Skip to main content

Tag: inps

Assegno Unico 2024: invio dei dati INPS entro il 16 marzo

Assegno Unico 2024 INPS: con la pubblicazione dell’atto congiunto n. 119578 del 13 marzo 2024 l’Agenzia delle Entrate e l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale hanno comunicato quali sono le modalità e i termini che devono essere rispettati per dell’invio dei dati relativi ai familiari ai quali è stato riconosciuto l’Assegno unico e universale (AUU) ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata per quanto riguarda l’anno in corso, che si riferisce al periodo di imposta 2023.

Il suddetto provvedimento congiunto che è stato firmato da parte del Direttore Generale dell’INPS e da parte del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, in particolare, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • il decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 (c.d. Codice in materia di protezione dei dati personali);
  • il decreto legislativo n. 175 del 21 novembre 2014, recante “Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata”;
  • il regolamento UE n. 679 del 27 aprile 2016;
  • il decreto legislativo n. 230 del 29 dicembre 2021, recante “Istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 1° aprile 2021, n. 46”;
  • l’art. 10, comma 4, del sopra citato decreto legislativo n. 230 del 2021, il quale ha apportato delle modifiche a quanto era stato disposto in precedente all’interno dell’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo Unico delle imposte sui redditi – TUIR), recante “Detrazioni per carichi di famiglia”.

Assegno Unico 2024 INPS: ecco le informazioni da inviare all’Agenzia delle Entrate

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dalle normative sopra richiamate, l’INPS ha l’obbligo di trasmettere in via sperimentale all’Agenzia delle Entrate i dati che si riferiscono al periodo di imposta 2023 e che riguardano i familiari per i quali è stata prevista da parte dell’Istituto stesso l’erogazione dell’Assegno unico e universale (AUU).

Questi dati, in particolare, hanno lo scopo di consentire all’amministrazione finanziaria di utilizzare i medesimi ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata 2024, relativa al periodo di imposta 2023.

A tal proposito, dunque, considerando le tempistiche stringenti che riguardano la trasmissione di queste informazioni dall’INPS all’Agenzia delle Entrate, i dati relativi ai familiari per i quali è stato riconosciuto l’AUU non dovranno essere inviati tramite la Certificazione Unica (CU) 2024, ma attraverso l’utilizzo delle modalità e dei termini che andremo a specificare nel paragrafo successivo.

Ecco qui di seguito le informazioni relative ai soggetti che hanno percepito l’Assegno unico per almeno un mese che l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale deve trasmettere all’AdE:

  • il codice fiscale del percettore dell’AUU;
  • il codice fiscale dei figli a carico (art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 230 del 29 dicembre 2021);
  • i minori di 21 anni per i quali è stato erogato l’assegno;
  • eventualmente, il codice fiscale dell’altro genitore;
  • il numero di mesi dell’anno per i quali è stato riconosciuto l’assegno;
  • la ripartizione percentuale tra i genitori.

Le modalità e i termini per l’invio dei dati relativi ai familiari per i quali viene erogato l’AUU

L’invio dei dati che abbiamo elencato durante il corso del precedente paragrafo deve essere effettuato seguendo il solito canale presente tra l’Agenzia delle Entrate e l’INPS.

La trasmissione, nello specifico, può avvenire attraverso l’utilizzo dei seguenti sistemi:

  • invio ordinario;
  • invio correttivo;
  • cancellazione.

Per quanto riguarda i termini che devono essere rispettati da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, invece, il provvedimento in oggetto prevede l’invio dei dati entro la scadenza del 16 marzo dell’anno successivo al periodo di imposta al quale ci si riferisce, ovvero entro il 16 marzo 2024, in modo da permettere l’elaborazione della dichiarazione precompilata dei soggetti interessati.

Riscatto, ricongiunzione e rendita: online le attestazioni fiscali per i pagamenti effettuati nel 2023

Riscatto ricongiunzione rendita: con la pubblicazione del messaggio n. 908 del 1° marzo 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato che possono essere visualizzate e stampate all’interno del Portale dei Pagamenti presente sul sito web ufficiale dell’INPS le attestazioni fiscali che si riferiscono ai pagamenti che sono stati effettuati durante il corso dell’anno 2023 per quanto riguarda gli oneri da riscatto, ricongiunzione o rendita.

A tal proposito, inoltre, l’Istituto ha fornito anche le istruzioni ai fini dell’accesso al sopra citato Portale dei Pagamenti da parte dei soggetti interessati, nonché i chiarimenti in merito alle attestazioni fiscali in oggetto.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 20, commi da 1 a 5, del decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 28 marzo 2019.

Riscatto ricongiunzione rendita: le istruzioni INPS per l’accesso al Portale dei Pagamenti e la consultazione delle attestazioni fiscali 2023

Come abbiamo già accennato durante il corso del precedente paragrafo, l’INPS ha comunicato quali sono le modalità attraverso le quali possono essere visualizzate e stampate le attestazioni fiscali relative ai versamenti che sono stati effettuati durante il corso dell’anno 2023 per gli oneri da riscatto, ricongiunzione o rendita.

Nello specifico, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha specificato che è necessario recarsi all’interno del proprio sito web ufficiale, per poi accedere nel Portale dei Pagamenti e consultare le attestazioni fiscali di interesse seguendo il seguente percorso: “Pensione e Previdenza” > “Ricongiunzioni e riscatti” > “Aree tematiche” > “Portale dei Pagamenti” > “Accedi all’area tematica” > “Riscatti, Ricongiunzioni e Rendite” > “Entra nel servizio” > “Accedi” > “Pagamenti effettuati” > “Stampa attestazione”.

Prima di procedere con la visualizzazione e con la stampa delle attestazioni fiscali di proprio interesse, che si riferiscono ai pagamenti effettuati nel 2023 per quanto riguarda gli oneri da riscatto, ricongiunzione o rendita, gli utenti interessati dovranno necessariamente effettuate l’autenticazione mediante l’utilizzo di credenziali differenti a seconda del numero di attestazioni che intendono visualizzare o stampare.

In particolare:

  • nel caso in cui si abbia intenzione di visualizzare e di stampare l’attestazione fiscale relativa ad una singola pratica di riscatto, l’autenticazione deve essere effettuata inserendo il proprio codice fiscale e il numero pratica (8 cifre);
  • nel caso in cui si abbia intenzione di visualizzare e di stampare l’attestazione fiscale relativa ad una o più pratiche di riscatto, ricongiunzione o rendita, l’autenticazione deve essere effettuata inserendo le proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, CIE (Carta di Identità Elettronica) 3.0 o CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

Sempre per quanto riguarda la possibilità di consultare e di stampare le attestazioni fiscali, inoltre, l’INPS specifica che sono disponibili all’interno del Portale dei Pagamenti presente sul proprio sito web ufficiale anche quelle che riguardano i pagamenti per la tipologia di riscatto non coperti da contribuzione che vengono effettuati da parte del diretto interessato oppure dal superstite o da un suo parente o affine entro il secondo grado.

A tal proposito, l’art. 20, commi da 1 a 5, del decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 28 marzo 2019, prevede una detrazione di importo pari al 50% dall’imposta lorda dovuta per quanto riguarda l’onere che è stato versato.

Infine, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale specifica che nel caso in cui non dovessero essere consultabili e stampabili all’interno del Portale dei Pagamenti disponibile sul sito web dell’INPS stesso le attestazioni fiscali che si riferiscono ai versamenti che sono stati effettuati durante il corso dell’anno 2023 da parte dei soggetti che sono iscritti al Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo e al Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi (ex ENPALS), allora chiunque fosse interessato potrà presentare un’apposita richiesta al seguente indirizzo email: [email protected].

Assegno di maternità 2024: qual è l’importo per il 2024? La circolare INPS

Assegno di maternità 2024: con la pubblicazione della circolare n. 40 del 29 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quelli che sono i nuovi importi e il nuovo limite di reddito che è previsto per l’anno in corso per quanto riguarda la misura relativa all’assegno di maternità che viene concesso da parte dei Comuni, in seguito alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) che è stata comunicata dall’ISTAT (Istituto nazionale di statistica).

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Inclusione e Invalidità Civile, fa riferimento alle disposizioni che sono contenute all’interno del comunicato ufficiale dell’ISTAT del 16 gennaio 2024, nonché all’interno di un apposito comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia, il quale è stato pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 31 del 7 febbraio 2024.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto dall’art. 74 del decreto legislativo n. 51 del 26 marzo 2001, nonché dalla legge n. 81 del 5 febbraio 1992.

Assegno di maternità 2024: l’INPS comunica quali sono gli importi e i requisiti economici da rispettare per beneficiare della misura

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia ha comunicato che la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) pubblicata da parte dell’ISTAT è pari al 5,4%.

A tal proposito, dunque, l’importo dell’assegno mensile di maternità che viene riconosciuto per le nascite, per gli affidamenti preadottivi e per le adozioni senza affidamento, che sono avvenuti e che avverranno nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2024, è stato rivalutato in misura pari a 404,17 euro.

Il beneficio economico in oggetto, nello specifico, viene erogato per un periodo di 5 mesi, generando un entrata complessiva per i soggetti beneficiari pari a 2.020,85 euro.

Per quanto riguarda le modifiche relative ai requisiti economici che sono state apportate a partire dal 1° gennaio 2024, poi, l’INPS comunica che il valore ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) ai fini della concessione dell’assegno di maternità deve essere necessariamente pari a 20.221,13 euro.

Assegno di maternità dei comuni

Per approfondire meglio tutto ciò che riguarda la misura relativa all’assegno di maternità valido per l’anno 2024, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale specifica che tale prestazione assistenziale viene concessa da parte dei Comuni e successivamente pagata da parte dell’INPS stessa.

Nello specifico, in base a quanto viene disposto dall’art. 74 del decreto legislativo n. 51 del 26 marzo 2001, l’assegno di maternità di base (c.d. “assegno di maternità dei comuni”) viene riconosciuto ai seguenti soggetti:

  • i cittadini italiani;
  • i cittadini di un Paese estero che si trova all’interno dell’Unione Europea (UE);
  • i cittadini di un Paese estero che si trova al di fuori dell’Unione Europea (UE), a patto che questi ultimi siano in possesso del titolo di soggiorno previsto.

A tal proposito, inoltre, l’Istituto comunica che i cittadini stranieri interessati a beneficiare della misura in oggetto hanno la possibilità di rivolgersi al proprio Comune di appartenenza al fine di ricevere tutte le informazioni che sono necessarie per quanto riguarda l’ottenimento della specifica tipologia di permesso di soggiorno utile per ricevere l’assegno di maternità.

Ad ogni modo, un requisito che i sopra citati soggetti devono necessariamente possedere sotto l’aspetto economico è quello relativo al conseguimento di un reddito complessivo annuo entro una determinata soglia fissata dal proprio Comune di residenza.

Inoltre, i richiedenti non devono essere beneficiari di nessun trattamento previdenziale e non devono già essere beneficiari di un altro assegno di maternità concesso dall’INPS.

Accompagnamento pensione 2024: le nuove regole da marzo su IRPEF, trattamento integrativo e assegno straordinario

Accompagnamento pensione 2024: con la pubblicazione del messaggio n. 755 del 20 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha racchiuso e ha comunicato tutte quelle che sono le novità fiscali che sono previste per l’anno in corso per quanto riguarda le prestazioni previdenziali e di accompagnamento alla pensione.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle modifiche che sono state apportate dalle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1 del decreto legislativo n. 216 del 30 dicembre 2023, recante “Attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi”.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda l’accompagnamento alla pensione per l’anno 2024 ed, in particolare, quali sono gli effetti sul medesimo in seguito alla riforma fiscale ai fini IRPEF che è stata introdotta alla fine dell’anno scorso.

Accompagnamento pensione 2024 e riforma IRPEF: l’INPS comunica le nuove regole a partire dal mese di marzo

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’art. 1, comma 1, del sopra citato decreto legislativo n. 216 del 2023, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023, dando attuazione a quanto è stato disposto dall’art. 5, comma 1, lett. a), della legge n. 111 del 9 agosto 2023, recante “Delega al Governo per la riforma fiscale”, ha previsto delle nuove regole valide per tutto il 2024 per quanto riguarda l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche).

A tal proposito, nello specifico, sono state apportate delle modifiche in merito alle aliquote e agli scaglioni di reddito che devono essere utilizzati per l’anno 2024 ai fini del calcolo dell’imposta lorda.

In particolare, rispetto a quanto era stato previsto all’interno dell’art. 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), il suddetto decreto legislativo ha ridotto da 4 a 3 gli scaglioni di reddito e le rispettive aliquote IRPEF, abolendo l’aliquota pari al 25% e applicando ai redditi di importo pari o inferiore a 28.000 euro, invece che 15.000 euro come era previsto dall’art. 11 del TUIR, l’aliquota pari al 23%.

Ecco qui di seguito quali sono le percentuali da tenere in considerazione ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche relativa al periodo di imposta 2024:

  • per i redditi di importo pari o inferiore a 28.000 euro l’aliquota IRPEF è del 23%;
  • per i redditi di importo compreso tra i 28.000 euro e i 50.000 euro l’aliquota IRPEF è del 35%;
  • per i redditi di importo superiore a 50.000 euro l’aliquota IRPEF è del 43%.

Per quanto riguarda le detrazioni fiscali previste, poi, il successivo comma 2 dell’art. 1 del decreto legislativo n. 216 del 2023 ha previsto un aumento da 1.880 euro a 1.995 euro per i contribuenti che conseguono dei redditi di lavoro dipendente fino a 15.000 euro nel 2024.

Riprendendo quelle che sono le sopra citate modifiche che sono state apportate per l’anno in corso l’INPS ha comunicato che le nuove regole saranno applicate sulle prestazioni previdenziali e di accompagnamento alla pensione assoggetta alla tassazione ordinaria ai fini IRPEF a partire dal mese di marzo 2024, conteggiando anche quelli che sono gli arretrati di gennaio e di febbraio.

Infine, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato anche quali sono gli effetti che la riforma fiscale ai fini IRPEF ha provocato sull’importo del trattamento integrativo e sull’importo dell’assegno straordinario.

NASpI e DIS-COLL: ci sono limiti di età? La risposta dell’INPS

NASpI e DIS-COLL: con la pubblicazione del messaggio n. 750 del 20 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito dei chiarimenti per quanto riguarda gli eventuali limiti di età che sono previsti ai fini della presentazione della DID (Dichiarazione di Immediata Disponibilità) per la certificazione del proprio stato di disoccupazione e dell’iscrizione al Centro per l’impiego.

Il messaggio in oggetto, a tal proposito, fornisce delle precisazioni anche per quanto riguarda l’accesso dei medesimi alle indennità di disoccupazione NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) e DIS-COLL (indennità di disoccupazione mensile per collaboratori coordinati e continuativi, assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio che sono inoccupati e iscritti alla Gestione Separata).

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, e dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 1, comma 2, lett. c), del decreto legislativo n. 181 del 21 aprile 2000, e successive modificazioni;
  • l’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 10 ottobre 2000;
  • l’art. 1, comma 622, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006;
  • l’art. 2 della legge n. 92 del 28 giugno 2012;
  • l’art. 1 del decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015;
  • l’art. 3, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015;
  • l’art. 15, comma 2, lett. a), del decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015;
  • l’art. 19, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 150 del 14 settembre 2015;
  • l’art. 20 del decreto legislativo n. 150 del 14 settembre 2015;
  • l’art. 21, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 14 settembre 2015.

NASpI e DIS-COLL: l’INPS chiarisce le regole sul limite massimo e il limite minimo di età previsto per l’accesso alle indennità di disoccupazione

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dall’art. 3, comma 1, lett. a), e dall’art. 15, comma 2, lett. a), del sopra citato decreto legislativo n. 22 del 2015, l’accesso alle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL viene garantito esclusivamente nel caso in cui i soggetti interessati si trovano in stato di disoccupazione.

A tal proposito, nello specifico, secondo quanto viene stabilito dall’art. 19, comma 1, del sopra citato decreto legislativo n. 150 del 2015, vengono considerati disoccupati coloro che presentano i seguenti requisiti:

  • sono privi di un impiego;
  • hanno presentato tramite il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro la DID, ovvero la propria dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, nonché alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro che vengono concordate insieme al Centro per l’impiego.

Dopodiché, qualora sia in possesso di entrambi i requisiti che abbiamo appena richiamato, il soggetto interessato deve necessariamente presentare un’apposita domanda per beneficiare della NASpI o della DIS-COLL mediante l’iscrizione al Centro per l’impiego.

Proprio su questo aspetto sono giunte numerose richieste di chiarimenti al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) per quanto riguarda i limiti di età che sono previsti ai fini dell’iscrizione presso i Centri per l’impiego.

Pertanto, il MLPS ha chiarito che il limite massimo di età previsto per l’iscrizione negli elenchi del collocamento mirato di cui all’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000, non riguarda anche l’iscrizione al collocamento ordinario ai fini dell’accesso alle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL.

Ciò nonostante, anche se non è previsto alcun limite massimo di età per beneficiare della disoccupazione il Ministero specifica che l’art. 1, comma 622, della legge n. 296 del 2006, stabilisce che i soggetti di età inferiore a 16 anni non possono effettuare l’iscrizione al collocamento ordinario e, dunque, non possono ricevere la NASpI e la DIS-COLL.

CIGS in deroga 2023: le istruzioni INPS per il recupero delle somme anticipate

CIGS in deroga 2023: con la pubblicazione del messaggio n. 617 del 9 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative e contabili per quanto riguarda la normativa attualmente vigente in materia di trattamenti straordinari di integrazione salariale (CIGS).

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, e dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 3 luglio 2023 (c.d. decreto Lavoro).

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato comunicato all’interno dei precedenti messaggi che sono stati pubblicati da parte dell’Istituto, ovvero il messaggio n. 2512 del 4 luglio 2023 e il messaggio n. 3575 del 12 ottobre 2023.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda la CIGS in deroga relativa all’anno 2023 e, nello specifico, quali sono le modalità di esposizione del conguaglio e del contributo addizionale all’interno dei flussi Uniemens.

CIGS in deroga 2023: la normativa vigente in materia di trattamenti straordinari di integrazione salariale

Prima di procedere con la pubblicazione delle istruzioni operative e contabili in merito alla compilazione dei flussi Uniemens da parte dei datori di lavoro interessati, l’INPS ha riportato all’interno del messaggio in oggetto il contenuto della normativa che disciplina la CIGS in deroga, nonché il contenuto dei successivi messaggi pubblicati da parte dell’Istituto stesso.

In particolare:

  • con il messaggio n. 2512 del 4 luglio 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha richiamato quanto è stato disposto all’interno dell’art. 30 del decreto Lavoro, il quale ha introdotto e disciplina il c.d. trattamento di integrazione salariale straordinaria (CIGS);
  • con il messaggio n. 3575 del 12 ottobre 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per quanto riguarda il versamento del contributo addizionale dovuto da parte dei datori di lavoro che hanno fatto ricorso alla CIGS (art. 5 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015).

In merito agli importi che possono essere erogati da parte dell’INPS ai lavoratori l’art. 30, commi 1 e 2, del decreto Lavoro dispone che il limite massimo complessivo di spesa relativo alla concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale è pari a 13 milioni di euro per quanto riguarda l’anno 2023 e pari a 0,9 milioni di euro per quanto riguarda l’anno 2024.

In alcuni casi, però, la normativa in oggetto ha previsto che debbano essere necessariamente i datori di lavoro ad anticipare il pagamento della CIGS ai lavoratori, salvo poi richiedere all’INPS il recupero delle somme anticipate.

Le istruzioni operative e contabili dell’INPS per la compilazione dei flussi Uniemens e il recupero delle somme anticipate

Ai fini del recupero delle somme che i datori di lavoro hanno anticipato a titolo di CIGS ecco quali sono le istruzioni per la compilazione dei flussi Uniemens:

  • in seguito all’autorizzazione da parte dell’INPS per il conguaglio delle prestazioni anticipate, i datori di lavoro devono inserire il nuovo codice causale “L140”, recante “Conguaglio CIGS decreto legge. n. 48/2023”, all’interno dell’elemento <DenunciaAziendale>/<ConguagliCIG>/<CIGAutorizzata>/<CIGStraord>/<CongCIGSACredito>/<CongCIGSAltre>/<CongCIGSAltCaus>;
  • i datori di lavoro che sono tenuti al versamento del contributo addizionale devono indicare i relativi importi all’interno del flusso ed inserire il codice causale “E614”, recante “Ctr. addizionale CIG straordinaria decreto-legge. n. 48/2023”, all’interno dell’elemento <CongCIGSCausAdd>.

Infine, l’Istituto comunica che qualora l’autorizzazione venga rilasciata nel mese in cui termina la concessione della CIGS, allora i datori di lavoro interessati dovranno pagare l’importo del contributo addizionale per l’intero periodo autorizzato nel periodo di paga successivo.

Naspi e Dis-Coll: dal 1° marzo le domande si presentano sulla Piattaforma Unica

Sono in arrivo novità delle domande per Naspi e Dis-Coll che, dal 1° marzo 2024, si presentano solo ed esclusivamente sulla Piattaforma Unica.

È stato annunciato dall’Inps, con il messaggio n. 804, del 23 febbraio. Nel messaggio, l’Istituto ha annunciato la modalità esclusiva di presentazione della domanda per entrambe le indennità di disoccupazione.

Nel testo, spieghiamo come funziona la nuova piattaforma, chiamata Piattaforma ID 3.0, chi può utilizzarla e quali sono i passaggi per presentare la domanda.

Come funziona la Piattaforma Unica

Nell’ambito dei progetti e delle innovazioni del PNRR, è stata prevista una nuova e unica modalità di trasmissione delle domande di Naspi e Dis-Coll. A partire dal 1° marzo 2024, le domande devono essere presentate solo ed esclusivamente con la Piattaforma Unica, chiamata Piattaforma ID 3.0.

L’obiettivo dell’utilizzo di questa nuova piattaforma è quella di innovare i servizi della PA, in cui rientra anche l’Istituto di previdenza.

A partire dal 1° marzo, come annunciato dall’Inps con la pubblicazione del messaggio n. 804, il 23 febbraio 2024, le domande per la Naspi e per la Dis-Coll devono essere presentate solo mediante la nuova piattaforma, sia per i cittadini che per i Patronati.

Domanda per i cittadini

Il nuovo servizio, per i cittadini, è disponibile direttamente sul sito dell’Inps. I cittadini, per accedere, devono autenticarsi con le proprie identità digitali personali: Spid, Cie o Cns.

Per quanto riguarda le domande della Naspi, i cittadini devono seguire il seguente percorso: bisogna andare nella sezione “Sostegni, Sussidi e Indennità”, poi cliccare sulla voce “Per disoccupati” e optare per “NASpI: indennità mensile di disoccupazione”. Poi, non bisogna far altro che cliccare, in ordine, su “Utilizza il servizio”, “NASpI-Domanda” e, di nuovo su “Utilizza il servizio”.

Invece, per quanto riguarda le domande della Dis-Coll, i cittadini devono sempre accedere nella sezione “Sostegni, Sussidi e Indennità”, cliccare sulla voce “Per disoccupati”.

In questo caso, però, si deve scegliere “DIS-COLL: indennità mensile di disoccupazione” e, in ordine, cliccare su “Utilizza il servizio”, “DIS-COLL-Domanda” e, infine, “Utilizza il servizio”.

Domanda per i Patronati

Lo stesso servizio deve essere utilizzato anche se la domanda di disoccupazione viene presentata tramite enti di Patronato.

Ciò che cambia sono solo i vari passaggi da eseguire. In questo caso, sempre previa autenticazione, per le domande di Naspi, si deve cliccare su “Servizi”, poi su “Supporto al reddito”, “Disoccupazione”, successivamente su “Lavoratori subordinati” e, infine, scegliere la voce “NASPI”.

Lo stesso percorso deve essere seguito per chi deve presentare la domanda di Dis-Coll. Cambiano solo gli ultimi due passaggi, in quanto si deve optare per “Lavoratori a Progetto” e cliccare su “DIS-COLL”.

Cambiano i requisiti di Naspi e Dis-Coll?

Anche se cambia la modalità di trasmissione delle domande, restano invariati i requisiti di entrambe le indennità di disoccupazione.

La Naspi è rivolta ai lavoratori subordinati, la Dis-Coll, invece, ai collaboratori coordinati e continuativi e agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio.

In entrambi i casi è richiesto lo stato di disoccupazione al momento di presentazione della domanda e il requisito contributivo.

Per quanto riguarda la Naspi, è necessario possedere almeno 13 settimane di contributi versati durante i quattro anni precedenti lo stato di disoccupazione.

Invece, nel caso della Dis-Coll bisogna avere almeno un mese di contribuzione nel periodo compreso tra il 1° gennaio dell’anno precedente l’evento di cessazione del rapporto di lavoro e l’evento stesso.

Entrambe le prestazioni vengono erogate su richiesta, previa presentazione della domanda nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge.

Ricordiamo che, dopo aver richiesto la Naspi è necessario presentarsi al Centro per l’Impiego.

CIGS Alitalia: proroga per altri 10 mesi, le istruzioni INPS

CIGS Alitalia: con la pubblicazione della circolare n. 32 del 7 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quella che è la nuova normativa per quanto riguarda la proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) che viene riconosciuto nei confronti dei soggetti che operavano in qualità di lavoratori dipendenti presso Alitalia, fornendo al contempo le relative istruzioni operative e contabili.

Le istruzioni riguardano le seguenti società Alitalia:

  • Società aerea italiana S.p.a.;
  • Alitalia Cityliner S.p.a.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Pensioni, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno del decreto legge n. 104 del 10 agosto 2023.

La circolare in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto dall’art. 10, comma 1, del decreto legge n. 146 del 21 ottobre 2021, nonché a quanto è stato disposto dall’art. 1, commi da 131 a 133, della legge n. 234 del 30 dicembre 2021 (c.d. Legge di Bilancio 2022).

CIGS Alitalia: l’INPS comunica gli obiettivi e la durata trattamento di integrazione salariale straordinaria

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’INPS ha riportato ai soggetti interessati quelle che sono le disposizioni legislative che sono state introdotte dal sopra citato decreto legge n. 104 del 2023, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 9 ottobre 2023 ed il quale ha previsto la concessione della CIGS ai lavoratori dipendenti di Alitalia.

Tali lavoratori, nello specifico, saranno accompagnati dalla nuova normativa mediante appositi processi di ricollocazione e sono coloro che operavano presso le seguenti società:

  • Società aerea italiana S.p.a.;
  • Alitalia Cityliner S.p.a.

Per quanto riguarda le finalità del trattamento in oggetto, inoltre, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale specifica che il nuovo trattamento di integrazione salariale straordinaria ha lo scopo anche di permettere l’attuazione di programmi formativi grazie al cofinanziamento delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Relativamente alla durata della misura, invece, l’art. 10, comma 1, del decreto legge n. 146 del 2021 ha disposto l’iniziale proroga fino al 31 dicembre 2023 delle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1, commi da 131 a 133, della Legge di Bilancio 2022, per poi consentire un’ultima proroga di 10 mesi (dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024) attraverso la pubblicazione dell’art. 12, comma 1, del decreto legge n. 104 del 2023.

Trattamento di integrazione salariale straordinaria: stanziati 51,2 milioni di euro per l’anno 2024, le istruzioni INPS sui contributi da versare

La proroga della CIGS destinata ai lavoratori dipendenti di Alitalia è stata possibile grazie allo stanziamento di un ammontare di risorse economiche pari a 51,2 milioni di euro per quanto riguarda l’anno 2024, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione.

Infine, riprendendo a quanto era stato comunicato in precedenza attraverso la pubblicazione delle circolari n. 9 del 19 gennaio 2017 e n. 76 del 30 giugno 2022 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha ricordato che le imprese che sono sottoposte a procedura di amministrazione straordinaria sono esonerate dal versamento del contributo addizionale.

Pertanto, dando attuazione a quanto è stato disposto dall’art. 20, comma 6, del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, nonché dall’art. 8, comma 8 bis, del decreto legge n. 86 del 21 marzo 1988, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160 del 20 maggio 1988, le sopra citate società Alitalia rientrano nell’ambito della proroga di 10 mesi della CIGS e non sono tenute al versamento del contributo addizionale.

Assegno unico: aumento degli importi per il 2024 e soglie ISEE

Assegno unico importi 2024: con la pubblicazione del messaggio n. 572 dell’8 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato qual è il nuovo importo previsto per l’anno 2024 per quanto riguarda l’Assegno unico e universale per i figli a carico (AUU) in seguito alla rivalutazione annuale che è stata operata.

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche alle soglie ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) che sono previste per l’anno in corso.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Inclusione e Invalidità Civile, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, e dal Coordinamento Generale Statistico Attuariale, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 4, comma 11, del decreto legislativo n. 230 del 29 dicembre 2021 (c.d. Legge di Bilancio 2022).

Assegno unico importi 2024: rivalutazione annuale in base all’indice del costo della vita e nuove fasce ISEE

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dall’art. 4, comma 11, della Legge di Bilancio 2022, è stata effettuata la rivalutazione annuale degli importi dell’Assegno unico e delle relative fasce ISEE per quanto riguarda il 2024, secondo la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) che è stata registrata da parte dell’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica).

A tal proposito, dal momento che l’indice del costo della vita è aumentato del 5,4% rispetto all’anno scorso, l’INPS ha pubblicato un’apposita tabella all’interno dell’Allegato n. 1 in cui sono presenti i nuovi importi dell’AUU e le relative soglie ISEE valide a partire dal 1° gennaio 2024.

Infine, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale chiarisce che l’ammontare dell’assegno di gennaio 2024 è stato erogato in base all’indice valido per l’anno 2023 e che si procederà al conguaglio nel mese di febbraio.

La tabella con l’importo dell’AUU previsto in base alla fascia ISEE di appartenenza

  • in caso di ISEE fino a 17.090,61 euro – 199,4 euro;
  • in caso di ISEE da 17.090,61 a 17.204,55 euro – 198,8 euro;
  • in caso di ISEE da 17.204,56 a 17.318,48 euro – 198,3 euro;
  • in caso di ISEE da 17.318,49 a 17.432,42 euro – 197,7 euro;
  • in caso di ISEE da 17.432,43 a 17.546,36 euro – 197,1 euro;
  • in caso di ISEE da 17.546,37 a 17.660,30 euro – 196,6 euro;
  • in caso di ISEE da 17.660,31 a 17.774,23 euro – 195,9 euro;
  • in caso di ISEE da 17.774,24 a 17.888,17 euro – 195,4 euro;
  • in caso di ISEE da 17.888,18 a 18.002,11 euro – 194,9 euro;
  • in caso di ISEE da 18.002,12 a 18.116,05 euro – 194,3 euro;
  • in caso di ISEE da 18.116,06 a 18.229,98 euro – 193,7 euro;
  • in caso di ISEE da 18.229,99 a 18.343,92 euro – 193,1 euro;
  • in caso di ISEE da 18.343,93 a 18.457,86 euro – 192,6 euro;
  • in caso di ISEE da 18.457,87 a 18.571,80 euro – 191,9 euro;
  • in caso di ISEE da 18.571,81 a 18.685,73 euro – 191,4 euro;
  • in caso di ISEE da 18.685,74 a 18.799,67 euro – 190,9 euro;
  • in caso di ISEE da 18.799,68 a 18.913,61 euro – 190,2 euro;
  • in caso di ISEE da 18.913,62 a 19.027,55 euro – 189,7 euro;
  • in caso di ISEE da 19.027,56 a 19.141,48 euro – 189,1 euro;
  • in caso di ISEE da 19.141,49 a 19.255,42 euro – 188,6 euro;
  • in caso di ISEE da 19.255,43 a 19.369,36 euro – 188,0 euro;
  • in caso di ISEE da 19.369,37 a 19.483,30 euro – 187,4 euro;
  • in caso di ISEE da 19.483,31 a 19.597,23 euro – 186,9 euro;
  • in caso di ISEE da 19.597,24 a 19.711,17 euro – 186,2 euro;
  • in caso di ISEE da 19.711,18 a 19.825,11 euro – 185,7 euro;
  • in caso di ISEE da 19.825,12 a 19.939,05 euro – 185,2 euro.

Assegno di inclusione: domande accolte, respinte o sospese, i chiarimenti INPS su cosa fare

Assegno di inclusione INPS: con la pubblicazione del messaggio n. 684 del 14 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale stesso ha comunicato che gli utenti che hanno presentato la domanda per beneficiare della misura e che hanno sottoscritto il Patto di Attivazione Digitale (PAD) possono procedere con la verifica dell’esito delle proprie istanze all’interno dell’apposito servizio online.

Il messaggio in oggetto, inoltre, fornisce anche le istruzioni per quanto riguarda la gestione delle domande, indipendentemente dallo stato nel quale esse si trovano in seguito ai controlli che sono stati effettuati da parte dell’Istituto.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Inclusione e Invalidità Civile e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle domande che si trovano in uno dei seguenti stati:

  • domande accolte;
  • domande respinte;
  • domande in stato di evidenza;
  • domande in stato di sospensione.

Assegno di inclusione INPS: che cosa avviene in caso di accoglimento della domanda?

Ricordando che l’Assegno di inclusione (ADI) viene riconosciuto ed erogato a quei nuclei familiari che presentano la domanda all’INPS e che sottoscrivono il PAD, esclusivamente nel caso in cui i richiedenti siano in possesso di tutti i requisiti necessari e superino tutti i controlli preventivi previsti, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale comunica che i soggetti interessati possono verificare l’esito delle istanze nella procedura gestionale messa a disposizione.

Per effettuare l’accesso all’interno del servizio online, nello specifico, gli utenti dovranno necessariamente effettuare l’autenticazione tramite l’utilizzo delle proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, CIE (Carta di Identità Elettronica) 3.0 o CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

Dopo aver fatto questo, il sistema potrà restituire ai richiedenti vari esiti tra i quali la dicitura di “domanda accolta”.

In questo caso, in particolare, l’importo sarà accreditato sulla Carta di inclusione intestata al soggetto che ha presentato la richiesta oppure, qualora sia stata chiesta l’individualizzazione della carta, ai componenti del nucleo familiare che hanno la responsabilità genitoriale o che sono inseriti all’interno della scala di equivalenza.

Nel caso in cui i beneficiari non siano ancora in possesso della Carta di Inclusione l’INPS comunica che quest’ultima può essere ritirata presso gli uffici delle Poste Italiane.

Assegno di inclusione: l’INPS comunica le istruzioni per la gestione in caso di reiezione della domanda

Nel caso in cui la domanda non possieda tutti i requisiti che sono necessari, invece, il sistema segnalerà la dicitura di “domanda respinta” con l’indicazione della causale a partire dal 27 febbraio 2024.

Per ricevere l’Assegno di inclusione l’Istituto comunica che i richiedenti hanno la possibilità di presentare alle Strutture INPS competenti sul territorio una motivata istanza di riesame, entro il termine ultimo di 30 giorni dalla data in cui è stata ricevuta la comunicazione dell’esito della propria domanda.

In alternativa, poi, il soggetto richiedente avrà la possibilità anche di presentare un apposito ricorso giudiziario.

Domande in stato di evidenza

Oltre alle ipotesi di accoglimento o di reiezione la domanda un altro stato che si può presentare è quello di “evidenza”, ovvero qualora l’attestazione ISEE presenti le seguenti omissioni e/o le seguenti difformità in seguito ai controlli automatizzati che vengono effettuati da parte dell’Agenzia delle Entrate:

  • omissioni e/o difformità sui dati del patrimonio mobiliare auto dichiarati che sono presenti all’interno della sezione I e II del Quadro FC2;
  • omissioni e/o difformità sui dati reddituali auto dichiarati che sono presenti all’interno della sezione II del Quadro FC8

In queste circostante la Struttura INPS competente sul territorio invia un’apposita comunicazione al soggetto che ha presentato la domanda per l’Assegno di inclusione, invitando il medesimo a:

  • inviare i documenti che attestano la completezza e la veridicità delle informazioni presenti nella DSU;
  • presentare una nuova DSU con i dati corretti;
  • rettificare la DSU in cui sono presenti errori effettuati dal CAF.

Assegno di inclusione: le istruzioni INPS per la gestione delle domande sospese in caso di discordanza tra i dati dichiarati nella DSU e quelli presenti nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente

Infine, nel caso in cui ci sia discordanza tra le informazioni presenti nella DSU e quelli presenti nelle banche dati dell’ANPR il sistema metterà la domanda in stato di “sospensione”.

In questo periodo le Strutture INPS territorialmente competenti effettueranno dei controlli sulla veridicità del nucleo familiare richiedente per poi procedere con l’accoglimento o la reiezione dell’istanza.

Lavoratori agricoli occasionali: l’INPS comunica le nuove aliquote contributive per il 2024

Lavoratori agricoli occasionali: con la pubblicazione del messaggio n. 569 dell’8 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito dei chiarimenti e ha pubblicato le relative tabelle per quanto riguarda il calcolo dei contributi che devono essere versati per gli anni 2023 e 2024 da parte delle aziende agricole che assumono con un contratto di lavoro occasionale dei lavoratori agricoli (LOAgri).

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Entrate, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 1, commi da 343 a 354, della legge n. 197 del 29 dicembre 2022 (c.d. Legge di Bilancio 2023), nonché alle recenti circolari dell’Istituto n. 102 del 12 dicembre 2023 e n. 26 del 31 gennaio 2024.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda le aliquote contributive che sono previste per l’anno 2023 e per l’anno 2024 relativamente ai lavoratori agricoli occasionali e, nello specifico, tutte le informazioni che sono state pubblicate da parte dell’Istituto all’interno delle tabelle in cui sono presenti tutti i vari importi che devono essere versati dai datori di lavoro e dai lavoratori interessati in relazione alle singole voci contributive.

Lavoratori agricoli occasionali: l’INPS chiarisce quali sono i criteri ai fini del calcolo dei contributi dovuti dalle aziende agricole che assumono dei lavoratori occasionali in agricoltura (LOAgri)

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato comunicato da parte dell’INPS all’interno del paragrafo 6.3 della circolare n. 102 del 12 dicembre 2023, nonché all’interno del paragrafo 8 della circolare n. 26 del 31 gennaio 2024, la misura di cui all’art. 1, comma 352, della Legge di Bilancio 2023 non si applica al contributo previsto dall’art. 25, comma 4, della legge n. 845 del 21 dicembre 1978 (c.d. Fondi interprofessionali).

A tal proposito, dunque, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha pubblicato le tabelle che andremo a vedere durante il corso dei paragrafi successivi per quanto riguarda i contributi che devono essere versati da parte delle aziende agricole che decidono di assumere dei lavoratori agricoli occasionali (LOAgri).

La tabella con i contributi che devono essere versati per l’anno 2023

Ecco qui di seguito gli importi che devono essere versati per l’anno 2023 dall’azienda e dal lavoratore interessato in relazione alle singole voci contributive (tutte le voci in cui non è specificato il soggetto obbligato si riferiscono all’azienda agricola):

  • Fondo pensioni lavoratori 29,79%, di cui:
    • 20,95% a carico dell’azienda;
    • 8,84% a carico del lavoratore;
  • Quota base 0,11%;
  • Assistenza infortuni sul lavoro 10,1250%;
  • Addizionale assistenza infortuni sul lavoro 3,1185%;
  • Disoccupazione 2,45%;
  • Fondi interprofessionali 0,30%;
  • Esonero (art. 120 della legge n. 388 del 2000) -0,34%;
  • Esonero (art. 1 della legge n. 266 del 2005) -1%;
  • CIS operai agricoli 1,50%;
  • Prestazioni economiche di malattia 0,6830%;
  • Tutela lavoratrici madri 0,03%;
  • Esonero (art. 120 della legge n. 388 del 2000) -0,03%;
  • Assegni familiari 0,43%;
  • Esonero (art. 120 della legge n. 388 del 2000) -0,43%;
  • ALIQUOTA INTERA OTD 46,7365%, di cui:
    • 37,8965% a carico dell’azienda;
    • 8,84% a carico del lavoratore;
  • ALIQUOTA RIDOTTA LAVORATORI OCCASIONALI OTDO 21,17%, di cui:
    • 12,33% a carico dell’azienda;
    • 8,84% a carico del lavoratore.

La tabella con i contributi che devono essere versati per l’anno 2024

Ecco qui di seguito gli importi che devono essere versati per l’anno 2024 dall’azienda e dal lavoratore interessato in relazione alle singole voci contributive (tutte le voci in cui non è specificato il soggetto obbligato si riferiscono all’azienda agricola):

  • Fondo pensioni lavoratori 29,99%, di cui:
    • 21,15% a carico dell’azienda;
    • 8,84% a carico del lavoratore;
  • Quota base 0,11%;
  • Assistenza infortuni sul lavoro 10,1250%;
  • Addizionale assistenza infortuni sul lavoro 3,1185%;
  • Disoccupazione 2,45%;
  • Fondi interprofessionali 0,30%;
  • Esonero (art. 120 della legge n. 388 del 2000) -0,34%;
  • Esonero (art. 1 della legge n. 266 del 2005) -1%;
  • CIS operai agricoli 1,50%;
  • Prestazioni economiche di malattia 0,6830%;
  • Tutela lavoratrici madri 0,03%;
  • Esonero (art. 120 della legge n. 388 del 2000) -0,03%;
  • Assegni familiari 0,43%;
  • Esonero (art. 120 della legge n. 388 del 2000) -0,43%;
  • ALIQUOTA INTERA OTD 46,9365%, di cui:
    • 38,0965% a carico dell’azienda;
    • 8,84% a carico del lavoratore;
  • ALIQUOTA RIDOTTA LAVORATORI OCCASIONALI OTDO 21,23%, di cui:
    • 12,39% a carico dell’azienda;
    • 8,84% a carico del lavoratore.

Ticket di licenziamento: l’INPS comunica i nuovi importi per il 2024

Ticket di licenziamento: con la pubblicazione del messaggio n. 531 del 7 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato qual è la base di calcolo da prendere come riferimento in seguito alla rivalutazione del massimale NASpI per l’anno 2024 per quanto riguarda i datori di lavoro che sono obbligati ad effettuare il pagamento del c.d. ticket di licenziamento relativo alle interruzione dei rapporti di lavoro con un contratto a tempo indeterminato che sono avvenute e che avverranno nell’anno in corso.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Entrate, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 2, commi da 31 a 35, della legge n. 92 del 28 giugno 2012, ovvero alla normativa in materia di ticket di licenziamento.

Ticket di licenziamento: l’INPS comunica il massimale NASpI per l’anno 2024

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dall’art. 2, comma 31, della sopra citata legge, così come modificato dall’art. 1, comma 250, lett. f), della legge n. 228 del 24 dicembre 2012, i datori di lavoro dovranno versare un contributo pari al 41% del massimale mensile NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale durante il corso degli ultimi 3 anni da parte dei lavoratori che hanno visto interrompere il proprio rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

A tal proposito, poi, ai fini del calcolo delle giornate di anzianità aziendale sono compresi quei periodi di lavoro in cui il lavoratore interessato ha svolto la propria attività lavorativa con un contratto diverso da quello a tempo indeterminato, ma esclusivamente nel caso in cui il rapporto è avvenuto in maniera continuativa oppure se si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30 dell’art. 2, della legge in oggetto.

Nello specifico, i criteri di calcolo del contributo relativo al ticket di licenziamento vengono definiti dalle suddette disposizioni legislative, ponendo la percentuale di contribuzione da versare in misura pari al 41% del massimale NASpI.

Ai fini dell’esatta determinazione dell’importo che i datori di lavoro interessati devono versare, dunque, si ritiene necessario procedere con l’individuazione dell’anzianità lavorativa del lavoratore cessato in base a quanto viene disposto all’interno del paragrafo 3.1 della precedente circolare INPS n. 40 del 19 marzo 2020, nonché all’interno della successiva circolare n. 137 del 17 settembre 2021.

Pertanto, secondo quanto viene definito dall’art. 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, a partire dal 1° maggio 2015, ovvero dalla data in cui è stata istituita la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), l’importo del massimale NASpI varia in base all’ammontare della retribuzione imponibile ai fini previdenziali che è stata registrata da parte del lavoratore interessato durante il corso degli ultimi 4 anni.

Tale importo, poi, viene diviso per il numero di settimane in cui sono stati versati i contributi dovuti e viene moltiplicata per 4,33.

Nel caso in cui la retribuzione mensile da prendere come riferimento sia di ammontare pari o inferiore a 1.195 euro, in base alla rivalutazione che è avvenuta nell’anno precedente secondo la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) comunicato dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), allora la NASpI è pari al 75% della retribuzione mensile.

Qualora, invece, tale importo sia superiore al sopra citato ammontare allora l’importo dell’indennità pari al 75% sarà aumentato di un ulteriore 25% della differenza che intercorre tra la retribuzione mensile e 1.195.

A tal proposito, mentre per l’anno 2015 l’importo mensile massimo era di 1.300 euro, il massimale NASpI valido per il 2024 ai fini del calcolo del contributivo relativo al ticket di licenziamento è pari a 1.550,42 euro.

Assegni familiari 2024: la circolare INPS con importi e limiti di reddito

Con la pubblicazione della circolare n. 31 del 7 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le indicazioni per quanto riguarda gli importi e i limiti di reddito relativi agli assegni familiari e alle quote di maggiorazione della pensione che sono previsti per l’anno 2024.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Pensioni e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alla rivalutazione a partire dal 1° gennaio 2024 in merito a:

  • limiti di reddito familiare da applicare ai fini della cessazione o della riduzione della corresponsione degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione di pensione;
  • limiti di reddito mensili per l’accertamento del carico ai fini della concessione degli assegni stessi.

Assegni familiari 2024: ecco i nuovi limiti di reddito ai fini della corresponsione da parte dell’INPS

L’INPS ha fornito le istruzioni che andremo ad elencare durante il corso di questo breve articolo nei confronti dei seguenti soggetti, dal momento che sono esclusi dalla normativa attualmente vigente in materia di assegno per il nucleo familiare:

  • coltivatori diretti, i coloni, i mezzadri e i piccoli coltivatori diretti, ai quali continua ad applicarsi la normativa relativa agli assegni familiari;
  • pensionati iscritti alle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi, ai quali continua ad applicarsi la normativa relativa alle quote di maggiorazione della pensione.

A tal proposito, in base a quanto viene disposto dalla disciplina attualmente vigente in materia di reddito familiare l’INPS chiarisce che la cessazione del diritto di beneficiare dei trattamenti di famiglia per questi soggetti non comporta la cessazione di altri diritti e benefici dipendenti dalla vivenza a carico e/o ad essa connessi.

Mentre l’art. 1 della Legge di Bilancio 2022 ha introdotto a partire dal 1° marzo 2022 l’assegno unico e universale per i figli a carico, il successivo art. 10, comma 3, della sopra citata legge ha previsto a partire dalla stessa data la non applicazione della normativa sugli assegni familiari esclusivamente a quei nuclei familiari che hanno carico figli o orfanili.

Pertanto, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale specifica quelli che sono gli importi dei trattamenti, chiarendo che vengono conferiti:

  •  8,18 euro mensili vengono erogati ai seguenti soggetti in relazione a fratelli, sorelle e nipoti:
    • i coltivatori diretti;
    • i coloni;
    • i mezzadri; 
  •  10,21 euro mensili vengono erogati ai seguenti soggetti in relazione a coniuge, fratelli, sorelle e nipoti:
    • i pensionati che sono iscritti alla gestione speciale per i lavoratori autonomi;
    • i pensionati che sono iscritti alla gestione speciale per i piccoli coltivatori diretti;
  •  1,21 euro mensili vengono erogati ai piccoli coltivatori diretti in relazione ai genitori e ai soggetti ad essi equiparati.

Ai fini della cessazione o della riduzione della corresponsione degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione delle pensioni da lavoro autonomo, i limiti di reddito familiare da prendere in considerazione vengono rivalutati ogni anno secondo la variazione che subisce il tasso d’inflazione.

Per quanto riguarda l’anno 2023 il tasso d’inflazione programmato è stato pari al +4,3%. Mentre, per il 2024 gli importi sono sono stati rivalutati e sono state fornite le tabelle aggiornate dei limiti di reddito familiare da applicare a partire dal 1° gennaio dell’anno in corso nei confronti dei soggetti esclusi dalla normativa relativa all’assegno per il nucleo familiare.

All’interno dell’allegato alla circolare dell’INPS, dunque, sarà possibile prendere visione delle tabelle per la cessazione o per la riduzione dell’erogazione degli assegni familiari ai lavoratori autonomi o delle quote di maggiorazione della pensione ai pensionati delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi.

Infine, in base alle disposizioni attuali in merito alla perequazione automatica delle pensioni, dato che il trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è pari a 598,61 euro per tutto il 2024, ecco qui di seguito i limiti di reddito mensili da considerare ai fini dell’accertamento del carico e del riconoscimento del diritto agli assegni familiari per quanto riguarda l’anno in corso:

  •  843,04 euro per il coniuge, per un genitore, per fratelli, sorelle e nipoti; 
  •  1.475,32 euro per due genitori ed equiparati.

Bonus genitori separati 2024: domande dal 12 febbraio, le istruzioni INPS

Bonus genitori separati 2024: con la pubblicazione del messaggio n. 614 del 9 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato che ha partire dal 12 febbraio 2024 e fino al termine ultimo del 31 marzo 2024 è possibile presentare la domanda per beneficiare del contributo economico previsto per i genitori separati, divorziati e/o non conviventi.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Inclusione e Invalidità Civile, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, e dalla Direzione Centrale Organizzazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) del 23 agosto 2022.

Il messaggio in oggetto, inoltre, si riferisce anche a quanto è stato disposto all’interno dell’art. 12 bis, comma 1, del decreto legge n. 41 del 22 marzo 2021, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 21 maggio 2021, come sostituito dall’art. 9 bis, comma 1, del decreto legge n. 146 del 21 ottobre 2021, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 215 del 17 dicembre 2021.

Senza indugiare ulteriormente, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda il bonus genitori separati 2024 e, nello specifico, quali sono i requisiti e i criteri ai fini della concessione della misura in questione, nonché quali sono le modalità da rispettare per la presentazione della domanda.

Bonus genitori separati 2024: requisiti e criteri di erogazione

Il rispetto dei requisiti che sono necessari al fine di ottenere il bonus introdotto nei confronti dei genitori separati o divorziati che si trovano in uno stato di bisogno, per garantire la continuità di erogazione dell’assegno di mantenimento, vengono verificati dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Dopodiché, una volta che sono stati controllati tutti gli aspetti necessari il Governo trasferisce all’INPS il compito di erogare il contributo in oggetto ai soggetti beneficiari individuati, in base a quanto è stato previsto dall’apposita convenzione che è stata sottoscritta il 28 dicembre 2023 secondo le disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 5, comma 2, del sopra citato D.P.C.M.

Ad ogni modo, il bonus genitori separati 2024 spetta al genitore in stato di bisogno che ha il dovere di provvedere al mantenimento proprio, ma anche dei seguenti soggetti:

  • i figli di età inferiore a 18 anni (minori);
  • i figli di età superiore a 18 anni (maggiorenni) portatori di handicap grave (art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 5 febbraio 1992.

I figli in questione dovranno essere conviventi con il genitore e quest’ultimo non deve aver ricevuto l’assegno di mantenimento dovuto da parte dell’altro genitore per via di motivazioni legate all’emergenza epidemiologica che il nostro Paese ha dovuto affrontare a causa del Covid-19 e, dunque, alla riduzione o alla sospensione dell’attività lavorativa a partire dall’8 marzo 2020.

La suddetta riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, in particolare, deve necessariamente aver avuto una durata di almeno 90 giorni oppure deve aver provocato una diminuzione del reddito conseguito per una percentuale almeno pari al 30% rispetto a quello che è stato ottenuto durante il corso dell’anno 2019.

Il reddito nell’anno in cui è avvenuta la riduzione deve essere di importo pari o inferiore a 8.174 euro.

Come fare domanda?

La domanda per il bonus genitori separati 2024 deve essere presentata dal 12 febbraio al 31 marzo all’INPS attraverso l’apposito servizio online denominato “Contributo per genitori separati o divorziati per garantire la continuità dell’erogazione dell’assegno di mantenimento”, il quale è disponibile all’interno del sito web ufficiale dell’Istituto previo accesso alla sezione “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche” e autenticazione tramite l’utilizzo delle proprie credenziali digitali:

Contributi artigiani e commercianti 2024: la circolare INPS con le nuove aliquote

Contributi artigiani e commercianti 2024: con la pubblicazione della circolare n. 33 del 7 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quali sono gli importi dei contributi che sono dovuti da parte degli artigiani e degli esercenti attività commerciali per quanto riguarda l’anno in corso.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Entrate, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 24, comma 22, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 300 del 27 dicembre 2011.

Contributi artigiani e commercianti 2024: l’INPS comunica quali sono le aliquote contributive valide a partire dal 1° gennaio

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in base a quanto è stato disposto dalla sopra citata normativa a partire dal 1° gennaio 2012 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti che risultano iscritti alle gestioni autonome dell’INPS sono state aumentate dell’1,3%.

Dopodiché, per quanto riguarda gli anni successivi l’aumento previsto è pari allo 0,45% ogni anno fino al limite massimo del 24%.

Nello specifico, ecco quali sono le aliquote contributive per il finanziamento delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti previste per l’anno 2024:

  • per i titolari e i collaboratori di età superiore ai 21 anni l’aliquota contributiva è pari al 24%, ovvero la misura complessiva massima dal momento che è stata già raggiunta nel 2018;
  • per i collaboratori di età inferiore ai 21 anni l’aliquota contributiva è pari al 23,70%, incrementata dello 0,45% rispetto a quella prevista durante il corso dell’anno 2023.

È prevista, inoltre, anche per l’anno 2024, la riduzione fissata in misura pari al 50% dei contributi dovuti dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali che hanno un’età superiore ai 65 anni e che sono già pensionati presso le gestioni dell’Istituto.

A partite dal 1° gennaio 2022, invece, l’art. 1, comma 380, della legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021) ha disposto un aumento dell’aliquota contributiva aggiuntiva relativamente ai soggetti che sono iscritti alla Gestione degli esercenti l’attività commerciale.

L’aliquota, in particolare, dovrà essere corrisposta in misura pari allo 0,48%, di cui:

  • la quota pari allo 0,46% è destinata al finanziamento del Fondo per la razionalizzazione della rete commerciale, il quale garantisce il pagamento degli indennizzi per la cessazione definitiva dell’attività commerciale;
  • la quota pari allo 0,02% è devoluta alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.

Infine, è obbligatorio anche effettuare il pagamento di un contributo per le prestazioni di maternità di importo pari a 0,62 euro al mese da parte di coloro che sono iscritti alle Gestioni degli artigiani e dei commercianti.

Al termine della circolare pubblicata oggi dall’INPS, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale stesso ha comunicato quelli che sono i termini e le modalità di versamento dei contributi da parte degli artigiani e dei commercianti per quanto riguarda l’anno 2024.

Nello specifico, si prevede che i contributi fissati debbano essere pagati attraverso i modelli di pagamento unificato F24, entro le seguenti scadenze:

  • il 16 maggio 2024, il 20 agosto 2024, il 18 novembre 2024 e il 17 febbraio 2025, per quanto riguarda il versamento delle quattro rate dei contributi dovuti sul minimale di reddito;
  • termini previsti per il pagamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) per quanto riguarda i contributi dovuti sulla quota di reddito che eccede il minimale, a titolo di saldo 2023, primo acconto 2024 e secondo acconto 2024.

Gli artigiani e i commercianti che hanno intenzione di prendere visione dei dati e degli importi utili ai fini del versamento dei contributi dovuti potranno farlo semplicemente recandosi all’interno del sito web ufficiale dell’INPS ed effettuando l’accesso all’interno della propria area riservata.

L’autenticazione da parte dei soggetti interessati, in particolare, deve essere effettuata tramite l’utilizzo delle proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi), per poi accedere al “Cassetto previdenziale” e nella sezione Dati del mod. F24.

Contributi pescatori autonomi 2024: l’INPS comunica le nuove aliquote

Contributi pescatori autonomi 2024: con la pubblicazione della circolare n. 29 del 6 febbraio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quali sono le aliquote contributive che sono previste per l’anno 2024 per quanto riguarda i lavoratori autonomi che operano all’interno del settore della pesca, nonché le modalità e i termini per il versamento della contribuzione dovuta.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Entrate, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno della legge n. 250 del 13 marzo 1958, all’interno del decreto interministeriale del 21 febbraio 1996, nonché all’interno dell’art. 6 del decreto legge n. 457 del 30 dicembre 1997, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 27 febbraio 1998.

Senza perderci troppo in chiacchiere, quindi, andiamo subito a vedere insieme tutto ciò che concerne il calcolo delle aliquote relative ai contributi previsti per i pescatori autonomi e che sono dovuti per l’anno 2024 e, nello specifico, tutte le informazioni per quanto riguarda:

  • i contributi dovuti dai lavoratori autonomi che svolgono l’attività di pesca al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD);
  • i contributi dovuti dalle imprese della pesca costiera e della pesca nelle acque interne e lagunari, beneficiarie di un’agevolazione fiscale e contributiva di importo pari al 70%, al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD);
  • i contributi dovuti dalle pescatrici autonome della piccola pesca e delle acque interne, beneficiarie dell’indennità di maternità;
  • le modalità di versamento dei contributi dovuti.

Contributi pescatori autonomi 2024: il calcolo delle aliquote contributive previste per i versamenti dovuti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti

In base a quanto è stato disposto dal sopra citato decreto interministeriale del 21 febbraio 1996, il quale è stato emanato dando attuazione a quanto è stato disposto in precedenza dall’art. 3, comma 23, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, nonché dall’art. 27, comma 2 bis, del decreto-legge n. 669 del 31 dicembre 1996, successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 28 febbraio 1997, è stato previsto un aumento pari allo 0,50% ogni due anni a partire dal 1° gennaio 1997.

Tale incremento dell’aliquota contributiva prevista che risulta dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) da parte dei pescatori autonomi di cui alla legge n. 250 del 13 marzo 1958, nello specifico, è stato disposto fino al raggiungimento del limite massimo del 4,29%.

Per quanto riguarda la quota che risulta dovuta da parte dei lavoratori autonomi che operano all’interno del settore della pesca, dunque, la normativa vigente in materia non prevede alcun adeguamento per l’anno in corso dal momento che è stata già raggiunta l’aliquota contributiva massima in seguito all’ultimo aumento pari allo 0,29% che è stato previsto a partire dal 1° gennaio 2013.

Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2014 e fino all’anno 2024 compreso l’aliquota contributiva resta ferma al 14,90%.

A tal proposito, quindi, fatte le suddette premesse, ecco quali sono i contributi dovuti dai pescatori autonomi per l’anno 2024, tenendo conto anche del minimale e del massimale contributivo che è stato comunicato da parte dell’INPS:

  • l’aliquota contributiva prevista per i lavoratori autonomi che svolgono l’attività di pesca è pari al 14,90%, di cui:
    • lo 0,11% si riferisce alla base;
    • il 14,79% si riferisce all’adeguamento;
  • il contributo mensile previsto per i lavoratori autonomi che svolgono l’attività di pesca è pari a 117,71 euro, di cui:
    • 0,87 euro si riferiscono alla base;
    • 116,84 euro si riferiscono all’adeguamento.

Per quanto riguarda i contributi che sono dovuti a partire dal 1° gennaio 2024 da parte delle imprese della pesca costiera e della pesca nelle acque interne e lagunari che beneficiano di uno sgravio contributivo pari al 70%, invece, ecco qui di seguito quelle che sono le aliquote contributive previste:

  • il contributo mensile previsto è pari a 65,54 euro, di cui:
    • 0,48 euro si riferiscono alla base;
    • 65,06 euro si riferiscono all’adeguamento.

Bonus mamme lavoratrici: cosa deve fare il datore di lavoro

Nel 2024, è attivo il nuovo Bonus mamme lavoratrici e l’Inps, con la pubblicazione della Circolare n. 27, del 31 gennaio 2024, ha spiegato cosa deve fare il datore di lavoro per il riconoscimento dell’esonero dei contributi previdenziali.

L’Istituto ha fornito le indicazioni e le istruzioni per la gestione dello sgravio e per l’applicazione dello stesso in busta paga.

L’esonero, per il momento, è una misura sperimentale per il periodo tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2024, anche per le lavoratrici madri di due figli. Anche se, in tal caso, lo sgravio opera fino al mese del compimento del decimo anno d’età del figlio più piccolo.

Vediamo cosa deve fare il datore di lavoro per applicare lo sgravio previsto dal Bonus mamme lavoratrici.

Come si richiede il Bonus mamme lavoratrici

Le lavoratrici con figli a carico, nel 2024, possono beneficiare di un esonero dei contributi previdenziali a loro carico, il cosiddetto Bonus mamme lavoratrici. Come chiarito dall’Inps, le lavoratrici del settore pubblico e privato, assunte con contratto a tempo indeterminato devono presentare formale richiesta al datore di lavoro.

Come si richiede? Si deve comunicare al datore di lavoro la volontà di avvalersi dell’esonero, indicando il numero dei figli a carico e i relativi codici fiscali.

In alternativa alla comunicazione al datore di lavoro, l’Inps metterà a disposizione un applicativo online, per permettere alle interessate di trasmettere i codici fiscali dei figli direttamente sul portale dell’Istituto.

È molto importante comunicare i codici fiscali, pena la revoca del beneficio fruito secondo le indicazioni che l’Inps fornirà successivamente.

Come si applica l’esonero in busta paga

Dopo aver ottenuto la dichiarazione della lavoratrice richiedente il bonus, il datore di lavoro può riconoscere lo sgravio direttamente in busta paga.

Ricordiamo che si tratta di una misura che abbatte i contributi da recuperare nel cedolino a carico della dipendente, così da diminuire le trattenute in busta paga. Il risultato sarà un aumento nello stipendio netto.

Come si fa l’esposizione nell’UniEmens

Il datore di lavoro, dopo aver applicato lo sgravio in busta paga, deve provvedere ad indicare lo stesso nella denuncia UniEmens da trasmettere telematicamente all’Inps.

Le modalità di compilazione del flusso UniEmens sono debitamente esplicate nella circolare dell’Inps del 31 gennaio 2024.

Chi sono le beneficiarie dell’esonero contributivo

Il Bonus mamme lavoratrici può essere richiesto da tutte coloro con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore pubblico e privato, che hanno figli a carico. Sono escluse le sole lavoratrici del settore domestico.

L’esonero spetta alle lavoratrici madri che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2026, hanno tre o più figli, con il più piccolo di età inferiore a 18 anni. La realizzazione del requisito si soddisfa al momento della nascita del terzo figlio.

In via sperimentale, nel periodo compreso dal 1° al 31 gennaio 2024, possono ottenere il bonus anche le lavoratrici con due figli, di cui il più piccolo di età inferiore a 10 anni.

Il requisito dell’essere madre di due figli si intende perfezionato al momento della nascita del secondo figlio e si concretizza con riferimento a tale data, così come chiarito dall’Inps.

Sbloccato il Bonus mamme lavoratrici

Dopo un po’ di attesa, il Bonus mamme lavoratrici è stato sbloccato, con le apposite istruzioni operative rese note dall’Inps.

L’importo spettante della misura sarà corrisposto anche per la mensilità di gennaio. Quindi, per quanto riguarda lo sgravio contributivo spettante, riferito al mese di gennaio 2024, non ancora corrisposto in mancanza delle istruzioni operative, sarà recuperato insieme alla mensilità successiva. Si attende lo stipendio di febbraio più alto del solito.

Braccianti agricoli: domanda per il trascinamento delle giornate agricole entro il 23 febbraio 2024

Braccianti agricoli: con la pubblicazione della circolare n. 19 del 24 gennaio 2024 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni operative per quanto riguarda le modalità che devono essere osservate da parte dei lavoratori agricoli interessati al fine di beneficiare del c.d. “Trascinamento di giornate”.

Nello specifico, dunque, l’Istituto specifica quelli che sono gli adempimenti che devono essere rispettati in merito alla compilazione degli elenchi nominativi dei braccianti agricoli validi per l’anno 2023.

La suddetta circolare INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Entrate e dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, fa riferimento alle disposizioni legislative che sono contenute all’interno dell’art. 21, comma 6, della legge n. 223 del 23 luglio 1991, come sostituito da quanto viene disposto all’interno dell’art. 1, comma 65, della legge n. 247 del 24 dicembre 2007.

Braccianti agricoli: che cos’è, come funziona e a chi spetta il beneficio previdenziale denominato “Trascinamento di giornate”

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, la sopra citata normativa ha introdotto un nuovo beneficio previdenziale denominato “Trascinamento di giornate” per quei lavoratori che operano all’interno del settore agricolo con un contratto di lavoro a tempo determinato.

Tale beneficio, in particolare, prevede il riconoscimento ai fini previdenziali ed assistenziali di un numero di giornate in aggiunta a quelle che sono state effettuate durante il corso dell’anno 2023, in modo che i lavoratori interessati possano raggiungere quelle che erano previste presso quei datori di lavoro che hanno beneficiato delle misure previste in caso di interventi di prevenzione e di compensazione dei danni che derivano da cause naturali o da eventi eccezionali.

A tal proposito, quindi, in base a quanto viene disposto dall’art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 102 del 29 marzo 2004, il trascinamento di giornate può essere fruito anche da parte dei piccoli coloni e dei compartecipanti familiari di quelle che aziende che hanno beneficiato dei suddetti interventi.

Nello specifico, il beneficio viene riconosciuto a tutti quei lavoratori agricoli che durante il corso dell’anno 2023 sono stati occupati per un minimo di cinque giornate presso un’impresa agricola di cui all’art. 2135 del codice civile che rientra in entrambe le seguenti circostanze:

  • che abbia beneficiato di almeno uno degli interventi che sono previsti dalle disposizioni legislative contenute all’interno del sopra citato decreto legislativo n. 102 del 2004;
  • che si trovi all’interno di un’area dichiarata calamitata attraverso la pubblicazione di un’apposita delibera o di un apposito decreto della Regione, in base a quanto viene disposto dall’art. 1, comma 1079, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006.

Ecco quali sono gli adempimenti che devono essere rispettati dalle aziende agricole entro il 23 febbraio 2024

Le imprese agricole che sono interessate alla concessione del beneficio destinato ai braccianti agricoli devono inviare la dichiarazione di calamità all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

Per quanto riguarda le modalità di presentazione della sopra citata dichiarazione, in particolare, le aziende interessate potranno effettuare l’invio in maniera diretta oppure tramite l’ausilio degli intermediari autorizzati, utilizzando l’apposito servizio online denominato “Aziende agricole: Dichiarazione calamità”.

Il servizio, nello specifico, viene messo a disposizione all’interno del sito web ufficiale dell’INPS, recandosi all’interno dell’apposita sezione “Sostegni, Sussidi e Indennità > Per misure emergenziali straordinarie”, previa autenticazione mediante l’utilizzo delle proprie credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

Relativamente alla fruizione del beneficio in oggetto da parte dei piccoli coloni e compartecipanti familiari, invece, le imprese agricole interessate devono inviare alle Strutture INPS competenti sul territorio il modulo “SC95”, recante “Dichiarazione per la concessione ai piccoli coloni/compartecipanti familiari dei benefici a seguito di eventi calamitosi o di eventi eccezionali”.

Assegno di Inclusione: entro quanto tempo bisogna andare ai servizi sociali? La procedura da seguire

All’interno del proprio sito web ufficiale l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha comunicato quelle che sono le tempistiche entro le quali i soggetti interessati devono necessariamente recarsi presso i servizi sociali al fine di beneficiare della misura relativa all’Assegno di Inclusione (ADI).

Senza perderci troppo in chiacchiere, dunque, all’interno di questa breve guida andremo subito a vedere insieme tutto ciò che riguarda questa particolare misura nazionale che è stata introdotta da parte del governo con l’obiettivo di contrastare i seguenti fattori:

  • la povertà;
  • la fragilità;
  • l’esclusione sociale.

Ciò avviene, nello specifico, attraverso l’istituzione di percorsi di inserimento sociale e di corsi di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro, per le fasce più deboli.

Assegno di Inclusione: quando bisogna recarsi presso i servizi sociali? Che cos’è l’ADI, a chi spetta e quali sono i requisiti necessari

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, in seguito alla pubblicazione dell’art. 1 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023, il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 3 luglio 2023, è stato istituito a partire dal 1° gennaio 2024 un sostegno economico e di inclusione sociale e professionale denominato “Assegno di Inclusione”.

L’ADI, in particolare, viene concesso ai componenti dei nuclei familiari beneficiari in seguito all’accertamento che questi ultimi siano in possesso di tutti i requisiti necessari ed in seguito all’adesione ad un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

L’Assegno è diviso in due parti:

  • una parte viene erogata come integrazione del reddito familiare fino ad una soglia (quota A);
  • un’altra parte viene erogata come sostegno per quei nuclei familiari che hanno la propria residenza all’interno di un’abitazione che viene concessa in locazione tramite la stipula di un apposito contratto registrato in maniera corretta presso l’Agenzia delle Entrate (quota B).

Per quanto riguarda i requisiti che sono necessari al fine di beneficiare della misura in oggetto, invece, si rimanda a quanto è stato comunicato in precedenza all’interno di uno specifico articolo di approfondimento, che abbiamo pubblicato sempre qui su Tag24 e che tratta l’individuazione dei soggetti beneficiari dell’Assegno di Inclusione.

Come e quando fare domanda per beneficiare dell’ADI? Ecco quali sono le istruzioni dell’INPS per quanto riguarda la procedura da seguire

A partire dal 18 dicembre 2023 la domanda dell’Assegno di Inclusione può essere presentata all’INPS attraverso una delle seguenti modalità:

  • tramite l’apposito servizio online che viene messo a disposizione all’interno del sito web ufficiale dell’Istituto, previa autenticazione nella propria area riservata da parte dei soggetti interessati mediante l’utilizzo delle credenziali digitali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi);
  • tramite gli Enti Patronati di cui alla legge n. 152 del 30 marzo 2001;
  • tramite i CAF (Centri di Assistenza Fiscale), esclusivamente a partire dal 1° gennaio 2024.

Dopo aver inviato in maniera corretta la richiesta all’INPS, ecco qui di seguito qual è la procedura che bisogna seguire per poter beneficiare dell’ADI:

  • il richiedente dovrà effettuare la registrazione al SIISL (Sistema Informativo di inclusione sociale e lavorativo) ed effettuare la sottoscrizione del PAD (Patto di Attivazione Digitale del nucleo familiare), andando ad autorizzare in maniera esplicita l’invio dei dati che sono contenuti all’interno della domanda a:
    • i servizi sociali;
    • i CPI;
    • le Agenzie per il Lavoro e gli enti di intermediazione;
    • i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro;
  • i dati del nucleo familiare vengono inviati in maniera automatica al servizio sociale del Comune di residenza in modo che possa procedere con l’analisi e la presa in carico dell’istruttoria, nonché con l’eventuale attivazione di sostegni;
  • i beneficiari devono presentarsi all’appuntamento che viene fissato dai servizi sociali entro il termine di 120 giorni dalla firma del PAD.

Bonus mamme lavoratrici: ecco come fare richiesta

Dopo un po’ di attesa, il pagamento del Bonus mamme lavoratrici è stato sbloccato e, nel testo, spiegheremo come le interessate devono fare richiesta.

È stata pubblicata un’apposita circolare dell’Inps contenente tutte le istruzioni operative inerenti allo sgravio. Lo sblocco dei pagamenti consentirà alle beneficiarie di avere uno stipendio più alto in busta paga: sarà corrisposto sia il rateo del mese di gennaio che quello del mese di febbraio.

Nel testo, spieghiamo subito come fare richiesta, quali sono gli adempimenti necessari sia delle lavoratrici che dei datori di lavoro.

Cos’è e a chi spetta il Bonus mamme lavoratrici 2024

Il Bonus mamme lavoratrici è uno sgravio dai contributi previdenziali introdotto dalla Legge di Bilancio del 2024. L’esonero contributivo è previsto fino ad un massimo di 3000 euro annui, riparametrati su base mensile, per le lavoratrici con almeno tre figli a carico.

Solo per il 2024, in via del tutto sperimentale, la misura è estesa anche alle lavoratrici con due figli a carico.

A chi spetta il bonus? La misura riguarda le lavoratrici del settore pubblico e privato, con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

In modo particolare, l’esonero spetta alle lavoratrici con:

  • 2 figli nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2024 (di cui il più piccolo abbia un’età inferiore a 10 anni);
  • 3 o più figli nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2026 (di cui il più piccolo abbia un’età inferiore a 18 anni).

Quali sono le lavoratrici escluse dal bonus fino a 3000 euro? Per il momento, la norma esclude tra le beneficiarie dello sgravio le lavoratrici del settore domestico.

L’esonero contributivo riconosciuto in busta paga è pari al 100% della contribuzione previdenziale a carico della lavoratrice, nel limite massimo di 3000 euro annui. Il bonus viene spalmato su base mensile e la soglia massima dovuta è pari a 250 euro al mese.

Per quanto riguarda i rapporti di lavoro instaurati o risolti nel corso del mese, la soglia va ulteriormente riproporzionata assumendo a riferimento la misura di 8,06 euro (€ 250/31) per ogni giorno di fruizione dell’esonero contributivo.

Sbloccato il pagamento: stipendio più alto da febbraio

L’Inps ha fornito le istruzioni operative che sbloccano il Bonus rivolto alle mamme lavoratrici. Nella circolare n. 27/2024, l’Istituto ha chiarito che l’importo spettante sarà erogato anche per la mensilità di gennaio, ancora non corrisposto.

La misura copre il periodo che va dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025. Per quanto riguarda l’esonero spettante riferito al mese di gennaio 2024, non ancora corrisposto, sarà recuperato insieme alla mensilità successiva.

Come richiedere il Bonus

Sono arrivate le istruzioni operative su come richiedere lo sgravio contributivo. Le lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato, assunte con contratto di lavoro a tempo indeterminato, possono comunicare al datore di lavoro la volontà di avvalersi dell’esonero.

Fondamentale è comunicare il numero dei figli a carico e i relativi codici fiscali. Sarà compito del datore di lavoro attivare la procedura, esponendo nelle denunce retributive l’esonero spettante alla lavoratrice.

Le denunce devono essere compilate dal datore di lavoro, con l’inserimento dei codici fiscali dei figli a carico dell’interessata.

L’Inps precisa anche che, in caso di più di tre figli, sarà necessario indicare solo i codici fiscali di tre figli, comprendo quello del figlio più piccolo. A cosa servono le denunce? Hanno lo scopo di permettere all’Inps di effettuare tutti i controlli necessari. Se dovessero risultare dati non veritieri, allora l’Istituto provvederà tempestivamente al disconoscimento della misura di esonero.

Viene anche precisato che, se la lavoratrice volesse comunicare direttamente all’Inps le informazioni relative ai codici fiscali, allora la possibilità è consentita solo mediante la predisposizione di un applicativo ad hoc. Tuttavia, per questo, è necessario attendere un apposito messaggio dell’Inps, che avviserà quando sarà possibile farlo.

Sullo stesso argomento: Bonus mamma 2024: regalone per le lavoratrici, c’è chi avrà un aumento del netto in busta paga, ecco come

Pensione anticipata e lavoro, l’Inps chiarisce sulla cumulabilità: quando va restituita?

L’Inps chiarisce sulla cumulabilità tra la pensione anticipata ottenuta con i sistemi delle quote 100, 102 e 103 e il lavoro. Chi va in pensione utilizzando uno scivolo pensionistico, infatti, potrebbe voler continuare a svolgere un’attività lavorativa.

Si tratta di un dubbio sciolto definitivamente dall’Inps, con il Comunicato stampa del 30 gennaio 2024.
Oltre a fornire i chiarimenti necessari, l’Istituto ha colto l’occasione di ricordare anche la normativa in vigore sulla pensione anticipata flessibile, sottolineando che chi non rispetta le disposizioni dovrà restituire quanto percepito impropriamente.

Andiamo subito a vedere se la pensione anticipata è cumulabile con il lavoro.

Pensione anticipata: Quota 100, 102 e 103

Dal 1° gennaio 2019, è stata introdotta una nuova possibilità di pensionamento anticipato: Quota 100. Si può optare per questa pensione anticipata al compimento di 62 anni d’età e con un’anzianità minima di almeno 38 anni di contributi versati.

La legge di Bilancio 234/2021 ha elevato di 2 anni il requisito anagrafico portandolo a 64 anni, sempre in presenza di 38 anni di contributi versati, ribattezzando la pensione anticipata con il nome di Quota 102.

Successivamente, per il triennio 2023-25 è stata introdotta Quota 103, che si consegue con un’età anagrafica di almeno 62 anni e un’anzianità contributiva di almeno 41 anni. Diminuisce l’età anagrafica, ma aumenta l’anzianità contributiva.

Spesso, chi opta per questi scivoli pensionistici, vorrebbe continuare a lavorare. Ma ciò è possibile? C’è cumulabilità tra la pensione anticipata e il lavoro?

La pensione anticipata è cumulabile con il lavoro?

La pensione anticipata ottenuta con i sistemi di quote 100, 102 e 103 non è cumulabile con il reddito da lavoro, sia esso sia dipendente che autonomo.

I chiarimenti, come anticipato, sono arrivati direttamente dall’Inps, con la pubblicazione di un apposito Comunicato stampa, il 30 gennaio 2024. Per le pensioni anticipate non è prevista la possibilità di cumulo fino alla maturazione dei requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia.

L’Inps, nel momento in cui comunica il provvedimento di liquazione della pensione, informa gli interessati riguardo il cumulo della somma ricevuta con il reddito da lavoro.

I pensionati, ricordiamo, che prima del compimento dell’età prevista per accedere alla pensione di vecchiaia, devono dichiarare all’Inps la ricezione di eventuali redditi da lavoro, utilizzando il Modello 730 e il Modello Redditi Persone Fisiche.

Quali sono i casi di eccezione

Come abbiamo spiegato, in base ai chiarimenti forniti dall’Inps, non sono previste possibilità di cumulo tra la pensione anticipata con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.

Tuttavia, esiste un’eccezione alla regola: il cumulo diventa possibile solo e unicamente con eventuali redditi da lavoro autonomo occasionale purché non superino il tetto massimo di 5000 euro lordi annui.

Il limite, nel 2024, si applica anche per i lavoratori che accedono all’Ape sociale, secondo le regole previste dalla Legge di Bilancio del 2024.

Nel caso della soglia dei 5000 euro, si devono considerare tutti i redditi annuali derivanti dal lavoro occasionale, con l’aggiunta di quelli che, eventualmente, possono essere ricondotti all’attività svolta durante i mesi dell’anno precedente la decorrenza della pensione e/o successivi al compimento dell’età della pensione di vecchiaia.

Quando scatta la sospensione e la restituzione delle somme

L’Inps non manca di ricordare che, nei casi di incumulabilità, qualora non venissero rispettare le regole, allora scatterà la sospensione del trattamento pensionistico e il recupero delle mensilità percepite indebitamente.

Per quanto riguarda, invece, gli altri trattamenti pensionistici erogati con almeno 40 anni di contributi (pensione di vecchiaia, anzianità, assegni di invalidità) sono cumulabili con i redditi da lavoro. Lo stesso discorso vale anche per Opzione donna e per la pensione anticipata contributiva.

Può interessarti anche: Pensioni 2024: quota 100, quota 102 e anticipata flessibile incompatibili con un lavoro