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Tag: FTX

Crac FTX, i creditori saranno chiamati a votare sul piano di rimborso in criptovalute o contanti

I creditori dell’exchange di criptovalute FTX, fallito con grande fragore nella parte finale del 2022, hanno ora la possibilità di scegliere le modalità con cui avverrà il piano di rimborso dei crediti vantati. Ovvero, se riavere indietro gli stessi in contanti o criptovalute.

A dare indicazioni in tal senso è la dichiarazione rilasciata presso il tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware. Al suo interno, infatti, si afferma che il giudice John Dorsey ha approvato i pacchetti di sollecitazione e le schede elettorali necessarie affinché i clienti dell’exchange possano comunicare le loro preferenze. La scadenza per votare è il 16 agosto e una volta appreso il risultato il giudice Dorsey prenderà la decisione definitiva sulla questione, all’inizio di ottobre.

FTX, un piano di rientro contestato

Il piano di riorganizzazione che è stato proposto da FTX prevede di ripagare in contanti ai creditori il valore dei loro asset virtuali al momento del crollo dell’exchange, in dollari statunitensi. La massa fallimentare radunata per l’occasione, comportava un rendimento del 118% per il 98% dei creditori con crediti inferiori a 50mila dollari. Inoltre, i creditori non governativi riceveranno in maniera praticamente integrale i loro crediti e potenziali pagamenti di interessi aggiuntivi fino al 9%, a partire dal crollo di FTX.

La piattaforma di trading di criptovalute, che ha aderito al Chapter 11, la procedura fallimentare prevista negli Stati Uniti, ha anche rivelato di aver accumulato più di quanto era necessario al fine di poter ripagare gli utenti coinvolti nel crac dell’exchange fondato da Sam Bankman-Fried.

A questo proposito, occorre sottolineare che se i creditori hanno perso circa 11 miliardi di dollari quando FTX è fallito, nel novembre del 2022, l’azienda ha ottenuto oltre 16 miliardi di dollari consolidando fondi e vendendo beni, un novero in cui vanno comprese le proprietà appartenenti a ex dirigenti della piattaforma.

Il motivo del contendere

Il piano predisposto da FTX viene aspramente contestato da una parte delle vittime. Il motivo è da ravvisare nel fatto che quando l’exchange interruppe i prelievi e implose nel novembre 2022, il Bitcoin era scambiato a circa 16mila dollari.

Da quel momento, però, la sua quotazione ha iniziato a salire in maniera rilevante, sino a raggiungere un nuovo massimo storico, varcando la soglia dei 70mila dollari. E ancora oggi, nonostante le difficoltà, si trova sopra i 60mila.

Un trend analogo a quello fatto registrare dal mercato criptovalutario, che è praticamente più che raddoppiato dal novembre del 2022. Ciò si traduce nella perdita di grandi occasioni da parte di coloro che avevano visto sparire il proprio tesoro virtuale con il crollo di FTX. Tanto da spingere una parte di essi a ritenere una vera e propria beffa il piano proposto dall’exchange.

La risposta degli avvocati di FTX

Se a rigor di logica i clienti danneggiati dal fallimento di FTX hanno sicuramente ragione, occorre sottolineare che, al tempo stesso, a rendere possibile la proposta reputata da essi negativamente è proprio la procedura fallimentari degli Stati Uniti.

Questa è in effetti la linea adottata dagli avvocati che sono stati ingaggiati dalla piattaforma di scambio per arginare le eccezioni. In base al Chapter 11, infatti, i soggetti ad esso sottoposti sono tenuti a ripagare i crediti in base al loro valore al momento della presentazione della domanda per potervi accedere.

C’è poi un altro punto sottolineato dalla squadra legale di FTX. L’attuazione del piano di rimborsi in contanti, permetterebbe agli interessati di non essere soggetti a imposte sulle plusvalenze.

Nel frattempo, però, i creditori di FTX in disaccordo non si sono fermati. Guidati dall’attivista Sunil Kavuri, hanno presentato un’istanza tesa ad opporsi al piano proposto all’inizio di questo mese. Secondo le tesi su cui si basa l’istanza, il piano non era in grado di soddisfare alcuni requisiti del Codice fallimentare. Tra di essi, in particolare, le questioni sui diritti di proprietà, l’analisi coerente della liquidazione dei debitori e il superamento del test del miglior interesse.

FTX, per le vittime il processo rappresenta il secondo atto del furto perpetrato dall’azienda di Sam Bankman-Fried

Per le vittime del clamoroso crac di FTX, il processo che sta andando in scena sarebbe il secondo atto del furto perpetrato dall’exchange. Per evitare il quale i loro avvocati hanno chiesto a un tribunale di New York di stabilire che i beni confiscati dall’exchange di criptovalute appartengono ai suoi clienti, non alla massa fallimentare.

La dichiarazione, afferma in particolare che il codice fallimentare dà priorità ad alcuni creditori rispetto ad altri, facendo in modo che i detentori del token FTT di FTX vengano a trovarsi in fondo all’elenco delle priorità. Sembra proprio che il piano di rimborso prospettato qualche settimana fa sia ben lungi dal dare soddisfazione alle vittime, come come era sembrato in un primo momento.

FTX: la protesta di alcuni ex clienti

Secondo una dichiarazione depositata venerdì presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York, alcune vittime del fallimento di FTX non sono soddisfatte della soluzione che si starebbe profilando. Per impedirla, stanno quindi sollecitando una sentenza secondo cui i beni confiscati dell’exchange di criptovalute fallito, per un importo pari a circa 8 miliardi di dollari, appartengono ai suoi clienti, non alla massa fallimentare.

Si tratta di una risposta al piano di riorganizzazione proposto nel mese passato. Un piano che vedrebbe il 98% dei creditori recuperare il 118% dei propri crediti, in contanti, entro 60 giorni dall’approvazione del tribunale.

Inizialmente il piano era stato salutato con soddisfazione dall’opinione pubblica. Molti clienti dell’exchange fallito, però, avevano obiettato che in tal modo erano praticamente impossibilitati a trarre profitto dalla mutata situazione del mercato. In pratica non potendo disporre dei token, bloccati nel limbbo provocato dalla bancarotta, avevano perso l’opportunità di trarre profitto dall’impennata dei prezzi delle criptovalute.

Una tesi del resto accolta dalla dichiarazione del tribunale. All’interno del documento, infatti, si afferma che FTX ha dichiarato bancarotta nel corso del crypto winter. Non sarebbe quindi giusto dare una valutazione facendo riferimento ad un momento di depressione dello stesso. Lo stesso documento, ad esempio, ricorda che il prezzo di Solana è aumentato di ben nove volte da allora. Mentre è letteralmente quadruplicato quello del Bitcoin .

Offesi e derubati: questo è il sentimento delle vittime di FTX

Offese e derubate: così si sentono, secondo gli avvocati Adam Moskowitz e David Boies, le vittime di FTX. Lo sostengono nella dichiarazione presentata al tribunale, in cui affermano che molti di essi vedono il processo fallimentare alla stregua del secondo atto di un furto.

L’exchange fondato da Sam Bankman-Fried è collassato nel novembre del 2022. La giuria ha appurato come l’ex enfant prodige delle criptovalute abbia trafugato non meno di 8 miliardi di dollari ai clienti. Tanto da essere condannato a ben 25 anni di carcere, oltre alla rinuncia a undici miliardi di dollari.

Il risultato delle sue prodezze è stato così riassunto, dagli avvocati delle vittime: “Se non fosse stato per i crimini per i quali SBF è stato condannato, ovvero il furto e l’uso improprio dei beni dei clienti, oggi i clienti avrebbero posseduto i loro investimenti in criptovalute”.

La dichiarazione sottolinea inoltre una possibile beffa contenuta nel codice fallimentare. Questi, infatti, richiede di dare priorità ad alcuni creditori rispetto ad altri, in modo tale che i detentori del token FTT di FTX verrebbero a trovarsi in fondo all’elenco delle priorità. Ne consegue la probabilità che per loro non resti nulla, una volta rimborsati coloro che li precedono.

La chiusa del discorso è arrivata da Markowitz. Secondo l’avvocato, infatti, non è ancora chiaro quali saranno i danni. A impedire una visione corretta il mancato completamento della contabilità, da parte delle autorità. Per poi aggiungere che, se il valore fluttuante delle criptovalute potrebbe cambiare il quadro, c’è una certezza: i danni supererebbero gli otto miliardi di dollari.

Alcuni creditori di FTX, a sorpresa, hanno rifiutato il piano di riorganizzazione fallimentare: vediamo perché

Se in un primo momento sembrava che la vicenda di FTX, lo scambio di criptovalute clamorosamente fallito nel novembre del 2022, potesse andare in porto senza ulteriori scossoni, la certezza lascia ora il posto a nuovi sviluppi.

Alcuni creditori dell’exchange di criptovalute in bancarotta FTX, infatti, hanno presentato un’obiezione al piano di riorganizzazione proposto dalla piattaforma, citando il suo mancato rispetto di determinati requisiti del Codice fallimentare.

Secondo un tweet di Sunil Kavuri, uno dei creditori attivamente impegnati nella questione, il piano di riorganizzazione presentato, infatti, non solo ignorerebbe le questioni relative ai diritti di proprietà, ma non soddisferebbe il test del miglior interesse e conterrebbe un’analisi incoerente della liquidazione dei debitori.

I creditori dicono no al piano di riorganizzazione di FTX

I creditori di FTX Ahmed Abd El-Razek, Pat Rabbitte, Noia Capital e Sunil Kavuri hanno presentato un’opposizione al tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware il passato 6 giugno. Ovvero un mese dopo che l’exchange di criptovalute aveva presentato un piano di riorganizzazione e proposto le modalità per rimborsare i clienti.

Se il passato 7 maggio, quando FTX ha rivelato di aver ottenuto più denaro di quanto fosse necessario per effettuare i rimborsi e concludere il processo di fallimento, sembrava tutto pronto per andare velocemente verso la conclusione della vicenda, ora il quadro sta mutando in maniera imprevista.

I creditori, o almeno una parte di essi, non sembrano gradire la proposta della piattaforma di scambio fondata da Sam Bankman-Fried. Ma quali sono i motivi di questa opposizione? Andiamo a cercare di capire meglio la questione.

FTX: cosa sta accadendo in queste ore

Secondo il piano di riorganizzazione proposto, FTX pagherebbe il 98% dei creditori con crediti inferiori a 50mila dollari, con il 118% dei crediti consentiti, entro sessanta giorni dall’approvazione del piano. Mentre i creditori non governativi riceverebbero il 100% dei loro crediti e potenziali pagamenti di interessi aggiuntivi del 9%.

Il dato in questione ha in effetti rappresentato una vera e propria sorpresa, all’atto della presentazione del piano. Nonostante i clienti e le altre parti interessate abbiano perso circa 11 miliardi di dollari con il crollo dell’exchange, la vendita di asset e il consolidamento di fondi provenienti da varie entità ha permesso di metterne insieme oltre 16 miliardi. Molto più di quanto si pensava in un primo momento.

Tutto a posto? Non proprio. Se la comunità formata dai creditori ha risposto positivamente al piano proposto, Kavuri e altri creditori hanno invece espresso la loro disapprovazione per i suoi termini. Tanto da presentare formale istanza di opposizione al tribunale incaricato di vagliare la questione.

I creditori vogliono essere rimborsati in criptovalute: come mai?

Il punto centrale dell’opposizione presentata sembra da individuare nel fatto che gli obiettori vorrebbero rimborsi in criptovaluta. In tal modo, infatti, sarebbe possibile evitare una segnalazione fiscale la quale si andrebbe a tradurre nel pagamento di tasse. Tasse che sono appunto da versare ogni volta che il denaro virtuale è trasformato in valuta reale.

Kavuri e gli altri creditori propongono invece una via diversa. Vorrebbero che i curatori fallimentari di FTX stipulassero un accordo con un altro scambio. In tal modo sarebbe possibile effettuare le distribuzioni in valuta virtuale, bypassando ogni problematica fiscale.

A ciò, gli obiettori aggiungono il fatto che il piano proposto non sarebbe confermabile da un punto di vista normativo. Inoltre includerebbe liberatorie non nell’interesse dell’eredità, termini di servizio e dichiarazioni inequivocabili dei debitori.

Ora sarà il tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware a dare il suo giudizio sul ricorso. Un parere il quale è naturalmente atteso con molta curiosità, considerato il clamore suscitato dalla vicenda.

FTX, si va verso il lieto fine? Proposto un piano di rientro che permetterebbe a quasi tutti i creditori di avere il 118% dei propri fondi

Sembra finalmente avviarsi ad una risoluzione il crac di FTX, l’exchange fondato da Sam Bankman-Fried crollato clamorosamente nel 2022. Una risoluzione la quale, contrariamente alle previsioni, potrebbe essere felice per i creditori.

L’exchange di criptovalute in bancarotta ha infatti proposto un nuovo piano di riorganizzazione il quale vedrebbe il 98% dei suoi creditori recuperare il 118% dei propri crediti. I pagamenti dovrebbero avvenire in contanti ed entro un termine di 60 giorni dall’approvazione del tribunale. Questa è l’ipotesi prospettata nei nuovi documenti che sono stati depositati nella serata di ieri.

FTX: la soluzione è dietro l’angolo?

La soluzione che si va prospettando per i creditori di FTX sembra in effetti molto positiva. Stando al paino delineato, altri creditori non governativi recupereranno infatti il 100% dei propri crediti più un interesse fino al 9% teso a compensarli “del valore temporale dei loro investimenti”.

Occorre a questo punto specificare che l’accordo è ancora soggetto all’approvazione del tribunale fallimentare del Delaware, chiamato a supervisionare il fallimento dell’exchange. Sembra comunque da scartare, a meno di clamorose sorprese, l’ipotesi di un rigetto dello stesso.

I pagamenti proposti sono infatti superiori alle stime precedenti del patrimonio FTX, che nel passato mese di ottobre aveva dichiarato di essere in grado di rimborsare solo il 90% dei fondi dei clienti. Nel mese di gennaio, però, l’attuale CEO dell’azienda, John Jay Ray III, ha rivisto tale stima, affermando di fronte alla corte che si aspettava di essere in grado di ripagare integralmente i clienti.

Le dichiarazioni di FTX

La liquidità di FTX desta in effetti molta sorpresa. Anche perché l’azienda nega che a favorirne la formazione sia stata la ripresa fatta registrare dal mercato criptovalutario. Resta naturalmente l’irritazione dei clienti i quali non hanno potuto approfittarne, in quanto i loro asset erano bloccati nel limbo causato dalla bancarotta. Irritazione la quale può però essere compensata dal rientro in possesso dei propri beni, che non è solitamente il logico corollario di tale genere di eventi.

In un comunicato stampa emesso nella giornata di ieri, FTX ha dichiarato di attendersi il possesso di un patrimonio tra i 14,5 e i 16,3 miliardi di dollari in contanti. Una mole di risorse da destinare integralmente ai rimborsi, sperando che il piano sia approvato dal tribunale fallimentare del Delaware. Un patrimonio il quale può essere considerato il risultato di un anno e mezzo di rastrellamenti. Nel corso del quale sono stati riuniti gli attivi societari sparsi tra le varie filiali disseminate lungo il globo in attesa di liquidarli.

Lieto fine per tutti, ma non certo per Sam Bankman-Fried

Per capire quanto accaduto basta in effetti visionare il comunicato stampa emesso per l’occasione. All’interno del quale si riconosce che i debitori non sono stati in grado di beneficiare dell’apprezzamento degli asset detenuti dall’exchange durante la procedura collegata alla richiesta di associazione al Chapter 11, la procedura fallimentare utilizzata negli Stati Uniti.

Inoltre, si afferma che per generare la liquidità tesa a ripagare le richieste di rimborso, l’azienda ha attinto da altre fonti di valore. Al loro interno rientrano, ad esempio, gli investimenti effettuati da FTX e Alameda Research, a partire dalla quota dell’8% nella startup di intelligenza artificiale Anthropic, venduta in maniera frammentaria a investitori istituzionali per 884 milioni di dollari, nel passato mese di marzo.

Si va insomma verso un lieto fine, per i creditori di FTX. Che possono anche essere soddisfatti per la sorte riservata a Sam Bankman-Fried nelle aule di tribunale. Il fondatore dell’exchange, infatti, ha riportato una condanna a ben 25 anni di reclusione. Una pena esemplare, la quale sembra fare da monito verso coloro che intendono truffare i propri clienti. Tale da ricordare che negli Stati Uniti, i reati di carattere finanziario sono considerati gravissimi, proprio perché vanno a inficiare la fiducia nel sistema.

Sam Bankman-Fried condannato a 25 anni di prigione

Nella mattina di ieri è finalmente arrivata la condanna che l’opinione pubblica si attendeva nei confronti di Sam Bankman-Fried, il fondatore dell’exchange di criptovaluta FTX fallito nel novembre del 2022. Un giudice federale di Manhattan lo ha infatti condannato a 25 anni di reclusione per i reati di frode e cospirazione.

La condanna è apparentemente molto dura, in linea con le aspettative. Resta però da capire quanti di questi 25 anni SBF sconterà all’interno di una struttura penitenziaria statunitense. Un quesito che ha iniziato a serpeggiare immediatamente presso l’opinione pubblica e, soprattutto, tra coloro che hanno perso i propri soldi con il crac di FTX.

Quanti anni sconterà effettivamente, Sam Bankman-Fried? 

Quanti anni sconterà realmente Sam Bankman-Fried, dei 25 che gli sono stati erogati dalla corte federale di Manhattan, la metà di quelli che poteva vedersi erogati nel peggiore dei casi? In effetti la pena è molto dura, ma anche il sistema giudiziario a stelle e strisce presenta una serie di istituti che possono consentire ai condannati di vedersi ridotta la pena, a volte anche in maniera sostanziale. 

Secondo gli esperti, in questo caso la risposta è abbastanza facile. A renderla tale il fatto che i codici e i calcoli utilizzati dal Federal Bureau of Prisons per valutare i prigionieri, incentivarli e gestire le loro condanne sono abbastanza standardizzati. 

Secondo Christopher Zoukis, un consulente dell’amministrazione penitenziaria, avendo il fondatore di FTX ricevuto una condanna superiore ai dodici mesi, con ogni probabilità potrà avvalersi di una riduzione automatica della pena del 15%. Si tratta di 3,75 anni i quali possono però essere nuovamente aggiunti alla pena nel caso in cui Bankman-Fried dovesse rendersi protagonista di qualche reato nel periodo in cui sarà detenuto.

Per il resto, ovvero 21,25 anni, il pronostico generale è che sarà trascorso interamente in custodia federale da quello che era un indiscutibile protagonista della criptosfera, prima di cadere in disgrazia.

Per capire la durezza della condanna, occorre ricordare come Bankman-Fried abbia ricevuto più del doppio della pena dell’ultima grande manager americana condannata per truffa, Elizabeth Holmes, la creatrice di Theranos condannata a 11 anni nel gennaio del 2022.

La difesa aveva dal canto suo chiesto una pena massima di sei anni. A motivarla il fatto che si trattasse di un incensurato il quale aveva compiuto reati non violenti. Con tutta evidenza, le perdite e le sofferenze causate alla clientela sono state ritenute altrettanto gravi.

Il sistema giudiziario federale è più duro

A rendere probabile lo scenario in questione è il fatto che sono pochi i programmi in grado di abbreviare il periodo di detenzione di SBF. Nella migliore delle ipotesi, comunque, potrebbero andare a incidere per periodi tra uno e due anni. Tali quindi da non mutare di molto la questione. 

Il sistema giudiziario federale, in effetti, è molto più duro di quelli messi in campo dai singoli Stati. Ad esempio, il sistema delle pene californiano è in grado di incidere molto sui periodi di detenzione, arrivando a cancellarne sino a più della metà. La sua applicazione è collegata al buon comportamento dei reclusi e altri fattori, mirando a recuperare gli interessati. Il sistema federale, però, come ricordato da Zoukis, non prevede scorciatoie di questo genere.

Le uniche eccezioni che potrebbero essere utilizzate dal fondatore di FTX sono due: il First Step Act e la presenza di un disturbo derivante dall’abuso verificabile di sostanze, da trattare mediante un programma carcerario residenziale. In entrambi i casi Bankman-Fried potrebbe risparmiarsi un anno di detenzione, ma non di più.

Anche se riuscisse a mantenere un comportamento impeccabile lungo tutto il corso della sua detenzione, quindi, la sostanza non muterebbe molto. L’ex infant prodige dell’innovazione finanziaria è destinato a restare recluso sino almeno ai 51 anni. E, soprattutto, dovrà fare i conti con un regime carcerario duro.

Almeno da questo punto di vista, i tanti investitori rovinati dal crac di FTX potranno avere soddisfazione, sperando che nel frattempo possano uscire fuori risorse in grado di porre riparo ad almeno una parte delle perdite patite.

FTX, le richieste di risarcimento vanno da 3 a 5 miliardi di dollari

Tra i 3 e i 5 miliardi di dollari: questo è il primo conto presentato dal governo degli Stati Uniti alla proprietà di FTX. La richiesta è stata presentata presso il tribunale che si sta occupando della questione e include i clienti FTX, i prestatori di Alameda Research, le spese amministrative e le richieste dei creditori non governativi. Questo è però solo l’antipasto, poiché arriveranno anche i pagamenti relativi alle richieste di risarcimento del governo degli Stati Uniti.

L’entità reale dei risarcimenti è ancora incerta

Oscilla quindi tra i 3 e i 5 miliardi di dollari l’entità delle prime richieste di risarcimento del governo degli Stati Uniti (USA) nei confronti di FTX, l’exchange di criptovalute crollato all’inizio di novembre del 2022. Un crac clamoroso, tale da inghiottire decine di miliardi di dollari e rovinare un gran numero di investitori.

Un evento che ha contribuito ad amplificare gli effetti del crypto winter riversandosi alla stregua di un uragano sul mercato delle cripotvalute. Un uragano per il quale, ora, la giustizia statunitense è chiamata a dispensare le punizioni.

Questo è quanto riportato in un documento presentato alla Corte per il distretto meridionale di New York, che si sta occupando della vicenda. Occorre comunque precisare che si tratta per ora di semplici indicazioni, in quanto le cifre potrebbero essere soggette a modifiche a seguito di negoziazioni con le autorità competenti.

Dopo l’evasione di tutte le richieste di risarcimento governative e fiscali, i debitori potranno utilizzare i proventi residui, se ce ne saranno ancora, a favore degli azionisti. A imporre questo percorso è il Chapter 11, la modalità che regola le procedure fallimentari negli Stati Uniti.

Inoltre, i debitori propongono che il 100% dei “proventi della remissione SNDY”, ovvero fondi o beni restituiti alla proprietà FTX da parte dell’ufficio del procuratore degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York o da altre autorità governative all’interno di un processo di remissione, sia distribuito ai clienti danneggiati e ai prestatori di Alameda Resarch.

Una volta che saranno state coperte le spese amministrative e soddisfatti i creditori non governativi, sino ad un quarto di quanto distribuibile andrà poi a coprire le richieste di imposte federali sul reddito degli Stati Uniti. Mentre il resto sarà usato a copertura delle richieste di Commodity Futures Trading Commission e altre autorità governative.

Una linea di difesa sconsiderata

Mentre le vicende processuali vanno avanti, non smette di far discutere la protervia di Sam Bankman-Fried. Il CEO e fondatore di FTX, infatti, ha affermato che non c’è stato alcun danno per i clienti dell’exchange fallito. Affermazioni additate come sconsiderate e false dall’attuale CEO di FTX, John J. Ray III.

Bastava infatti leggere alcune delle tante testimonianze depositate in tribunale dagli interessati, per capire come la realtà sia drammaticamente diversa. Una sorta di scollegamento testimoniato del resto dalla difesa di Bankman-Fried, che ha proposto una pena di sei anni di reclusione. Mentre l’accusa ha indicato come congrua una pena detentiva da 40 a 50 anni, con il corollario di una multa pari a 11 miliardi di dollari.

Richieste le quali sono additate dalla difesa del fondatore di FTX come il rigurgito di una visione medievale della giustizia. Un riferimento, quello al Medioevo, che probabilmente sarebbe più adatto alla visione della vita evidenziata da Sam Bankman Fried durante la sua navigazione nel mondo del business.

Le ricadute politiche della questione FTX

Naturalmente, le vicende processuali di FTX sono destinate a lasciare ripercussioni di non poco conto. In particolare, potrebbero andare a influenzare la discussione politica, in cui proprio il tema degli asset digitali sta assumendo grande rilevanza.

Ad avvantaggiarsi dell’impressione sgradevole che lascia il crac dello scambio potrebbe essere in particolare chi propone una regolamentazione stretta del settore. A partire da Liz Warren, molto attiva su questo fronte, tanto da essere indicata alla stregua di una bestia nera dai criptofans. In effetti sembra impossibile far finta di nulla a fronte di una vicenda come quella di FTX, dalla quale emerge chiaramente la pericolosità di un quadro normativo ben preciso.

Sam Bankman-Fried rischia sino a 50 anni di prigione e 11 miliardi di multa

Sino a 50 anni di reclusione e 11 miliardi di dollari di multa: questa è la pena che i pubblici ministeri nel caso di frode federale contro Sam Bankman-Fried hanno indicato nella giornata di venerdì per il fondatore ed ex amministratore delegato di FTX. Se serviva l’ennesima riprova che i reati finanziari negli Stati Uniti sono perseguiti con durezza draconiana, questa ne è l’ennesima riprova.

La pena in questione è stata indicata all’interno di una nota di sentenza che è stata depositata nella giornata di venerdì dal distretto meridionale di New York del Department of Justice (DoJ) degli Stati Uniti. Una pena la quale corrisponde alle sette accuse per le quali Bankman-Fried è stato riconosciuto colpevole, a partire da quelle di frode e cospirazione, per la vicenda culminata nel crac di quello che era ormai diventato uno degli exchange di criptovalute più importanti a livello globale.

Le richieste dei giudici destano scalpore, ma sino ad un certo punto

È stato l’avvocato Damian Williams a indicare i motivi della richiesta: “Sebbene sia improbabile (ma non impossibile) che l’imputato lavorerà di nuovo nel settore finanziario, e probabilmente perderà tutti i suoi guadagni illeciti, la giustizia richiede che riceva una pena detentiva proporzionata alle dimensioni straordinarie dei suoi crimini. Per questi motivi, i legittimi fini della punizione richiedono una pena da 40 a 50 anni di reclusione.”

Riepilogando i termini della questione, I pubblici ministeri hanno voluto ricordare come Bankman-Fried e coloro che lo hanno appoggiato nella sua impresa criminale, si è appropriato indebitamente di miliardi di dollari. Ovvero dei fondi dei clienti che si erano rivolti a FTX per condurre le proprie operazioni di trading crypto.

Un’azione condotta in maniera scientifica facendo leva su una società sorella di FTX, Alameda Research. Anche su questo punto il documento elaborato sulla questione è molto netto, come ha ricordato lo stesso Williams: “Tutta questa condotta era intenzionale. In ogni ambito della sua attività, e rispetto ad ogni crimine  commesso, l’imputato ha dimostrato una sfacciata mancanza di rispetto per lo stato di diritto. Ha capito le regole, ma ha deciso che non si applicavano a lui. Sapeva cosa la società considerava illegale e non etico, ma ignorava ciò che si basava su una perniciosa megalomania guidata dai valori e dal senso di superiorità dell’imputato”.

I motivi della richiesta

A spiegare i motivi che spingono ad una lunga condanna, è il fatto che pur non trattandosi di reati violenti, non di meno quelli finanziari hanno grandi ricadute sociali. Paradossalmente, a Sam Bankman-Fries potrebbe anche essere andata bene. Le linee guida federali per i crimini di cui si è macchiat0, infatti, potevano tramutarsi in oltre 100 anni di reclusione.

Ancora Williams ha infatti affermato: “I crimini di Bankman-Fried sono stati gravi e di lunga durata, causando  perdite per miliardi di dollari e danni significativi a decine di migliaia di vittime, sia a livello finanziario che emotivo. L’enormità della perdita in questo caso, e il fatto che la stessa sia avvenuta sotto forma di furto del denaro delle vittime, colloca Bankman-Fried in una categoria di imputati in cui sono appropriate condanne a quaranta anni o più.”

Gli avvocati specializzati in diritto fallimentare hanno proprio di recente dichiarato di aver elaborato un piano teso a rimborsare i clienti danneggiati. Il piano si fonda sulle risorse recuperate dopo lunghe ricerche. Inoltre, proverranno dall’alienazione delle rimanenti partecipazioni in criptovaluta dell’exchange.
Resta però da capire se basteranno per ripagare tutte le migliaia di utenti che hanno visto sparire i propri soldi nel crollo più clamoroso degli ultimi anni. Un crac che ha ulteriormente aggravato il crypto winter in atto e gettato discredito sull’intero settore dell’innovazione finanziaria.