: “Molte persone che hanno sentito parlare di Bitcoin non lo capiscono davvero. È una valuta supportata crittograficamente e multi-giurisdizionale, il che significa che è molto difficile per un qualsiasi gruppo di potere… iniziare a trasformarla in un apparato di ricerca di rendite.”

Per capire la portata di queste affermazioni e l’anticipo sui tempi, occorre a questo punto ricordare che soltanto anni dopo questo discorso, paesi come El Salvador e aziende come Strike hanno iniziato a sfruttare Bitcoin come strumento per inviare e ricevere rimesse globali istantanee e a basso costo.

Chi controlla il presente controlla il passato? Ora non più così

Secondo Assange, è l’immutabilità delle informazioni immesse nel registro distribuito, a fornire garanzie in tal senso. In pratica, la tecnologia blockchain rappresenta la prova della pubblicazione in un dato momento. Poiché la blockchain di Bitcoin gestisce un registro di eventi reali che non possono essere alterati, la rete può infrangere il detto di Orwell secondo il quale “chi controlla il presente controlla il passato”.

Inoltre, Bitcoin e le criptovalute sono diventati gli strumenti principali per finanziare facilmente i movimenti umanitari globali. Nonostante ciò, c’è un’altra caratteristica dell’icona ideata da Satoshi Nakamoto che occorre mettere in rilievo. Ovvero la sua capacità di difendere se stessa o le persone che la usano anche contro la piena capacità di una superpotenza.

In effetti, Bitcoin è stato usato più volte come strumento per l’aggiramento delle sanzioni imposte dai governi nazionali. Basti pensare a quanto accaduto nel 2022, quando il convoglio di Canadian Trucker che protestava contro i mandati sui vaccini a livello nazionale si è rivolto a BTC per raccogliere fondi una volta le piattaforme di pagamento tradizionali, ad esempio GoFundMe, hanno bloccato le donazioni.

AssangeDAO ha raccolto oltre 54 milioni di dollari per sostenere il fondatore di WikiLeaks

Le parole di Assange espresse in quella particolare occasione, hanno anticipato molti degli sviluppi attuali dell’icona crypto. Del resto, lo stesso Assange si è rivolto alle criptovalute nel preciso intento di reperire fondi dopo essere stato incarcerato nel Regno Unito, nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.

L’organizzazione autonoma decentralizzata formatasi a suo sostegno, AssangeDAO, è riuscita a raccogliere in questo modo oltre 54 milioni di dollari in ETH. Un esempio destinato ad essere imitato nel futuro, evitando che entità soverchianti possano impedire con la propria forza la conduzione di azioni tese a contestare l’esistente. Al di là della vicenda Assange, si tratta di un lascito estremamente prezioso.

Julian Assange, il fratello ringrazia la comunità crypto per l’ampio sostegno ricevuto

Senza il sostegno della comunità crypto, Julian Assange non ce l’avrebbe mai fatta. Questa la dichiarazione rilasciata da Gabriel Shipton, il fratellastro del giornalista australiano appena tornato in libertà, dopo essersi dichiarato colpevole di aver violato l’Espionage Act degli Stati Uniti.

Una dichiarazione arrivata peraltro a poche ore dalla donazione di un anonimo Bitcoiner, il quale ha donato più di otto token, circa mezzo milione di dollari, al fondatore di Wikileaks. Una cifra necessaria per il noleggio dell’aereo che ha condotto Assange prima a Saipan e poi in Australia.

Il sostegno di AssangeDAO è stato fondamentale

Alcune ore dopo che Julian Assange si è dichiarato colpevole di aver violato le leggi sullo spionaggio degli Stati Uniti, ricevendo una condanna a cinque anni e due mesi, già ampiamente scontata, è stato il fratellastro del giornalista australiano a tornare sulla vera e propria saga giudiziaria durata 14 anni.

Lo ha fatto ricordando anche il grande sostegno arrivato dalla comunità crittografica riunita in AssangeDAO. L’organizzazione autonoma decentralizzata creata per l’occasione infatti, si è mossa con grande generosità per dare sostegno al fondatore di WikiLeaks nella battaglia contro il governo degli Stati Uniti.

Queste le parole da lui pronunciate al riguardo: “Non ho dubbi che Julian non sarebbe dove è ora se la comunità AssangeDAO non fosse stata così generosa e non avesse raccolto così tanti soldi per contribuire alla sua lotta per la libertà”. Una dichiarazione rilasciata nel corso di un’intervista esclusiva relativa ad una delle vicende giudiziarie più clamorose degli ultimi decenni.

AssangeDAO: di cosa si tratta

AssangeDAO è un’organizzazione autonoma decentralizzata fondata per aiutare la difesa legale di Assange. Nel corso della sua attività ha raccolto circa 53 milioni di dollari in ETH, a partire dal 2022, tramite la vendita di un simbolico NFT. Il ricavato della stessa è stato poi donato alla Wau Holland Stiftung Foundation per finanziare le costose spese legali di Assange e altre spese relative alla campagna per la libertà dell’editore. 

Secondo Shipton la massiccia raccolta fondi da parte della comunità è stata una sorpresa inaspettata. Permettendo infine ad Assange di contare sui mezzi necessari al fine di contrastare gli sforzi del governo degli Stati Uniti di punirlo per la divulgazione di segreti di stato.

Il fratellastro di Julian Assange ha poi aggiunto: “È stato un colpo inaspettato da parte della comunità crittografica che penso abbia colto di sorpresa le persone che stanno dando la caccia a Julian. Pensavano di essere riusciti a dissanguare Julian, prosciugando persino i fondi della nostra famiglia.”

Il fugace contatto tra Julian Assange e Satoshi Nakamoto

Un notevole motivo di interesse, a margine della battaglia legale appena conclusa, è quello relativo al rapporto tra Julian Assange e Satoshi Nakamoto. Il contatto tra i due risale al 2010, quando l’anonimo creatore di Bitcoin chiese al giornalista di non accettare donazioni in criptovaluta a Wikileaks.

Il motivo di quella richiesta è molto semplice: secondo Nakamoto, infatti, ciò avrebbe attirato le attenzioni del governo statunitense sul token. Il timore era, quindi, che le pressioni governative potessero condurre fuorilegge Bitcoin.

Dopo l’inserimento di WikiLeaks nella lista nera per l’accettazione dei metodi di pagamento tradizionali, l’editore no-profit di documenti riservati decise però di accettare BTC come mezzo per sopravvivere. Fornendo in tal modo uno dei primi casi d’uso per i pagamenti on-chain. Un caso d’uso che ha aperto la strada a molti altri. 

E proprio le parole di Shipton sull’utilizzo di Bitcoin da parte di Assange possono servire a spiegare l’ostilità mostrata dai governi nei confronti dell’innovazione finanziaria. Al proposito, ha infatti affermato: “Per molte persone, per molti innovatori, molti tecnologi, la libertà di Julian rappresenta la loro libertà. Ha utilizzato la tecnologia, la crittografia e l’architettura di Internet per diffondere informazioni veritiere”. Un utilizzo destinato ad essere reiterato nel futuro?

Un Bitcoiner ha donato oltre 500mila dollari in valuta virtuale alla famiglia di Julian Assange, per aiutarla ad affrontare le spese

C’è voluta una battaglia legale lunga 14 anni, per restituire a Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, la libertà. Una libertà la quale è costata molto cara al giornalista australiano, sia dal punto di vista fisico che finanziario.

Da questo secondo punto di vista, occorre sottolineare come al conto finale vada aggiunto anche il noleggio del volo VJ199 per recarsi a Saipan e in Australia. Un noleggio forzato e reso necessario per potersi recare a Saipan, al tribunale distrettuale, e dichiararsi colpevole di aver violato la legge sullo spionaggio degli Stati Uniti divulgando documenti classificati.

Un volo che è però stato saldato quasi per intero da un anonimo Bitcoiner, il quale ha donato più di otto Bitcoin alla campagna di sostegno organizzata da Stella, la moglie di Assange.

Otto Bitcoin donati da un anonimo sostenitore alla famiglia di Assange

Il passato 24 giugno è arrivata la notizia che in molti, in ogni parte del globo, attendevano da molto tempo. Julian Assange, infatti, è finalmente riuscito a evitare l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischiava di passare dietro le sbarre il resto della sua vita per aver rivelato crimini di guerra secretati dal governo di Washington.

Rilasciato dal carcere di Belmarsh, un istituto di massima sicurezza del Regno Unito, per effetto di un accordo con il governo statunitense, Assange si è subito recato all’aeroporto di Londra, da dove è partito alla volta di Saipan, parte integrante del territorio USA.

Proprio presso la locale corte distrettuale si è quindi presentato nella giornata odierna, per assolvere ad una parte del patteggiamento cui ha dovuto adeguarsi. Ovvero dichiararsi colpevole di aver violato le leggi sullo spionaggio degli Stati Uniti. Reato per il quale è stato condannato a cinque anni e due mesi di reclusione, del resto già scontata.

La libertà ha un costo: a pagarlo anche un Bitcoiner

Nel corso di un’intervista, Stella Assange, moglie del fondatore di WikiLeaks, ha ricordato all’opinione pubblica che la libertà ha un costo. Quello a carico di Julian Assange ammonta a 520mila dollari, versati al governo governo australiano per il noleggio del volo VJ199 utilizzato per recarsi a Saipan e, subito dopo tornare in Australia.

Proprio Stella, per ovviare ad una situazione finanziaria complicata, ha deciso di avviare una campagna di crowdfunding, pubblicando l’apposito link nella giornata di ieri. In poche ore sono affluite donazioni massicce, tra le quali quella di un Bitcoiner che ha preferito restare anonimo, pari a più di otto Bitcoin. Ovvero a circa mezzo milione di dollari, poco meno di quanto era necessario. Mentre sul fronte delle donazioni in valuta tradizionale sono affluite altre 300mila sterline circa.

La donazione in valuta virtuale ha naturalmente destato grande impressione, trattandosi di quella più grande in assoluto. Tanto da contribuire quasi da sola a risolvere positivamente la campagna, permettendo ad Assange di poter tornare a casa praticamente senza fardelli finanziari a carico.

Le parole di Julian Assange, nel corso del processo

L’apparizione di Assange di fronte alla Corte Distrettuale degli Stati Uniti per le Isole Marianne Settentrionali ha rappresentato un vero e proprio evento, seguito naturalmente in ogni parte del globo.

Il giornalista si è dovuto dichiarare colpevole dell’accusa di cospirazione per l’ottenimento e la divulgazione di documenti segreti della difesa nazionale degli Stati Uniti. Adempiendo in tal modo agli obblighi imposti dal patteggiamento con il governo statunitense.

Il giudice distrettuale Ramona Manglona ha quindi condannato Assange a cinque anni e due mesi di carcere, ordinandone al contempo la scarcerazione. Tale periodo è infatti stato già scontato nel Regno Unito, in attesa del processo relativo alla sua estradizione negli USA.

Lo stesso Assange, al contempo, ha affermato che lo Espionage Act, la base sulla quale è stata elevata l’accusa, nei suoi confronti, è in conflitto con i diritti sanciti dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.

Infine, ha riconosciuto che incoraggiare le fonti a fornire informazioni classificate per la pubblicazione può essere classificato come atto illegale. A corollario del patteggiamento, ha infine dovuto procedere alla distruzione di tutte le informazioni classificate che erano state in possesso di WikiLeaks.