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Tag: inps

Detrazioni familiari a carico 2024: dichiarazione entro il 12 febbraio per i pensionati all’estero

Detrazioni familiari a carico 2024: con la pubblicazione del messaggio n. 245 del 18 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative per quanto riguarda l’attribuzione e la revoca delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia relative ai pensionati che hanno la propria residenza all’interno di uno Stato estero.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento agli Stati che fanno parte dell’Unione Europea (UE) oppure agli Stati che hanno sottoscritto l’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), a patto che questi ultimi forniscano tutte le informazioni che sono necessarie.

Detrazioni familiari a carico 2024: le istruzioni dell’INPS relative alla compilazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio da parte dei pensionati residenti all’estero

In base alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 24, comma 3 bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), nonché da quanto viene disposto dall’art. 2 del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) del 21 settembre 2015, ecco qui di seguito che cosa deve essere inserito all’interno dell’apposita dichiarazione sostitutiva di atto notorio utile per beneficiare delle detrazioni fiscali in oggetto:

  • lo Stato in cui il pensionato all’estero interessato ha la propria residenza fiscale;
  • il percepimento di almeno il 75% del proprio reddito complessivo in Italia;
  • il mancato godimento di benefici fiscali simili alle detrazioni fiscali che vengono richiese in Italia nel proprio Paese di residenza o in qualunque altro Stato estero;
  • i dati anagrafici e il grado di parentela del proprio familiare a carico per il quale si richiedono le detrazioni, nonché i mesi in cui si sono presentati i requisiti in merito all’attribuzione e alla cessazione del beneficio economico;
  • il familiare per cui viene inviata la dichiarazione per beneficiare delle detrazioni fiscali deve avere un reddito complessivo, al loro degli oneri deducibili e comprendendo anche i redditi che sono stati conseguiti al di fuori del rispettivo Paese di residenza, di importo pari o inferiore a:
    • 4.000,00 euro, in caso di figli di età pari o inferiore a 24 anni ma comunque non inferiore a 21 anni;
    • 2.840,51 euro, in tutti gli altri casi.

Come e quando inviare la dichiarazione all’INPS?

Per poter beneficiare delle detrazioni fiscali loro spettanti relative al periodo di imposta 2024, dunque, i pensionati residenti all’estero interessati devono necessariamente inviare all’INPS la dichiarazione che abbiamo specificato durante il corso del precedente paragrafo attraverso una delle seguenti modalità:

  • tramite l’apposito servizio online denominato “Applicazione delle detrazioni fiscali per pensionati residenti all’estero”, il quale è disponibile all’interno del sito web ufficiale dell’INPS previa autenticazione mediante l’utilizzo delle proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, CIE (Carta di Identità Elettronica) 3.0, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o eIDAS (sistema di accesso tramite l’identità digitale fornita da un altro paese europeo);
  • tramite gli appositi servizi gratuiti che vengono messi a disposizione da parte degli Istituti di Patronato, i quali devono accedere sempre all’interno del sopra citato servizio online dell’Istituto all’interno del rispettivo sito web, seguendo il seguente percorso: “Pensione e Previdenza > Benefici previdenziali e detrazioni > Applicazione delle detrazioni fiscali per pensionati residenti all’estero > Accesso ai servizi per patronati > Servizi ai Patronati”.

Per quanto riguarda le tempistiche in merito alla presentazione della dichiarazione in oggetto, invece, l’INPS specifica che l’invio da parte dei pensionati all’estero interessati deve avvenire entro il termine ultimo del 12 febbraio 2024.

A tal proposito, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale invierà ai soggetti interessati un’apposita comunicazione all’interno della sezione “MyINPS” per ricordare la scadenza per beneficiare delle detrazioni per i familiari a carico per il 2024.

Interpello dirigenti INPS per posti funzione territoriali vacanti: come fare domanda

Interpello dirigenti INPS: con la pubblicazione del messaggio n. 194 del 16 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato di aver dato il via ad un’apposita procedura su base nazionale ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali di livello non generale per la copertura di 3 posti funzione territoriali che si renderanno vacanti.

A tal proposito, dunque, i candidati che risulteranno vincitori saranno incaricati nei seguenti ruoli:

  • un posto presso la Direzione provinciale L’AQUILA, il quale sarà vacante a partire dal 1° febbraio 2024;
  • un posto presso la Filiale provinciale CORIGLIANO ROSSANO, il quale sarà vacante a partire dal 1° maggio 2024;
  • un posto presso la Direzione provinciale CASERTA, il quale sarà vacante a partire dal 1° aprile 2024.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Generale, fa riferimento e dà attuazione alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, all’interno della deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto n. 105 del 6 luglio 2022, il quale definisce quelli che sono i criteri e le modalità ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali, nonché all’interno della legge n. 190 del 2012, la quale contiene il Regolamento in materia di rotazione del personale e la quale è stata adottata in base alla determinazione presidenziale n. 26 del 20 marzo 2018.

Senza indugiare ulteriormente, quindi, andiamo subito a vedere insieme quali sono le modalità che sono state comunicate da parte dell’INPS per quanto riguarda la presentazione delle domande per la partecipazione alla procedura in oggetto.

Interpello dirigenti INPS: le modalità per la presentazione delle domande da parte dei candidati che già lavorano presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale

Le domande da parte dei candidati che già operano in dei ruoli dell’Istituto devono essere presentate entro il 10° giorno successivo dalla data in cui il messaggio in oggetto è stato pubblicato all’interno del sito web dell’INPS, ovvero entro la giornata di venerdì 26 gennaio 2024.

Le candidature, in particolare, devono pervenire mediante l’utilizzo dell’apposita piattaforma informatica disponibile all’interno del sito intranet dell’Istituto, attraverso il seguente percorso: “Home > Servizi ai dipendenti > Interpello dirigenti”.

Per quanto riguarda la compilazione della domanda, invece, i dipendenti INPS dovranno inserire i seguenti dati:

  • l’incarico attualmente ricoperto nella sede di appartenenza;
  • la data a partire dalla quale è iniziato l’incarico;
  • gli eventuali precedenti incarichi presso la stessa sede;
  • la laurea con l’indicazione della tipologia, della denominazione, dell’Istituto e della data di conseguimento;
  • le dichiarazioni di assenza di cause di inconferibilità ed incompatibilità;
  • le eventuali note.

Dopodiché, i candidati dovranno selezionare la propria preferenza per quanto riguarda l’incarico da ricoprire tramite l’apposita sezione “Scelta incarichi” e dovranno allegare una breve relazione nella quale devono essere elencate le precedenti esperienze professionali svolte.

Il sistema fornirà in automatico ai soggetti interessati un apposito curriculum vitae (CV) e consentirà a questi ultimi di allegare un CV diverso mediante la funzione “Aggiorna CV”.

Infine, i candidati dovranno salvare in bozza le informazioni inserite attraverso la funzione “SALVA DOMANDA IN BOZZA”, per poi procedere con l’invio mediante il pulsante “INVIA DOMANDA”.

Il sistema invierà un’apposita email di acquisizione dell’istanza e permetterà comunque ai richiedenti di modificare i dati contenuti al suo interno entro la scadenza fissata.

Le modalità per la presentazione delle domande da parte dei candidati che non sono dipendenti dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale

candidati che non sono già dipendenti dell’Istituto ma che lavorano nel ruolo di dirigente presso altre amministrazioni pubbliche, invece, dovranno inviare la domanda per i posti funzione territoriali vacanti attraverso l’apposita procedura informatica presente all’interno del sito web dell’INPS, nella sezione “Avvisi, Bandi e Fatturazione > Interpelli”.

I richiedenti dovranno autenticarsi tramite l’utilizzo delle proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

L’unica differenza per quanto riguarda la compilazione dell’istanza è la presenza di alcuni dati precompilati, con la necessità di inserire il ruolo ricoperto e l’Ente di provenienza oltre a tutte le informazioni sopra elencate.

Esonero contributivo 2024: le istruzioni INPS per la gestione degli adempimenti previdenziali

Esonero contributivo 2024: con la pubblicazione della circolare n. 11 del 16 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative e contabili per quanto riguarda la gestione degli adempimenti previdenziali relativi alla misura dell’esonero sui contributi previdenziali previsti per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2024.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1, comma 15, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”.

Esonero contributivo 2024: riduzione dei contributi IVS a carico dei lavoratori dipendenti, ecco quali sono gli importi

Come abbiamo già accennato durante il corso del precedente paragrafo, l’art. 1, comma 15, della Legge di Bilancio 2024 ha previsto un esonero contributivo sulla quota dei contributivi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) nei confronti dei lavoratori dipendenti, ad esclusione di coloro che operano con un rapporto di lavoro domestico.

Tale esonero, nello specifico, viene riconosciuto in via eccezionale per i periodi di paga che vanno dal 1° gennaio 2024 fino al 31 dicembre 2024, senza incidere sul rateo di tredicesima.

Per quanto riguarda l’importo dell’esonero previsto, invece, l’INPS riconosce una riduzione dei contributi IVS maggiore tanto più è bassa la retribuzione imponibile del lavoratore dipendente interessato.

In particolare:

  • l’esonero contributivo previsto per il 2024 è pari al 6% nel caso in cui la retribuzione imponibile mensile, tenendo in considerazione tredici mensilità, sia di importo pari o inferiore a 2.692 euro, al netto del rateo di tredicesima;
  • l’esonero contributivo previsto per il 2024 è pari al 7% nel caso in cui la retribuzione imponibile mensile, tenendo in considerazione tredici mensilità, sia di importo pari o inferiore a 1.923 euro, al netto del rateo di tredicesima.

Esonero contributivo 2024: a chi spetta? Ecco quali sono i soggetti beneficiari

In base a quanto è stato disposto dall’art. 1, comma 15, della Legge di Bilancio 2024, l’esonero contributivo in oggetto spetta a tutti i lavoratori dipendenti che operano presso i datori di lavoro pubblici e privati.

Sono ammessi all’esonero anche coloro che lavorano con un rapporto di apprendistato, mentre sono esclusi i lavoratori domestici.

Le istruzioni INPS per la compilazione dei flussi Uniemens

Ecco qui di seguito cosa deve essere indicato all’interno della sezione <PosContributiva> del flusso Uniemens in caso di esonero contributivo pari al 6%:

  • nell’elemento <CodiceCausale> deve essere inserito il valore “L094”, recante “Esonero quota di contributi previdenziali IVS a carico dei lavoratori Articolo 39 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, e articolo 1, comma 15, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;
  • nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale> deve essere inserito il valore “N”;
  • nell’elemento <BaseRif> deve essere inserito l’importo della retribuzione imponibile pagata nel mese di riferimento, al netto di:
    • tredicesima/quattordicesima;
    • eventuali mensilità aggiuntive;
  • nell’elemento <AnnoMeseRif> deve essere inserito l’anno/mese di riferimento;
  • nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> deve essere inserito l’importo dell’esonero pari al 6% dei contributi IVS a carico dei lavoratori.

In caso di esonero contributivo pari al 7%, invece, la compilazione è la stessa che abbiamo appena elencato, ad eccezione dei seguenti elementi:

  • nell’elemento <CodiceCausale> deve essere inserito il valore “L098”, recante “Esonero quota di contributi previdenziali IVS a carico dei lavoratori articolo 39 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 e articolo 1, comma 15, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;
  • nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> deve essere inserito l’importo dell’esonero pari al 7% dei contributi IVS a carico dei lavoratori.

Pagamento Assegno unico a gennaio 2024: ecco le date di accredito Inps

È stato pubblicato il nuovo calendario dei pagamenti per l’Assegno unico 2024: quando è previsto il pagamento a gennaio? La comunicazione, arrivata con un messaggio dall’Inps, contiene tutte le nuove date a cui fare riferimento relativamente al semestre gennaio-giugno.

Inoltre, l’Inps ha anche chiarito che le domande non devono essere presentate ogni anno. Quindi, chi ha già presentato la domanda non deve inoltrare una nuova istanza, a meno che non si siano verificate alcune variazioni.

Tornando al calendario dei pagamenti, l’importo verrà accreditato in tre date a gennaio.

Vediamo quali sono le date di accredito Inps.

Quando viene pagato l’Assegno unico a gennaio 2024

La prima mensilità del 2024 sarà erogata nei giorni 17,18 e 19 gennaio alle famiglie che hanno già ricevuto la prestazione nei mesi precedenti e alle famiglie per le quali non si sono verificate variazioni.

Se, invece, l’Assegno unico è stato oggetto di operazioni di conguaglio, a credito o a debito, oppure si è in attesa del pagamento della prima mensilità, l’accredito verrà effettuato durante l’ultima settimana del mese.

Come controllare i pagamenti dell’Assegno unico sul sito dell’Inps

È possibile controllare le date di accredito e gli importi spettanti comodamente da casa.

Come fare? Gli interessati devono collegarsi sul sito dell’Inps, autenticandosi con le proprie credenziali digitali. Successivamente, devono accedere alla sezione personale “Fascicolo previdenziale del cittadino del portale Inps.

Una volta ottenuto l’accesso, bisogna cliccare sulla voce “Prestazione” e, poi, sulla voce “Pagamenti”.

Calendario completo dei pagamenti 2024

Come sempre, l’Inps cerca di agevolare le famiglie beneficiare nei tempi di erogazione dell’importo mensile dell’Assegno unico. Per questo motivo, l’Istituto previdenziale ha comunicato il calendario ufficiale dei pagamenti per il periodo gennaio-giugno:

  • 17, 18, 19 gennaio 2024;
  • 16, 19, 20 febbraio 2024;
  • 18, 19, 20 marzo 2024;
  • 17, 18, 19 aprile 2024;
  • 15, 16, 17 maggio 2024;
  • 17, 18, 19 giugno 2024.

Come abbiamo già anticipato, il pagamento della prima prestazione avverrà nell’ultima settimana del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Inoltre, nella stessa data verrà anche accreditato l’importo delle rate spettanti, nelle ipotesi in cui la prestazione sia stata oggetto di un conguaglio.

Quando scattano gli aumenti 2024

Per effetto della rivalutazione Istat del 5,4% e degli adeguamenti di gennaio 2024, l’importo massimo della prestazione, per ogni figlio, può arrivare fino a 199,4 euro. Per quanto riguarda l’importo minimo, ci sarà un aumento fino a 57,20 euro.

Non aumentano solo gli importi, ma anche le stese famiglie che potranno beneficiare della prestazione. Cosa cambia? Aumentano le soglie Isee per il calcolo dell’Assegno unico e universale. La soglia minima passerà a 17.090,6 euro e la soglia massima passerà a 45.574 euro.

Inoltre, anche per il 2024 sono state confermate le maggiorazioni stabilite lo scorso anno, per le famiglie numerose e con figli:

  • Aumento del 50% dell’importo per i nuclei con figli a carico che hanno meno di un anno d’età;
  • Aumento del 50% dell’importo per i nuclei con almeno tre figli e un valore Isee non superiore a 45.574,9 euro (l’aumento è riconosciuto per ogni figlio nella fascia di età da uno a tre anni);
  • Aumento del 50% della maggiorazione forfettaria per i nuclei con almeno quattro figli a carico.

Restano anche in vigore le disposizioni per le famiglie con figli disabili:

  • Aumento di 126,4 euro ai nuclei con almeno un figlio con disabilità a carico;
  • Equiparazione della maggiorazione per i figli maggiorenni disabili a quella per i figli minorenni disabili;
  • L’assegno sarà erogato alle famiglie con figli disabili senza limiti di età e con importi fino a un massimo di 199,4 euro per un Isee inferiore o uguale a 17.090,6 euro.

Malattia marittimi 2024: le prime istruzioni INPS

Malattia marittimi 2024: con la pubblicazione del messaggio n. 157 del 12 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le prime istruzioni operative per quanto riguarda l’indennità di malattia lavoratori marittimi in generale, nonché le successive e recenti modifiche che sono state apportate alla misura e alla retribuzione di riferimento per il calcolo della prestazione.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Entrate e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno della legge n. 213 del 30 dicembre 2023, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”.

Il messaggio in oggetto, nello specifico, si riferisce anche a quanto è stato disposto dall’art. 1, comma 156, della sopra citata Legge di Bilancio 2024, la quale ha introdotto delle novità rispetto a quanto era prevista in precedenza dagli artt. 6 e 10 del regio decreto legge n. 1918 del 23 settembre 1937, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 831 del 24 aprile 1938.

Malattia marittimi 2024: il quadro normativo e le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio

Prima di procedere con la fornitura delle istruzioni operative l’INPS ha ricordato quelle che sono le prestazioni che sono poste a tutela dei soggetti che operano nel settore di lavoro marittimo e che si trovano in uno stato di malattia.

A tal proposito, dunque, ecco qui di seguito quali sono le prestazioni a tutela della malattia per i lavoratori marittimi:

  • l’indennità per inabilità temporanea assoluta da malattia fondamentale (art. 6 del regio decreto legge n. 1918 del 1937), la quale prima delle recenti modifiche veniva erogata in misura pari al 75% del salario effettivamente percepito da parte dell’assicurato durante il corso degli ultimi 30 giorni prima dello sbarco;
  • l’indennità per inabilità temporanea assoluta da malattia complementare (art. 7 del regio decreto legge n. 1918 del 1937), la quale prima delle recenti modifiche veniva erogata in misura pari al 75% del salario effettivamente percepito da parte dell’assicurato durante il corso degli ultimi 30 giorni prima dello sbarco;
  • l’indennità per inabilità temporanea da malattia in continuità di rapporto di lavoro, la quale prima delle recenti modifiche veniva erogata in misura pari al:
    • 50% della retribuzione effettivamente goduta alla data di manifestazione della malattia durante il corso dei primi 20 giorni;
    • 66,66% della retribuzione effettivamente goduta alla data di manifestazione della malattia durante il corso del periodo compreso tra il 21° giorno e il 180° giorno;
  • la temporanea inidoneità all’imbarco conseguente alla malattia (legge n. 1486 del 16 ottobre 1962), la quale prevede un indennizzo pari alla base di calcolo per l’evento di malattia presupposto prendendo in considerazione esclusivamente la retribuzione ordinaria.

Tali prestazioni, poi, attraverso la pubblicazione della Legge di Bilancio 2024, la quale è stata pubblicata all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 303 del 30 dicembre 2023, Supplemento Ordinario n. 40/L, hanno subito le seguenti modifiche.

La novità principale, nello specifico, riguarda l’importo relativo all’indennità di malattia giornaliera prevista per i lavoratori marittimi che hanno subito o che subiranno gli eventi in oggetto a partire dal 1° gennaio 2024.

Quest’ultima, in particolare, viene concessa in misura pari al 60% della retribuzione, prendendo come riferimento per la base di calcolo la retribuzione media globale giornaliera che percepisce il lavoratore marittimo durante il corso del mese precedente a quello in cui si è verificato l’evento di malattia.

Nel caso in cui l’evento morboso si verifichi nei primi 30 giorni dall’inizio del rapporto di lavoro, invece, il calcolo sarà effettuato dividendo la retribuzione per il numero di giorni retribuiti.

Invalidità civile: servizio online INPS di allegazione della documentazione sanitaria

Invalidità civile: con la pubblicazione del messaggio n. 77 dell’8 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato l’estensione dell’apposito servizio online denominato “Allegazione documentazione Sanitaria” alle ASL (Aziende Sanitarie Locali) per la procedura di verifiche ordinarie (VOA) per le ASL.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Inclusione e Invalidità Civile, dalla Direzione Centrale Organizzazione, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, e dal Coordinamento Generale Medico Legale, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 29 ter del decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 dell’11 settembre 2020.

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato comunicato dall’Istituto all’interno del precedente messaggio n. 3574 del 1° ottobre 2022.

Invalidità civile: l’INPS comunica l’estensione del servizio online di allegazione della documentazione sanitaria alle ASL per le VOA

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, dando attuazione da quanto è stato comunicato in precedenza attraverso la pubblicazione del suddetto messaggio INPS n. 3574 del 1° ottobre 2022, l’Istituto stesso ha comunicato con il nuovo messaggio l’estensione della platea dei soggetti che possono utilizzare il servizio di allegazione della documentazione sanitaria.

Il sopra citato servizio online, disponibile all’interno del sito web ufficiale dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, era inizialmente disponibile esclusivamente per le Commissioni Mediche di Verifica dell’INPS ed ora è steso esteso anche per quanto riguarda le attività che appartengono alle Commissioni Mediche Integrate (CMI), ovvero quelle relative a:

  • le prime domande;
  • gli aggravamenti nei territori in cui la prima visita è di competenza dell’ASL.

Al fine di accedere al servizio dovrà essere proprio l’ASL interessata a comunicare all’INPS la propria volontà di aderire, presentando un’apposita richiesta per l’abilitazione al medesimo.

Pertanto, in via sperimentale, l’azienda sanitaria locale potrà riferirsi direttamente alla Direzione regionale oppure alla Direzione di coordinamento metropolitano dell’Istituto, le quali formalizzeranno la richiesta presentata dall’ASL alla Direzione centrale Inclusione e invalidità civile.

Conclusa la fase sperimentale, poi, l’INPS comunicherà, attraverso la pubblicazione di un apposito messaggio all’interno del proprio sito web ufficiale, l’estensione di tale servizio a tutte le ASL.

Dopo aver richiesto l’abilitazione, dunque, le aziende sanitarie locali interessate avranno la possibilità di utilizzare il servizio online di allegazione della documentazione sanitaria al fine di inviare all’INPS i documenti utili per l’accertamento medico legale e per la valutazione agli atti della propria domanda.

Ecco quali sono le nuove funzioni del servizio online per l’invio dei documenti sanitari all’INPS

Attraverso l’utilizzo del servizio online in oggetto le ASL interessate dall’estensione prevista avranno ora la possibilità di inviare all’INPS la documentazione sanitaria relativa all’invalidità civile, in modo che quest’ultima possa procedere con la validazione.

A tal proposito, dunque, ecco qui di seguito quali sono le nuove funzioni del servizio online dell’Istituto denominato “Allegazione documentazione Sanitaria”:

  • modifica del processo di “Invio domanda” e del processo di “Assegnazione automatica”, in cui le nuove domande acquisite non sono disponibili immediatamente per la funzione di calendarizzazione dell’ASL;
  • modifica della funzione “Gestione documentazione sanitaria”, in cui viene permessa all’ASL loca consultazione della documentazione sanitaria allegata al cittadino, tenendo ferma la possibilità di allegare altri documenti;
  • nuova funzione “Valutazione documentazione sanitaria”, in cui viene permessa all’ASL una valutazione preliminare della documentazione sanitaria inviata da parte del cittadino;
  • modifica della funzione “Acquisizione Verbale Telematico Asl”, in cui viene consentita l’associazione della documentazione sanitaria allegata durante la fase di redazione del verbale;
  • modifica della funzione “Consultazione Domande”, in cui è stato introdotto un nuovo filtro di ricerca denominato “In attesa allegazione cittadino”, grazie al quale è possibile prendere visione dell’elenco delle domande per le quali il cittadino può ancora aderire a quanto viene disposto dall’art. 29 ter del decreto legge n. 76 del 2020.

Fringe benefit e stock option: comunicazione dei dati relativi ai lavoratori cessati entro il 21 febbraio 2024

Fringe benefit e stock option: con la pubblicazione del messaggio n. 32 del 4 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per quanto riguarda le modalità e le tempistiche che devono essere rispettati da parte dei datori di lavoro ai fini dell’invio dei dati relativi ai compensi che sono stati erogati da questi ultimi a titolo di fringe benefit e di stock option.

Tali informazioni, nello specifico, riguardano i compensi che sono stati erogati ai lavoratori cessati durante il corso del periodo di imposta 2023, al fine di permettere all’Istituto l’emissione delle Certificazioni Uniche 2024 in qualità di sostituto di imposta.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 51, commi 1 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR).

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto all’interno dell’art. 40 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 3 luglio 2023, n. 85 (c.d. Decreto Lavoro), nonché all’interno dell’art. 23, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 29 settembre 1973.

Fringe benefit e stock option: ecco quali sono le modalità e le tempistiche da rispettare per l’invio dei dati relativi ai compensi erogati nel 2023 dai datori di lavoro ai lavoratori cessati

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato previsto dall’art. 23, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, i sostituti di imposta sono obbligati ad effettuare il conguaglio fiscale di fine anno entro il 28 febbraio dell’anno successivo rispetto a quello di riferimento.

Pertanto, l’INPS ha l’obbligo di inviare all’Agenzia delle Entrate, entro il sopra citato termine, i dati presenti all’interno delle Certificazioni Uniche, in modo che l’amministrazione finanziaria possa predisporre la dichiarazione dei redditi precompilata di tutti i contribuenti interessati.

A tal proposito, dunque, al fine di permettere all’Istituto di rispettare i propri adempimenti ai quali è tenuto in qualità di sostituto di imposta, i datori di lavoro interessati hanno l’obbligo di inviare i dati relativi ai compensi per fringe benefit e stock option erogati durante il corso del periodo di imposta 2023 ai lavoratori cessati entro il termine ultimo del 21 febbraio 2024.

L’invio delle informazioni necessarie, in particolare, dovrà essere effettuato esclusivamente con modalità telematiche entro la suddetta scadenza.

In caso contrario, i flussi inviati in maniera tardiva all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale non saranno presi in considerazione da parte di questi ultimi per quanto riguarda le operazioni di conguaglio fiscale di fine anno.

La trasmissione dei dati da parte dei datori di lavoro interessati, nello specifico, può essere effettuata recandosi presso il sito web ufficiale dell’INPS e accedendo all’interno dell’apposito servizio online denominato “Comunicazione Benefit Aziendali”, disponibile seguendo il seguente percorso: “Imprese e Liberi Professionisti” > Accesso ai servizi per aziende e consulenti > Accedi all’area tematica”.

Dopo aver effettuato la selezione del servizio online dell’Istituto sopra citato, i datori di lavoro interessati potranno scegliere una fra le seguenti opzioni:

  • acquisizione di una singola comunicazione;
  • gestione di una singola comunicazione acquisita in precedenza;
  • invio di un file predisposto in base a criteri predefiniti;
  • ricezione tramite download di software per predisporre e controllare il formato dei dati contenuti nei file che i datori di lavoro intendono inviare;
  • visualizzazione del manuale di istruzioni.

Isee online precompilato: ecco come richiederlo autonomamente sul sito dell’INPS

Chi deve richiedere l’Isee può farlo anche online, optando per il modello precompilato: come richiederlo autonomamente? È molto semplice e la procedura permette di semplificare e velocizzare la presentazione della Dsu.

L’Isee precompilato viene messo a disposizione dall’Inps per facilitare la procedura di rilascio del modello.

Con il messaggio del 18 dicembre 2023, l’Inps ha comunicato di aver messo a disposizione i nuovi modelli da utilizzare dal 1° gennaio 2024.

Ne testo, andremo a spiegare come si richiede l’Isee precompilato online sul sito dell’Inps e quali sono tutti i passaggi da seguire.

Isee precompilato online: come funziona

Dal mese di gennaio 2024, è possibile presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) ai fini Isee per poter ottenere l’attestazione aggiornata.

L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee) può essere richiesto, gratuitamente e in maniera veloce, attraverso MyInps, il nuovo servizio del Portale unico Isee, dove è presenta la Dsu già precompilata. Nel documento, sono già preinseriti i dati relativi al nucleo familiare, compresi i redditi e i patrimoni di ogni richiedente.

Tutte le informazioni preinserite possono essere confermate dal richiedente e, laddove fosse necessario, anche modificate.

Si tratta di un servizio che velocizza, di molto, la richiesta della certificazione Isee, considerando i dati già presenti indispensabili alla richiesta del modello.

Come si richiede autonomamente

La prima operazione da fare per richiedere l’Isee precompilato online è accedere sul sito dell’Inps, autenticandosi con le proprie credenziali digitali.

Successivamente, non occorre far altro che scrivere “Isee precompilato” nella barra di ricerca. Una volta trovato, basta cliccare sulla voce “Acquisizione interattiva” per avviare la procedura e, poi, su “Inizia precompilazione”.

Una volta concluso questo primo passaggio, si deve autorizzare l’Inps al trattamento dei dati personali, barrando l’apposita casella.

Cosa succede ora? L’utente si troverà di fronte l’elenco delle ragioni per cui serve l’attestazione.
Dopo, il sistema chiederà se nel nucleo familiare del richiedente sono presenti anche componenti con disabilità, genitori non sposati o non conviventi tra loro.

Quali sono tutti i dati da inserire

Partiamo dai dati anagrafici. Il sistema inserisce solo quelle relative al dichiarante. Per quanto riguarda tutti gli altri componenti eventualmente presenti devono essere aggiunti autonomamente, cliccando sulla voce “Inserisci soggetto” e indicando il relativo codice fiscale.

Per ogni componente aggiunto è necessario salvare la componente anagrafica. Si deve prendere visione dei dati acquisiti dall’Inps e salvare tutte le modifiche.

L’utente deve anche specificare se i dati dell’abitazione principale del richiedente e del coniuge siano gli stessi.

Infine, si deve specificare se entrambi i genitori, nel 2022, hanno prodotto un reddito da lavoro per almeno sei mesi e se si tratta, eventualmente, di un nucleo composto da un solo genitore.

Cosa fare in presenza di altri componenti maggiorenni

In presenza di altri componenti maggiorenni, è necessario che questi autorizzino la precompilazione dei propri dati nella Dsu presentata da un altro dichiarante.

Come si concede l’autorizzazione? Si possono utilizzare due modalità:

  • Il componente maggiorenne accede al sistema con la propria identità digitale e acquisisce l’autorizzazione alla precompilazione dei dati;
  • Il dichiarante inserisce i dati di delega e gli altri elementi di riscontro relativi ad ogni componente maggiorenne del nucleo.

Infine, una volta specificata la modalità con cui gli altri componenti maggiorenni autorizzano la raccolta dei dati si può sottoscrivere l’attestazione. Per farlo è sufficiente selezionare e cliccare sulla voce “sottoscrivi, indicare il luogo in cui ci si trova e tutte le altre eventuali annotazioni. Bisogna, poi, indicare se l’attestazione la si vuole ricevere per Pec, indicarla e cliccare su “accetta e sottoscrivi”, e confermare la scelta subito dopo.

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Visite fiscali INPS 2024, ecco cosa rischia chi non viene trovato

Le fasce di reperibilità per le visite fiscali Inps, nel 2024, sono cambiate, ma cosa rischia chi non viene trovato? Il lavoratore deve essere fisicamente a casa, durante l’orario di reperibilità, che è stato modificato per adeguarsi alla recente decisione del Tar del Lazio che aveva dichiarato le vecchie fasce incostituzionali.

Infatti, secondo i giudici non si rispettava la parità di trattamento tra i dipendenti del settore pubblico e quelli del settore privato.

Nel testo, spieghiamo come funzionano le visite fiscali, quali sono i nuovi orari e, infine, vediamo quali sono tutte le conseguenze in caso di irreperibilità da parte del lavoratore.

Come si svolge una visita fiscale Inps

La visita fiscale dell’Inps è una verifica che viene fatta ai lavoratori, del settore pubblico e del settore privato, che si mettono in malattia. Si tratta di un adempimento che tocca a tutti i dipendenti e si svolge:

  • Su libera iniziativa dell’Inps;
  • Su richiesta del datore di lavoro all’Inps.

Il lavoratore dipendente deve rendersi reperibile presso l’indirizzo fornito in sede di invio del certificato medico, per tutta la durata del periodo di malattia, durante le fasce indicate dall’Istituto.

La reperibilità non è un semplice adempimento formale, ma serve per lo svolgimento delle visite fiscali di controllo. Qual è la funzione delle visite di controllo? Prima di tutto, servono per verificare che il dipendente sia davvero reperibile in quelle fasce orarie e che sia malato e, in secondo luogo, hanno la funzione di confermare il certificato medico.

Come si svolge la visita? Non cambia molto dalla tradizione visita medica, dove il medico fiscale, oltre ad adempiere a quanto detto poc’anzi, verifica l’effettivo stato di salute del lavoratore.

Quali sono gli orari per le visite fiscali 2024

Recentemente, le fasce di reperibilità per il comparto pubblico sono state riformate. Secondo la sentenza del Tar del Lazio, infatti, non veniva rispettata la parità di trattamento tra i dipendenti privati e pubblici e gli orari sono stati definiti incostituzionali.

Non serve che il dipendente garantisca una reperibilità di 24 ore al giorno. Per questo motivo, sono stati stabiliti orari precisi in cui il lavoratore deve rendersi reperibile.

Le fasce di reperibilità sono differenti tra il settore pubblico e il settore privato. A partire dal mese di dicembre, come abbiamo detto, gli orari hanno subito alcuni cambiamenti e l’Inps è intervenuto con un diktat sulle regole in vigore.

Con la pubblicazione del messaggio 4640, il 22 dicembre 2023, ha precisato che le fasce di reperibilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in attesa della pubblicazione di un nuovo decreto ministeriale, sono fissate, fino a nuove disposizioni:

  • Dalle ore 10:00 alle 12:00 di mattina;
  • Dalle ore 17:00 alle 19:00 di sera.

Cosa rischia chi non viene trovato

Il lavoratore che non è reperibile durante gli orari di reperibilità rischia alcune conseguenze, che cambiano in base alla particolare situazione.

Le conseguenze vanno dal piano economico a quello disciplinare e, in base ai casi, si rischia quanto segue:

  • Perdita dell’indennità per i primi 10 giorni, se il lavoratore è assente alla prima e unica visita;
  • Perdita dell’indennità per 10 giorni, se il lavoratore è assente alla prima visita;
  • Perdita dell’indennità per il periodo residuo dei primi 10 giorni di malattia e subisce una riduzione del 50% dell’indennità per i giorni rimanenti, se il lavoratore è assente alla seconda visita;
  • Interruzione dell’indennità, se il lavoratore non viene trovato alla terza visita;
  • Perdita dell’indennità per i primi 10 giorni, se il lavoratore è assente per giustificati motivi;
  • Perdita dell’indennità per il periodo tra l’assenza e la visita, se il lavoratore non viene trovato a casa, ma si sottopone alla visita ambulatoriale;
  • Perdita dell’indennità, se il lavoratore non viene trovato nella seconda visita dopo che ne era stata confermata la prognosi.

Assegno unico 2024, cosa fare per non perderlo? Comunicazioni e scadenze

Stiamo per arrivare alla fine dell’anno ed è un ottimo momento per chiedersi cosa bisogna fare per continuare a ricevere l’Assegno unico anche nel 2024: cosa fare per non perderlo?

A partire da gennaio 2024, ci sono alcune interessanti novità come l’aumento dell’importo grazie alla rivalutazione dell’Istat. Cosa deve fare una famiglia per assicurarsi che, anche nel 2024, la misura continui ad essere erogata, senza rischiare sospensioni o riduzioni dell’importo?

A tal proposito, è bene ricordare che il rinnovo della misura è automatico, ma ci sono comunque alcuni adempimenti da rispettare. Andiamo subito a vedere di quali si tratta.

Cosa fare per non perdere l’Assegno unico nel 2024

L’Assegno unico è una misura economica introdotta per aiutare e sostenere le famiglie nel pagamento delle spese per i figli. La misura viene garantita a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al compimento dei 21 anni del figlio.

In presenza di particolari condizioni, l’importo spettante può essere anche incrementato, per esempio in presenza di figli portatori di disabilità.

L’importo dell’Assegno unico non è uguale per tutte le famiglie, ma varia in base all’Isee e ad altri parametri.

Con la circolare n. 132/2022, la domanda per ricevere l’assegno unico non deve più essere presentata ogni anno, ma il rinnovo è automatico. Ciò non toglie, però, di rispettare alcuni adempimenti e scadenze per non rischiare sospensioni o riduzione dell’importo.

Cosa fare per non perdere l’Assegno unico? I beneficiari devono solo rinnovare l’Isee, entro le scadenze previste, e comunicare tutte le eventuali variazioni che incidono sul pagamento.

Quali sono le scadenze da rispettare per rinnovare l’Isee

Il rinnovo dell’Isee è il primo e fondamentale passaggio per non rischiare di perdere l’Assegno Unico e far sì che l’importo spettante sia correlato alla propria condizione reddituale.

Infatti, chi non presenta l’Isee 2024 non rischia di perdere l’erogazione della misura, quanto più di ricevere l’importo minimo dello stesso.

Quali sono le scadenze da rispettare? Per richiedere l’Isee 2024, c’è tempo fino al:

  • 29 febbraio 2024, per non rischiare di avere un taglio dal mese di marzo;
  • 30 giugno 2024, per effettuare il ricalcolo a decorrere dal 1° marzo, oltre che assicurarsi, in sede di conguaglio, il pagamento delle mensilità arretrate.

Infine, chi provvede a rinnovare l’Isee dopo il mese di luglio 2024, allora l’importo verrà ricalcolato a decorrere dalle mensilità successive e senza nessun effetto retroattivo.

In definitiva, i nuclei familiari che nel 2023 hanno ricevuto l’Assegno unico e non procedono al rinnovo dell’Isee 2024, rischiano di assistere ad una diminuzione dell’importo a partire dal mese di marzo.

Quali sono le variazioni da comunicare all’Inps

Ci sono alcune comunicazioni che è bene effettuare per continuare a percepire l’Assegno unico o per aumentare l’importo.

Le variazioni che devono essere comunicate sono le seguenti:

  • Cambiamenti relativo allo stato di disabilità del figlio;
  • Cambiamento dello status di studente per i figli di età compresa tra i 18 e i 21 anni;
  • Separazione dei coniugi;
  • Nuova ripartizione dell’assegno tra i genitori;
  • Variazione delle modalità di pagamento.

Serve comunicare all’Inps, inoltre, anche il compimento dei 18 anni del figlio e che continua a soddisfare tutte le condizioni per continuare a percepire il sostegno.

Infine, si deve comunicare all’Inps anche la nascita di un altro figlio. Nel caso di una nuova nascita non è sufficiente solo richiedere l’Isee 2024, ma bisogna anche fare un’apposita comunicazione all’Inps. Solo dopo la comunicazione, l’Istituto sbloccherà il pagamento dell’ulteriore quota spettante dell’Assegno unico, compresa del premio nascita.

In questo caso, sarebbe opportuno richiedere prima l’Isee aggiornato e, subito dopo, effettuare la comunicazione all’Inps.

Ricordiamo, infine, che a partire dal 1° gennaio 2024, aumentano anche gli importi.

Gender pay gap, gli uomini guadagnano il 33% in più delle donne

Secondo i dati dell’Inps, gli uomini percepiscono il 33 per cento in più all’anno rispetto alle donne. Il gender pay gap in Italia è ancora un importante problema al dal punto di vista salariale.

Gender pay gap, le donne guadagnano circa 7mila euro in meno

Gli ultimi dati dell’Inps riguardanti il salario medio nel 2022 evidenziano un imprtante gender pay gap. Secondo l’Osservatorio dell’Istituto sui lavoratori dipendenti e indipendenti, l’anno scorso, la retribuzione media degli uomini era 27.254 euro con 43,9 settimane lavorate mentre per le donne scende a 20.378 euro con 41,2 ore settimane lavorate. Il reddito medio nel 2022 è stato 24.252 euro.

Alla base del divario c’è il minor numero di settimane lavorate nei diversi settori in cui i due generi sono maggiormente impiegati e le mansioni che svolgono.

Il divario degli stipendi: le ragioni

I diversi contratti sono una delle ragioni per cui le donne guadagnano meno. Per il lavoro femminile è maggiore la presenza di contratti part time. Nel 2022, 3.584.665 donne (il 49 per cento delle lavoratrici) contro 2.066.260 maschi (il 21 per cento dei lavoratori) hanno avuto almeno un rapporto lavorativo part time.

La differenza tra regioni del Nord e Sud rimane un fattore rilevante. Il salario medio nelle regioni settentrionali è 26.933 mentre quelli delle Isole e del Sud sono rispettivamente 16.641 e 16.959.

Importante è anche lo sbilanciamento fra le retribuzioni percepite nel settore privato e in quello pubblico. La retribuzione media complessiva nel settore privato è di 22.839 euro. Questo numero sale a 26.227 euro per la retribuzione degli uomini e scende a 18.305 euro per le donne.

Pensione per chi lavora in nero: ecco come funziona e chi può accedervi

Chi lavora in nero ha diritto alla pensione? Come faccio a dimostrare che ho lavorato in nero? Nelle ultime settimane, riceviamo numerose domande riguardanti il diritto alla pensione per i lavoratori in nero. Abbattuto il male oscuro, il Reddito di cittadinanza, l’introduzione dell’Assegno unico universale mette in crisi molte persone che si scoprono fragili e soprattutto a corto di liquidità.

Di mezzo, c’è la strategia del Governo, orientata verso il rinnovo delle misure in scadenza il 31 dicembre 2023, come Ape sociale, Opzione donna e Quota 103, con paletti, modifiche e riduzioni. Ma anche la pressante assenza di risorse finanziarie da destinare al capitolo della previdenza italiana.

Tutto questo apre la pista alla ricerca di nuovi o vecchi possibili accessi pensionistici. Insomma, sono tanti (forse) troppi i lavoratori in nero che si chiedono quando e con quanto potranno andare in pensione. Vediamo insieme i requisiti per la pensione per chi lavora in nero.

Pensione e lavora in nero

Le future decisioni dei lavoratori, che abbiano iniziato a lavorare prima o dopo il 1996, sono influenzate dalle modifiche apportate nel settore previdenziale. Ottenere la pensione di vecchiaia, che si perfeziona con 20 anni di contributi al raggiungimento dei 67 anni di età, non sarà così semplice come potrebbe sembrare.

Il limite contributivo si abbassa a 5 anni quando si raggiungono i 71 anni di età, con una rendita calcolata completamente con il sistema contributivo.

Tuttavia, non tutti riescono ad accumulare 5 o 20 anni di contributi; molti non raggiungono neanche la metà, mentre altri non hanno contributi utili ai fini previdenziali.

Purtroppo, le condizioni previdenziali variano in base alla carriera lavorativa del lavoratore. In Italia, numerosi sono ancora i casi di lavoro nero, una tendenza particolarmente diffusa nel meridione, dove le difficoltà nel trovare un’occupazione stabile si scontrano con la mancanza di istruzione.

È importante sottolineare che il lavoro in nero è illegale, e pochi considerano i rischi per i lavoratori:

• assenza di tutela legale;
• mancanza di copertura assicurativa e previdenziale;
• esposizione all’abuso lavorativo;
• reato di evasione fiscale.

Recuperare gli anni di lavoro in nero ai fini previdenziali

Come posso dimostrare di aver lavorato in nero?

In sintesi, i lavoratori che desiderano attestare di aver svolto un lavoro in nero devono intraprendere azioni legali, avviando una causa ordinaria. In sede giudiziale si verifica il diritto allo stipendio e al versamento contributivo, con l’aggiunta degli arretrati.

Come ottenere la pensione senza aver mai lavorato? Coloro che non hanno un accumulo contributivo possono richiedere l’accesso a prestazioni assistenziali, come ad esempio l’assegno sociale o la pensione di invalidità, a condizione che si soddisfino i requisiti di legge.

L’assegno sociale o pensione per chi ha lavorato in nero

L’INPS riconosce l’assegno sociale ai cittadini che, al compimento dei 67 anni, presentano la richiesta di accesso al beneficio, purché si trovino in uno stato di bisogno economico e con redditi inferiori al limite annuale stabilito dalla normativa vigente.

Quando spetta la pensione sociale?

Dal 1° gennaio 1996, l’Assegno sociale ha sostituito la pensione sociale.

Tuttavia, questa prestazione assistenziale non è trasferibile all’estero; pertanto, il beneficio deve essere usufruito in Italia. Inoltre, l’assegno sociale non è reversibile ai familiari superstiti.

L’assegno sociale corrisponde a 503,17 euro erogati per 13 mensilità, e l’erogazione del beneficio è condizionata dalla presenza di limiti reddituali:

  • viene riconosciuto alle persone con un reddito personale pari a 6.542,51 euro;
  • ai coniugi con un reddito pari a 13.085,02 euro.

Come si calcola l’assegno sociale? L’INPS per determinare l’importo del beneficio applica una semplice formula matematica: 6.542,51 – reddito personale ÷ 13.

Ad esempio, se il reddito annuo personale è di 3.000 euro, è necessario eseguire la seguente operazione:

  • 6.542,51 – 3.000 = 3.542,51;
  • 3.542,51 ÷ 13 = 272,50.

L’importo dell’assegno sociale sarà quindi di circa 272,50 euro al mese.

L’invalidità civile è compatibile con il lavoro in nero

Sì, assolutamente. È possibile ottenere l’accesso all’invalidità civile anche per coloro che hanno lavorato in nero. Questo perché l‘accertamento sanitario si base sui requisiti richiesti per il riconoscimento dell’invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità e handicap.

Sia cittadini italiani che stranieri possono accedere al trattamento assistenziale. Tuttavia, per ottenere la prestazione, è necessario un certificato medico introduttivo della procedura di accertamento per i requisiti sanitari.

Se la Commissione medica ASL – INPS accerta un’invalidità superiore al 74%, è possibile ricevere una prestazione economica, come pensione, assegni o invalidità, a condizione che si soddisfino i requisiti previsti dalla normativa vigente.

In base alla percentuale di invalidità riconosciuta, è possibile accedere a diverse agevolazioni fiscali.

Calendario pagamenti INPS: Rdc, Assegno Unico, Naspi, SFL, Pensioni, 13esima, 14esima e Bonus Natale dal 1° al 20 dicembre. Scopri le date

Calendario pagamenti INPS dal 1° al 20 dicembre 2023. Come ogni mese, si avvicinano gli appuntamenti canoni del mese di dicembre 2023. L’INPS ha predisposto il pagamento del Reddito di cittadinanza, delle pensioni, dell’assegno unico, del Supporto per la Formazione e il Lavoro, della Naspi, della 13esima, della 14esima e del Bonus Natale. Vediamo insieme le date nel calendario dei pagamenti INPS.

Calendario pagamenti INPS dicembre

In prossimità delle festività natalizie, arrivano buone notizie per i pensionati e le famiglie. Dalla 13esima alla 14esima, si prospetta un dicembre di bonus per le pensioni INPS. Spulciamo le date degli accrediti e pagamenti INPS.

Circolare pagamenti dicembre 2023

L’INPS nel messaggio 15 novembre 2023, n. 4050 ha spiegato il calendario dei pagamenti delle pensioni del mese di dicembre 2023:

  • dell’anticipo del conguaglio per il calcolo della perequazione per il 2023;
  • dell’importo aggiuntivo di 154,94 euro;
  • della somma aggiuntiva (quattordicesima).

Pensione di dicembre 2023: le date

L’INPS mette in pagamento le pensione di dicembre 2023 a partire dal primo giorno bancabile del mese, ovvero da venerdì 1° dicembre 2023.

I titolari delle prestazioni previdenziali e assistenziali che ritirano il trattamento in contanti presso Poste Italiane potranno recarsi presso gli sportelli postali, seguendo il calendario in ordine alfabetico, presumibilmente nei seguenti giorni:

  • dalla A alla C: 1° dicembre;
  • dalla D alla K: 2 dicembre (solo la mattina);
  • dalla L alla P: 4 dicembre;
  • dalla Q alla Z: 5 dicembre.

Nel mese di dicembre 2023, molti pensionati riceveranno in automatico anche l’accredito della 13esima, 14esima e Bonus Natale, a condizione che siano soddisfatti i requisiti normativi.

Calendario pagamenti INPS dicembre: Reddito di cittadinanza: ultimo pagamento

Per i fruitori del Reddito di cittadinanza, il mese dicembre sarà l’ultima mensilità erogata dall’INPS. A partire dal 1° gennaio 2024, gli aventi diritto potranno richiedere l’Assegno di inclusione sociale.

Il pagamento del Reddito di cittadinanza viene accreditato direttamente sulla PostePay dedicata ai percettori del sussidio a partire dalla prima metà mese. Si tratta di un primo accredito dedicato ai nuovi fruitori del sussidio. Il secondo accredito arriverà intorno al 27 dicembre.

Va precisato che l’ultimo pagamento del Reddito di cittadinanza sarà ricevuto dai percettori non occupabili e da coloro che non ha terminato il ciclo delle sette mensilità.

Naspi dicembre 2023

Il pagamento dell’indennità di disoccupazione Naspi parte dalla seconda metà del mese di dicembre 2023. Tuttavia, la data di erogazione dell’indennità è condizionata dalla data di presentazione della richiesta di accesso alla Naspi.

Per maggiori dettagli sulla data esatta di erogazione del beneficio spettante, si consiglia di consultare il proprio fascicolo previdenziale, disponibile tra i servizi dedicati INPS accessibile mediante le credendiziali digitali SPID, CNS o CIE.

Le stesse regole si applicano anche per i fruitori dell’indennità DIS-COLL.

Assegno unico: accredito di Natale 2023

Nel mese di dicembre è previsto l’accredito dell’assegno unico universale in favore dei figli. In linea generale, l’INPS effettua gli accrediti dopo la prima parte del mese di dicembre, ovvero dal 18, 19, 20 dicembre.

Calendario pagamenti INPS dicembre: Supporto per la formazione e il lavoro

Il Supporto per la Formazione e il Lavoro, è uno strumento introdotto con il Decreto Lavoro, in vigore dal 1° settembre 2023. Si tratta di beneficio economico riconsociuto sotto forma di indennità mensile pari a 350 euro, a condizione che vengano soddisfatte le diverse condizioni di legge, tra cui:

  • partecipazione ai progetti di formazione;
  • partecipazione ai progetto di qualificazione o riqualificazione professionale;
  • partecipazione all’iniziative di orientamento o di accompagnamento al lavoro.

L’INPS eroga l’indennità a partire dal 27 dicembre 2023, in favore dei beneficiari che hanno presentato la richiesta di adesione allo strumento entro il 15 del mese. La seconda parte dei pagamenti viene caricata a partire dal giorno 15 del mese successivo in favore di coloro che hanno presentato la richiesta nel corso del mese.

Pensioni INPS: cedolino di dicembre, 13esima, 14esima e bonus Natale in pagamento

Pensioni nel cedolino di dicembre 13esima, 14esima e bonus Natale. Il mese di dicembre si presenta ricco di novità per molti pensionati. Si conclude il mese di novembre e iniziano i pagamenti del mese di dicembre 2023. I nuovi importi degli assegni sono disponibili sul sito INPS nell’Area riservata di ogni pensionato. La buona notizia riguarda il pagamento con valuta 1° dicembre, della mensilità ordinaria, la 13esma, la quattordicesima e il bonus Natale, importi confermati dall’INPS, nel messaggio pubblicato il 21 novembre 2023. Vediamo insieme a chi spetta una pensione più ricca.

Pensioni: 13esima, 14esima e bonus Natale

Ricordiamo che il cedolino della pensione, è accessibile dal titolare del trattamento tramite il  servizio online disponibile sul portale ufficiale dell’INPS. Si tratta della visione del documento indispensabile ai pensionati per verificare l’importo erogato mensilmente dall’INPS. Inoltre, utilizzando il servizio online, è possibile conoscere i motivi di variazione dell’importo. Vediamo insieme quali sono le variazioni del cedolino della pensione di dicembre 2023.

Quanto aumentano le pensioni a dicembre 2023?

L’INPS nel messaggio 15 novembre 2023, n. 4050 ,ha spiegato che nel cedolino di dicembre è stato effettuato il ricalcolo della perequazione delle pensioni relative al 2023 in base all’aspettativa di vita calcolato dall’ISTAT. Pertanto, per il mese di dicembre 2023 è stato anticipato il conguaglio, così come previsto dall’articolo 1, decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145.

Per il mese di dicembre, nel cedolino sarà visibile il primo conguaglio del 2023, ovvero l’applicazione della percentuale +0,8% con l’erogazione degli arretrati maturati da gennaio 2023, a seguire sarà applicato l’aumento provvisorio pari al +5,4% a gennaio 2024.

A chi spetta la 14esima a dicembre 2023?

Per alcuni pensionati, nella rata di dicembre 2023 è stata aggiunta la seconda parte relativa alla quattordicesima mensilità.

Nello specifico, la quattordicesima spetta alle pensione che:

  • abbiano raggiunto il requisito anagrafico richiesto per l’accesso al beneficio (64 anni di età) nel secondo semestre del 2023;
  • fermo restando il requisito anagrafico dei 64 anni di età, siano diventati titolari di pensione nel corso del 2023.

L’INPS procede al pagamento in via provvisoria, successivamente eseguirà le verifiche sui dati reddituali.

Chi non riceve la quattordicesima, ma ritiene di averne diritto, può presentare domanda di ricostituzione online.

A chi spetta il bonus Natale 2023?

Sulle pensioni di dicembre, delle gestioni private, dello spettacolo e sportivi professionisti, il cui importo complessivo non risulti essere superiore al trattamento minimo, a condizione che i redditi prodotti rientrino nei limiti normativi, viene erogato l’importo aggiuntivo o Bonus Natale pari a 154,94 euro (articolo 70, legge 23 dicembre 2000, n. 388).

Anche in questo caso, l’INPS riconosce il beneficio economico in via provvisoria, per poi verificare la sussistenza dei requisiti reddituali.

Rimborso 730: conguaglio integrativo

Anche per il mese di dicembre proseguono le operazioni correlate ai modelli 730 per i pensionati che hanno scelto l’INPS come sostituto di imposta e i cui flussi siano pervenuti da Agenzia delle Entrate dopo il 30 giugno.

Sulla pensione di dicembre si prevede:

  • al rimborso dell’imposta a credito del contribuente;
  • alla trattenuta, in caso di conguaglio a debito del contribuente.

Pensioni: 13esima, 14esima e bonus Natale: le date di pagamento

L’INPS apre il calendario dei pagamenti per quanto riguarda i trattamenti previdenziali e assistenziali del mese di dicembre 2023, a partire dal giorno venerdì 1° dicembre 2023.

Si presume che le date per il ritiro dei trattamenti economici previdenziali presso gli uffici postali di Poste Italiane, seguano la seguente cadenza basata sulle iniziali dei cognomi dei titolari dei trattamenti:

  •  dalla A alla C: venerdì 1° dicembre
  • dalla D alla K: sabato (solo la mattina) 2 dicembre
  • dalla L alla P:  lunedì 4 dicembre
  • dalla Q alla Z: martedì 5 dicembre

Indennità di accompagnamento: chi ha diritto alla 13esima e al bonus Natale nel 2023? Scopri il calendario dei pagamenti di Dicembre

Indennità di accompagnamento, la 13esima mensilità e il bonus Natale sono compatibili? La mensilità aggiuntiva riconosciuta dall’INPS in previsione delle festività natalizie rappresenta un sostegno molto importante per la gran parte dei pensionati italiani e per le famiglie.

A partire dal 1° dicembre, è possibile ritirare l’assegno, comprensivo della 13esima e del bonus Natale 2023 (se dovuti), presso gli uffici di postali di Poste Italiane. Vediamo insieme se i percettori dell’indennità di accompagnamento hanno diritto anche alla 13esima mensilità e al bonus Natale.

Indennità di accompagnamento 13esima e bonus Natale

In linea generale, la 13esima mensilità corrisponde a un mese di pensione, e molti pensionati ricevono anche il bonus Natale, un importo aggiuntivo pari a 155 euro.

È importante notare che l’indennità di accompagnamento viene riconosciuta agli invalidi al 100 per cento non autosufficienti. In occasione delle festività natalizie, appare normale chiedersi se spetta o meno la 13esima mensilità e il bonus Natale 2023.

Sono domande legittime, considerato che l’indennità di accompagnamento è una prestazione assistenziale riconosciuta dall’INPS.

Nello stesso modo, l’Istituto accredita automaticamente la somma aggiuntiva o bonus Natale e la 13esima mensilità su diverse prestazioni di natura assistenziali.

Quante mensilità ha l’assegno di accompagnamento?

Nel 2023, l’importo dell’indennità di accompagnamento corrisponde a  527,16 euro al mese, erogato dall’INPS per una durata di 12 mensilità  con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda, oppure dalla data del verbale rilasciato dalla Commissione ASL – INPS.

Quali sono i pensionati che non prendono la 13esima?

L’INPS non riconosce d’ufficio la 13esima a tutti i pensionati, ad esempio l’importo aggiuntivo non spetta ai percettori del Reddito di cittadinanza.

Chi percepisce l’indennità di accompagnamento ha diritto all’aumento?

Per il 2023, gli importi delle indennità di accompagnamento hanno subito delle variazioni in aumento a partire dal mese di ottobre.  Per il mese di dicembre 2023, saranno maggiorati del 2,2%; pertanto l’importo dell’indennità salirà a 536,72 (invalidi civili), mentre per i ciechi assoluti sarà pari a 968,02 euro.

Che differenza c’è tra la pensione di invalidità e l’accompagnamento?

La pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento non sono la stessa. La pensione di invalidità, viene riconosciuta alle persone che soddisfano il requisito sanitario. In sostanza, la Commissione medica ASL – INPS che certifica la ridotta capacità lavorativa dovuta a causa di una patologia o di una minorazione o malformazione.

Indennità accompagnamento: a chi non spetta la 13esima e il bonus Natale a dicembre 2023?

L’INPS si prepara a distribuire  l’importo dell’indennità di accompagnamento, ma non tutti avranno anche  la 13esima mensilità e la mensilità aggiuntiva o bonus Natale 2023.

È importante notare che la 13esaima non viene riconosciuta ai percettori dell’indennità di frequenza e sull’indennità di accompagnamento.

Il bonus Natale o importo aggiuntivo viene riconosciuto ai titolari di tutte le pensioni INPS delle gestioni private ed ex Enpals, con l’esclusione dei trattamenti assistenziali. Pertanto, il beneficio economico non spetta sulla pensione e assegno sociale, prestazioni agli invalidi civili, delle pensioni dei dipendenti degli enti creditizi, dei dirigenti d’azienda e dei trattamenti non aventi natura di pensione.

In sostanza, l’importo pari a 154,94 euro non spetta ai percettori dei trattamenti di invalidità civile, assegno o pensione sociale o rendita facoltativa d’inabilità.

Accompagnamento 13esima e bonus Natale dicembre 2023: le date di pagamento

L’INPS ha aperto le date del calendario dei pagamenti di dicembre 2023, per le prestazioni di natura previdenziale e assistenziale, a partire dal giorno venerdì 1° dicembre 2023.

Per il ritiro dell’indennità di accompagnamento presso gli uffici postali di Poste Italiane, si ipotizza che la  cadenza basata sulle iniziali dei cognomi dei titolari dei trattamenti, sia la seguente:

  •  dalla A alla C: venerdì 1° dicembre
  • dalla D alla K: sabato (solo la mattina) 2 dicembre
  • dalla L alla P:  lunedì 4 dicembre
  • dalla Q alla Z: martedì 5 dicembre

Pensione anticipata contributiva e nuove regole: 64 anni con 20 anni di contributi e altri requisiti

 La pensione contributiva a 64 anni di età, sembra essere più vantaggiosa per le donne. A dispetto delle migliori previsioni, le pensioni degli italiani cominciano a perdere pezzi pregiati, anche se non è del tutto una novità; in molti sapevano, altri hanno intuito la presenza di maggiori paletti.

Il governo Meloni ha lasciato inalterati i requisiti per la pensione di vecchiaia, introducendo vincoli e paletti per coloro che scelgono di ritirarsi prima dal lavoro.

È forte la sensazione che il vaso di Pandora sia pronto ad aprirsi ancora una volta sulla testa dei lavoratori e che lo scenario della pensione contributiva a 64 anni, stranamente più favorevole per le donne, nasconda ben altro.

Pensione contributiva a 64 anni

Nella legge di Bilancio 2024, sono previste modifiche per i requisiti per l’accesso all’opzione contributiva della pensione anticipata, a favore dei lavoratori che non hanno maturato un’anzianità contributiva entro il 31 dicembre 1995.

D’altra parte, pochi raccontano che questa formula previdenziale è una misura flessibile di pensionamento introdotta dalla legge Fornero.

Il principio della pensione a 64 anni di età con 20 anni di contributi effettivi, esclusi i contributi figurativi, si basa sulla presenza di una carriera lavorativa ricca e continua, tale da garantire una rendita mensile pari a 2,8 volte il trattamento minimo vitale.

Nel 2024, anche questa misura è stata oggetto di modifiche, con l’obiettivo di facilitarne l’accesso. Vediamo come.

Quali sono i requisiti per andare in pensione a 64 anni?

È importante notare che possono accedere alla pensione contributiva a 64 anni solo i lavoratori che hanno maturato un’anzianità contributiva integralmente nel sistema contributivo e che possono richiedere il computo della Gestione separata riservata ai contributivi puri.

In sostanza, la misura riguarda coloro che hanno iniziato ad accumulare una contribuzione utile ai fini previdenziali a partire dal 1° gennaio 1996, secondo le norme previste dalla legge Dini.

Quando si può andare in pensione con il sistema contributivo?

Nel 2024, per accedere alla pensione anticipata contributiva, è necessario rispettare diverse condizioni. Come detto sopra, fino al 31 dicembre 2023, l’assegno previdenziale non deve risultare più alto di 2,8 volte il trattamento minimo, ovvero pari a 1.409,15 euro lordi, considerando che l’importo dell’assegno sociale corrisponde a 503,27 euro.

Le nuove regole sono più favorevoli per le donne. Nel 2024, si potrà andare in pensione a 64 anni, ottenendo la pensione contributiva, a condizione che si soddisfino diversi requisiti:

  • 64 anni di età;
  • almeno 20 anni di contributi effettivi (obbligatori, da riscatto e volontari);
  • un assegno pari a 3 volte il trattamento minimo vitale;
  • per le donne con un figlio, il tetto dell’assegno scende a 2,8 volte il trattamento minimo;
  • per le donne con due figli, il tetto dell’assegno scende a 2,6 volte il trattamento minimo vitale.

Pensione contributiva 64 anni: con quale assegno nel 2024

Di fatto, diventerà più difficile accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni di età, come confermato in un articolo di money.it.

Sarà richiesto sempre un assegno di un valore più alto, considerando la presenza della rivalutazione applicata da gennaio 2024. Secondo numerosi esperti, l’assegno sociale dovrebbe attestarsi a 535 euro; di conseguenza, l’assegno per la pensione dovrà raggiungere 1.605 euro lordi al mese.

Le condizioni migliorano per le lavoratrici con un figlio, che dovranno rientrare in un assegno pari a 1.498 euro lordi, mentre con due figli il tetto scende a 1.391 euro lordi.

In conclusione, la Legge di Bilancio 2024 del governo Meloni modifica la pensione anticipata contributiva, permettendo l’accesso a 64 anni con 20 anni di contributi, favorendo soprattutto le donne con condizioni più vantaggiose.

Quota 103 per uomini e donne: nuove penalizzazioni per la pensione anticipata a 62 anni di età

Quota 103 e pensione anticipata: le nuove penalizzazioni in valutazione per uomini e donne. Nel 2024, il rinnovo di Quota 103, sebbene sembri l’unica possibile alternativa alla pensione di vecchiaia, non è detto che sia un’idea buona. Decisamente, si direbbe il contrario, considerato che la pensione anticipata Quota 103 prevede il calcolo della rendita con il sistema contributivo, un tetto d’importo applicato e una finestra mobile molto lunga.

Se l’intento è quello di mantenere la stabilità dei conti rilanciando le modifiche al sistema previdenziale, tali da penalizzare gli italiani in un contesto economico molto difficile, potrebbero trasformarsi in scelte in conflitto con la complessa realtà del Paese. Vediamo insieme quali sono le tre penalizzazioni sulla pensione anticipata a 62 anni Quota 103.

Quota 103 nuove penalizzazioni

 Come spiegato nell’articolo sulla riforma delle pensioni, il sistema previdenziale attuale rischia di implodere, con alcune promesse elettorali che sono sfumate, sostituite dalla realtà sempre più complessa.

È certo che i problemi e gli squilibri che affliggono l’economia nazionale sono tanti, forse troppi. Le modifiche alla misura Quota 103 per il 2024 sono un segnale dei tagli alla spesa pubblica.

Attualmente, la pensione anticipata Quota 103 viene concessa ai lavoratori che accumulano 41 anni di versamenti contributivi e hanno compiuto 62 anni, a condizione che l’assegno sia almeno 5 volte l’assegno sociale.

Per il 2024, la nuova Quota 103 prevede tre forti penalizzazioni con l’intento di scoraggiare il ritiro anticipato dal lavoro. In alternativa, la pensione di vecchiaia a 67 anni offre più vantaggi e meno difficoltà. Vediamo insieme come funziona la nuova Quota 103.

Chi ha 62 anni può andare in pensione?

 A partire dal 1° gennaio 2024, dovrebbe essere introdotta la pensione anticipata Quota 103, che permetterà ai lavoratori di ritirarsi dal lavoro al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 41 anni.

Tuttavia, la misura contiene diversi paletti. Il primo in assoluto, quello più penalizzante, riguarda l’applicazione del calcolo della pensione integralmente con il sistema contributivo.

Ciò significa che coloro che optano per questa formula previdenziale, se hanno perfezionato 41 anni di versamenti contributivi anche nel sistema misto o retributivo, dovranno rinunciarvi.

Questo perché il legislatore ha vincolato alla Quota 103 il solo sistema contributivo per la liquidazione del trattamento economico previdenziale.

In sostanza, viene applicata la medesima penalizzazione utilizzata per la misura Opzione donna. In altre parole, i lavoratori che intendono ritirarsi prima dal lavoro devono considerare una penalizzazione definitiva del 15-16% della rata mensile rispetto a quanto avrebbero percepito utilizzando la parte contributiva di competenza del sistema retributivo e misto.

È importante notare che l’accumulo contributivo maturato prima del 1996 finirà integralmente nel sistema contributivo puro. Conti alla mano, all’incirca un terzo del montante contributivo verrebbe dirottato nel regime meno vantaggioso per il lavoratore, con un forte taglio sull’importo dovuto per la pensione.

 Quali sono le finestre per andare in pensione nel 2024?

Nel 2023, la pensione anticipata Quota 103 prevede una finestra mobile di tre mesi per il settore privato e sei mesi per il pubblico. Tuttavia, per il 2024, tale finestra si allunga a 7 mesi per il privato e 9 mesi per il pubblico.

Come andare in pensione a 62 anni nel 2024?

La pensione Quota 103 è stata introdotta con la Manovra 2023 e prevede requisiti anagrafici, contributivi e diverse condizioni da soddisfare entro il 31 dicembre 2023. In particolare, occorre:

  • Avere compiuto 62 anni di età.
  • Accumulare almeno 41 anni di contribuzione.
  • Possedere un assegno lordo mensile non superiore a 5 volte il trattamento minimo (2.818,7 euro).

A partire dal 1° gennaio 2024, la nuova Quota 103 impone i seguenti criteri:

  • Avere compiuto 62 anni di età.
  • Accumulare almeno 41 anni di contribuzione.
  • Mantenere un assegno lordo mensile non superiore a 4 volte il trattamento minimo (2.250 euro) fino al raggiungimento dei 67 anni, previsti per la pensione di vecchiaia.

Bonus Natale 2023, a chi spetta e a quanto ammonta

In arrivo una bella sorpresa per alcuni pensionati che percepiscono alcune tipologie di pensioni Inps: a chi spetta il Bonus Natale 2023? Si tratta di una misura, ribattezzata con un nome simbolico, dato il periodo dell’anno in cui viene erogato, che viene corrisposta, generalmente, insieme alla tredicesima mensilità.

La misura è stata introdotta nel 2000 e spetta solo ai pensionati che rispettano alcuni requisiti reddituali. Non si tratta, quindi, di una misura universale, dato che alcune categorie di pensionati vengono escluse.

Nel testo, vediamo a chi spetta il Bonus Natale 2023, quali sono i requisiti che bisogna rispettare e a quanto ammonta.

A chi spetta il Bonus Natale 2023

Alcuni pensionati, nel cedolino pensionistico del mese di dicembre, riceveranno una bella sorpresa. Le pensioni di dicembre saranno molto ricche: dalla tredicesima al conguaglio, dagli aumenti ad un’altra sorpresa: il Bonus Natale 2023.

La misura è stata introdotta, per la prima volta, con la Legge finanziaria del 2000. Non si tratta di una misura che sostituisce la tredicesima, ma che l’affianca. Non è un diritto universale, in quanto spetta a tutti i pensionati che rispettano alcuni requisiti e condizioni reddituali.

Solitamente, il Bonus Natale viene corrisposto con la tredicesima mensilità, in presenza di particolari requisiti reddituali.

A chi spetta il Bonus Natale 2023? I titolari di trattamenti pensionistici che percepiscono l’assegno minimo potranno ricevere un discreto aumento. L’integrazione riguarda i titolari delle pensioni Inps delle gestioni private ed ex Enpals.

Non è previsto per alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali erogati dall’Inps come, per esempio, le pensioni di invalidità civile, le pensioni sociali, gli assegni sociali, le rendite facoltative d’inabilità, le rendite facoltative di vecchiaia, le pensioni di vecchiaia e di invalidità della mutualità pensioni a favore delle casalinghe, gli assegni di esodo, le isopensioni.

Requisiti e importo della misura

Innanzitutto, dobbiamo sottolineare che, per ottenere il Bonus Natale 2023, è necessario rispettare una serie di condizioni:

  • Importo annuo dei trattamenti pensionistici;
  • Reddito personale complessivo;
  • Reddito dei coniugi.

Nel primo caso, ci si riferisce ai titolari di una o più pensioni, la cui somma sia inferiore all’importo annuo del trattamento minimo incrementato dell’importo del bonus.

La somma spetta ai pensionati che percepiscono fino a 7.327,32 euro di pensione annua. Una volta varcata la soglia di 7.482,26 euro l’anno, il diritto a ricevere il Bonus Natale decade.

Entro la cifra di 7.482,26 euro l’anno, l’importo della misura sarà pari alla differenza rispetto all’importo della pensione.

Per quanto riguarda il secondo parametro, stabilisce che qualora vi siano altri redditi oltre l’assegno, il totale non deve superare l’importo pari a una volta e mezza il trattamento minimo vigente nell’anno: la soglia è di 10.990,98 euro. Nel caso in cui il beneficiario sia sposato, allora il reddito coniugale non deve superare un importo pari a tre volte il trattamento minimo vigente nell’anno: in questo caso la soglia è di 21.981,96 euro.

L’importo massimo del Bonus Natale è pari a 154,94 euro.

Quando viene erogato il Bonus Natale 2023

Solitamente, il cosiddetto Bonus Natale viene erogato insieme alla tredicesima mensilità nel cedolino pensione del mese di dicembre. Il pagamento, quindi, sarà disponibile a partire dal 1° dicembre 2023, sia presso le banche che presso le Poste Italiane.

Per quanto riguarda i pagamenti delle Poste Italiane, si deve seguire il canonico calendario scaglionato per cognome:

  • Venerdì 1° dicembre: lettera A-C;
  • Sabato 2 dicembre (solo mattina): lettera D-K;
  • Lunedì 4 dicembre: lettera L-P;
  • Martedì 5 dicembre: lettera Q-Z.

Nel caso in cui si ritenga di aver diritto all’importo aggiuntivo del Bonus Natale, ma la cifra non viene erogata insieme alla pensione, alla è possibile inoltrare la domanda sul portale dell’Inps.

Leggi anche: Pagamento pensioni dicembre 2023, insieme al mensile aumenti, arretrati e tredicesima: ecco gli importi e Pagamenti INPS dicembre 2023: pensioni, RdC, Naspi, SFL e Assegno Unico

Reddito di Cittadinanza, stop alla presentazione delle domande dal 30 novembre

A partire dal 30 novembre 2023 arriva lo stop alla presentazione delle domande per richiedere il Reddito di Cittadinanza. La data di scadenza è stata fissata dall’Inps, precisando anche che la carta del Reddito di Cittadinanza resterà attiva nei primi mesi del 2024, al fine di permettere ai beneficiari di utilizzare gli importi accreditati.

La misura finirà per tutti il 31 dicembre, per far spazio, dal 1° gennaio 2024, al Reddito di Inclusione. In scadenza c’è anche la comunicazione di presa in carico da parte dei servizi sociali. Per quanto riguarda, invece, la trasmissione delle domande da parte degli intermediari c’è tempo fino a 20 dicembre.

A partire dal 30 novembre non è più possibile presentare nuove domande per il Reddito di Cittadinanza

Manca poco alla fine del Reddito di Cittadinanza. Il 31 dicembre, la misura sarà abrogata passando le redini al Reddito di Inclusione, che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2024.

Per questo motivo, l’Inps ha fissato anche una data di scadenza alla possibilità di presentare nuove domande. La data di scadenza è fissata al 30 novembre. Oltre questa data non sarà più possibile presentare nuove domande per fruire della misura. L’Istituto lo ha comunicato il 24 novembre 2023, con la pubblicazione del messaggio n. 4179.

La trasmissione delle domande da parte degli intermediari, invece, è consentita fino al 20 dicembre, ma gli utenti devono presentarla agli stessi comunque entro e non oltre il 30 novembre.

L’Inps, nel suo nuovo messaggio, ha annunciato che la fruizione del reddito di cittadinanza terminerà per tutti alla fine dell’anno, anche se non siano terminate le 18 mensilità previste dalla normativa.

Tuttavia, non bisogna allarmarsi, in quanto le rate arretrate saranno comunque erogate, così come la liquidazione della somma eventualmente spettante a titolo di assegno unico, anche se non è stata presentata la nuova domanda autonoma.

I beneficiari, comunque, che presentano la domanda durante il mese di novembre, riceveranno lo stesso l’accredito della mensilità di dicembre.

In scadenza anche la comunicazione di presa in carico dei servizi sociali

Il 30 novembre non termina solo la possibilità di presentare le nuove domande per richiedere il Reddito di Cittadinanza. Come ricorda l’Inps, il 30 novembre scadono anche i termini entro cui i servizi sociali devono comunicare l’eventuale presa in carico dei nuclei familiari che cessano la fruizione del beneficio alla settima mensilità.

In origine, il termine era fissato al 31 ottobre 2023, prorogato poi al 30 novembre dal Decreto Anticipi. I soggetti presi in carico dai servizi sociali riceveranno l’accredito del Reddito di Cittadinanza fino alla fine dell’anno.

Quindi, chi ha già ricevuto la settima mensilità ad ottobre, ma non ha i requisiti per continuare la fruizione, se presi in carico dai servizi sociali riceveranno il pagamento:

  • Della rata di novembre, il 15 dicembre 2023;
  • Della rata di dicembre, il 27 dicembre 2023.

Qualora, invece, non risultino presi in carico, allora non riceveranno nessun pagamento perché hanno superato il limite di fruizione previsto.

Nelle due rate di dicembre, del 15 e del 27, saranno anche corrisposti gli eventuali pagamenti arretrati, in favore di tutti quei nuclei familiari che erano stati precedentemente sospesi e che risultano presi in carico dai servizi sociali.

Cosa succede dal 1° gennaio 2024

L’Inps ha precisato che la Carta del Reddito di Cittadinanza resterà attiva nei primi mesi del 2024, affinché i beneficiari possano utilizzare gli importi e per l’eventuale riconoscimento di erogazioni spettanti.

La Legge di Bilancio del 2023 ha disposto l’abolizione del RdC per far posto ad un nuovo strumento: l’Assegno di Inclusione. Inoltre, è già al via una seconda misura introdotta dal Decreto Lavoro, ovvero il Supporto per la formazione e il lavoro.

Leggi anche: Reddito di cittadinanza pagamento novembre 2023: gli accrediti INPS solo per questi beneficiari. Le date esclusive

Reddito di cittadinanza pagamento novembre 2023: gli accrediti INPS solo per questi beneficiari. Le date esclusive

Per il 2023, novembre non sarà l’ultimo pagamento per il Reddito di cittadinanza. La strada si restringe per fare spazio all’Assegno di inclusione 2024. Le proteste dei fruitori del sussidio sono state molte e altrettante sono state le critiche al sistema di modifica degli ammortizzatori sociali.

Il discorso diventa particolarmente delicato, soprattutto quando si parla di Reddito di cittadinanza. Il governo Meloni ha dato la prima stretta al sussidio dopo anni di riconoscimenti accomodanti che hanno penalizzato l’intera categoria di aventi diritto.

Per molti fruitori sarà un allentamento del beneficio, per altri sarà la sospensione totale. Vediamo insieme chi riceverà il pagamento del Reddito di cittadinanza nel mese di novembre.

Reddito di cittadinanza pagamento novembre 2023

L’INPS sta portando avanti l’accredito del Reddito di cittadinanza in favore di una buona fetta di aventi diritto. Successivamente, dal 2024 sarà possibile richiedere l’accesso all’Assegno di inclusione sociale, a condizione che vengano soddisfatti i requisiti di legge.

Nella seconda metà del mese di novembre sono attesi gli accrediti destinati ai fruitori che già percepiscono il sussidio mensile, mentre nei primi quindici giorni del mese il pagamento è arrivato a coloro che hanno presentato la richiesta per la prima volta.

Le scadenze di pagamento del reddito di cittadinanza per il mese di novembre cadono nei seguenti giorni:

  • 15 novembre 2023: accredito per i nuovi fruitori;
  • 27 novembre 2023: accredito per coloro che già percepiscono mensilmente il beneficio di Stato.

Chi percepirà il reddito di cittadinanza fino a dicembre 2023?

È importante notare che per il primo pagamento, ovvero quello del 15 novembre 2023, l’accredito è condizionato dalla presenza della richiesta di ammissione al Reddito di cittadinanza 2023; pertanto è subordinato al ritiro della PostePay Rdc presso gli uffici postali di Poste Italiane.

Nella seconda parte del mese, ovvero dal 27 novembre 2023, l’INPS procede all’accredito del beneficio in favore di coloro che già hanno diritto al sostegno economico e che rientrano nelle condizioni previste dalla legge. Nello specifico, continuano a percepire il sussidio coloro che soddisfano i requisiti normativi, risultano esclusivi dalla categoria “occupabili” e non avendo terminato la fruizione delle sette mensilità.

Si ricorda che nella categoria dei non occupabili del Reddito di cittadinanza rientrano le famiglie con figli minori, disabili e membri over 60.

Pertanto, il pagamento del 27 novembre interessa anche coloro che percepiscono l’assegno unico in favore dei figli a carico.

Diversamente, per coloro che terminano la fruizione del Rdc per conclusione delle sette mensilità o per sopraggiunto ciclo di vita del sussidio previsto per il 31 dicembre 2023, è necessario richiedere nuovamente il beneficio dell’assegno unico, presentando una nuova domanda all’INPS.

L’assenza di una nuova richiesta non permette l’erogazione del beneficio economico in favore dei figli.

Chi ha più di 60 anni ha diritto al reddito di cittadinanza?

Per ricevere il Reddito di cittadinanza fino al 31 dicembre 2023, è necessario rispettare alcuni requisiti, ovvero delle “condizioni per i fruitori occupabili”; pertanto, è necessario conferire immediata disponibilità al lavoroaderire a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, e soddisfare altre condizioni.

Si ricorda che le famiglie composte da membri minori, disabili e anziani over 60, hanno diritto alla fruizione del beneficio economico fino alla fine dell’anno, a condizione che rientrano negli altri requisiti previsti dalla legge. A partire dal 2024, sarà rilasciato l’Assegno di inclusione sociale.

In sintesi, si tratta di un supporto economico pari a 500 euro al mese, cumulabile con l’assegno con l’assegno unico universale in favore dei figli. Il calcolo del nuovo ammortizzatore sociale si basa su diversi elementi, inclusa la scala di equivalenza.

Quando viene pagato il reddito di cittadinanza del mese di novembre?

I fruitori del Reddito di cittadinanza ricevono il pagamento del mese di novembre in due date:

  • 15 novembre 2023: primi beneficiari;
  • 27 novembre 2023: coloro che già lo ricevono regolarmente ogni mese.

Naspi e lavoro agricolo occasionale sono compatibili? Arrivano i chiarimenti dell’Inps

Ci si domanda spesso quali sono le compatibilità della Naspi e nel testo, andremo a spiegare se l’indennità di disoccupazione e il lavoro agricolo occasionale sono compatibili. Sulla questione, sono anche arrivati i chiarimenti dall’Inps.

Sia la Naspi che la Dis-Coll sono due delle principali misure di sostegno economico spettanti in caso di perdita involontaria del lavoro. La Naspi spetta ai lavoratori subordinati e la Dis-Coll viene riconosciuta ad una serie di lavoratori che si collocano al di fuori dell’area della subordinazione.

Andiamo a spiegare se la Naspi è compatibile con il lavoro agricolo occasionale, alla luce dei chiarimenti forniti dall’Inps con pubblicazione della circolare n. 89.

Cos’è e come funziona il lavoro agricolo occasionale

La Legge di Bilancio del 2023 contiene alcune regole sulle prestazioni agricole di lavoro subordinato occasionale. In particolar modo, le prestazioni riguardano attività di natura stagionale con durata fino a 45 giornate.

Inoltre, le prestazioni devono essere rese da soggetti che non siano titolari di un rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, durante i tre anni precedenti l’instaurazione del rapporto.

Alla luce di ciò, il lavoro agricolo occasionale può essere svolto dai seguenti soggetti:

  • Disoccupati nonché percettori di Naspi, Dis-Coll, Reddito di Cittadinanza, Assegno di Inclusione e ammortizzatori sociali;
  • Pensionati di vecchiaia o anzianità;
  • Giovani con meno di 25 anni d’età iscritti ad un ciclo di istruzione;
  • Detenuti o internati nonché soggetti in semilibertà provenienti dalla detenzione o internati in semilibertà.

Così come per il lavoro subordinato, anche i datori di lavoro che ricorrono alle prestazioni di lavoro occasionale agricolo a tempo determinato devono inviare la comunicazione UniLav al Centro per l’Impiego. Il datore di lavoro, inoltre, ha l’obbligo di registrare i lavoratori in parola sul Libro Unico del Lavoro.

Lavoro agricolo occasionale e Naspi sono compatibili?

Il lavoratore disoccupato che ha perso involontariamente il lavoro e che beneficia della Naspi o della Dis-Coll può svolgere prestazioni di lavoro in agricoltura. Lo ha chiarito l’Inps, con la circolare n. 89, pubblicata il 7 novembre 2023, specificando che la prestazione può essere svolta entro il limite di 45 giornate di prestazione per anno civile, senza obbligo di comunicazione all’INPS del compenso derivante dalle stesse.

Quindi, i compensi derivanti dalle prestazioni occasionali in ambito agricolo sono interamente compatibili e cumulabili con le indennità di disoccupazione Naspi e Dis-Coll. Quindi sia la Naspi che la Dis-Coll non saranno soggette a sospensione, abbattimento né, tantomeno, decadenza.

Per quanto riguarda il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato, sempre entro il limite massimo di 45 giornate di prestazione per anno civile.

Inoltre, il compenso erogato al lavoratore è cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico.

Come funzionano la Naspi e la Dis-Coll

Naspi e Dis-Coll sono entrambe indennità di disoccupazione, ma differiscono tra loro in base alla platea di beneficiari.

La Naspi spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato e a:

  • Apprendisti;
  • Personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
  • Soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le stesse;
  • Dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni;
  • Dal 1° gennaio 2022 la prestazione si estende agli operai agricoli a tempo indeterminato, dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci.

Per quanto riguarda, invece, la Dis-Coll, si tratta sempre di un’indennità erogata dall’Inps, ma destinata agli iscritti alla Gestione Separata e, in particolare a:

  • Collaboratori coordinati e continuativi (anche a progetto);
  • Assegnisti;
  • Dottorandi di ricerca con borsa di studio.

Leggi anche: Periodo di prova non superato, spetta la Naspi? e NASpI e reddito da lavoro: quando sono cumulabili

Riforma pensioni 2024: il trucchetto sull’età per andare in pensione. Meloni ha perso tempo, ma a gennaio … Rischia di fare cilecca contro la Fornero

Come sarà la riforma delle pensioni nel 2024? Sarà grande la delusione per i lavoratori, o forse è solo timore che dietro l’ostacolo delle risorse c’è qualcosa di molto più grosso. Fatto sta che il governo italiano ha deciso di procedere con le modifiche sul fronte previdenziale italiano.

Le pensioni degli italiani sono come un disco; una volta terminato, c’è sempre qualcuno a rimetterlo. E così, per caso, la musica è sempre la stessa: la Fornero resta e l’età per la pensione anticipata slitta sotto i 67 anni.

Le norme sulla previdenza contenute nella Manovra 2024 non permetteranno ai lavoratori di poter anticipare il ritiro dal lavoro, se non con tempi e modi biblici, poco consoni alle esigenze di quanti, con sudore e sacrifici, meritano di poter andare in pensione.

Riforma pensioni 2024

Premesso che la legge di Bilancio diventerà legge tra poco meno di un mese, il sistema pensionistico italiano attuale non sarà agevolato dalle nuove norme introdotte nella legge di Bilancio 2024; poche modifiche, ma significativi peggioramenti della qualità pensionistica italiana.

Premessa nella premessa, le buone intenzioni del governo Meloni non sono emerse sul fronte pensionistico. Le variabili significative portano a provvedimenti penalizzanti sui tre pilastri previdenziali: Quota 103, Opzione donna e Ape sociale.

Allargando lo spettro, appare chiara l’assenza di interventi sulla legge Fornero; peraltro, non è stato centrato il punto per ammorbidire la rigidità di una legge in vigore da oltre un decennio.

Perché è mancato, finora, il tassello legato alle “esigenze dei lavoratori”?

È necessario sottolineare che la legge Fornero è stata annoverata all’interno della NADEF come meccanismo che ha apportato benefici significativi in tema di sostenibilità del sistema pensionistico italiano nel lungo periodo.

Inoltre, mentre il governo lavora per la crescita e per contrastare la povertà, le difficoltà dei lavoratori nell’ultimo decennio garantiscono la maggiore equità tra le generazioni.

Cosa cambia sulle pensioni nel 2024?

 I lavoratori che scelgono di andare in pensione prima dei 67 anni di età possono optare per le misure rinnovate, senza una vera riforma delle pensioni 2024, ovvero Quota 103, Ape sociale, Opzione donna e Isopensione.

Con un accumulo di oltre 40 anni di contributi, è possibile accedere alla pensione Quota 103, a condizione di aver raggiunto i 62 anni di età, con un assegno calcolato integralmente con il sistema contributivo. Questo contribuisce a un abbattimento permanente della pensione, sollevando dubbi sulla sua effettiva sostenibilità.

Per l’accesso all’anticipo pensionistico Ape sociale, la soglia di età è stata spostata in avanti di cinque mesi. Pertanto, è indispensabile raggiungere i 63 anni e 5 mesi di età con almeno 30 o 36 anni di versamenti.

Le donne possono accedere a Opzione donna a 60 o 61 anni di età, con un taglio drastico al numero di beneficiarie.

Quale sarà l’età pensionabile nel 2024?

 La pensione di vecchiaia resterà accessibile sino al 31 dicembre 2024, a 67 anni di età con 20 anni di contributi. Potrebbero essere introdotte delle modifiche sulla pensione di vecchiaia contributiva, con una rendita non inferiore all’importo dell’assegno sociale.

Nei prossimi mesi, i problemi sul fronte previdenziale non saranno alleggeriti; anzi, tutt’altro, resteranno inalterati così come sono, con la medesima gravità registrata nel corso degli anni. Il governo Meloni ha rimandato il tutto a tempi migliori, lasciando fuori dall’agenda la riforma delle pensioni.

Peraltro, i lavoratori oggi restano schiacciati dalla ripartizione dell’attuale sistema previdenziale, fuori da ogni logica. Servirebbe un sistema diverso, considerato che chi lavora e versa contributi paga le rendite dei pensionati.

Evitando inutili giri di parole, l’equilibrio del sistema dovrebbe reggersi sulle spalle di un lavoratore e mezzo per ogni pensionato. Una previsione confermata in un articolo da Pensionioggi.it, attualmente, questo rapporto si basa su 1,4 lavoratori per ogni pensionato. E secondo una recente analisi, nelle regioni del sud l’indice si è già spostato di 1 su 1.

Sicuramente, il quadro complessivo non è favorito da un’occupazione giovanile e femminile frammentata, salari bassi e, soprattutto, l’aumento dell’aspettativa di vita.

In sintesi, tra meno di qualche anno, il rapporto sarà di 1,3 su 1, mentre tra meno di 20 anni si attesterà ad 1 su 1.

Quest’ultima previsione mette in rilievo i reali rischi di sostenibilità del sistema previdenziale italiano; pertanto, l’INPS potrebbe non essere più in grado di garantire una pensione a tutti i lavoratori.

Riforma pensione 2024:  i conti ballerini dell’INPS

 È molto probabile che nei prossimi anni la situazione non si stabilizzi, considerato che il 2022 è stato annoverato come l’anno con un tasso di natalità negativa addirittura sotto il 1861.

A peggiorare un quadro già complesso di per sé, non aiuta l’alto numero di assegni assistenziali erogati a go go, la presenza del lavoro nero e la totale assenza di progressività degli stipendi degli italiani.

Sicuramente, si tratta di gravi problematiche più profonde rispetto agli anni passati e, questa volta, non sarà possibile ricorrere al trucchetto delle “quote” previdenziali per tamponare il sistema. Requisiti e condizioni penalizzanti rischiano di fomentare tensioni tra i lavoratori.

La prospettiva futura per trovare una soluzione alla bomba sociale potrebbe riguardare la scissione della previdenza dall’assistenziale, con l’introduzione di misure volte all‘aumento progressivo degli stipendi, permettendo una maggiore flessibilità d’uscita dal lavoro a 62 anni di età, magari con lievi o senza penalizzazioni.

Non si dovrebbero tralasciare incentivi significativi sia sul piano pensionistico che retributivo per chi decide di restare nel mondo del lavoro, nonostante il raggiungimento dell‘età di pensionamento.