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Come cambiare la destinazione d’uso a un immobile: novità, importi e oneri

Come cambiare la destinazione d’uso a un immobile è certamente un argomento molto caro ai cittadini intenzionati a effettuare modifiche, anche sostanziali alle proprie case per utilizzarle per scopi totalmente diversi rispetto a quelli previsti dalla categoria inizialmente assegnata.

Non si può di certo pensare di trasferirsi in un immobile accatastato come locale commerciale oppure aprire un’attività in un locale accatastato come garage.

Il decreto salva-casa ha introdotto diverse novità, tra cui anche in materia di cambio di destinazione d’uso.

Spieghiamo subito come fare, quanto cosa e quali sono gli oneri di urbanizzazione da versare.

Come cambiare la destinazione d’uso a un immobile

I procedimenti per cambiare la destinazione d’uso a un immobile sono differenti, in base ai diversi casi.
Quando il cambio avviene all’interno della stessa categoria non serve il permesso di costruire, ma è sufficiente la Segnalazione Certificata di Inizio attività (SCIA).

Quando, invece, il cambio avviene tra categorie diverse, allora potrebbe servire anche il permesso di costruire. Possiamo fare il classico esempio della trasformazione di un appartamento in una struttura ricettiva, come il b&b.

Il Decreto salva-casa ha introdotto alcune semplificazioni in merito. Cosa prevede? In base alla nuova disciplina, è sempre consentito il cambiamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare, ma senza opere.

È sufficiente la SCIA nei suddetti casi:

  • Manutenzione ordinaria;
  • Interventi di eliminazione delle barriere architettoniche;
  • Casi indicati come attività libera nel Dpr 380/2001, nel Glossario dell’attività libera e nelle diverse leggi regionali.

Il permesso di costruire, invece, deve essere richiesto al Comune, allegando alla richiesta il progetto sottoscritto da un tecnico. Questo deve essere accompagnato da una relazione tecnica, contenente la descrizione delle caratteristiche e delle motivazioni del cambio.

Quando non si rispettano le norme, si commette un abuso edilizio. Tra le diverse conseguenze, c’è anche l’obbligo di ripristinare lo stato originario dell’immobile.

Novità Decreto salva-casa sul cambio di destinazione d’uso

Spostiamoci più da vicino alle novità del Decreto salva-casa. Lo scopo del decreto è quello di promuovere il recupero del patrimonio edilizio esistente, ridurre il consumo del suolo e dare possibili soluzioni al fabbisogno abitativo.

È sempre possibile il cambio verticale, a esclusione delle zone rurali. Quali sono gli effetti relativi alla destinazione prevalente? Si tratta di quella maggiormente ricorrente in una determinata zona.

Prima del Decreto vi erano alcuni paletti a questa possibilità, ma in sede di conversione sono state aggiunte alcune norme che permettono di effettuare l’operazione a prescindere dalla destinazione prevalente dell’immobile.

Importi e oneri da versare quando si cambia la destinazione d’uso di un immobile

Passiamo, per concludere, al capitolo importi e oneri dal versare. Si tratta, nello specifico, degli oneri di urbanizzazione, ovvero contributi da versare al Comune ogni qual volta si richiede il permesso di costruire ed eseguire interventi di costruzione o trasformazione.

Gli oneri di urbanizzazione non sono una tassa, bensì un corrispettivo di diritto posto a carico del concessionario a titolo ti partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione.

Nelle zone A, B e C è possibile cambiare la destinazione anche verticale. Il Comune può richiedere il rispetto di specifiche condizioni. Dobbiamo, però, spiegare quando devono essere versati gli oneri. Sono dovuti nel momento in cui per il Comune si rileva un maggiore carico urbanistico. La valutazione in proposito viene verificata caso per caso.

Se la verifica è importante si devono versare gli oneri. Come si calcolano? Si devono utilizzare tabelle regionali che considerano i seguenti parametri:

  • Superficie dell’immobile;
  • Destinazione dello stesso;
  • Numero di abitanti del Comune;
  • Ampiezza del territorio comunale;
  • Piano regolatore e altri strumenti urbanistici.

Cessione di immobili oggetto di Superbonus: le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate sulle novità

Cessione di immobili oggetto di Superbonus: con la pubblicazione della circolare n. 13/E del 13 giugno 2024 da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’amministrazione finanziaria stessa ha comunicato quelle che sono le novità che sono state apportate dalla Legge di Bilancio 2024 per ciò che concerne la disciplina relativa alle plusvalenze in caso di cessioni di immobili oggetto di Superbonus.

La circolare in questione, inoltre, illustra quali sono le novità in merito alla disciplina della variazione dello stato dei beni.

La suddetta circolare dell’AdE, in particolare, che è stata redatta dalla Direzione Centrale Coordinamento Normativo, fa riferimento alle seguenti disposizioni legislative:

  • l’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 29 settembre 1973, recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 1 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 268 del 16 ottobre 1973;
  • gli artt. 67 e 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), e successive modificazioni, il quale è stato successivamente pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 126 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 302 del 31 dicembre 1986;
  • l’art. 1, commi 1 e 2, del decreto ministeriale n. 701 del 19 aprile 1994, relativo al “Regolamento recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari”, il quale è stato redatto da parte del Ministero delle Finanze ed il quale è stato successivamente pubblicato all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 300 del 24 dicembre 1994;
  • l’art. 1, comma 496, della legge n. 266 del 23 dicembre 2005 (c.d. Legge di Bilancio 2006), recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 211 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 302 del 29 dicembre 2005;
  • l’art. 1, commi da 634 a 636, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (c.d. Legge di Bilancio 2015), recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 99 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 300 del 29 dicembre 2014;
  • l’art. 119 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. decreto Rilancio), recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, il quale è stato pubblicato all’interno del Supplemento Ordinario n. 21 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 128 del 19 maggio 2020, ed il quale è stato successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020;
  • l’art. 121, comma 1, lett. a) e b), del sopra citato decreto legge n. 34 del 2020;
  • l’articolo 1, commi da 64 a 67, della legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (c.d. Legge di Bilancio 2024), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, la quale è stata successivamente pubblicata all’interno del Supplemento Ordinario n. 40 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 303 del 30 dicembre 2023;
  • l’art. 1, commi 86 e 87, della sopra citata Legge di Bilancio 2024.

Cessione di immobili oggetto di Superbonus: ecco quali sono le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024

Come abbiamo già accennato anche durante il corso del precedente paragrafo, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative per quanto riguarda le novità che sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 in materia di cessione di immobili oggetto di Superbonus, ma non solo.

Nello specifico, ecco qui sotto le novità introdotte per quest’anno:

  • l’art. 1, commi da 64 a 67, della Legge di Bilancio 2024 ha apportato delle modifiche alla disciplina delle plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili;
  • l’art. 1, commi 86 e 87, della Legge di Bilancio 2024 ha introdotto delle nuove misure in materia di variazione dello stato dei beni.

Quali sono i requisiti per l’abitabilità di un immobile

Un immobile deve rispettare i requisiti di abitabilità e agibilità, per garantire che sia sicuro, salubre
e, soprattutto, legale.

Quando si cerca una casa, tra annunci e visite, non bisogna pensare solo al quartiere o alla
valutazione de prezzo. Quella dell’abitabilità dell’immobile, in modo particolare, è una questione
che, spesso, viene trascurata.

Vediamo, quindi, quali sono i requisiti standard minimi e indispensabili per vivere in un immobile
che sia conforme alle normative vigenti.

Cos’è l’abitabilità di un immobile

L’abitabilità di un immobile certifica la sua idoneità e la garanzia di poterlo utilizzare come
abitazione
. Il rilascio del certificato è di competenza dell’ufficio comunale dove è ubicato
l’immobile.

Il certificato di abitabilità attesta la sicurezza, la presenza di condizioni igieniche salubri, il
risparmio energetico dell’immobile e degli impianti di cui è dotato.

Per poter ottenere il certificato, l’immobile deve essere in possesso di determinati requisiti. Il
certificato è importante per:

  • Costruzione di un nuovo immobile;
  • Lavori urgenti di ristrutturazione;
  • Modifiche alla struttura originaria di un fabbricato.

Prima di parlarne, è opportuno far presente la differenza tra l’abitabilità e l’agibilità che, spesso,
vengono confusi. Inoltre, nel corso degli anni, questi due termini sono stati unificati. La distinzione
è venuta meno dopo l’emanazione del Testo Unico sull’Edilizia (DPR 380 del 2001).

L’abitabilità era riferita a immobili residenziali, l’agibilità, invece, a tutti gli altri, quindi sottotetti,
capannoni industriali e altre tipologie non prettamente a uso residenziale.

Requisiti di abitabilità di un immobile

Un immobile, per essere considerato abitabile, deve soddisfare alcuni requisiti minimi di abitabilità.
Si devono considerare alcuni aspetti come quelli spaziali, ma anche quando risponde positivamente
a criteri igienico-sanitari, quali un adeguato ricambio d’aria e l’illuminazione naturale diretta.

Gli elementi sono prescritti dalla legge e rappresentano le fondamenta di una casa abitabile. Di
seguito, spieghiamo meglio, punto per punto, quali sono i requisiti che un immobile deve possedere.​

Superfice minima

Un elemento molto importante è la superficie, ovvero il primo indicatore della sua abitabilità. In
base a quanto stabilito dal Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975, ogni abitante deve disporre di uno
spazio vitale che rispetti determinate dimensioni minime.

Quali sono? I requisiti da rispettare sono i seguenti: per i primi 4 occupanti sono 14 metri quadrati ciascuno. Per i successivi occupanti sono 10 metri quadrati per persona.

Per quanto riguarda le camere da letto, è richiesto il rispetto di standard specifici. In questi casi, si
tratta di una superficie di 9 metri quadrati per una persona e 14 metri quadrati per la coppia.

Le suddette misurazioni non sono arbitrarie, ma riflettono l’importanza di un ambiente vivibile che
favorisca il benessere fisico e mentale degli occupanti.

Come viene determinata la superficie abitabile di un immobile? Viene posto l’accento sulla
superficie netta, quella calpestabile, con l’esclusione di mura e colonne per offrire una misurazione
realistica dello spazio effettivamente abitabile
. Infatti, questo principio mira a garantire che ogni
metro quadrato dell’immobile costituisca effettivamente alla vita quotidiana degli abitanti. L’ambiente domestico deve essere abitabile e godibile.

Dimensioni minime di un monolocale

Oltre alla superficie, è necessario anche il rispetto di alcune dimensioni minime. In questo caso
specifico, ci riferiamo alle dimensioni minime di un monolocale.

La sua estensione, secondo la legge, non può essere inferiore a 28 metri quadrati per una persona e a 38 metri quadrati per due. Ciò punta a stabilire un equilibrio tra lo spazio disponibile e la qualità della vita.

Per quanto riguarda, infine, l’altezza sono fissate a 2,40 metri per le aree di servizio e 2,70 metri per
le altre stanze.

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