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Indennità di accompagnamento: chi ha diritto alla 13esima e al bonus Natale nel 2023? Scopri il calendario dei pagamenti di Dicembre

Indennità di accompagnamento, la 13esima mensilità e il bonus Natale sono compatibili? La mensilità aggiuntiva riconosciuta dall’INPS in previsione delle festività natalizie rappresenta un sostegno molto importante per la gran parte dei pensionati italiani e per le famiglie.

A partire dal 1° dicembre, è possibile ritirare l’assegno, comprensivo della 13esima e del bonus Natale 2023 (se dovuti), presso gli uffici di postali di Poste Italiane. Vediamo insieme se i percettori dell’indennità di accompagnamento hanno diritto anche alla 13esima mensilità e al bonus Natale.

Indennità di accompagnamento 13esima e bonus Natale

In linea generale, la 13esima mensilità corrisponde a un mese di pensione, e molti pensionati ricevono anche il bonus Natale, un importo aggiuntivo pari a 155 euro.

È importante notare che l’indennità di accompagnamento viene riconosciuta agli invalidi al 100 per cento non autosufficienti. In occasione delle festività natalizie, appare normale chiedersi se spetta o meno la 13esima mensilità e il bonus Natale 2023.

Sono domande legittime, considerato che l’indennità di accompagnamento è una prestazione assistenziale riconosciuta dall’INPS.

Nello stesso modo, l’Istituto accredita automaticamente la somma aggiuntiva o bonus Natale e la 13esima mensilità su diverse prestazioni di natura assistenziali.

Quante mensilità ha l’assegno di accompagnamento?

Nel 2023, l’importo dell’indennità di accompagnamento corrisponde a  527,16 euro al mese, erogato dall’INPS per una durata di 12 mensilità  con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda, oppure dalla data del verbale rilasciato dalla Commissione ASL – INPS.

Quali sono i pensionati che non prendono la 13esima?

L’INPS non riconosce d’ufficio la 13esima a tutti i pensionati, ad esempio l’importo aggiuntivo non spetta ai percettori del Reddito di cittadinanza.

Chi percepisce l’indennità di accompagnamento ha diritto all’aumento?

Per il 2023, gli importi delle indennità di accompagnamento hanno subito delle variazioni in aumento a partire dal mese di ottobre.  Per il mese di dicembre 2023, saranno maggiorati del 2,2%; pertanto l’importo dell’indennità salirà a 536,72 (invalidi civili), mentre per i ciechi assoluti sarà pari a 968,02 euro.

Che differenza c’è tra la pensione di invalidità e l’accompagnamento?

La pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento non sono la stessa. La pensione di invalidità, viene riconosciuta alle persone che soddisfano il requisito sanitario. In sostanza, la Commissione medica ASL – INPS che certifica la ridotta capacità lavorativa dovuta a causa di una patologia o di una minorazione o malformazione.

Indennità accompagnamento: a chi non spetta la 13esima e il bonus Natale a dicembre 2023?

L’INPS si prepara a distribuire  l’importo dell’indennità di accompagnamento, ma non tutti avranno anche  la 13esima mensilità e la mensilità aggiuntiva o bonus Natale 2023.

È importante notare che la 13esaima non viene riconosciuta ai percettori dell’indennità di frequenza e sull’indennità di accompagnamento.

Il bonus Natale o importo aggiuntivo viene riconosciuto ai titolari di tutte le pensioni INPS delle gestioni private ed ex Enpals, con l’esclusione dei trattamenti assistenziali. Pertanto, il beneficio economico non spetta sulla pensione e assegno sociale, prestazioni agli invalidi civili, delle pensioni dei dipendenti degli enti creditizi, dei dirigenti d’azienda e dei trattamenti non aventi natura di pensione.

In sostanza, l’importo pari a 154,94 euro non spetta ai percettori dei trattamenti di invalidità civile, assegno o pensione sociale o rendita facoltativa d’inabilità.

Accompagnamento 13esima e bonus Natale dicembre 2023: le date di pagamento

L’INPS ha aperto le date del calendario dei pagamenti di dicembre 2023, per le prestazioni di natura previdenziale e assistenziale, a partire dal giorno venerdì 1° dicembre 2023.

Per il ritiro dell’indennità di accompagnamento presso gli uffici postali di Poste Italiane, si ipotizza che la  cadenza basata sulle iniziali dei cognomi dei titolari dei trattamenti, sia la seguente:

  •  dalla A alla C: venerdì 1° dicembre
  • dalla D alla K: sabato (solo la mattina) 2 dicembre
  • dalla L alla P:  lunedì 4 dicembre
  • dalla Q alla Z: martedì 5 dicembre

Pensione anticipata contributiva e nuove regole: 64 anni con 20 anni di contributi e altri requisiti

 La pensione contributiva a 64 anni di età, sembra essere più vantaggiosa per le donne. A dispetto delle migliori previsioni, le pensioni degli italiani cominciano a perdere pezzi pregiati, anche se non è del tutto una novità; in molti sapevano, altri hanno intuito la presenza di maggiori paletti.

Il governo Meloni ha lasciato inalterati i requisiti per la pensione di vecchiaia, introducendo vincoli e paletti per coloro che scelgono di ritirarsi prima dal lavoro.

È forte la sensazione che il vaso di Pandora sia pronto ad aprirsi ancora una volta sulla testa dei lavoratori e che lo scenario della pensione contributiva a 64 anni, stranamente più favorevole per le donne, nasconda ben altro.

Pensione contributiva a 64 anni

Nella legge di Bilancio 2024, sono previste modifiche per i requisiti per l’accesso all’opzione contributiva della pensione anticipata, a favore dei lavoratori che non hanno maturato un’anzianità contributiva entro il 31 dicembre 1995.

D’altra parte, pochi raccontano che questa formula previdenziale è una misura flessibile di pensionamento introdotta dalla legge Fornero.

Il principio della pensione a 64 anni di età con 20 anni di contributi effettivi, esclusi i contributi figurativi, si basa sulla presenza di una carriera lavorativa ricca e continua, tale da garantire una rendita mensile pari a 2,8 volte il trattamento minimo vitale.

Nel 2024, anche questa misura è stata oggetto di modifiche, con l’obiettivo di facilitarne l’accesso. Vediamo come.

Quali sono i requisiti per andare in pensione a 64 anni?

È importante notare che possono accedere alla pensione contributiva a 64 anni solo i lavoratori che hanno maturato un’anzianità contributiva integralmente nel sistema contributivo e che possono richiedere il computo della Gestione separata riservata ai contributivi puri.

In sostanza, la misura riguarda coloro che hanno iniziato ad accumulare una contribuzione utile ai fini previdenziali a partire dal 1° gennaio 1996, secondo le norme previste dalla legge Dini.

Quando si può andare in pensione con il sistema contributivo?

Nel 2024, per accedere alla pensione anticipata contributiva, è necessario rispettare diverse condizioni. Come detto sopra, fino al 31 dicembre 2023, l’assegno previdenziale non deve risultare più alto di 2,8 volte il trattamento minimo, ovvero pari a 1.409,15 euro lordi, considerando che l’importo dell’assegno sociale corrisponde a 503,27 euro.

Le nuove regole sono più favorevoli per le donne. Nel 2024, si potrà andare in pensione a 64 anni, ottenendo la pensione contributiva, a condizione che si soddisfino diversi requisiti:

  • 64 anni di età;
  • almeno 20 anni di contributi effettivi (obbligatori, da riscatto e volontari);
  • un assegno pari a 3 volte il trattamento minimo vitale;
  • per le donne con un figlio, il tetto dell’assegno scende a 2,8 volte il trattamento minimo;
  • per le donne con due figli, il tetto dell’assegno scende a 2,6 volte il trattamento minimo vitale.

Pensione contributiva 64 anni: con quale assegno nel 2024

Di fatto, diventerà più difficile accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni di età, come confermato in un articolo di money.it.

Sarà richiesto sempre un assegno di un valore più alto, considerando la presenza della rivalutazione applicata da gennaio 2024. Secondo numerosi esperti, l’assegno sociale dovrebbe attestarsi a 535 euro; di conseguenza, l’assegno per la pensione dovrà raggiungere 1.605 euro lordi al mese.

Le condizioni migliorano per le lavoratrici con un figlio, che dovranno rientrare in un assegno pari a 1.498 euro lordi, mentre con due figli il tetto scende a 1.391 euro lordi.

In conclusione, la Legge di Bilancio 2024 del governo Meloni modifica la pensione anticipata contributiva, permettendo l’accesso a 64 anni con 20 anni di contributi, favorendo soprattutto le donne con condizioni più vantaggiose.

Quota 103 per uomini e donne: nuove penalizzazioni per la pensione anticipata a 62 anni di età

Quota 103 e pensione anticipata: le nuove penalizzazioni in valutazione per uomini e donne. Nel 2024, il rinnovo di Quota 103, sebbene sembri l’unica possibile alternativa alla pensione di vecchiaia, non è detto che sia un’idea buona. Decisamente, si direbbe il contrario, considerato che la pensione anticipata Quota 103 prevede il calcolo della rendita con il sistema contributivo, un tetto d’importo applicato e una finestra mobile molto lunga.

Se l’intento è quello di mantenere la stabilità dei conti rilanciando le modifiche al sistema previdenziale, tali da penalizzare gli italiani in un contesto economico molto difficile, potrebbero trasformarsi in scelte in conflitto con la complessa realtà del Paese. Vediamo insieme quali sono le tre penalizzazioni sulla pensione anticipata a 62 anni Quota 103.

Quota 103 nuove penalizzazioni

 Come spiegato nell’articolo sulla riforma delle pensioni, il sistema previdenziale attuale rischia di implodere, con alcune promesse elettorali che sono sfumate, sostituite dalla realtà sempre più complessa.

È certo che i problemi e gli squilibri che affliggono l’economia nazionale sono tanti, forse troppi. Le modifiche alla misura Quota 103 per il 2024 sono un segnale dei tagli alla spesa pubblica.

Attualmente, la pensione anticipata Quota 103 viene concessa ai lavoratori che accumulano 41 anni di versamenti contributivi e hanno compiuto 62 anni, a condizione che l’assegno sia almeno 5 volte l’assegno sociale.

Per il 2024, la nuova Quota 103 prevede tre forti penalizzazioni con l’intento di scoraggiare il ritiro anticipato dal lavoro. In alternativa, la pensione di vecchiaia a 67 anni offre più vantaggi e meno difficoltà. Vediamo insieme come funziona la nuova Quota 103.

Chi ha 62 anni può andare in pensione?

 A partire dal 1° gennaio 2024, dovrebbe essere introdotta la pensione anticipata Quota 103, che permetterà ai lavoratori di ritirarsi dal lavoro al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 41 anni.

Tuttavia, la misura contiene diversi paletti. Il primo in assoluto, quello più penalizzante, riguarda l’applicazione del calcolo della pensione integralmente con il sistema contributivo.

Ciò significa che coloro che optano per questa formula previdenziale, se hanno perfezionato 41 anni di versamenti contributivi anche nel sistema misto o retributivo, dovranno rinunciarvi.

Questo perché il legislatore ha vincolato alla Quota 103 il solo sistema contributivo per la liquidazione del trattamento economico previdenziale.

In sostanza, viene applicata la medesima penalizzazione utilizzata per la misura Opzione donna. In altre parole, i lavoratori che intendono ritirarsi prima dal lavoro devono considerare una penalizzazione definitiva del 15-16% della rata mensile rispetto a quanto avrebbero percepito utilizzando la parte contributiva di competenza del sistema retributivo e misto.

È importante notare che l’accumulo contributivo maturato prima del 1996 finirà integralmente nel sistema contributivo puro. Conti alla mano, all’incirca un terzo del montante contributivo verrebbe dirottato nel regime meno vantaggioso per il lavoratore, con un forte taglio sull’importo dovuto per la pensione.

 Quali sono le finestre per andare in pensione nel 2024?

Nel 2023, la pensione anticipata Quota 103 prevede una finestra mobile di tre mesi per il settore privato e sei mesi per il pubblico. Tuttavia, per il 2024, tale finestra si allunga a 7 mesi per il privato e 9 mesi per il pubblico.

Come andare in pensione a 62 anni nel 2024?

La pensione Quota 103 è stata introdotta con la Manovra 2023 e prevede requisiti anagrafici, contributivi e diverse condizioni da soddisfare entro il 31 dicembre 2023. In particolare, occorre:

  • Avere compiuto 62 anni di età.
  • Accumulare almeno 41 anni di contribuzione.
  • Possedere un assegno lordo mensile non superiore a 5 volte il trattamento minimo (2.818,7 euro).

A partire dal 1° gennaio 2024, la nuova Quota 103 impone i seguenti criteri:

  • Avere compiuto 62 anni di età.
  • Accumulare almeno 41 anni di contribuzione.
  • Mantenere un assegno lordo mensile non superiore a 4 volte il trattamento minimo (2.250 euro) fino al raggiungimento dei 67 anni, previsti per la pensione di vecchiaia.

Bonus Natale 2023, a chi spetta e a quanto ammonta

In arrivo una bella sorpresa per alcuni pensionati che percepiscono alcune tipologie di pensioni Inps: a chi spetta il Bonus Natale 2023? Si tratta di una misura, ribattezzata con un nome simbolico, dato il periodo dell’anno in cui viene erogato, che viene corrisposta, generalmente, insieme alla tredicesima mensilità.

La misura è stata introdotta nel 2000 e spetta solo ai pensionati che rispettano alcuni requisiti reddituali. Non si tratta, quindi, di una misura universale, dato che alcune categorie di pensionati vengono escluse.

Nel testo, vediamo a chi spetta il Bonus Natale 2023, quali sono i requisiti che bisogna rispettare e a quanto ammonta.

A chi spetta il Bonus Natale 2023

Alcuni pensionati, nel cedolino pensionistico del mese di dicembre, riceveranno una bella sorpresa. Le pensioni di dicembre saranno molto ricche: dalla tredicesima al conguaglio, dagli aumenti ad un’altra sorpresa: il Bonus Natale 2023.

La misura è stata introdotta, per la prima volta, con la Legge finanziaria del 2000. Non si tratta di una misura che sostituisce la tredicesima, ma che l’affianca. Non è un diritto universale, in quanto spetta a tutti i pensionati che rispettano alcuni requisiti e condizioni reddituali.

Solitamente, il Bonus Natale viene corrisposto con la tredicesima mensilità, in presenza di particolari requisiti reddituali.

A chi spetta il Bonus Natale 2023? I titolari di trattamenti pensionistici che percepiscono l’assegno minimo potranno ricevere un discreto aumento. L’integrazione riguarda i titolari delle pensioni Inps delle gestioni private ed ex Enpals.

Non è previsto per alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali erogati dall’Inps come, per esempio, le pensioni di invalidità civile, le pensioni sociali, gli assegni sociali, le rendite facoltative d’inabilità, le rendite facoltative di vecchiaia, le pensioni di vecchiaia e di invalidità della mutualità pensioni a favore delle casalinghe, gli assegni di esodo, le isopensioni.

Requisiti e importo della misura

Innanzitutto, dobbiamo sottolineare che, per ottenere il Bonus Natale 2023, è necessario rispettare una serie di condizioni:

  • Importo annuo dei trattamenti pensionistici;
  • Reddito personale complessivo;
  • Reddito dei coniugi.

Nel primo caso, ci si riferisce ai titolari di una o più pensioni, la cui somma sia inferiore all’importo annuo del trattamento minimo incrementato dell’importo del bonus.

La somma spetta ai pensionati che percepiscono fino a 7.327,32 euro di pensione annua. Una volta varcata la soglia di 7.482,26 euro l’anno, il diritto a ricevere il Bonus Natale decade.

Entro la cifra di 7.482,26 euro l’anno, l’importo della misura sarà pari alla differenza rispetto all’importo della pensione.

Per quanto riguarda il secondo parametro, stabilisce che qualora vi siano altri redditi oltre l’assegno, il totale non deve superare l’importo pari a una volta e mezza il trattamento minimo vigente nell’anno: la soglia è di 10.990,98 euro. Nel caso in cui il beneficiario sia sposato, allora il reddito coniugale non deve superare un importo pari a tre volte il trattamento minimo vigente nell’anno: in questo caso la soglia è di 21.981,96 euro.

L’importo massimo del Bonus Natale è pari a 154,94 euro.

Quando viene erogato il Bonus Natale 2023

Solitamente, il cosiddetto Bonus Natale viene erogato insieme alla tredicesima mensilità nel cedolino pensione del mese di dicembre. Il pagamento, quindi, sarà disponibile a partire dal 1° dicembre 2023, sia presso le banche che presso le Poste Italiane.

Per quanto riguarda i pagamenti delle Poste Italiane, si deve seguire il canonico calendario scaglionato per cognome:

  • Venerdì 1° dicembre: lettera A-C;
  • Sabato 2 dicembre (solo mattina): lettera D-K;
  • Lunedì 4 dicembre: lettera L-P;
  • Martedì 5 dicembre: lettera Q-Z.

Nel caso in cui si ritenga di aver diritto all’importo aggiuntivo del Bonus Natale, ma la cifra non viene erogata insieme alla pensione, alla è possibile inoltrare la domanda sul portale dell’Inps.

Leggi anche: Pagamento pensioni dicembre 2023, insieme al mensile aumenti, arretrati e tredicesima: ecco gli importi e Pagamenti INPS dicembre 2023: pensioni, RdC, Naspi, SFL e Assegno Unico

Reddito di Cittadinanza, stop alla presentazione delle domande dal 30 novembre

A partire dal 30 novembre 2023 arriva lo stop alla presentazione delle domande per richiedere il Reddito di Cittadinanza. La data di scadenza è stata fissata dall’Inps, precisando anche che la carta del Reddito di Cittadinanza resterà attiva nei primi mesi del 2024, al fine di permettere ai beneficiari di utilizzare gli importi accreditati.

La misura finirà per tutti il 31 dicembre, per far spazio, dal 1° gennaio 2024, al Reddito di Inclusione. In scadenza c’è anche la comunicazione di presa in carico da parte dei servizi sociali. Per quanto riguarda, invece, la trasmissione delle domande da parte degli intermediari c’è tempo fino a 20 dicembre.

A partire dal 30 novembre non è più possibile presentare nuove domande per il Reddito di Cittadinanza

Manca poco alla fine del Reddito di Cittadinanza. Il 31 dicembre, la misura sarà abrogata passando le redini al Reddito di Inclusione, che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2024.

Per questo motivo, l’Inps ha fissato anche una data di scadenza alla possibilità di presentare nuove domande. La data di scadenza è fissata al 30 novembre. Oltre questa data non sarà più possibile presentare nuove domande per fruire della misura. L’Istituto lo ha comunicato il 24 novembre 2023, con la pubblicazione del messaggio n. 4179.

La trasmissione delle domande da parte degli intermediari, invece, è consentita fino al 20 dicembre, ma gli utenti devono presentarla agli stessi comunque entro e non oltre il 30 novembre.

L’Inps, nel suo nuovo messaggio, ha annunciato che la fruizione del reddito di cittadinanza terminerà per tutti alla fine dell’anno, anche se non siano terminate le 18 mensilità previste dalla normativa.

Tuttavia, non bisogna allarmarsi, in quanto le rate arretrate saranno comunque erogate, così come la liquidazione della somma eventualmente spettante a titolo di assegno unico, anche se non è stata presentata la nuova domanda autonoma.

I beneficiari, comunque, che presentano la domanda durante il mese di novembre, riceveranno lo stesso l’accredito della mensilità di dicembre.

In scadenza anche la comunicazione di presa in carico dei servizi sociali

Il 30 novembre non termina solo la possibilità di presentare le nuove domande per richiedere il Reddito di Cittadinanza. Come ricorda l’Inps, il 30 novembre scadono anche i termini entro cui i servizi sociali devono comunicare l’eventuale presa in carico dei nuclei familiari che cessano la fruizione del beneficio alla settima mensilità.

In origine, il termine era fissato al 31 ottobre 2023, prorogato poi al 30 novembre dal Decreto Anticipi. I soggetti presi in carico dai servizi sociali riceveranno l’accredito del Reddito di Cittadinanza fino alla fine dell’anno.

Quindi, chi ha già ricevuto la settima mensilità ad ottobre, ma non ha i requisiti per continuare la fruizione, se presi in carico dai servizi sociali riceveranno il pagamento:

  • Della rata di novembre, il 15 dicembre 2023;
  • Della rata di dicembre, il 27 dicembre 2023.

Qualora, invece, non risultino presi in carico, allora non riceveranno nessun pagamento perché hanno superato il limite di fruizione previsto.

Nelle due rate di dicembre, del 15 e del 27, saranno anche corrisposti gli eventuali pagamenti arretrati, in favore di tutti quei nuclei familiari che erano stati precedentemente sospesi e che risultano presi in carico dai servizi sociali.

Cosa succede dal 1° gennaio 2024

L’Inps ha precisato che la Carta del Reddito di Cittadinanza resterà attiva nei primi mesi del 2024, affinché i beneficiari possano utilizzare gli importi e per l’eventuale riconoscimento di erogazioni spettanti.

La Legge di Bilancio del 2023 ha disposto l’abolizione del RdC per far posto ad un nuovo strumento: l’Assegno di Inclusione. Inoltre, è già al via una seconda misura introdotta dal Decreto Lavoro, ovvero il Supporto per la formazione e il lavoro.

Leggi anche: Reddito di cittadinanza pagamento novembre 2023: gli accrediti INPS solo per questi beneficiari. Le date esclusive

Reddito di cittadinanza pagamento novembre 2023: gli accrediti INPS solo per questi beneficiari. Le date esclusive

Per il 2023, novembre non sarà l’ultimo pagamento per il Reddito di cittadinanza. La strada si restringe per fare spazio all’Assegno di inclusione 2024. Le proteste dei fruitori del sussidio sono state molte e altrettante sono state le critiche al sistema di modifica degli ammortizzatori sociali.

Il discorso diventa particolarmente delicato, soprattutto quando si parla di Reddito di cittadinanza. Il governo Meloni ha dato la prima stretta al sussidio dopo anni di riconoscimenti accomodanti che hanno penalizzato l’intera categoria di aventi diritto.

Per molti fruitori sarà un allentamento del beneficio, per altri sarà la sospensione totale. Vediamo insieme chi riceverà il pagamento del Reddito di cittadinanza nel mese di novembre.

Reddito di cittadinanza pagamento novembre 2023

L’INPS sta portando avanti l’accredito del Reddito di cittadinanza in favore di una buona fetta di aventi diritto. Successivamente, dal 2024 sarà possibile richiedere l’accesso all’Assegno di inclusione sociale, a condizione che vengano soddisfatti i requisiti di legge.

Nella seconda metà del mese di novembre sono attesi gli accrediti destinati ai fruitori che già percepiscono il sussidio mensile, mentre nei primi quindici giorni del mese il pagamento è arrivato a coloro che hanno presentato la richiesta per la prima volta.

Le scadenze di pagamento del reddito di cittadinanza per il mese di novembre cadono nei seguenti giorni:

  • 15 novembre 2023: accredito per i nuovi fruitori;
  • 27 novembre 2023: accredito per coloro che già percepiscono mensilmente il beneficio di Stato.

Chi percepirà il reddito di cittadinanza fino a dicembre 2023?

È importante notare che per il primo pagamento, ovvero quello del 15 novembre 2023, l’accredito è condizionato dalla presenza della richiesta di ammissione al Reddito di cittadinanza 2023; pertanto è subordinato al ritiro della PostePay Rdc presso gli uffici postali di Poste Italiane.

Nella seconda parte del mese, ovvero dal 27 novembre 2023, l’INPS procede all’accredito del beneficio in favore di coloro che già hanno diritto al sostegno economico e che rientrano nelle condizioni previste dalla legge. Nello specifico, continuano a percepire il sussidio coloro che soddisfano i requisiti normativi, risultano esclusivi dalla categoria “occupabili” e non avendo terminato la fruizione delle sette mensilità.

Si ricorda che nella categoria dei non occupabili del Reddito di cittadinanza rientrano le famiglie con figli minori, disabili e membri over 60.

Pertanto, il pagamento del 27 novembre interessa anche coloro che percepiscono l’assegno unico in favore dei figli a carico.

Diversamente, per coloro che terminano la fruizione del Rdc per conclusione delle sette mensilità o per sopraggiunto ciclo di vita del sussidio previsto per il 31 dicembre 2023, è necessario richiedere nuovamente il beneficio dell’assegno unico, presentando una nuova domanda all’INPS.

L’assenza di una nuova richiesta non permette l’erogazione del beneficio economico in favore dei figli.

Chi ha più di 60 anni ha diritto al reddito di cittadinanza?

Per ricevere il Reddito di cittadinanza fino al 31 dicembre 2023, è necessario rispettare alcuni requisiti, ovvero delle “condizioni per i fruitori occupabili”; pertanto, è necessario conferire immediata disponibilità al lavoroaderire a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, e soddisfare altre condizioni.

Si ricorda che le famiglie composte da membri minori, disabili e anziani over 60, hanno diritto alla fruizione del beneficio economico fino alla fine dell’anno, a condizione che rientrano negli altri requisiti previsti dalla legge. A partire dal 2024, sarà rilasciato l’Assegno di inclusione sociale.

In sintesi, si tratta di un supporto economico pari a 500 euro al mese, cumulabile con l’assegno con l’assegno unico universale in favore dei figli. Il calcolo del nuovo ammortizzatore sociale si basa su diversi elementi, inclusa la scala di equivalenza.

Quando viene pagato il reddito di cittadinanza del mese di novembre?

I fruitori del Reddito di cittadinanza ricevono il pagamento del mese di novembre in due date:

  • 15 novembre 2023: primi beneficiari;
  • 27 novembre 2023: coloro che già lo ricevono regolarmente ogni mese.

Naspi e lavoro agricolo occasionale sono compatibili? Arrivano i chiarimenti dell’Inps

Ci si domanda spesso quali sono le compatibilità della Naspi e nel testo, andremo a spiegare se l’indennità di disoccupazione e il lavoro agricolo occasionale sono compatibili. Sulla questione, sono anche arrivati i chiarimenti dall’Inps.

Sia la Naspi che la Dis-Coll sono due delle principali misure di sostegno economico spettanti in caso di perdita involontaria del lavoro. La Naspi spetta ai lavoratori subordinati e la Dis-Coll viene riconosciuta ad una serie di lavoratori che si collocano al di fuori dell’area della subordinazione.

Andiamo a spiegare se la Naspi è compatibile con il lavoro agricolo occasionale, alla luce dei chiarimenti forniti dall’Inps con pubblicazione della circolare n. 89.

Cos’è e come funziona il lavoro agricolo occasionale

La Legge di Bilancio del 2023 contiene alcune regole sulle prestazioni agricole di lavoro subordinato occasionale. In particolar modo, le prestazioni riguardano attività di natura stagionale con durata fino a 45 giornate.

Inoltre, le prestazioni devono essere rese da soggetti che non siano titolari di un rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, durante i tre anni precedenti l’instaurazione del rapporto.

Alla luce di ciò, il lavoro agricolo occasionale può essere svolto dai seguenti soggetti:

  • Disoccupati nonché percettori di Naspi, Dis-Coll, Reddito di Cittadinanza, Assegno di Inclusione e ammortizzatori sociali;
  • Pensionati di vecchiaia o anzianità;
  • Giovani con meno di 25 anni d’età iscritti ad un ciclo di istruzione;
  • Detenuti o internati nonché soggetti in semilibertà provenienti dalla detenzione o internati in semilibertà.

Così come per il lavoro subordinato, anche i datori di lavoro che ricorrono alle prestazioni di lavoro occasionale agricolo a tempo determinato devono inviare la comunicazione UniLav al Centro per l’Impiego. Il datore di lavoro, inoltre, ha l’obbligo di registrare i lavoratori in parola sul Libro Unico del Lavoro.

Lavoro agricolo occasionale e Naspi sono compatibili?

Il lavoratore disoccupato che ha perso involontariamente il lavoro e che beneficia della Naspi o della Dis-Coll può svolgere prestazioni di lavoro in agricoltura. Lo ha chiarito l’Inps, con la circolare n. 89, pubblicata il 7 novembre 2023, specificando che la prestazione può essere svolta entro il limite di 45 giornate di prestazione per anno civile, senza obbligo di comunicazione all’INPS del compenso derivante dalle stesse.

Quindi, i compensi derivanti dalle prestazioni occasionali in ambito agricolo sono interamente compatibili e cumulabili con le indennità di disoccupazione Naspi e Dis-Coll. Quindi sia la Naspi che la Dis-Coll non saranno soggette a sospensione, abbattimento né, tantomeno, decadenza.

Per quanto riguarda il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato, sempre entro il limite massimo di 45 giornate di prestazione per anno civile.

Inoltre, il compenso erogato al lavoratore è cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico.

Come funzionano la Naspi e la Dis-Coll

Naspi e Dis-Coll sono entrambe indennità di disoccupazione, ma differiscono tra loro in base alla platea di beneficiari.

La Naspi spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato e a:

  • Apprendisti;
  • Personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
  • Soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le stesse;
  • Dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni;
  • Dal 1° gennaio 2022 la prestazione si estende agli operai agricoli a tempo indeterminato, dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci.

Per quanto riguarda, invece, la Dis-Coll, si tratta sempre di un’indennità erogata dall’Inps, ma destinata agli iscritti alla Gestione Separata e, in particolare a:

  • Collaboratori coordinati e continuativi (anche a progetto);
  • Assegnisti;
  • Dottorandi di ricerca con borsa di studio.

Leggi anche: Periodo di prova non superato, spetta la Naspi? e NASpI e reddito da lavoro: quando sono cumulabili

Riforma pensioni 2024: il trucchetto sull’età per andare in pensione. Meloni ha perso tempo, ma a gennaio … Rischia di fare cilecca contro la Fornero

Come sarà la riforma delle pensioni nel 2024? Sarà grande la delusione per i lavoratori, o forse è solo timore che dietro l’ostacolo delle risorse c’è qualcosa di molto più grosso. Fatto sta che il governo italiano ha deciso di procedere con le modifiche sul fronte previdenziale italiano.

Le pensioni degli italiani sono come un disco; una volta terminato, c’è sempre qualcuno a rimetterlo. E così, per caso, la musica è sempre la stessa: la Fornero resta e l’età per la pensione anticipata slitta sotto i 67 anni.

Le norme sulla previdenza contenute nella Manovra 2024 non permetteranno ai lavoratori di poter anticipare il ritiro dal lavoro, se non con tempi e modi biblici, poco consoni alle esigenze di quanti, con sudore e sacrifici, meritano di poter andare in pensione.

Riforma pensioni 2024

Premesso che la legge di Bilancio diventerà legge tra poco meno di un mese, il sistema pensionistico italiano attuale non sarà agevolato dalle nuove norme introdotte nella legge di Bilancio 2024; poche modifiche, ma significativi peggioramenti della qualità pensionistica italiana.

Premessa nella premessa, le buone intenzioni del governo Meloni non sono emerse sul fronte pensionistico. Le variabili significative portano a provvedimenti penalizzanti sui tre pilastri previdenziali: Quota 103, Opzione donna e Ape sociale.

Allargando lo spettro, appare chiara l’assenza di interventi sulla legge Fornero; peraltro, non è stato centrato il punto per ammorbidire la rigidità di una legge in vigore da oltre un decennio.

Perché è mancato, finora, il tassello legato alle “esigenze dei lavoratori”?

È necessario sottolineare che la legge Fornero è stata annoverata all’interno della NADEF come meccanismo che ha apportato benefici significativi in tema di sostenibilità del sistema pensionistico italiano nel lungo periodo.

Inoltre, mentre il governo lavora per la crescita e per contrastare la povertà, le difficoltà dei lavoratori nell’ultimo decennio garantiscono la maggiore equità tra le generazioni.

Cosa cambia sulle pensioni nel 2024?

 I lavoratori che scelgono di andare in pensione prima dei 67 anni di età possono optare per le misure rinnovate, senza una vera riforma delle pensioni 2024, ovvero Quota 103, Ape sociale, Opzione donna e Isopensione.

Con un accumulo di oltre 40 anni di contributi, è possibile accedere alla pensione Quota 103, a condizione di aver raggiunto i 62 anni di età, con un assegno calcolato integralmente con il sistema contributivo. Questo contribuisce a un abbattimento permanente della pensione, sollevando dubbi sulla sua effettiva sostenibilità.

Per l’accesso all’anticipo pensionistico Ape sociale, la soglia di età è stata spostata in avanti di cinque mesi. Pertanto, è indispensabile raggiungere i 63 anni e 5 mesi di età con almeno 30 o 36 anni di versamenti.

Le donne possono accedere a Opzione donna a 60 o 61 anni di età, con un taglio drastico al numero di beneficiarie.

Quale sarà l’età pensionabile nel 2024?

 La pensione di vecchiaia resterà accessibile sino al 31 dicembre 2024, a 67 anni di età con 20 anni di contributi. Potrebbero essere introdotte delle modifiche sulla pensione di vecchiaia contributiva, con una rendita non inferiore all’importo dell’assegno sociale.

Nei prossimi mesi, i problemi sul fronte previdenziale non saranno alleggeriti; anzi, tutt’altro, resteranno inalterati così come sono, con la medesima gravità registrata nel corso degli anni. Il governo Meloni ha rimandato il tutto a tempi migliori, lasciando fuori dall’agenda la riforma delle pensioni.

Peraltro, i lavoratori oggi restano schiacciati dalla ripartizione dell’attuale sistema previdenziale, fuori da ogni logica. Servirebbe un sistema diverso, considerato che chi lavora e versa contributi paga le rendite dei pensionati.

Evitando inutili giri di parole, l’equilibrio del sistema dovrebbe reggersi sulle spalle di un lavoratore e mezzo per ogni pensionato. Una previsione confermata in un articolo da Pensionioggi.it, attualmente, questo rapporto si basa su 1,4 lavoratori per ogni pensionato. E secondo una recente analisi, nelle regioni del sud l’indice si è già spostato di 1 su 1.

Sicuramente, il quadro complessivo non è favorito da un’occupazione giovanile e femminile frammentata, salari bassi e, soprattutto, l’aumento dell’aspettativa di vita.

In sintesi, tra meno di qualche anno, il rapporto sarà di 1,3 su 1, mentre tra meno di 20 anni si attesterà ad 1 su 1.

Quest’ultima previsione mette in rilievo i reali rischi di sostenibilità del sistema previdenziale italiano; pertanto, l’INPS potrebbe non essere più in grado di garantire una pensione a tutti i lavoratori.

Riforma pensione 2024:  i conti ballerini dell’INPS

 È molto probabile che nei prossimi anni la situazione non si stabilizzi, considerato che il 2022 è stato annoverato come l’anno con un tasso di natalità negativa addirittura sotto il 1861.

A peggiorare un quadro già complesso di per sé, non aiuta l’alto numero di assegni assistenziali erogati a go go, la presenza del lavoro nero e la totale assenza di progressività degli stipendi degli italiani.

Sicuramente, si tratta di gravi problematiche più profonde rispetto agli anni passati e, questa volta, non sarà possibile ricorrere al trucchetto delle “quote” previdenziali per tamponare il sistema. Requisiti e condizioni penalizzanti rischiano di fomentare tensioni tra i lavoratori.

La prospettiva futura per trovare una soluzione alla bomba sociale potrebbe riguardare la scissione della previdenza dall’assistenziale, con l’introduzione di misure volte all‘aumento progressivo degli stipendi, permettendo una maggiore flessibilità d’uscita dal lavoro a 62 anni di età, magari con lievi o senza penalizzazioni.

Non si dovrebbero tralasciare incentivi significativi sia sul piano pensionistico che retributivo per chi decide di restare nel mondo del lavoro, nonostante il raggiungimento dell‘età di pensionamento.

Proroga pagamento tasse, contributi e Rottamazione quater in Toscana e nelle zone alluvionate: così il rinvio 

Sulla proroga del pagamento delle tasse, contributi e Rottamazione quater in Toscana e nelle zone alluvionate, pesa la chiusura del Bilancio di fine anno. Non si potrà andare troppo in avanti nella sospensione delle scadenze fiscali, tributarie e contributive, come è già avvenuto nella stessa Toscana insieme all’Emilia Romagna e nelle Marche per le alluvioni di maggio scorso. Per il maltempo e i danni provocati il 2 novembre scorso, invece, il governo dovrebbe concedere di tempo una proroga mini, probabilmente non si andrà oltre al 20 dicembre 2023. 

Sulle alluvioni di maggio scorso, invece, i tempi sono stati più lunghi e il rimando è avvenuto a più riprese, arrivando all’attuale scadenza del 10 dicembre prossimo. Da notare che le scadenze sono prorogate per i Comuni inclusi nell’allegato al decreto “Alluvioni” (Dl 61 del 2023) che elenca i centri che beneficano delle proroghe fiscale, oltre ad aiuti in termini di sostegni a famiglie e imprese, perché risultati danneggiati. 

Proroga pagamento tasse, contributi e Rottamazione quater in Toscana e nelle zone alluvionate: così il rinvio 

Non ci sarà una proroga consistente nel pagamento di tasse, imposte, contributi e Rottamazione quater a favore delle imprese della regione Toscana per il maltempo e le alluvioni del 2 novembre scorso. Si era ipotizzato un differimento della scadenza che copriva buona parte del 2024, e invece si tratterà – con molta probabilità – di una scadenza mini che non dovrebbe andare oltre il 20 dicembre 2023. 

Le imprese dei settori produttivi, in particolare delle province di Firenze, Prato, Livorno, Pistoia e Pisa, maggiormente danneggiate dalle alluvioni di inizio mese richiedono con una certa veemenza di prorogare le scadenze interessate. Le difficoltà maggiori ad ottenere la proroga risiedono nella necessità di trovare le dovute coperture, in un periodo dell’anno nel quale il governo è impegnato a cercare risorse per chiudere la legge di Bilancio del 2024. 

Proroga pagamento tasse Toscana, qual è la nuova possibile scadenza?

La possibile nuova scadenza del 20 dicembre 2023 dovrebbe coprire i termini già scaduti i 16 novembre scorso, relativi al saldo dei debiti tributari con l’Agenzia delle entrate e contributivi con l’Inps. Una mini proroga interesserà anche gli acconti Ires, Irap e Irpef, la cui scadenza è fissata al 30 novembre 2023. Per buona parte delle partite Iva con ricavi e compensi non eccedenti i 170mila euro c’è la possibilità di posticipare il pagamento del secondo acconto Irpef al 16 gennaio 2024, con pagamento tutto in un’unica soluzione in quella data o in cinque rata da gennaio a maggio, sempre con versamento il giorno 16 (esclusi i festivi). Diversamente, il secondo acconto dovrà essere pagato entro il 20 dicembre prossimo. 

È difficile, quindi, pensare che possano esserci un rinvio di un semestre (del 2024) per tutti questi pagamenti. Le risorse necessarie per rimandare le scadenze fiscali e contributive ammonterebbero, secondo stime di Confindustria Toscana, a un miliardo di euro. Peraltro, dovrebbero essere rinviati anche i termini di pagamento della Rottamazione quater per i contribuenti che abbiano inviato domanda di definizione agevolata 2023 per il pagamento delle cartelle e che sia stata accettata. Peraltro, molti contribuenti potrebbero aver già pagato la prima rata della Rottamazione, in scadenza il 31 ottobre scorso con termine massimo al 6 novembre 2023. 

Pagamento imposte e contributi Emilia Romagna, Marche e Toscana, slittano tutte le scadenze: ecco entro quando pagare

I contribuenti delle regioni Emilia Romagna, Toscana e Marche avranno più tempo per effettuare gli adempimenti nei confronti del Fisco, nonché per il pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali. In sede di conversione del decreto legge “Proroghe” (Dl 132 del 2023), la scadenza ultima ha subito una rettifica dal 20 novembre 2023 al prossimo 10 dicembre.

Uno slittamento di 20 giorni che consentirà ai contribuenti delle tre regioni di affrontare le scadenze con più calma, data anche la densità di termini fiscali di fine novembre. Il decreto varato dal governo (Dl “Alluvioni”) all’indomani dell’emergenza maltempo, aveva sospeso i pagamenti fiscali, tributari e contributivi tra il 1° maggio e il 31 agosto 2023. Lo slittamento riguarda svariati pagamenti tributari, contributivi (previdenziali e assistenziali) e premi di assicurazione obbligatoria. Nell’elenco rientrano i pagamenti anche delle ritenute alla fonte previste dagli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973 e i versamenti delle trattenute inerenti le addizionali regionali e comunali dell’Irpef. 

Sanatoria Inps, pagamento entro il 31 dicembre 2023 per la PA: ecco chi otterrà l’accredito dei contributi

Scade il 31 dicembre 2023 il pagamento per la sanatoria dei contributi Inps per gli enti della PA che non abbiano provveduto ai versamenti dovuti. Si tratta dell’ultima chiamata dell’Istituto di previdenza che invita al versamento, entro la fine di quest’anno, gli enti locali come comuni, province e regioni, oltre ad università, aziende sanitarie locali (Asl) e altre amministrazioni pubbliche.

L’Inps fornisce chiarimenti nella circolare numero 92 del 2023 recante i termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute dalle pubblica amministrazione alla Gestione dipendenti pubblici per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2018 e delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria dovute dalle amministrazione pubbliche alla Gestione separata.

Sanatoria Inps, pagamento entro il 31 dicembre 2023 per la PA: ecco chi otterrà l’accredito dei contributi

Scadrà il 31 dicembre 2023 la possibilità di aderire alla sanatoria dei contributi dell’Inps per comuni, province e regioni, oltre ad università, aziende sanitarie locali (Asl) e altre amministrazioni pubbliche in merito ai versamenti non effettuati entro il 31 dicembre 2018 a favore dei dipendenti pubblici (ex Inpdap) e quelli dovuti alla Gestione separata Inps a decorrere da aprile 1996 e per gli ultimi 27 anni, fino ad oggi. Quest’ultima tipologia di versamenti andrà a vantaggio di chi abbia lavorato con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), lavoratori autonomi, dottorandi, sindaci, amministratori, e così via.

La sanatoria, pertanto, offre vari effetti positivi. Innanzitutto per i lavoratori, qualunque sia stato il loro rapporto di lavoro nei confronti degli enti sopra indicati, perché si consente di recuperare i contributi spettanti per i periodi lavorati. Tale contribuzione, senza la sanatoria, andrebbe perduta, considerando il termine di prescrizione fissato in cinque anni.

Vantaggi per lavoratori, precari e PA nel pagamento dei versamenti

Anche le Amministrazioni pubbliche ricevono dei vantaggi dalla sanatoria del versamento dei contributi previdenziali da effettuare entro la fine di quest’anno. Infatti, per gli enti si determina l’inapplicabilità delle sanzioni dovute per mancata contribuzione ma, in modo specifico, si elimina il rischio di dover rimborsare all’Istituto di previdenza gli oneri relativi al pagamento di pensioni e trattamenti di fine rapporto (o di fine servizio) nel caso di prescrizione della contribuzione e di denuncia da parte dei lavoratori interessati.

Sanatoria Inps contributi 2023, ecco gli enti ammessi

Ammesse alla sanatoria per il pagamento dei contributi dei dipendenti, sono nell’ordine:

  • le amministrazioni dello Stato, comprese le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le Accademie e i Conservatori;
  • le aziende e le amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;
  • i Comuni, le Province, le Regioni, le Unioni di Comuni, le Comunità montane e i loro consorzi e associazioni;
  • le università;
  • gli Istituti delle case popolari;
  • le Camere di commercio;
  • gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
  • le Asl;
  • l’Aran;
  • la Banca d’Italia, la Consob;
  • le Università non statali, gli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza (Ipab) e le agenzie elencate dal decreto legislativo numero 300 del 30 luglio 1999.

Come funziona la sanatoria della contribuzione?

La scadenza del 31 dicembre 2023 per i pagamento dei contributi non versati rappresenta una sanatoria in deroga alle norme dei contributi la cui prescrizione avviene nei cinque anni. Il versamento di quanto dovuto, dunque, consente alle amministrazioni pubbliche di dichiarare e di adempiere agli obblighi contributivi, senza l’addebito di sanzioni.

La sanatoria stessa metterà fine, inoltre, ai tanti ricorsi che i lavoratori hanno messo in atto per vedersi riconoscere i contributi per il lavoro svolto negli enti ammessi al pagamento entro la fine dell’anno. In tal senso, le amministrazioni possono regolarizzare le posizioni contributive dei dipendenti in relazione ai periodi per i quali sia stato svolto servizio, anche se nel frattempo sia intervenuta la prescrizione. Rimangono fuori dalla possibilità di sanatoria solo le situazioni per le quali ci sia già stata una decisione del giudice.

Pensioni 2023: chi ha diritto all’importo aggiuntivo sulla pensione? Requisiti e limiti reddituali

Dicembre è ormai alle porte, ed è facile fare un riepilogo dell‘importo aggiuntivo sulla pensione, oltre alla tredicesima mensilità. Almeno per le festività natalizie, i pensionati ricevono un beneficio maggiore sulla rendita loro spettante.

Il cerchio si stringe, in modo particolare, sui pensionati che ricevono l’importo aggiuntivo automaticamente nel cedolino di dicembre e chi deve presentare la domanda, reclamando un beneficio. Vediamo insieme chi ha diritto all’importo aggiuntivo sulla pensione.

Importo aggiuntivo sulla pensione

 Chiariamo sin da subito che l’importo aggiuntivo non rappresenta la tredicesima mensilità, ma piuttosto si tratta di un’erogazione supplementare alla pensione.

Viene riconosciuto un beneficio dell‘importo pari a 154,94 euro, grazie alle disposizioni contenute nell’articolo 70, legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001). Il trattamento economico aggiuntivo spetta a coloro che percepiscono una o più pensioni con un importo complessivo non superiore al trattamento minimo e che si trovino in determinate condizioni reddituali.

Chi ha diritto al bonus oltre alla tredicesima?

L’INPS eroga l’importo aggiuntivo ai titolari di tutte le pensioni, ad eccezione dei trattamenti assistenziali, a condizione che soddisfino i requisiti normativi.

Il beneficio non viene riconosciuto sulle prestazioni assistenziali, tra cui:

  • pensioni e assegni sociali;
  • prestazioni agli invalidi civili;
  • pensioni dei dipendenti degli enti creditizi;
  • pensioni dei dirigenti d’azienda;
  • trattamenti non aventi natura di pensione.

Come funziona

Il riconoscimento della somma aggiuntiva è condizionato dalla presenza di diversi requisiti. In particolare, l’INPS, prima di erogare la somma aggiuntiva, tiene conto di diversi elementi, tra cui:

  • nell’ipotesi in cui l’importo totale delle pensioni per il 2023 risulti non superiore a 7.327,32 euro (minimo vitale 2023), viene riconosciuto l’intero importo aggiuntivo, a patto che risultino soddisfatti i limiti reddituali suoi e del coniuge o unito civile.
  • se, ad esempio, l’importo totale delle pensioni per il 2023 risulta oscillare tra 7.327,32 euro ma non superiore a 7.482,26 euro, viene riconosciuta la differenza, a condizione che vengano soddisfatte le condizioni reddituali proprie e del coniuge o unito civile.
  • nel caso in cui l’importo totale delle pensioni per il 2023 (comprensivo delle maggiorazioni sociali e dell’incremento) risulti essere superiore a 7.327,32 euro (trattamento minimo sommato all’importo aggiuntivo), non viene riconosciuta alcuna somma aggiuntiva.

Qual è il limite di reddito che dà diritto alla somma aggiuntiva sulla pensione?

 L’INPS, nel riconoscere la somma aggiuntiva, tiene conto sia del reddito personale che di quello coniugale. L’importo aggiuntivo viene riconosciuto ai pensionati con un reddito personale che non supera l’importo di 10.990,98 euro (per l’anno 2023).

Diversamente, in presenza del reddito coniugale, viene considerato un valore fino ad arrivare a un importo massimo di reddito cumulato pari a 21.981,96 euro (anno 2023). È importante sottolineare che l’importo che dà diritto al beneficio economico non deve supera il limite personale pari a 10.990,98 euro (anno 2023).

L’INPS eroga l’importo aggiuntivo agli aventi diritto direttamente d’ufficio nel mese di dicembre.

Tuttavia, se il pensionato rientra nei requisiti e non riceve la somma aggiuntiva, può presentare un’apposita richiesta di ricostruzione della pensione. Il servizio è disponibile nel portale online dell’INPS, se muniti delle credenziali digitali di accesso al sistema.

Quali pensioni aumentano a gennaio 2024?

Per il 2024, aumentano i trattamenti economici fino a 4 volte il trattamento minimo vitale, ossia fino a 2.272 euro lordi.

Su questi trattamenti viene prevista una rivalutazione del 100%. In caso di conferma dell’indice provvisorio, le pensioni saranno aumentate del 5,4%.

Di conseguenza, la pensione minima passerebbe a circa 600 euro, mentre un trattamento lordo di 2.000 euro salirebbe a circa 2.108 euro.

Chi ha diritto all’importo aggiuntivo e all’aumento della pensione nel 2023?

 Per il mese di dicembre 2023, la perequazione per intero cade sui trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo, quindi vengono presi in esame le pensioni fino a 2.101,52 euro (dicembre 2022).

Pertanto, chi ha ricevuto, ad esempio, un trattamento lordo fino a 1.000 euro riceve un aumento pari a 73 euro al mese, ovvero una stima del +7,3%.

Nel mese di dicembre, è atteso il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni. Si tratta di un adeguamento pari all’0,8%, che porterebbe a un aumento di 8 euro.

Con l’esempio precedente, la rendita aumenterebbe a 1.081 euro al mese, registrando un incremento totale di 81 euro. Infine, oltre al conguaglio, sono dovuti anche gli arretrati con inizio dal mese di gennaio 2023.

Pensioni, come anticipare l’addio al lavoro nel 2024: guida ai nuovi requisiti e agli importi pensionistici

Nuovi requisiti per le pensioni 2024. Sarà necessario più tempo per rimanere al lavoro e meno tempo per andare in pensione, una condizione che non riguarderà solo alcuni lavoratori. Ancora una volta, anticipare l’addio dal lavoro non sarà facile, poiché vengono apportate ulteriori modifiche al sistema previdenziale.

Il governo Meloni rettifica le misure già attive, facendolo con estrema pacatezza. L’obiettivo rimane quello di ridimensionare i costi; di conseguenza, la presa si stringe (ancora una volta) sul fronte pensionistico. Vediamo insieme quali sono i nuovi requisiti andare in pensione nel 2024.

Pensioni nuovi requisiti 2024

Una casa è certa: anche nel 2024 si andrà in pensione con il requisito anagrafico, contributivo e altre condizioni di natura economica. La linea pensionistica si sviluppa su due fasi: requisiti e importo minimo.

Questo approccio vale per la gran parte dei lavoratori che perfezionano i requisiti per la pensione nel 2024. Secondo numerosi esperti, si tratta di un sistema pensato per garantire una rendita mensile equa alle esigenze familiari.

Tuttavia, c’è un percorso di ritorno, e consiste nel non gravare sulle casse dello Stato.

In sostanza, lo scopo principale rimane quello di ridurre la distribuzione dei sussidi, aiuti e benefici economici necessari a riequilibrare il potere di acquisto delle famiglie.

Nel 2024, ci aspettano ancora modifiche sulle soglie minime per ritirarsi dal lavoro. In particolare, i cambiamenti riguarderanno i contributivi puri e non solo. Vediamo insieme le nuove disposizioni presenti nella bozza della legge di Bilancio 2024.

Cosa cambia sulle pensioni nel 2024?

Secondo quanto indicato nel disegno della Manovra 2024, l’uscita dal lavoro sarà condizionata dalla presenza di un assegno mensile non superiore a cinque volte il trattamento minimo.

Iniziamo con la pensione anticipata Quota 103 nel 2024, che permette l’uscita a 62 anni di età con 41 anni di contributi, accompagnata da un assegno di quattro volte il trattamento minimo. Inoltre, l’INPS calcola la rendita escludendo il sistema retributivo, applicando esclusivamente il sistema contributivo.

Qual è l’importo del trattamento minimo INPS? Il trattamento minimo, ovvero l’assegno sociale, nel 2023 corrisponde all’importo pari a 503,27 euro.

Nel 2024, sono previste delle variazioni in aumento, di pochi spiccioli, considerando che la rivalutazione si attesterà sullo 0,8%. Pertanto, l’importo del trattamento minimo salirà a 507,02, per un totale annuo pari a 6.591,26 euro.

Inoltre, dovrebbe essere applicato un ulteriore incremento dovuto alla nuova rivalutazione del 2024, pari al 5,4%; pertanto, il trattamento minimo dovrebbe salire a 534,40 euro, per un totale annuo pari a  6.947,18 euro.

Come funziona le pensione a 64 anni nel 2024?

Nella prossima legge di Bilancio, non sono previste variazioni per la pensione di vecchiaia; pertanto, resta il requisito generale dei 67 anni di età aggregato ad almeno 20 anni di versamenti contributivi.

Attualmente, i lavoratori che hanno iniziato a maturare un’anzianità contributiva dopo il 31 dicembre 1995 devono, per pensionarsi, rientrare in una rendita pari a 1,5 volte il trattamento minimo.

Applicando le modifiche contenute nella bozza della legge di Bilancio 2024, tale vincolo viene ridimensionato su un importo non inferiore a quello del trattamento minimo. Pertanto, i contributivi puri possono andare in pensione con un assegno pari a 534,40 euro.

Si tratta di una liberazione, soprattutto considerando che, in molti casi, questo limite non permetteva l’accesso alla pensione a 67 anni di età, richiedendo la continuazione del servizio fino al compimento dei requisiti con l’erogazione dell’a rendita a prescindere dall’importo, ovvero fino a 71 anni di età.

Pensioni nuovi requisiti 2024: quanto si andrà in pensione con la nuova riforma?

Dal 2024 l’età per la pensione di vecchiaia resta invariata a 67 anni. Il requisito anagrafico è stato congelato fino al 2026, successivamente sarà adeguato ai rilevamenti ISTAT sull’aspettativa di vita.

I contributivi puri possono pensionarsi a 64 anni di età con 20 anni di contributi. Tuttavia, tali requisiti sono vincolati dalla presenza di una rendita pari a 2,8 volte il trattamento minimo.

In estrema sintesi, le novità presenti nella bozza della Manovra 2024 portano a variazioni sull‘importo della pensione che non deve risultare inferiore all’importo dell’assegno sociale.

Il diritto alla pensione di vecchiaia anticipata a 64 anni di età con 20 anni di contributi prevede l’applicazione di diversi vincoli, tra cui:   

  • una contribuzione effettiva minima di 20 anni di versamenti;
  • una rendita pari ad almeno il valore dell’assegno sociale, rivalutato su base annua nella misura di 3 volte il trattamento minimo, ridotto per le lavoratrici:
    • 2,8 volte per le donne con un figlio;
    • 2,6 volte per le donne con due o più figli.

In diverse situazioni, l’assegno non sarà superiore a cinque volte il trattamento minimo  per l’intero periodo di perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia ordinaria. Attualmente, non sono previsti limiti.

Infine, le novità riguardano anche l’introduzione di una finestra mobile di tre mesi.

Crediti Inps, meno tempo a commercianti, artigiani e professionisti per la compensazione F24 dal 1° gennaio 2024

Meno tempo a disposizione di commercianti, artigiani e professionisti della Gestione separata dell’Inps dal 1° gennaio 2024 per la compensazione mediante modello F24 dei crediti dell’Istituto di previdenza. A prevederlo è la bozza della legge di Bilancio del prossimo anno, attualmente in discussione al Senato in vista dell’approvazione definitiva.

I crediti Inps potranno essere generati mediante il quadro RR del modello dei Redditi delle persone fisiche (PF). Per tutte le categorie interessate, è necessaria l’attesa di dieci giorni successivi all’invio del modello di dichiarazione, dal quale emergono i crediti stessi, per procedere con la compensazione. Sono tre le categorie che, dal prossimo anno, potranno effettuare la compensazione dei crediti contributivi secondo quanto previsto dalla bozza della legge di Bilancio 202. Si tratta di commercianti, artigiani e professionisti della Gestione separata Inps, dei datori di lavoro, agricoli e non agricoli.

Crediti Inps, meno tempo a commercianti, artigiani e professionisti per la compensazione F24 dal 1° gennaio 2024

Ci sarà meno tempo dal 1° gennaio 2024 per i commercianti, gli artigiani e i professionisti della Gestione separata dell’Inps dal 1° gennaio 2024 per la compensazione mediante modello F24 dei crediti Inps. Lo prevede la bozza della Manovra 2024 in base alla quale le categorie interessate dovranno attendere il decimo giorno successivo alla trasmissione del modello di dichiarazione dei redditi, dal quale emergano questi crediti, per procedere con la compensazione.

Nel dettaglio, secondo quanto prevede la bozza del disegno di legge di Bilancio, attualmente, al Senato, nel caso degli artigiani e commercianti, iscritti alla Gestione separata dell’Inps, e dei liberi professionisti, solo dal 10° giorno susseguente a quello della trasmissione della dichiarazione dei redditi il soggetto interessato può procedere con la compensazione F24.

Dalla dichiarazione dei redditi deve emergere il credito contributivo Inps, come già avviene per i crediti relativi all’Irpef, all’Ires e alle relative addizionali, alla cedolare secca, all’Ivie, all’Ivafe, e così via. Le ritenute alla fonte derivano, invece, dal modello 770 ma solamente per importi eccedenti i 5.000 euro all’anno.

Crediti Inps compensazione 2024, datori di lavoro agricoli e non

I datori di lavoro di settori non agricoli, invece, dovranno attendere il 15esimo giorno susseguente a quello della scadenza mensile per l’invio telematico dei dati retributivi. Si fa riferimento, in particolare, ai dati Uniemens, con scadenza alla fine del mese susseguente a quello delle retribuzioni inerenti. Il termine del 15esimo giorno può essere calcolato anche dal giorno successivo alla presentazione dei dati retributivi se avvenuta con ritardo.

Infine, per i datori di lavoro del settore agricolo, con contribuzione unificata relativa alla manodopera agricola, la compensazione si può effettuare solamente dal giorno di scadenza del pagamento inerente la dichiarazione di manodopera agricola, contenente il dato sul credito contributivo.

Come effettuare l’operazione con il modello F24

Tra gli altri adempimenti in tema di compensazione mediante modello F24, il disegno di legge del Bilancio richiede, per il prossimo anno, il visto di conformità, come avviene anche tutt’oggi. La misura del rinvio della compensazione dal prossimo anno va a incidere notevolmente sulle categorie dei contribuenti interessati (artigiani, commercianti, liberi professionisti datori di lavoro agricoli e non).

Infatti, queste categorie spesso concludono la dichiarazione dei redditi con un credito Inps, derivanti essenzialmente dagli alti importi pagati a titolo di acconto. Il versamento di questi ultimi avviene con il metodo storico, senza che si possa ridurli mediante il meccanismo previsionale, reputato troppo rischioso nella determinazione preventiva del reddito.

Bonus over 55: strategie, aiuti e incentivi da richiedere entro la fine dell’anno

Bonus over 55 anni, un gesto di sostegno da parte del governo italiano, sì, ma con alcune limitazioni. L’Esecutivo ha lanciato segnali chiari riguardo alla distribuzione degli aiuti, stabilendo criteri e apportando modifiche alla struttura del sistema previdenziale e assistenziale italiano. I segnali di cambiamento sono stati sempre chiari e inequivocabili.

Nonostante gli sforzi, le risorse finanziarie previste nella Manovra 2024 saranno distribuite in base a criteri di priorità, considerando le difficoltà economiche delle famiglie e la fragilità nel trovare un’occupazione per coloro che superano i 55 anni di età.

Non tutte le soluzioni potrebbero emergere improvvisamente, ma forse qualche accordo preliminare riguardo agli aspetti previdenziali e al 110. Vediamo insieme quali sono gli incentivi e gli aiuti disponibili per coloro che hanno superato i 55 anni di età.

Bonus over 55

 Gli aiuti per gli over 55 sono rappresentati da vari bonus, sussidi e indennità destinati a coloro che si trovano senza lavoro. In alcuni casi, è possibile usufruire delle forme di sostegno al reddito previste dall’ordinamento italiano.

La maggior parte dei benefici economici è erogata dall’INPS, accreditati a coloro che ne hanno diritto dietro presentazione di una specifica richiesta, corredata dalla documentazione idonea a comprovare lo stato di disagio economico. Gli aiuti sono spesso strutturati sulla base dell’erogazione di un beneficio, come nel caso della disoccupazione Naspi, del Supporto Formazione per il Lavoro, della Carta dedicata a Te, del Reddito di cittadinanza e di molti altri.

Molti di questi aiuti sono condizionati dalla presenza di un reddito ISEE inferiore a 20.000 euro, mentre altri sono distribuiti senza alcun limite reddituale, ma a condizione che siano soddisfatti altri requisiti. A questo punto, non ci resta che analizzare le misure più utilizzate dagli over 55.

Indennità di disoccupazione Naspi

 La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) viene erogata ai lavoratori che soddisfano diversi requisiti, dietro la presentazione di un’apposita domanda. L’indennità mensile di disoccupazione è destinata ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che si trovano nella situazione di aver perso involontariamente l’occupazione lavorativa. Possono accedere al beneficio economico:

  • apprendisti;
  • soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le stesse cooperative;
  • personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
  • dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

Il beneficio economico è subordinato alla presenza del meccanismo di decalage; pertanto, la prima erogazione corrisponde al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni. Successivamente, l’indennità viene ridotta del 3% ogni mese a partire dal primo giorno del sesto mese di fruizione. Nel caso in cui l’avente diritto abbia compiuto 55 anni, la riduzione scatta dall’ottavo mese a partire dalla data di presentazione della domanda.

Isopensione

 La normativa prevede l’attivazione di prestazioni rivolte a permettere ai lavoratori che rientrano nei requisiti di legge di accedere a prestazioni di accompagnamento alla pensione a totale carico del datore di lavoro, se devono affrontare diverse situazioni, come ad esempio:

  • processi di ristrutturazione;
  • situazioni di crisi;
  • riorganizzazione aziendale;
  • riduzione o trasformazione di attività lavorative.

Si tratta del meccanismo di Isopensione che consente ai lavoratori “anziani” non per età, di accedere a uno scivolo pensionistico anche 7 anni prima della pensione di vecchiaia o di altro trattamento ordinario, a condizione che si soddisfino i requisiti per l’accesso al trattamento.

Per accedere all’Isopensione, è necessario aver maturato un accumulo contributivo pari a 35 anni e 10 mesi per gli uomini e 34 anni e 10 mesi per le donne. Pertanto, è facile immaginare che il lavoratore che ha intrapreso un percorso lavorativo a 20 anni può richiedere un’indennità a 55 anni di età. Inoltre, la misura è stata prorogata fino al 31 dicembre 2026.

Che bonus over 55 ci sono per chi non lavora?

Attualmente, viene garantita un’erogazione a coloro compresi tra i 18 e i 59 anni che sono considerati immediatamente attivabili nel mondo del lavoro. Il Supporto per la Formazione e il Lavoro rappresenta un’indennità di partecipazione alle misure di attivazione lavorativa, consistente in un sussidio pari a 350 euro al mese, erogato per un massimo di 12 mesi, a condizione che siano soddisfatti i criteri di legge.

Quali sono i bonus over 55 attuali?

In un articolo precedente è stata pubblicata la guida alle agevolazioni di novembre 2023, con particolare attenzione ai bonus destinati alle famiglie con un reddito ISEE inferiore a 20.000 euro.

Come richiedere il bonus spesa 2023?

La Carta dedicata a te consente di ricevere un aiuto economico pari a 382,50 euro da utilizzare esclusivamente per la spesa alimentare. Questo beneficio viene assegnato automaticamente alle famiglie con un reddito certificato ISEE fino a 15.000 euro. Entro la fine dell’anno, dovrebbe essere introdotto il bonus per il sostegno della spesa natalizia, oltre al contributo benzina di 80 euro da utilizzare per il rifornimento del carburante.

Il bonus 550€ per i lavoratori part-time 

Il bonus 550€ per i lavoratori part-time è stato rinnovato per il 2024. La novità è presente nel Decreto Legge Fiscale collegato alla Manovra 2024. Il beneficio economico sarà riconosciuto ai lavoratori con contratto part-time, a condizione che siano soddisfatti i requisiti di legge.

Bonus 550€ per lavoratori part-time 2024: quando arriva e come fare richiesta

Il bonus 550€ per i lavoratori part-time è stato prorogato per il 2024. La conferma arriva dal Decreto Legge Fiscale collegato alla Manovra 2024. L’indennità sarà riconosciuta ai lavoratori inseriti nel contesto lavorativo con contratto part-time ciclico. Vediamo insieme quali sono le novità legate al bonus da 550 euro.

 Bonus 550€ lavoratori part – time

I lavoratori che soddisfano i requisiti di legge avranno diritto a una specifica indennità. Si tratta di un bonus ripreso e ampliato all’interno della categoria al fine di consentire l’accesso a una vasta platea di aventi diritto.

Pertanto, possono beneficiare di questo vantaggio i lavoratori delle aziende private impiegati, a condizione che abbiano avuto un contratto a tempo parziale nel 2022.

Chi ha diritto bonus 550 euro?

L‘indennità una tantum di 550 euro viene riconosciuta ai lavoratori che nel 2022 erano inseriti in un contesto lavorativo con un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico. Il bonus in questione è stato rinnovato con alcune novità attraverso il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2024, reso ufficiale con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 18 ottobre 2023.

La prima novità legata alla proroga riguarda non solo il reintegro dell’indennità, ma anche l’ampliamento della categoria di aventi diritto per il 2023, che non è più riservata esclusivamente ai lavoratori part-time ciclo verticale. Pertanto, sono ammessi al beneficio tutti coloro che nel 2022 risultano dipendenti con un contratto a tempo parziale, a condizione che soddisfino i diversi requisiti di legge, inclusi:

  • il lavoratore non deve possedere altre tipologie di contratto di lavoro dipendente;
  • non deve risultare come percettore dell’indennità di disoccupazione Naspi.
  • non deve essere titolare di una pensione diretta.

Da quando si dà il bonus per i lavoratori part time?

Secondo le disposizioni normative contenute nell’articolo 2-bis, comma 1, del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2022, n. 91, per quanto riguarda il 2022:

“L’indennità una tantum riconosciuta ai lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo  parziale  ciclico  verticale  nell’anno  2021,  si riferisce ai lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un rapporto di lavoro a tempo parziale  che  prevede  periodi  non interamente lavorati  di  almeno  un  mese  in  via  continuativa,  e complessivamente non inferiori a sette settimane e  non  superiori  a venti settimane,  dovuti  a  sospensione  ciclica  della  prestazione lavorativa”.

Quali sono le novità per i lavoratori a tempo parziale ciclico

Le novità sono state introdotte nell’articolo 8 del decreto sulle ‘Disposizioni inerenti ai lavoratori a tempo parziale ciclico’, che recita:

“Per il 2023, ai lavoratori  dipendenti  di  aziende  private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico nell’anno 2022, che preveda periodi non interamente lavorati di almeno un  mese in  via  continuativa,  e  complessivamente  non  inferiori  a  sette settimane e non superiori a venti  settimane,  dovuti  a  sospensione ciclica della prestazione lavorativa e che, alla data della  domanda, non siano titolari di altro  rapporto  di  lavoro  dipendente  ovvero percettori della  Nuova  prestazione  di  Assicurazione  Sociale  per l’Impiego (NASpI) o di un trattamento  pensionistico,  è  attribuita un’indennità una tantum pari a 550 euro.  L’indennità può essere riconosciuta solo una volta al medesimo lavoratore.”

Come richiedere bonus 550€ part time?

La domanda per il bonus da 550 euro per i lavoratori part-time dovrà essere presentata in modalità telematica sul portale dell’INPS, tramite la sezione dedicata al “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche”.

L’accesso ai servizi è consentito solo tramite le proprie credenziali: SPID, CIE e CNS. Attualmente, non è stata confermata una data di presentazione della richiesta di ammissione al beneficio.

Sicuramente a breve l’INPS ufficializzerà le modalità, i termini e la scadenza per la presentazione della richiesta, al fine di garantire l’erogazione dell’indennità il prima possibile, anche prima del 2024.

L’INPS rilascia la pensione APE sociale con i vecchi requisiti a questi fortunati. Due motivi per non ritardare la domanda. Benefici e Limitazioni

La corsa alla pensione Ape sociale è iniziata, soprattutto se considerato che nel 2023 si potrà andare in pensione con i vecchi requisiti. In altre parole, l’INPS ammette le domande per la pensione Ape sociale se pervenute entro il 30 novembre 2023. D’altronde, in gioco ci sono le modifiche introdotte dal 2024, i cui margini ristringono l’accesso al beneficio. Vediamo insieme i requisiti per l’Ape sociale nel 2023 e le novità previste per il 2024.

Ape sociale con i vecchi requisiti

Nella logica del governo Meloni rientrano paletti, penali e modifiche alle tre misure più utilizzare dagli italiani per ritirarsi prima dal lavoro, ovvero Ape sociale, Opzione donna e Quota 103.

Sicuramente, lo scopo dell’Esecutivo non è quello di incentivare la domanda di pensionamento anticipato. E questo è uno dei primi motivi per cui molti lettori hanno richiesto maggiori dettagli sui requisiti previsti per l’anticipo pensionistico Ape sociale, operativi fino alla fine dell’anno.

Come funziona l’anticipo pensionistico?

L’Ape sociale è regolamentata dall’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335,  che fornisce spiegazioni dettagliate sui requisiti anagrafici e contributivi. Possono richiedere l’uscita tramite l’Ape sociale i lavoratori che hanno raggiungo 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi, a patto che soddisfino i criteri normativi.

Sono ammessi al beneficio i lavoratori iscritti presso l’Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti, le forme sostitutive ed esclusive della stessa, le gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla Gestione Separata.

Che requisiti ci vogliono per andare in pensione con l’Ape sociale?

Attualmente, e comunque fino al 31 dicembre 2023, l’accesso all’anticipo pensionistico è riservato ai lavoratori che rientrano in una delle categorie di tutela di seguito elencate, tra cui:  

  •  si trova in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale;
  • assiste, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104);
  •  è stata riconosciuta un’invalidità civile con una ridotta capacità lavorativa, superiore o uguale al 74%.

È importante notare, che fino alla fine dell’anno restano in vigore le disposizioni contenute nell’allegato 3 della legge 234/2021. Pertanto, resta valido il requisito contributivo ridotto per i lavoratori:

  • lavoratori gravosi, se possiedono almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa o almeno sei anni negli ultimi sette di carriera lavorativa, occo;
  •  per gli operai edili, per i dipendenti delle imprese edili ed affini, per i ceramisti e per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta.

Le lavoratrici ricevono uno sconto contributivo di 12 mesi per ogni figlio a carico, nel limite massimo di due anni.  

Quanti soldi si prendono con l’Ape sociale?

L’INPS, a fronte del riconoscimento, garantisce una rendita mensile fino a 1.500 euro al mese per 12 mensilità.

Tuttavia, è importante sottolineare che la fruizione dell’anticipo pensionistico non comprende la rivalutazione o l’integrazione al minimo. In caso di decesso del titolare del trattamento,  tutti i benefici vengono persi, poiché l’anticipo Ape sociale non è una pensione diretta, per cui non è reversibile ai superstiti.

L’indennità viene accreditata per dodici mesi, senza la tredicesima mensilità. Pertanto, per ottenere tutti i diritti della pensione, è necessario che il fruitore perfezioni i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, ossia 67 anni di età e 20 anni di contributi. In questo caso, l’INPS esegue un passaggio d’ufficio da Ape sociale a pensione di vecchiaia o altro trattamento ordinario.

Quando presentare la domanda nel 2023?

Per andare in pensione con i vecchi requisiti dell’Ape sociale, è importante presentare la richiesta preliminare entro e non oltre il 30 novembre 2023. La domanda per il riconoscimento del diritto al trattamento deve pervenire all’INPS in via telematica da coloro che perfezionano i requisiti entro il 31 dicembre 2023.

Per maggiori dettagli, è possibile contattare il numero verde gratuito 803164; da cellulare, è disponibile il numero 06164164, con tariffa variabile a seconda del gestore.

Come cambia l’Ape sociale nel 2024?

Innanzitutto, i lavoratori che decidono di presentare la domanda entro il 30 novembre 2023, non cavalcano l’onda emotiva della riforma, accalcandosi verso un’uscita, anche senza averne bisogno.

Piuttosto, sono consapevoli dei paletti restrittivi previsti per il 2024, sull’Ape sociale e sulle altre misure rinnovate per il prossimo anno.

Per il 2024, infatti, la bozza della legge di Bilancio prevede delle modifiche ai requisiti dell’Ape sociale. In particolare, viene aumentato il limite anagrafico di accesso al beneficio da 63 anni a 63 anni e 5 mesi.

L’altra novità riguarda la cancellazione dalla lista dei lavori gravosi, le professioni introdotte per il biennio 2022-23, ovvero quelle indicate come ampliamento delle mansioni usuranti. In altre parole, il governo non rinnovando tale lista, ha ripristinato i requisiti presenti al 2021.