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Tag: blockchain

Drake, le scommesse sportive su blockchain non vanno molto bene

Le scommesse, sportive o di altro genere, su blockchain rappresentano una nuova tendenza, per coloro che amano l’azzardo. Chi le conduce, però, dovrebbe ricordarsi di utilizzare quel minimo di prudenza dettato dal buon senso, come per ogni attività di questo genere.

Un accorgimento il quale non sembra essere nelle corde di Drake. Il cantante canadese infatti, è sul punto di perdere ben un milione di dollari in criptovalute, dopo aver piazzato due scommesse individuali da mezzo milione sui Dallas Mavericks (NBA) e sugli Edmonton Oilers (NHL).

Drake, le scommesse su blockchain non sembrano il suo forte

Accanito scommettitore, il cantante canadese Drake non sembra però molto accorto nelle sue scelte. A dimostrarlo l’avvicinarsi a grandi passi della perdita di un milione di dollari, riversati in una duplice scommessa sulle finali dei tornei di basket e hockey su ghiaccio in svolgimento negli Stati Uniti.

Per ora, almeno nel basket la perdita è stata rimandata. Nel corso della notte, infatti, i Mavericks di Luka Doncic hanno battuto i Boston Celtics, evitando un imbarazzante cappotto da parte della squadra del Massachusetts. Ora, però, dovranno recarsi in casa degli avversari, dove l’atmosfera infuocata è di norma, rendendo difficile a chiunque venirne a capo.

Gli Oilers, al contrario, giovedì hanno perso la terza partita consecutiva contro i Florida Panthers nel campionato di hockey. Occorre sottolineare come uscire vittoriosi in una serie al meglio delle sette partite partendo da una tripla sconfitta sia un evento più unico che raro, nello sport professionistico, ad ogni latitudine.

La scommessa di Drake su Stake

È stato lo stesso Drake, il passato 6 giugno, a dichiarare di aver piazzato le scommesse sul crypto casinò Stake utilizzando Bitcoin. Nel farlo ha pubblicato le schedine su Instagram, accompagnate da un messaggio eloquente: “Dallas perché sono texano. I petrolieri si spiegano da soli. Le scelte sono @palo.”

Considerato come Drake vanti collaborazioni con il crypto casinò, nel passato, qualcuno ha pensato che tale pubblicazione potrebbe essere stata incentivata da un punto di vista monetario. In particolare si ricorda quella avviata nel 2022, descritta come inevitabile dall’artista, culminata in entrate per 2,6 miliardi di dollari nell’arco dell’anno.

Nel caso in cui Mavericks e Oilers riuscissero a ribaltare le rispettive serie, Drake intascherebbe rispettivamente 1,375 e 1,025 milioni di dollari. Al momento, però, sembra una vera e propria chimera. Occorre del resto sottolineare come il 37enne cantante canadese abbia ormai una certa abitudine a perdere Bitcoin nelle sue scommesse su blockchain. Nel passato mese di marzo, infatti, ha scommesso 615 mila dollari in un incontro di boxe tra Francis Ngannou e Anthony Joshua. Il primo, su cui aveva indirizzato la sua puntata, è finito al tappeto dopo appena due round.

La fortuna dei crypto casinò è in ascesa

Le scommesse di Drake sono state ampiamente discusse sui media, tramutandosi in una vera e propria campagna promozionale per i casinò su blockchain. Stake è uno di quelli che stanno calamitando grande attenzione da parte degli amanti del gambling e lo sta facendo per effetto di alcune caratteristiche molto gradite.

Tra le quali spicca proprio la possibilità di giocare utilizzando asset digitali. In tal modo, infatti, le procedure necessarie per l’iscrizione sono compresse al massimo. Una volta forniti i dati personali, è possibile iniziare a giocare a stretto giro di posta. Non sono necessarie verifiche KYC (Know Your Customer), invise a molti, in quanto basta collegare il proprio wallet alla piattaforma.

Molti di questi siti, inoltre, possono essere fruiti su Telegram, tramite utilizzo di un semplice bot. Presentando peraltro bonus di benvenuto nell’ordine delle migliaia di dollari. Un livello neanche lontanamente paragonabile a quello evidenziato dalle piattaforme online dotate di licenze spesso restrittive in tal senso.

Biden, a sorpresa, sta cercando donazioni dalle aziende blockchain, insorge la criptosfera

Secondo quanto riferito da The Block, il team che si occupa della campagna elettorale per conto di Joe Biden sta valutando la possibilità di accettare donazioni di criptovalute. Ad incaricarsi della raccolta sarebbe, altra sorpresa di non poco conto, Coinbase. Ovvero la stessa azienda che ha già effettuato cospicue donazioni a Fairshake, il super PAC (Political Action Committee) che sta foraggiando la campagna di una serie di candidati pro-criptovalute, in vista delle elezioni di novembre.

Biden cerca finanziamenti tra le aziende blockchain, secondo The Block

Le indiscrezioni relative al tentativo di Joe Biden di trovare finanziamenti nel settore dell’innovazione finanziaria, sono state pubblicate da The Block nella giornata di ieri. Si tratta di una sorpresa di non poco conto, considerato come il presidente degli Stati Uniti non abbia mai fatto passi indietro nella sua crociata contro il settore.

Quello adombrato da The Block è un vero e proprio tentativo di coinvolgere gli elettori focalizzati sulle criptovalute. Una risposta al sostegno del settore e all’accettazione delle donazioni di criptovalute da parte del candidato rivale Donald Trump.

Stando a quanto riferito nel rapporto, il team di Biden sarebbe in trattative con Coinbase Commerce, un servizio di pagamento il quale consente ai commercianti di accettare criptovalute. Servizio che, per inciso, ha già facilitato questo genere di donazioni per la campagna di Trump.

La reazione della criptosfera, tra ironia e rabbia

Le indiscrezioni in questione non potevano certo restare senza reazioni, considerato l’atteggiamento mostrato dall’attuale amministrazione nei confronti del settore blockchain. Una reazione che non ha mancato di indirizzarsi verso l’ironia. Facilitata dal fatto che la squadra di Biden si sia rivolta proprio ad una delle vittime della guerra da questi condotta verso le criptovalute.

Coinbase, infatti, è stato citato in giudizio nel giugno del 2023, per aver offerto agli investitori titoli non registrati. Una citazione che è alla base dei cospicui finanziamenti che l’exchange ha deciso di indirizzare verso Donald Trump. E ad una serie di candidati favorevoli all’innovazione finanziaria, molto spesso repubblicani.

Chi ha mostrato molto fastidio verso le notizie di The Block è stato il fondatore di Crypto Capital Venture Dan Gambardello. Queste le sue parole, al proposito: “Quindi, l’amministrazione Biden e la SEC trascorrono anni cercando di annientare le criptovalute e persino di citare in giudizio Coinbase… Ma ora si stanno affrettando per organizzare donazioni di criptovalute tramite Coinbase?” Molto secca la chiusa del suo discorso, tale da non lasciare dubbi: “Wow, pensano davvero che gli americani siano stupidi.”

Così come non sembrano lasciare dubbi altre dichiarazioni dello stesso tenore. A partire da quelle rilasciate da un educatore di Ethereum, Anthony Sassano, il quale ha causticamente affermato che ormai sarebbe un mondo popolato da clown. Per poi aggiungere: “Biden vuole accettare donazioni di criptovalute, ma i suoi amici della SEC stanno facendo causa alle più grandi società di criptovalute con sede negli Stati Uniti (Coinbase, Kraken, Uniswap Labs).”

Il 13 giugno, è stato poi Nic Carter, partner di Castle Island Ventures, a pubblicare un elenco di tutte le azioni intraprese dall’amministrazione Biden nella sua guerra alle criptovalute. Chiudendo a sua volta in questo modo: “E hanno l’assoluta temerarietà di pensare che doneremo criptovalute alla campagna?”

Mentre ha pigiato con ancora più forza sul pedale dell’ironia Joe Carlasare. Ha infatti affermato: “La SEC di Biden ha citato in giudizio Coinbase presso un tribunale federale sostenendo che non ha il diritto di esistere come scambio. Allo stesso tempo, la campagna Biden si sta preparando ad accettare donazioni di criptovalute tramite Coinbase.”

Per Trump la strada sembra in discesa, con gli elettori che detengono valuta virtuale

La reazione delle aziende blockchain fa largamente capire il sentimento prevalente nel settore. Un sentimento di cui si prepara ad approfittare Donald Trump. Il candidato repubblicano, infatti, non si è fatto sfuggire occasione per lisciare il pelo alla criptosfera.

Lo dimostra la sua ultima mossa, la proclamazione dell’appoggio alle aziende operanti nel mining. Nell’offrirlo, Trump ha affermato che l’obiettivo è minare tutti i Bitcoin rimanenti all’interno degli Stati Uniti.

Un ennesimo passo, quello di Trump, che dimostra la sua volontà di non tralasciare nulla per avere l’appoggio del settore. Un appoggio il quale, alla luce dei sondaggi, potrebbe essere decisivo nella corsa alla Casa Bianca.

Blockchain modulari: cosa sono e cosa si propongono

L’universo blockchain è alla continua ricerca di nuove soluzioni tese a migliorarne la fruibilità. In particolare, gli sviluppatori del settore stanno concentrando i propri sforzi nella risoluzione dei problemi collegati al cosiddetto trilemma della blockchain. A comporlo tre aspetti chiave nell’ottica di una catena effettivamente performante, ovvero la scalabilità, la decentralizzazione e la sicurezza.

Secondo la stragrande maggioranza degli esperti, nessuno è ancora riuscito ad unire al massimo livello questi tre aspetti. Proprio per questo gli sviluppatori continuano a lavorare per poter dare risposte effettivamente performanti al problema. Tra le soluzioni più promettenti, una menzione di merito spetta alle blockchain modulari. Di cosa si tratta?

Blockchain modulari: cosa sono

Le blockchain modulari rappresentano un modello alternativo rispetto a quello rappresentato dalle catene monolitiche di prima generazione. Nella loro realizzazione, gli sviluppatori hanno deciso di adottare un’architettura a più livelli, la quale provvede a distribuire le attività primarie in funzioni specializzate. Proprio l’assegnazione di funzioni specifiche a diversi livelli, rende possibile alle blockchain modulari di dare vita a soluzioni più scalabili e personalizzabili. Il tutto senza andare a compromettere i necessari livelli di sicurezza e decentralizzazione.

Il loro operato si concentra su quattro funzioni principali: esecuzione, regolamento, consenso e disponibilità dei dati. L’esecuzione prevede l’elaborazione delle transazioni, il regolamento va a garantire la loro destinazione, il consenso serve ad ufficializzarne l’autenticità e la disponibilità dei dati si concretizza con l’archiviazione dei dati ad esse relativi. Proprio il design modulare rende possibile il conseguimento di una maggiore flessibilità ed efficienza. Garantendo, in definitiva, una soluzione adeguata per il trilemma della blockchain.

Gli strumenti in grado di rendere modulari le catene sono soprattutto di tre tipi:

  • Rollup, che funge da livello di esecuzione, provvedendo all’elaborazione delle transazioni e alla pubblicazione dei dati su una rete Layer 1;
  • Sovereign rollup, i quali non richiedono smart contract per la convalida delle transazioni. Agiscono come livello di esecuzione e di regolamento, con i blocchi di dati che vengono direttamente pubblicati nel rollup. I sovereign rollup non richiedono smart contract L1 per la convalida.
  • Validium, basato su una rete di validatori Proof-of-Stake. Si tratta di una variante dei rollup che elabora le transazioni fuori dalla catena principale, prima di inviare i dati a una blockchain di primo livello.

Blockchain modulari: quali sono i pro e i contro

Le blockchain modulari presentano vantaggi di non poco conto, rispetto a quelle di prima generazione. In particolare, i seguenti:

  • maggiore scalabilità, resa possibile dalla diffusione di attività ad alta intensità su livelli separati. In tal modo si innalza il rendimento complessivo, senza ricadute sul piano della decentralizzazione;
  • interoperabilità, ovvero la capacità di mettere in comunicazione più catene Layer 1 e 2. La flessibilità in questione consente agli sviluppatori di utilizzare Ethereum Virtual Machine (EVM) o altre macchine virtuali sulla base delle proprie esigenze. Ne consegue la creazione di ambienti più adattabili e favorevoli, per gli sviluppatori ;
  • sviluppo di applicazioni versatili, con il varo di applicazioni universali in grado di facilitare le relazioni per gli utenti nell’ecosistema blockchain. La versatilità si traduce a sua volta nella creazione di una gamma più ampia di applicazioni decentralizzate non solo sicure, ma anche efficienti.

Naturalmente, ci sono anche alcuni difetti da tenere presenti. In particolare, le blockchain modulari sono ancora in una fase iniziale del loro sviluppo. Una fase quindi sperimentale, che necessita di verifiche sul campo. In particolare, deve essere testata la loro capacità di risposta in condizioni di alto traffico, nella realtà quotidiana.

Conclusioni

Le blockchain modulari, ad esempio Celestia, rappresentano una possibile risposta la cosiddetto trilemma della blockchain. La distribuzione dei carichi di lavoro su più livelli può in effetti sgravare le reti e attenuarne lo stato di stress.

Al tempo stesso, però, si tratta di una soluzione tecnologica che sta soltanto adesso muovendo i primi passi. Occorre di conseguenza capire se gli entusiasmi sollevati possano essere mantenuti da prestazioni all’altezza delle aspettative suscitate. Ci vorranno quindi anni per capire l’effettiva riuscita dell’operazione.

REZ non delude le attese: sono bastati pochi minuti dopo il lancio su Binance per crescere del 1700%

C’era grande attesa per il lancio di REZ, il token nativo di Renzo Protocol, sul Launchpool di Binance. Una attesa che è stata largamente giustificata dal clamoroso risultato messo a segno dal 53° progetto lanciato sull’exchange fondato da Changpeng Zhao.

Sono infatti bastati pochi minuti a REZ per crescere nell’ordine del 1700% rispetto al prezzo con cui ha fatto il suo esordio. Una conferma non solo per Renzo Protocol, ma anche per il Launchpool di Binance, ormai diventato una sorta di talismano per i progetti in lista di sbarco nella criptosfera.

REZ, il token di Renzo Protocol esplode in maniera fragorosa

Se pochi giorni addietro era stato Ether.fi a calamitare le attenzioni degli investitori crypto, collezionando un +1600% nei minuti successivi al debutto sul Launchpool di Binance, oggi è stato Renzo Protocol a destare grande entusiasmo presso i trader al dettaglio.

REZ, il token nativo della piattaforma di restaking liquido, ha infatti visto crescere la sua quotazione nell’ordine del 1700%. Un esito non stupefacente, comunque, alla luce del gran numero di utenti che aveva deciso di prendere parte alla fase di farming iniziata il passato 24 aprile.

Partito da una quotazione pari a un centesimo di dollaro, il coin ha preso subito una velocità vertiginosa, travolgendo ogni ostacolo. Tanto da arrivare ben presto a 30 centesimi, consigliando molti degli acquirenti a passare subito al realizzo. In questo momento, infatti, la quotazione di REZ si aggira intorno ai 17 centesimi. Tale comunque da portare il dato relativo alla capitalizzazione di mercato a poco meno di duecento milioni di dollari.

Naturalmente resta da capire cosa si verificherà nel corso dei prossimi giorni. Quanto accaduto, però, conferma non solo l’ottimo momento dei protocolli dedicati allo staking liquido, ma anche le potenzialità di Renzo Protocol. Potenzialità che erano già state segnalate da alcuni esperti, nelle passate settimane.

Renzo Protocol: di cosa si tratta?

Renzo Protocol è una soluzione espressamente rivolta al restaking di Ethereum, con il proposito di renderlo molto più semplice. Per farlo utilizza un approccio estremamente innovativo, incentrato su due direttrici: elevata partecipazione degli utenti e massimizzazione dei rendimenti.

Un intento reso concreto dal collegamento diretto all’ecosistema EigenLayer, tale da permettere un aumento in termini di efficienza della blockchain, senza alcuna concessione sul piano della necessaria sicurezza.

Il suo funzionamento prevede il deposito da parte degli utenti di ETH in maniera da coniare ezETH, assicurando al tempo stesso ricompense aggiuntive mediante i servizi attivamente convalidati (AVS). Il nuovo token, REZ, avrà il compito di fungere da propellente, facilitando i pagamenti che avvengono all’interno dell’ecosistema.

Proprio i livelli tecnologici conseguiti hanno permesso a Renzo Protocol di attirare sguardi interessati. Tanto da permettere all’azienda di collezionare 3,2 milioni di dollari di finanziamento. Risorse garantite da un round di finanziamento guidato da Maven 11, cui hanno partecipato realtà come Paper Ventures, SevenX, Figment Capital e IOSG.

Le prospettive per il futuro

Il vero e proprio boom di oggi, anche se ridimensionato con il trascorrere delle ore, dimostra il grande interesse di un gran numero di trader per il restaking liquido. La possibilità di superare l’illiquidità dello staking tradizionale sta in effetti conquistando consensi importanti. Giustificati dal fatto che questo genere di soluzioni apporta vantaggi di non poco rilievo alla finanza decentralizzata.

Mentre flette il prezzo di Bitcoin, tanto da indurre autorevoli osservatori ad ammettere che la prevista bull run posta halving potrebbe non esserci, questi protocolli sembrano destinati a calamitare investimenti da parte di un gran numero di trader al dettaglio.

Per Renzo Protocol, e non solo, sembrano quindi aprirsi prospettive estremamente interessanti, anche nella malaugurata ipotesi di una correzione del mercato. Una correzione la quale era stata prevista dagli analisti di JP Morgan, senza però trovare grande credito.

Manta Network: cos’è, come funziona e cosa si propone

Manta Network è stato lanciato nel 2021 con un intento ben preciso: favorire l’interoperabilità tra le varie blockchain esistenti. Per farlo ha optato per una soluzione tecnologica sempre più popolare, quella rappresentata dal protocollo Zero Knowledge (ZK), tramite zkSNARKs.

Due anni più tardi, nel mese di luglio, è poi avvenuto il lancio sotto forma di optimistic rollup, sull’OP Stack di Optimism, in contemporanea con l’offerta di una piattaforma su cui è possibile la costruzione di applicazioni ZK specializzate. Poco dopo il suo lancio, tuttavia, il team ha virato sui rollup ZK, sfruttando all’uopo il Chain Development Kit (CDK) di Polygon.

Un cambiamento derivante dall’ambizione di trasformarsi in una blockchain di livello 2 equivalente alla Ethereum Virtual Machine (EVM). ponendo in tal modo le basi per diventare la casa per le applicazioni ZK.

Manta Network, cos’è e cosa si propone

Dopo il lancio nel 2021, Manta ha assunto le dimensioni di un progetto di nicchia, almeno sino al dicembre del 2023, quando è stata lanciata la campagna Manta New Paradigm. Una campagna che è stata interpretata come una risposta a Blast, in quanto ha cercato di consentire ai depositanti della catena di guadagnare rendimento sui loro token mediante staking, airdrop e applicazioni di finanza decentralizzata.

Nel corso di questa campagna, agli utenti è stata data facoltà di depositare ETH o USDC sulla blockchain di secondo livello L2 tramite il bridge ufficiale Manta Pacific. Chi aderisce alla proposta è in grado di fare staking liquido, utilizzando quindi i token ricevuti in cambio per generare ulteriori rendimenti. Un risultato ottenuto attraverso la collaborazione con la soluzione di staking omni-chain, StakeStone, e il protocollo di stablecoin a rendimento Mountain Protocol.

Chi ha depositato ETH nell’ambito dell’operazione ha ricevuto in cambio STONE, token che comportano un rendimento su Ethereum, mentre chi lo ha fatto con USDC ha avuto wUSDM, il cui rendimento è assicurato dai buoni del Tesoro degli Stati Uniti, su cui indirizza il suo investimento Mountain Protocol. I token originariamente depositati sono stati quindi bloccati, con gli utenti abilitati a ritirare i depositi iniziali 69 giorni dopo la distribuzione del token MANTA, tramite airdrop.

La tokenomics di Manta Network

Quando si analizza un progetto, è importante dare un’occhiata attenta alla sua tokenomics. Per quanto riguarda Manta Network, il token nativo della blockchain è MANTA. La sua fornitura totale è attestata ad un miliardo di esemplari, un tetto tale da farne una soluzione chiaramente deflattiva. Una caratteristica destinata a stabilizzarne il prezzo nel lungo termine.

Il 36% di tale fornitura è destinato agli airdrop, al Binance Launchpad e ai piani di sviluppo dell’ecosistema. Il resto è stato invece indirizzato a investitori privati, al team di sviluppatori e alla Manta Foundation.

Al momento del lancio, la fornitura iniziale in circolazione era di 251 milioni di token, quindi poco più del 25% della fornitura totale. I token degli investitori saranno rilasciati a tappe, con un piano che prevede la conclusione in tal senso entro e non oltre il mese di gennaio del 2028.

Le prospettive per il futuro

Manta Network si propone in un ambito che è già presidiato da molte soluzioni che hanno già avuto modo di imporsi agli occhi degli investitori. Nel valutare l’opportunità di un investimento sulla blockchain occorre tenere conto di questo dato di fatto.

Nella classifica di CoinMarketCap, relativa alla capitalizzazione di mercato, il token è comunque situato al momento al 147° posto. Segno evidente di un buon interesse da parte di coloro che cercano soluzioni d’investimento alternative a Bitcoin e Altcoin principali.

Per cercare di superare una concorrenza qualificata sarà però necessario un lavoro di aggiornamento molto serrato. Un lavoro il quale è del resto già stato impostato tramite una roadmap dettagliata. Non resta quindi che seguirne l’evoluzione nell’immediato futuro.

Saga, tutto ciò che occorre sapere sul protocollo dedicato allo scaling

Saga è l’ennesima soluzione che cerca di dare risposte concrete al problema della scalabilità. Un tema sempre molto avvertito, proprio perché va a toccare uno dei punti del famoso trilemma della blockchain. Per farlo si propone alla stregua di un portale in cui gli sviluppatori possono implementare le proprie applicazioni decentralizzate e realizzare la propria visione crittografica. Saga fornisce il supporto necessario per implementare una blockchain dedicata, nota come chainlet, rendendola facile quanto l’implementazione di un contratto intelligente. La semplicità, quindi, è la sua caratteristica principale.

Saga: cos’è e come funziona

Agli albori, la maggior parte delle blockchain si presentavano come catene monolitiche. In pratica c’era una sola catena delegata alla gestione di tutte le funzioni principali, dal consenso all’esecuzione, al regolamento e alla disponibilità dei dati.

Un modello che ha funzionato quando le transazioni non erano molte e il carico di lavoro non rischiava di congestionare le reti. Quando i carichi di lavoro si sono intensificati, però, è andato in crisi. Un trend evidente soprattutto nel corso del boom delle ICO (Initial Coin Offering) del 2017 e durante il mercato rialzista del 2020.

In quei frangenti, infatti, le tariffe del gas di Ethereum sono aumentate enormemente, palesando la necessità di porre un rimedio alla situazione, tramite soluzioni scalabili. Ethereum lo ha fatto con il Merge, mentre altri sviluppatori hanno messo in campo soluzioni di vario tipo, come i rollup.

Anche Saga si è assunta questo compito. Per cercare di favorire lo scaling, ha quindi dato vita ad una soluzione rivolta a semplificare il lavoro degli sviluppatori. I quali possono implementare i propri progetti sulla blockchain, ove sarà un gruppo di validatori operanti sulla stessa ad occuparsi della distribuzione automatica della catena contenente il contratto intelligente.

I vantaggi di Saga

La soluzione proposta da Saga prospetta alcuni vantaggi di non poco conto. Il primo dei quali rappresentato dal fatto che grazie al fatto che ogni catena contiene solo un singolo set di contratti intelligenti, gli sviluppatori possono disporre di molta più flessibilità nello sviluppo.

Le varie chainlet non condividono lo spazio del blocco con nessun’altra applicazione, con il risultato di mercato delle tariffe chiaro e trasparente. Inoltre, i componenti della chainlet sono indipendenti dalla macchina virtuale (VM). Ne consegue che gli sviluppatori possono sfruttare qualsiasi macchina virtuale disponibile, si tratti della Ethereum Virtual Machine (EVM), di Solana Virtual Machine (SVM)) o altro protocollo.

E, ancora, ognuno dei componenti di Saga può essere aggiornato in maniera totalmente indipendente dagli altri e dalla mainnet di Saga. Una caratteristica tale da tradursi in una maggiore facilità di aggiornamento del sistema.

Occorre poi rilevare la presenza su ogni catena presente su Saga di un set di validatori. In tal modo viene ad essere sanato uno dei principali problemi delle blockchain di prima generazione, offrendo livelli di sicurezza molto elevati. I validatori sono gestiti utilizzando gli strumenti di orchestrazione di Saga in modo da garantire che siano in grado di gestire ed elaborare automaticamente migliaia di chainlet in esecuzione contemporaneamente su Saga.

Infine, ogni catena è parallelizzata, togliendo di mezzo l’ipotesi di una deleteria concorrenza tra quelle presenti su Saga. Non competono tra loro per le risorse e funzionano indipendentemente l’una dall’altra, aprendo la strada ad un alleggerimento del carico di lavoro sulla blockchain principale.

Le prospettive per il futuro

Abbiamo quindi visto le peculiarità che è in grado di offrire Saga. Una serie di caratteristiche che sembrano disegnate apposta per favorirne l’affermazione in una serie di settori chiave dell’innovazione finanziaria. A partire da quella finanza decentralizzata (DeFi), che è sempre più centrale al suo interno.

Se al momento il focus del progetto è su gioco e intrattenimento, non è arduo pensare che il futuro vedrà un allargamento del suo raggio d’azione. Tale da farne un progetto di grande interesse per i trader alla ricerca di nuove soluzioni d’investimento.

Robert F. Kennedy Jr. promette di pubblicare tutti i fondi federali sulla blockchain

Robert F. Kennedy Jr., candidato indipendente alla presidenza degli Stati Uniti, ha dichiarato domenica la sua intenzione, ove fosse eletto alla Casa Bianca, di pubblicare l’intero bilancio del Paese su blockchain. Una vera e propria ristrutturazione in chiave Web3 che renderebbe il governo degli Stati Uniti molto più trasparente di quanto non lo sia al momento.

Robert F. Kennedy Jr. intende pubblicare il bilancio USA su blockchain

Robert F. Kennedy Jr. ha impostato la sua campagna in qualità di candidato indipendente mettendo un particolare accento sull’innovazione finanziaria. Già nel passato mese di luglio aveva lanciato la proposta di sostenere il dollaro statunitense facendo leva su risorse di Bitcoin.

In questa occasione è andato oltre le semplici criptovalute, puntando sull’utilità della tecnologia alla loro base, la blockchain. Una tecnologia che è da molti considerata una possibile soluzione ad alcuni problemi della politica, a partire dalla trasparenza del voto.

Com’è noto, infatti, una delle sue caratteristiche chiave è l’immutabilità dei dati che sono contenuti al suo interno. Una volta introdotti nel registro a seguito della convalida da parte dei nodi, infatti, non possono più essere modificati.

Proprio questa caratteristica è stata individuata da Kennedy Jr. per lanciare una nuova proposta; pubblicare su blockchain tutti i dati relativi al bilancio federale, facendo in modo che nessuno possa modificarne la destinazione senza essere colto in flagrante.

Nello spiegare la sua proposta, in un video che è stato condiviso su X, lui stesso ha affermato che la facilitazione dei pagamenti giornalieri su un registro distribuito pubblicamente potrebbe rendere le i governanti più responsabili. In teoria, infatti, chiunque sarebbe in grado di vedere come avviene la spesa pubblica. Per farlo basterebbe monitorare quelle che, probabilmente, sarebbero migliaia e migliaia di transazioni registrate ogni giorno.

Una questione di vecchia data

Occorre sottolineare che le parole di Robert F. Kennedy Jr. sono state pronunciate sulla base di un esempio abbastanza famoso e controverso. Nel 2018, infatti, l’opinione pubblica mostrò tutto il suo malumore per le abitudini di acquisto del Pentagono. Al proposito, il candidato indipendente alla presidenza ha affermato: “Avremo 300 milioni di occhi sul nostro budget, e se qualcuno spenderà 16.000 dollari per un sedile del water, tutti lo sapranno”.

Kennedy Jr. ha poi affrontato un altro aspetto di cui si sta discutendo molto, in questa campagna elettorale, ovvero la pericolosità della tecnologia. Secondo lui, infatti, la stessa potrebbe essere utilizzata in maniera impropria da chi governa, trasformandosi in un pendio scivoloso verso la sorveglianza finanziaria. Il riferimento è in particolare al tema della CBDC (Central Bank Digital Currency), nei confronti della quale Donald Trump ha affermato l’intenzione di proporre un bando ove eletto.

Mentre è ormai di vecchia data la sua ammirazione nei confronti del Bitcoin, tanto da farne un vero e proprio asse lungo cui dispiegare la propria campagna elettorale. Basti pensare in tal senso che è stato relatore principale nel corso dell’evento Bitcoin 2023 tenutosi a Miami. Mentre di recente ha fatto la sua apparizione a ETHDenver, una conferenza annuale sulla principale Altcoin.

Le criptovalute sono un tema sempre più presente nella corsa alla Casa Bianca

Le parole dedicate da Robert F. Kennedy Jr. alla blockchain e alle criptovalute in genere non sono del tutto sorprendenti. Nel corso di questa campagna elettorale, che vedrà gli statunitensi votare per la Casa Bianca e il rinnovo del Congresso, più di una volta Bitcoin e innovazione finanziaria sono stati evocati.

Basti pensare, in tal senso, alla vera e propria virata di Donald Trump. L’ex presidente, di nuovo in corsa per i repubblicani, dopo aver cannoneggiato BTC per lungo tempo ha di recente affermato la necessità di conviverci, da parte della politica. Una correzione di rotta dovuta probabilmente alla volontà di ingraziarsi l’industria delle criptovalute.

Una volontà che sembra essere stata recepita in particolare dalla Blockchain Association, la quale si sta impegnando in maniera massiccia per avversare i politici dubbiosi sulle sorti degli asset virtuali. Politici che, molto spesso, fanno riferimento al partito democratico, a partire da Elizabeth Warren e Sherrod Brown.

Shiba Inu, è stato lanciato l’importante aggiornamento Shibarium: a cosa serve?

Shiba Inu ha lanciato l’aggiornamento il passato 18 aprile Shibarium, un secondo livello interno alla blockchain principale il quale è stato esplicitamente progettato al fine di migliorare l’esperienza utente e l’accessibilità.

Grazie a questo aggiornamento, passato praticamente inosservato per la pratica concomitanza con il quarto halving di Bitcoin, l’ecosistema di Shiba Inu si arricchisce ulteriormente. Ponendo in tal modo le condizioni per un suo deciso rafforzamento in vista delle nuove sfide che sono proposte dal mercato crypto.

Con Shibarium l’ecosistema di Shiba Inu si arricchisce ulteriormente

È stato l’account ufficiale Shibarium sulla piattaforma di social media X ad annunciare il rilascio di un nuovo aggiornamento dell’interfaccia utente per la soluzione di livello 2 dell’ecosistema SHIB. “Siamo entusiasti di rilasciare il nuovo aggiornamento dell’interfaccia utente di Shibarium: ora più veloce, fluido e accessibile che mai! Abbiamo ampliato la compatibilità del portafoglio con MetaMask, Coinbase Wallet, Rainbow, Trust Wallet e Wallet Connect per consentire ai tuoi Shiba di connettersi nel modo desiderato. Abbiamo rinnovato la piattaforma da zero per dare priorità all’esperienza dell’utente e alla velocità!”

L’ultimo aggiornamento, meticolosamente realizzato pensando alla community, promette scelta, innovazione ed efficienza senza precedenti per gli appassionati di giochi blockchain. Stando agli sviluppatori, una delle caratteristiche salienti della nuova funzionalità di Shibarium è il livello di diversificazione conseguito. La piattaforma ha notevolmente ampliato la compatibilità con i portafogli, accogliendo ora giganti del settore come MetaMask, Coinbase Wallet, Rainbow, Trust Wallet e Wallet Connect.

Grazie a questo sviluppo, gli utenti hanno ora a disposizione massicce dosi di flessibilità. Tali da aiutarli a integrare alla perfezione Shibarium nei propri ecosistemi finanziari preferiti, grazie ad una serie di opzioni aggiuntive.

Vengono inoltre semplificate le operazioni, grazie all’eliminazione delle librerie esterne ormai ridondanti. E, ancora, viene ad essere migliorata la gestione degli errori per gli smart contract e le API (Application Programming Interface), mentre il passaggio dalle animazioni JavaScript a quelle CSS va a ridurre l’utilizzo della RAM.

Il risultato dell’operazione è così descritta dal team di sviluppo: “Questi miglioramenti contribuiscono a una piattaforma più stabile e reattiva, garantendo un’esperienza più leggera e veloce per tutti gli utenti”.

Una piattaforma che, proprio grazie a Shibarium, intende assumere un posto di rilievo tale da andare molto oltre la sua natura di semplice meme coin. Un esito che era peraltro atteso dalla SHIB Army, l’entusiasta comunità che sostiene il progetto.

Cosa comporta Shibarium, per Shiba Inu?

La creazione di un layer interno equivale in pratica all’adozione di una soluzione tecnologica grazie alla quale ci saranno notevoli miglioramenti, su vari livelli. In particolare, aumenteranno la velocità di rete, i suoi livelli di scalabilità e il numero delle operazioni che potranno essere condotte in porto in maniera indipendente.

Ne dovrebbe quindi risultare, in ultima analisi, una vera e propria rete collettiva, tale da presentare molte analogie con quella già utilizzata da Polygon. Un mutamento di prospettiva il quale rappresenta il preludio per un rapporto sempre più stretto con gli ambiti più interessanti dell’innovazione finanziaria. Ovvero con la DeFi, il GameFi e il metaverso.

Tale rete sarà agevolata da un sistema di scambio innovativo, fondato su un protocollo ove le transazioni hanno luogo principalmente in modalità off-chain.

A renderlo possibile è l’utilizzazione di:  

  • operatori di validazione, nodi della rete cui spetta il compito di convalidare le transazioni mediante l’impiego di un particolare software open source;
  • delegatori di Shibarium, ovvero i singoli utenti i quali consentono di delegare il processo di convalida ai primi, tramite un protocollo di consenso DPoS (Delegated Proof of Stake).

Il sistema che ne conseguirà non necessiterà dell’intervento di tutti gli utenti per la convalida delle transazioni e la creazione di nuovi blocchi. Le operazioni, infatti, saranno concentrate, proprio mediante le singole deleghe, su un numero specifico di nodi e utenti. Un nuovo modus operandi il quale dovrebbe sfociare in transazioni non solo più veloci, ma anche più sicure.

HTX, tutto ciò che occorre sapere sul token della piattaforma di scambio

HTX è un exchange di criptovalute che si caratterizza per la governance. I processi decisionali che avvengono al suo interno, infatti, sono guidati da una DAO, acronimo di Decentralized Anonimous Organization. In pratica, sono gli utenti della piattaforma a decidere su una serie di questioni relative al suo funzionamento. Andiamo quindi a conoscere da vicino il progetto e il token che consente tale partecipazione, per comprenderne meglio le prerogative.

HTX: cos’è e come funziona

HTX è un Decentralized Exchange (DEX), ovvero una piattaforma di scambio crypto decentralizzata. Questo genere di strutture presentano alcuni punti di notevole differenziazione rispetto agli exchange centralizzati come Binance o Coinbase.

Il primo di essi è rappresentato dal fatto che non è necessario procedere a verifiche KYC (Know Your Customer) per poterli utilizzare. Basta infatti collegare il proprio wallet alla piattaforma per iniziare a scambiare asset digitali in modalità P2P (peer-to-peer).

Scambi che avvengono facendo leva sull’Automated Market Maker (AMM) al posto dell’Order Book in voga sui CEX. In questo caso, non occorre attendere che ci sia un compratore, in quanto la transazione viene immediatamente accettata da una controparte sotto forma di smart contract. Un contratto intelligente il quale attinge risorse dalle pool di liquidità presenti all’interni del DEX.

Nel caso di HTX l’altra caratteristica di spicco è rappresentato dal mondo in cui si prendono le decisioni relative al suo funzionamento. Nonostante si tratti di una società fondata in Cina da Leon Li, un ex dipendente di Oracle che ha raccolto oltre dieci milioni di dollari per lanciarlo e attuale amministratore delegato del gruppo, non esiste un vero e proprio capo. Tutti gli sviluppatori della struttura possono partecipare al voto, alla pari con gli altri detentori di HTX, raccolti nella HTX DAO.

Cos’è e a cosa serve il token HTX

L’ecosistema HTX DAO è stato lanciato sulla blockchain di TRON. Si fonda sull’adozione del meccanismo Proof-of-Stake (PoS), coi validatori chiamati a puntare i token per confermare i nuovi blocchi. La scelta della blockchain di Justin Sun è dovuta soprattutto a fattori di convenienza, sicurezza e sostenibilità che la caratterizzano.

I token HTX, quindi, sono stati anch’essi lanciati su TRON e possono essere utilizzati in vari modi. Se abbiamo già citato l’uso nella governance, va aggiunto quello che consente di avere una rendita passiva contribuendo alla liquidità del sistema. Chi opta per questa strada può assicurarsi sino al 30% di Annual Percentage Yield (APY).

Per quanto concerne la tokenomics, è stata fissata a poco meno di un quadrilione di esemplari. Una soglia molto elevata, giustificata dagli sviluppatori di HTX con il grande interesse espresso da molti utenti e investitori nei riguardi del protocollo.

Per quanto riguarda la sua distribuzione, è la seguente:

  • 19% ai primi contributori e per la collocazione presso il pubblico;
  • 19% per i programmi di accesso alla comunità;
  • 17% allo sviluppo della piattaforma;
  • 15% per le collaborazioni;
  • 10% al gruppo degli sviluppatori;
  • 10% per i programmi di ricerca e sviluppo;
  • 10% per il supporto all’ecosistema.

Le prospettive per il futuro

Al momento HTX si trova al 2449° posto nella classifica di CoinMarketCap. Una posizione la quale sembra però del tutto inadeguata a rappresentare l’effettivo livello del progetto. Si tratta infatti di una soluzione, l’exchange decentralizzato, destinato ad assumere una rilevanza sempre maggiore nel futuro immediato.

A favorire questa tendenza è in particolare l’opacità di molti exchange centralizzati. Chi li utilizza, infatti, deve affidare le proprie chiavi private alla piattaforma, con il rischio che, in caso di fallimento, i propri asset siano persi. Come è accaduto del resto nei due crac più famosi della storia, quelli di Mt. Gox (2014) e FTX (2022).

Nel caso dei DEX, al contrario, i token restano sempre nella piena disponibilità dei possessori. Una caratteristica che sta sempre più spingendo il loro successo e che potrebbe quindi largamente favorire anche HTX.

X Layer, OKX ha lanciato la sua rete layer 2 basata su Ethereum

L’exchange di criptovalute OKX, il quarto in ordine di grandezza a livello globale, ha annunciato ieri il lancio della sua rete di scaling layer-2 basata su Ethereum , X Layer, nella mainnet pubblica. Si prospetta quindi come l’ultimo arrivo, almeno per ora, in un settore, quello che si propone di offrire agli utenti di asset virtuali transazioni più veloci ed economiche rispetto alla mainnet di Ethereum, sempre più affollato.

L’exchange con sede a Singapore conta oltre 50 milioni di utenti in tutto il mondo e nel corso dell’ultima giornata di contrattazioni ha visto passare di mano criptovalute per un valore di 4,9 miliardi di dollari. Un dato che gli ha consentito di sorpassare agevolmente Coinbase, fermo a 4 miliardi di dollari, stando ai dati rilasciati da CoinGecko.

X Layer: cos’è e cosa si propone

Costruito utilizzando Polygon Chain Development Kit con il nome di X1, X Layer è anche uno dei primi a sfruttare il cosiddetto AggLayer di Polygon presentato nel passato mese di gennaio. Grazie a questa nuova soluzione, le blockchain diverse che interagiscono con il sistema si muovono all’unisono, come se fossero una sola catena. Possono farlo grazie alla condivisione dello stato di rete e ad una liquidità la quale permette ai fondi di fluire senza problemi da una rete all’altra.

A commentare il suo lancio è stato Haider Rafique, Chief Marketing Officer di OKX. Lo ha fatto in una nota che afferma, tra le altre cose: “Stiamo costruendo un ecosistema che sia il più fluido e interoperabile possibile”, per poi aggiungere che X Layer ha un potenziale illimitato grazie alla forte comunità che segue lo scambio crypto.

X Layer, lanciato su testnet a novembre, consentirà agli utenti di accedere a oltre 170 dApp (applicazioni decentralizzate), con altre il cui lancio è previsto a breve. A partire da questo momento, quelle più importanti rilasciate sul nuovo protocollo includono l’exchange decentralizzato QuickSwap, la piattaforma di creazione di comunità Galxe e quella infrastrutturale Thirdweb.

Ancora Rafique ha commentato al proposito: “Immaginiamo X Layer e altre catene di livello 2 come l’infrastruttura autostradale del mondo Web3, con le dApp come mercati e i portafogli self-hosted alla stregua di veicoli che ti portano al suo interno”.

L’avvento della nuova soluzione layer 2 di OKX è stato oggetto di commento anche da parte di Marc Boiron, il CEO di Polygon. Proprio lui, infatti, ha rilasciato una nota in cui afferma: “X Layer rappresenta un enorme passo avanti nell’ambizione del settore di costruire un Web3 veramente unificato. La connessione di X Layer ad AggLayer risolve la frammentazione della liquidità e degli utenti attraverso le catene.”

Le differenze tra X Layer e Base

Naturalmente, molti esperti di blockchain non hanno tardato a mettere a confronto X Layer con Base, la rete di secondo livello lanciata da Coinbase. Come accade per il protocollo di OKX, basato sul CDK di Polygon, la soluzione dell’exchange statunitense si appoggia all’OP Stack di Optimism, ovvero sul toolkit di un’altra catena molto popolare lanciata sulla EVM.

Una differenza notevole tra Base e Layer X è da individuare nell’adozione da parte di quest’ultima di Zero Knowledge Proof (ZKP). Si tratta di un meccanismo di consenso che permette a qualcuno di dimostrare che un’affermazione è vera senza divulgare l’affermazione stessa. Grazie alla sua implementazione le blockchain che lo utilizzano sono in grado di velocizzare le operazioni senza comprometterne la necessaria sicurezza.

Stando ai dati rilasciati da Dune Analytics, al momento Base avrebbe collezionato circa 154 milioni di transazioni, condotte da otto milioni di utenti. Un dato che potrebbe essere agevolmente raggiunto da X Layer, considerato l’ottimo stato di salute di OKX.

È comunque da sottolineare che le reti layer 2 stanno riscuotendo grande successo, nella criptosfera. Un feeling, quello con i trader, agevolato dal fatto queste soluzioni sono in grado di garantire interazioni più facili ed economiche con le applicazioni decentralizzate.

NetMind, tutto ciò che occorre sapere sul protocollo

Le GPU (graphics processing unit) molto spesso non sono utilizzate al meglio delle loro potenzialità. Proprio per questo motivo nel corso degli ultimi anni sono nati alcuni protocolli crypto che intendono avvalersi di queste risorse per metterle a disposizione di chi ne abbia bisogno.

Tra di essi c’è anche NetMind, che si propone di democratizzare l’accesso alla potenza di calcolo in maniera tale da facilitare lo sviluppo di modelli di intelligenza artificiale, anche a favore delle organizzazioni meno grandi.

Grazie alla rete di risorse di calcolo distribuite da NetMind Power viene così ad essere garantito il necessario mix tra convenienza finanziaria, efficienza e gestione teso a favorire un apprendimento profondo distribuito, e a configurare un panorama competitivo equo per le entità di qualsiasi dimensione.

NetMind: cos’è e cosa si propone

NetMind è un’azienda dedita alla ricerca e produzione di software per l’intelligenza artificiale. Per condurre il suo modello di business ha sviluppato la piattaforma NetMind Power, una soluzione di elaborazione decentralizzata che consente di superare gli elevati costi di calcolo e il controllo centralizzato delle risorse di elaborazione.

La piattaforma, che si candida come concorrente di Bittensor, va in particolare a sfruttare le risorse di GPU sottoutilizzate dagli utenti di ogni parte del mondo per tutte le attività collegate all’intelligenza artificiale.

Per condurre la propria azione, l’azienda si avvale della NetMind Chain, la quale utilizza un consenso Proof-of-Authority (PoA) per riuscire a conseguire l’efficienza necessaria, migliorare la sicurezza e assicurare il massimo di trasparenza possibile.

All’interno del sistema così congegnato, a svolgere il ruolo di propellente è il Token NetMind (TNM), che assomma il ruolo di utility token a quelli tesi ad incentivare la partecipazione e l’associazione degli utenti ai processi decisionali interni alla blockchain.

Come funziona NetMind?

Il funzionamento di NetMind si fonda sullo sfruttamento della potenza di calcolo decentralizzata inutilizzata delle GPU messe a disposizione dagli utenti di ogni parte del globo. Grazie a questo approccio, è possibile l’esecuzione di calcoli di apprendimento automatico e intelligenza artificiale senza dover necessariamente dipendere dai centri dati centralizzati.

Dal punto di vista tecnico, a questo primo passo, il coinvolgimento di utenti a livello globale, ne fanno seguito altri non meno importanti. A partire dal varo di piattaforme di formazione e interferenza rivolte ai modelli di AI, le quali sfruttano la potenza di calcolo distribuita per conseguire un’elaborazione effettivamente efficiente.

Le risorse ottenute, sono poi allocate mediante un sistema di pianificazione intelligente, al quale spetta il compito di assegnare dinamicamente i compiti di formazione e inferenza dell’intelligenza artificiale alle GPU più adatte disponibili. Per riuscire a conseguire l’obiettivo, vengono ottimizzati fattori come la potenza di calcolo e la latenza di rete.

Gli utenti che apportano le proprie risorse sono premiati tramite NMT, il token nativo della rete, che può essere utilizzato anche per lo staking. Chi stocca i propri coin, collaborando alla messa in sicurezza della catena, si ritaglia il diritto di prendere parte ai processi decisionali che avvengono all’interno di NetMind.

La tokenomics di NMT

Come abbiamo già ricordato, l’utility token di NetMind è NMT. Il gettone virtuale può essere utilizzato per le ricompense o essere messo in staking dagli utenti. Ove stoccato non solo garantisce una rendita passiva, ma associa i detentori alla governance di rete. In particolare, il 20% della fornitura totale di NMT è riservata alla NetMind DAO. Proprio dal rafforzamento dell’organizzazione autonoma decentralizzata va, in definitiva, a dipendere il reale livello di decentralizzazione del progetto.

NMT ha una dotazione totale di 10 miliardi di token, che saranno rilasciati in maniera da perseguire al meglio gli obiettivi. Proprio la presenza di un quantitativo massimo sta a indicare l’approccio deflattivo dell’azienda, destinato a sostenere la quotazione di NMT nel lungo periodo.

Oltre al 20% destinato alla DAO, la tokenomis prevede le seguenti destinazioni per il coin:

  • 40% destinato a coloro che forniscono potenza di calcolo, distribuito nell’arco di 100 anni;
  • 30% riservato agli stakeholder, con incentivi particolarmente elevati per le puntate contro i 21 principali nodi master, in maniera tale da promuovere la sicurezza della blockchain;
  • 10% alla squadra degli sviluppatori, cui spetta il compito di indicare le soluzioni tecnologiche che devono assicurare la tenuta del sistema sul lungo termine.

CoinWeb: cos’è, come funziona e prospettive

Utilizzare la tecnologia web non è facile. Per cercare di avvicinare il maggior numero di persone ad essa, nel corso degli ultimi anni sono nate piattaforme che si propongono di bypassare questo problema. Tra quelle che si propongono di dare risposte in tal senso c’è anche CoinWeb. Andiamo quindi a conoscere da vicino questo progetto per capire di cosa si tratti e le sue effettive potenzialità.

CoinWeb: cos’è e cosa si propone

Coinweb è una blockchain che ha esordito nel corso del 2017, proponendosi di agevolare le interazioni con la tecnologia dei registri distribuiti. In particolare, il progetto ha come obiettivo quello di agevolare l’ingresso al settore per il maggior numero di utenti possibile, si tratti di persone o imprese. Utenti che, al momento, trovano ostacoli che ne impediscono l’utilizzo e rallentano l’adozione globale della tecnologia blockchain.

Il grimaldello per riuscire in tal senso è rappresentato dall’utilizzazione dell’architettura InChain, che consente alle dApp costruite sulla piattaforma di trarre il massimo vantaggio dall’interoperabilità cross-chain. Dall’interconnessione in questione scaturisce la possibilità di utilizzare diverse catene in contemporanea, come se si trattasse di un solo sistema. Proprio l’architettura InChain rende possibile preservare le qualità delle blockchain sottostanti, sfociando in un incremento di efficienza e utilità delle applicazioni decentralizzate.

Il team Coinweb è guidato da Toby Gilbert, che ricopre la funzione di CEOUn ruolo nel quale sfrutta le precedenti esperienze lavorative, in particolare quelle nelle compagnie di telecomunicazioni. A lui si vanno ad affiancare il CTO e co-fondatore Knut Vinger e il chief architect Alexander Kjeldaas. Il team degli sviluppatori comprende inoltre esperti di tecnologia reclutati in aziende come Google, Cisco, Microsoft e Oracle.

Come funziona CoinWeb

A spiegare il funzionamento di CoinWeb è il sito dell’azienda, che specifica l’approccio completamente nuovo alla tecnologia blockchain che l’azienda si propone. Piuttosto che costruire una nuova blockchain o estendere un’architettura già esistente, il protocollo Coinweb va ad utilizzare le catene esistenti e nuove in modo da combinarle.

Un approccio da cui deriva per le dApp la possibilità non solo di mixare le migliori proprietà di ognuna di esse, ma anche di potenziare quelle connesse al sistema. In pratica, CoinWeb si propone di garantire l’accesso ai dati di molte blockchain, di sfruttarne la capacità transazionale ed eseguire smart contract complessi, in grado di agevolarne una crescita virale. Il risultato che ne scaturisce è lo sblocco di una gamma di nuove applicazioni altrimenti impossibili da implementare.

Come meccanismo di consenso, Coinweb utilizza il Refereed Delegation of Computation (RDoC). Un meccanismo che si distingue da tutti gli altri per il fatto di non richiedere una maggioranza. Nel suo caso, infatti, si richiedono solo pochi nodi per ottenere la stessa sicurezza del Proof-of-Work o del Proof-of-Stake. In tal modo il numero dei nodi che dovranno replicare i calcoli è molto inferiore e permette non solo una maggiore complessità dei contratti intelligenti, ma anche una compressione dei costi.

Il token CWEB

L’altra particolarità di CoinWeb è rappresentata dal suo token nativo, CWEB. Si tratta infatti del primo caso di coin scollegato dalla blockchain su cui è nato. Se è l’utility token dell’ecosistema, venendo quindi utilizzato per pagare le tariffe del protocollo e le terze parti che gli permettono di funzionare, al tempo stesso può muoversi liberamente tra tutte le reti connesse.

Viene cioè incorporato in più catene sottostanti tramite Coinweb. Può quindi essere oggetto di scambio su vari exchange decentralizzati o spostarsi su una catena diversa nel caso in cui una rete dovesse fallire, presentare violazioni della sicurezza o diventare troppo lenta o costosa.

Se all’interno del protocollo è presente come CWEB, nel caso in cui sia utilizzato sulle altre blockchain diventa wCWEB (CWEB ERC20). Il secondo rappresenta l’unico modo per spostare CWEB tra catene di livello 1 e 2 e i due token sono legati fino al lancio sulla rete principale, dove CWEB L2 sarà quotato sugli scambi in sostituzione di CWEB ERC20 o coesisterà con esso.

Il token può anche essere usato per lo staking liquido. In tal modo non solo genera una rendita passiva per l’interessato, ma gli permette di utilizzare una sua rappresentazione per cogliere eventuali occasioni che dovessero presentarsi durante il periodo di deposito.

Based Rollup: cosa sono e a cosa servono

La scalabilità è un problema molto importante per le blockchain. Per cercare di dare risposte in tal senso, nel corso degli ultimi anni sono state sviluppate un gran numero di soluzioni tese a mixare velocità transazionale e standard di sicurezza elevati.

Tra di esse occorre menzionare anche i Based Rollup, che vanno a sfruttare l’infrastruttura di base di Ethereum per la sequenza delle transazioni. La procedura che ne consegue va a ridurre la complessità delle operazioni e i loro costi utilizzando i validatori di EVM per organizzare le transazioni, bypassando in tal modo la necessità di meccanismi di consenso aggiuntivi.

Based Rollup: cosa sono?

i Based Rollup sono una classe emergente di soluzioni layer 2 che si fondano sullo sfruttamento diretto delle capacità di sequenziamento delle blockchain di livello superiore, a partire dalla Ethereum Virtual Machine.

L’integrazione che ne consegue è in grado di sfruttare le caratteristiche di sicurezza e decentralizzazione della catena di livello 1, con un approccio di sequenziamento denominato Based Sequencing. La procedura introdotta in questo modo permette l’eliminazione della complessità di meccanismi aggiuntivi come i meccanismi di consenso Proof-of-Stake esterni o le verifiche delle firme dei sequenziatori. Oltre alla semplificazione in termini di elaborazione delle transazioni, si ottiene il vantaggio di poter far conto sulla robustezza della catena L1, dal punto di vista della sicurezza.

Altro vantaggio che sta favorendo il successo dei Based Rollup è poi garantito dalla snellezza della soluzione di scalabilità. Una caratteristica che si riflette positivamente sui costi, eliminando le spese di gas tipiche dei modelli di rollup tradizionali.

Come funzionano i Based Rollup

Il funzionamento dei Based Rollup si fonda sulla collaborazione tra sviluppatori della blockchain di primo livello con i ricercatori e i costruttori, necessaria per poter incorporare in maniera proficua le transazioni rollup.

Ogni blocco di rollup può essere incluso nel blocco L1 successivo senza alcuna necessità di autorizzazioni speciali, trattandosi di una soluzione permissionless. Così come non sono richiesti meccanismi di consenso esterni alla Proof-of-Stake, grazie all’adozione del processo di convalida tipico di Ethereum.

Il sequenziamento delle transazioni del rollup va in pratica a seguire l’ordine dei blocchi di Ethereum, integrando di conseguenza il suo funzionamento con le garanzie di sicurezza e di uptime che sono tipiche della EVM.

Questo modo di procedere scava una sensibile differenza coi rollup impiegati da soluzioni come Arbitrum e Optimism. Utilizzare il livello 1 di Ethereum per il sequenziamento delle transazioni, consente di ereditarne decentralizzazione e sicurezza, con una semplificazione delle operazioni resa tale dalla pratica eliminazione di sequenziatori separati.

I rollup tradizionali, a loro volta, fanno leva su sequenziatori proprietari, con il rischio di una centralizzazione che si uniscono a quelli di potenziali tempi di inattività. E, ancora, occorre rilevare la complessità dei meccanismi di consenso, che pur facilitando l’estrazione di MEV (Maximum Extractable Value) da parte del sequenziatore possono rendere molto problematica l’esperienza dell’utente.

Conclusioni

Il problema della scalabilità è uno dei principali nella blockchain. In molti casi, infatti, le catene non sono in grado di assicurare livelli adeguati di sicurezza con l’aumento delle transazioni effettuate. Un problema che, nel corso degli ultimi anni, ha visto l’impegno di un gran numero di sviluppatori per la sua risoluzione.

Tra le tante soluzioni prospettate, occorre ricordare anche i Based Rollup. Si tratta di un modo molto intelligente di sfruttare la scalabilità garantita dalla Ethereum Virtual Machine per ordinare le transazioni.

Il processo che ne deriva, si traduce in una sensibile riduzione della necessità di meccanismi di consenso separati e in una semplificazione dei processi, con conseguente riduzione dei costi. I Based Rollup attingono in maniera diretta al livello 1 della EVM per il sequenziamento delle transazioni, riuscendo a mixare nel modo migliore velocità e sicurezza delle stesse.

Proprio per questo motivo sono considerati un notevole avanzamento sulla strada per il conseguimento di maggiori livelli di efficienza. Grazie ad essi, in effetti, è possibile avere transazioni veloci, meno costose e tali da non ledere il principio della decentralizzazione.

Insanity Bets, un altro casino crypto si propone all’attenzione generale

I crypto casinò sono una delle ultime tendenze nel settore dell’innovazione finanziaria. I vantaggi che offrono ai propri utenti ne stanno consolidando le fortune e facendo una notevole alternative a quelli tradizionali.

Tra quelli che si stanno proponendo, una citazione particolare spetta a Insanity Bets. Il suo modello di business, infatti, mischia gioco d’azzardo online e finanza decentralizzata (DeFi). Proprio questa caratteristica sembra fatta apposta per sospingerne le fortune.

Insanity Bets: cos’è e cosa si propone

Insanity Bets è un crypto casinò, ovvero una piattaforma in cui i giocatori possono effettuare i propri pagamenti in valuta virtuale. Una categoria che vede già in campo soluzioni come WSM, Tg.Casino e Lucky Block, ad esempio, e che sta catalizzando grande interesse da parte degli appassionati.

Insanity Bets, però, ha puntato su un modello di business differente da quello della pur qualificata concorrenza. In particolare, permette ai propri utenti di assumere le sembianze del banco, prospettando loro rendimenti molto interessanti, con l’85% delle commissioni di transazione generate destinate ad essere redistribuite alla comunità.

Gli utenti, inoltre, dopo aver provveduto ad acquisire il token IBET, possono metterlo in staking, ritagliandosi una rendita passiva, oppure effettuare il burning, ricevendo ricompense. Inoltre, è possibile mintare i token ILP, altro modo per poter guadagnare dalla detenzione di valuta virtuale all’interno della piattaforma.

E, ancora, Insanity Bets ha predisposto un ambiente estremamente accogliente per gli sviluppatori. Chi vuole può integrare le proprie soluzioni di gioco al suo interno, senza eccessivi problemi. I palinsesti che ne conseguono si presentano estremamente variegati. Slot classiche, giochi da tavolo e soluzioni interattive come Plinko forniscono ampio materiale agli appassionati.

Tutto ciò va ad aggiungersi alle prerogative tipiche dei casinò in cui si punta in criptovaluta. Non è infatti necessario procedere alle verifiche KIC (Know Your Customer), ma basta collegare il proprio wallet al sito, per iniziare a giocare. Considerato il fastidio per la burocrazia considerata eccessiva dei casino online tradizionali, si tratta di una caratteristica sempre più gradita dagli appassionati di gambling.

Il token IBET: a cosa serve

A fungere da elemento centrale di Insanity Bets è IBET, l’utility token della piattaforma. Può essere impiegato non solo per fare le puntate, ma anche per lo staking e il burning, assicurando ricompense agli interessati. Chi stocca IBET partecipa all’assegnazione del 35% di tutte le fees generate, mentre il 50% delle stesse è destinato a chi brucia gettoni virtuali.

A IBET si aggiunge un altro token, ILP, lo strumento per poter partecipare alla casa e assicurarsi il 90% delle vincite o delle perdite dei clienti. Per avere ILP occorre fare il minting di USDT.

In sede di tokenomics, sono previsti 5 miliardi di IBET, dando così al token un chiaro aspetto deflazionistico, destinato a stabilizzarne il prezzo. Di questi, la metà è stata destinata alla prevendita, il 30% assegnato al team degli sviluppatori e il 10% messo in deposito. Mentre il rimanente 5% è stato riservato per i listing e per gli airdrop. 

Per quanto riguarda la sicurezza, il progetto è stato sottoposto a verifiche da parte di SolidProof e CyberScope. Un monitoraggio teso a individuare eventuali lacune e destinato ad essere mantenuto nel futuro.

Le prospettive di Insanity Bets

Come si può notare, quindi, Insanity Bets si prospetta come un vero e proprio sistema di finanza decentralizzata. Una caratteristica che ne fa qualcosa di unico in un panorama pur molto dinamico come quello dei crypto casino.

Occorre a questo punto ricordare che il gioco d’azzardo vanta a livello globale un fatturato annuo che ammonta a centinaia di miliardi di dollari. Un dato cui contribuiscono largamente le piattaforme online, aiutate nella loro crescita anche dalla pandemia di Covid, che ha spinto molti giocatori a rivolgersi al web. Una situazione che ha spinto molte aziende a sfruttare la blockchain e le criptovalute per andare incontro alle esigenze dei giocatori più attenti alla privacy. Una riservatezza che i crypto casino riescono a garantire azzerando le procedure KYC.

Wormhole: cos’è, cosa si propone e prospettive

Wormhole è un bridge che si propone di risolvere il problema relativo alla mancanza di comunicazione tra blockchain, in particolare quelle di prima generazione. Una mancanza di comunicazione che ha provocato non pochi problemi agli utenti, costringendoli a lungo ad operazioni farraginose e dispendiose per lo spostamento di valore da una catena all’altra. I bridge, come appunto Wormhole, si sono incaricati di dare una risposta performante in tal senso, di cui si è giovata in particolare la finanza decentralizzata.

Wormhole: cos’è e cosa si propone

Wormhole non è una blockchain, bensì un bridge, una vera e propria infrastruttura digitale che si incarica di congiungere catene che altrimenti non comunicherebbero. Nello stabilire questa linea di comunicazione, propone commissioni di transazione estremamente contenute, da aggiungere a quelle necessarie per il gas sulle due catene interessate.

Wormhole, in particolare, va a supportare alcune delle reti più importanti in assoluto: Ethereum, Binance Smart Chain, Solana, Polygon, Avalanche, Oasis e Terra. Va in pratica a trasferire token e NFT da una rete all’altra in maniera diretta, senza che sia necessaria la preventiva conversione di un token in un altro.

Si tratta quindi di una delle tante soluzioni che si propongono di dare risposte in tema di interoperabilità. Una risposta la quale, però, ha suscitato grande interesse, se solo si pensa che nell’ultimo round di finanziamento tenutosi a novembre, sono stati ben 225 i milioni di dollari riversati nelle casse sociali. Capitali apportati da realtà come Coinbase Ventures, Jump Trading, Multicoin Capital e Brevan Howard, Dialectic, ParaFi, Borderless Capital e Arrington Capital.

Grazie a questo evento, il più grande round di finanziamento del 2023, la valutazione di Wormhole si è attestata a 2,5 miliardi di dollari per poi salire a 3 con l’avvio di un airdrop che prevede ricompense per 617 milioni di dollari a favore dei partecipanti.

Al centro di questo airdrop c’è il token nativo W, il cui avvento è stato individuato da un gran numero di truffatori come una grande occasione di raggirare incauti utenti. È stato ZachXBT a segnalare il vero e proprio bombardamento operato da account truffaldini in concomitanza con l’evento. Ennesima riprova delle grandi aspettative suscitate da Wormhole.

Come funziona Wormhole

Il funzionamento di Wormhole è estremamente semplice e intuitivo. Il bridge produce token wrappati che vanno a rappresentare quelli che si intende scambiare su altre blockchain. I token in questione vengono immessi all’interno di uno smart contract, mentre le nuove versioni possono essere scambiate senza alcun problema, o quasi.

Nel caso in cui si venissero a verificare problemi, ad esempio una connessione saltata o la erronea chiusura della pagina nel corso della procedura, l’utente interessato può utilizzare una particolare funzionalità, il Redeem. Per farlo deve immettere la tipologia di asset in fase di spostamento (token o NFT), indicare la blockchain di provenienza e il numero della transazione (transaction hash). Tutto quindi estremamente semplice e intuitivo, anche per gli utenti non proprio esperti di tecnologie di ultima generazione.

Le prospettive per il futuro

Come abbiamo visto, Wormhole ha destato grande interesse, favorito anche dal ristabilimento di un clima di fiducia sui mercati, dopo la fine del crypto winter. L’approssimarsi del quarto halving di Bitcoin sta spingendo un gran numero di investitori a guardarsi intorno, nel preciso intento di individuare soluzioni su cui riversare i propri soldi.

Il settore in cui opera, quello dell’interoperabilità tesa a favorire gli scambi tra catene diverse, è uno dei più promettenti in assoluto. Tanto da essere considerato la chiave di volta per una DeFi più semplice e proficua. In questo contesto Wormhole si sta affermando come una soluzione estremamente performante, per effetto di caratteristiche come semplicità e convenienza. Tanto da essersi immediatamente installato al 209° posto della classifica di CoinMarketCap, con forti aspettative di miglioramento nell’immediato futuro.

COTI pubblica il suo white paper V2 per un maggior impegno nella privacy

È stato finalmente pubblicato l’atteso white paper V2 di COTI, con il quale il network si propone di avviarsi con sempre maggiore decisione sulla strada della privacy. Si tratta di un evento di rilievo, proprio alla luce del fatto che la riservatezza è uno dei pilastri su cui si reggono le criptovalute.

In particolare, il documento va a segnare un significativo scatto in avanti per quanto riguarda il conseguimento di livelli molto elevati da un punto di vista prestazionale, senza dover sacrificare nulla in termini di privacy.

Il white paper V2 di COTI si propone di rafforzare la privacy su Ethereum

COTI Network è uno dei principali protocolli di scalabilità Layer-2 su Ethereum, un ambito che ha visto l’arrivo di un gran numero di progetti nel corso degli ultimi anni. Per cercare di segnare una differenziazione nei confronti della concorrenza, il suo team di sviluppatori ha deciso di pubblicare un white paper, denominandolo V2.

L’intento esplicitato dal documento è quello di dare luogo ad una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la riservatezza interna all’ecosistema Web3. Per conseguirla sono indicate le funzionalità contrassegnate da robuste dosi di innovazione chiamate a mixare efficienza in termini di prestazioni e il maggior livello di privacy possibile.

Tra le innovazioni più importanti proposte all’interno del documento, occorre soprattutto menzionare il protocollo Garbling. Riesce infatti ad assicurare miglioramenti di rilievo in termini di velocità di calcolo, efficienza nel processo di archiviazione e latenza, ove confrontato con le soluzioni esistenti. Per capirne meglio la portata occorre ricordare che garantisce una crescita sino a mille volte dell’attuale potenza computazionale, unendola ad una compressione sino a 250 volte dei requisiti di archiviazione.

E, ancora, COTI presenta gcEVM, un’estensione della Ethereum Virtual Machine (EVM) che è stata sviluppata all’interno di Soda Labs. La sua adozione va ad aggiungere livelli sempre più forti di privacy, assicurando calcoli sicuri su dati sottoposti a crittografia.

Considerata l’attenzione quasi morbosa di molti utenti per la propria riservatezza, proprio gcEVM sembra in grado di portare una concorrenza di rilievo alle cosiddette privacy coin.

COTI: cos’è e cosa si propone

COTI è un ecosistema di secondo livello che si propone di fornire una valida soluzione alle sfide della finanza, centralizzata e decentralizzata. A renderla tale è la progettazione tesa ad assicurare pagamenti veloci, convenienti e sicuri sulla sua piattaforma

Per riuscire nel proposito di partenza, la rete ha deciso di adottare un nuovo tipo di protocollo basato sulla tecnologia DAG (Directed Acyclic Graph), il quale condivide molti punti con quella blockchain. A partire dalla presenza di un libro mastro distribuito, un meccanismo di consenso e una rete P2P.

La caratteristica che ne fa qualcosa di effettivamente diverso dalle altre soluzioni layer 2 è, però, il modo di condurre in porto le transazioni. Nel caso di COTI, infatti, la convalida delle operazioni non avviene in maniera sequenziale, ovvero una dietro l’altra, ma in parallelo. In tal modo, anche se si verifica un rallentamento nella convalida di una transazione, le altre possono correre in maniera spedita verso l’esito sperato dagli utenti.

Proprio questo modus operandi si traduce in un processo di convalida delle transazioni molto più veloce, con un aumento esponenziale della scalabilità, senza che ne derivino problemi in termini di sicurezza.

La reazione del mercato

Dopo la pubblicazione del white paper, COTI ha lasciato sul terreno circa il 7% del suo valore. Si tratta però di un dato non certo conseguente ad una mancanza di attenzione da parte del mercato, quanto di un comportamento prevedibile alla luce della brusca frenata dello stesso conseguente alla gelata abbattutasi sulla quotazione di Bitcoin.

Per capire meglio quale influsso potrebbe avere V2 sulle future fortune del progetto occorrerà attendere il ristabilimento delle normali condizioni sul mercato. Occorre comunque sottolineare che solitamente il rafforzamento dei livelli di privacy è visto con una certa diffidenza dagli investitori. Una diffidenza resa tale dal sospetto che operazioni di questo genere suscitano presso le autorità di sorveglianza.

Cashtree: cos’è, come funziona e prospettive per il futuro

Le criptovalute non prevedono soltanto progetti speculativi. Anzi, ormai da tempo si è andato affermando il filone di quelle soluzioni che si propongono di stabilire un ponte tra innovazione finanziaria e vita reale.

Tra di esse c’è anche Cashtree, la più grande piattaforma pubblicitaria indonesiana, che ha deciso di dedicarsi ad un settore come quello della blockchain, nel preciso intento di sfruttarne le potenzialità. Andiamo a vedere come l’azienda ha pensato di farlo.

CashTree: cos’è e cosa si propone

Sorta come rete pubblicitaria mobile progettata al fine di fornire agli utenti la possibilità di guadagnare incentivi, Cashtree (CTT) è diventata la più grande piattaforma pubblicitaria in Indonesia. Una veste che evidentemente l’azienda sente ormai stretta, considerato come abbia deciso, a partire dal 2022, di impegnarsi nella blockchain con un obiettivo di grande portata: fungere da porta d’accesso per l’adozione delle criptovalute all’interno del Paese asiatico.

Per riuscire a garantire ai suoi utenti e associati l’effettivo sfruttamento dei benefici del suo ecosistema commerciale, Cashtree ha deciso di varare creare un proprio token, CTT, su cui impostare un meccanismo di ricompense. Occorre sottolineare anche che questo gettone virtuale non è soltanto un token, in quanto può essere scambiato con buoni acquisto presso le aziende collegate. Oltre che nella criptosfera, quindi, CTT vive anche nella realtà di tutti i giorni.

A coinvolgere gli utenti e consentire loro di prendere contatto con le aziende con la massima facilità, è l’app Cashtree. I punti su cui è imperniato il programma di marketing digitale vanno in pratica a ridurre gli importi effettivi in denaro impiegato nel traffico telefonico, prevedendo sconti o crediti.

Come funziona CashTree

Il funzionamento di CashTree è imperniato su una lunga serie di funzionalità che popolano il suo Business Ecosystem. Tra di esse spiccano:

  • Hotdeal, una piattaforma di commercio elettronico che utilizza soprattutto contenuti video, tanto da essere considerata il pioniere indonesiano nel campo del commercio video. I token CTT possono essere utilizzati al suo interno per ottenere sconti e altri vantaggi su oltre 50 prodotti di svariati settori;
  • Lagsan, un hub digitale il quale offre ai creatori di contenuti e ai narratori l’opportunità di condividere le proprie creazioni. Gli interessati sono premiati in CTT sulla base delle interazioni create dalle loro pubblicazioni con gli utenti;
  • giochi Play-to-Earn (P2E), forniti dalle software house locali, che consentiranno agli utenti non solo di divertirsi, ma anche di guadagnare giocando;
  • Poppang, un marchio appena nato che si propone di offrire una rivisitazione contemporanea di alcuni dei più popolari stuzzichini coreani. I suoi piani futuri sono estremamente ambiziosi e per condurli l’azienda ha deciso di incorporare CTT nel suo sistema di pagamenti;
  • un programma di sovvenzioni introdotto come strumento al fine di fornire incentivi finanziari agli utenti che forniscono un contributo significativo alla crescita della piattaforma CashTree. Se in un primo momento la partecipazione alle campagne pubblicitarie prevede ricompense in punti, nel futuro gli stessi saranno integrati dai token CTT. Inoltre se attualmente i punti si possono scambiare con crediti telefonici, buoni o altri vantaggi, nel futuro l’unica opzione di riscatto saranno proprio i token.

Il token CTT: a cosa serve

Come abbiamo già ricordato, il token nativo dell’ecosistema Cashtree è CTT. Si tratta di un classico utility token distribuito su Mantle Network, piattaforma che è stata scelta proprio per le sue note prerogative in termini di scalabilità e sicurezza.

In particolare, proprio i livelli di interoperabilità tipici di Mantle Network con un’ampia gamma di applicazioni decentralizzate (DApps) è stata giudicata del tutto coerente con gli obiettivi di espansione di Cashtree. Aggiungendosi alla convenienza delle tariffe del gas in uso su Mantle, che possono risultare preziose per un progetto all’inizio della sua avventura.

Già negoziabile su ByBit, CTT può essere impiegato per l’effettuazione di transazioni, la ricezione di incentivi e l’accesso a servizi speciali. L’offerta totale è di 5 miliardi di token distribuiti in tal modo:

  • il 36% destinato all’ecosistema;
  • il 32% sotto forma di incentivo per l’utenza;
  • il 10% per la vendita privata;
  • il 10% destinato alla fondazione che presiede lo sviluppo del progetto;
  • il 10% riservato ai consulenti societari.

Per quanto concerne la distribuzione, la roadmap prevede un termine di cinque anni per la sua ultimazione.

Al momento CTT si trova al 1687° posto nella classifica di settore. Una posizione la quale sembra destinata ad essere notevolmente migliorata nell’immediato futuro, proprio alla luce del collegamento con la vita reale.

Degen, tutto ciò che occorre sapere sul progetto layer3

Anche Degen si propone di intercettare l’onda della finanza decentralizzata, offrendo una soluzione blockchain che si distingue per elevata scalabilità e convenienza in termini di costi. A esaltarne le caratteristiche è, in particolare, l’integrazione con Arbitrum Orbit e Base, la quale conferisce il massimo di sicurezza al sistema, oltre a garantire liquidità allo stesso e il massimo coinvolgimento della comunità.

Degen: cos’è e cosa si propone

Degen è una blockchain di terzo livello costruita con Arbitrum Orbit, che si appoggia su Base per quanto concerne il sistema di regole su cui fonda il suo funzionamento e su Arbitrum AnyTrust per potersi rifornire dei dati necessari.

Tra le principali caratteristiche che riesce a mettere in evidenza, un elevato livello di scalabilità e commissioni di transazione estremamente limitate resi possibili dall’adozione dei rollup. Caratteristiche tali da farne uno sfidante di tutto rispetto in un ambito, quello della finanza decentralizzata, sempre più concorrenziale.

A curarne il lancio e lo sviluppo è stato Sindycate, in collaborazione con una serie di fornitori tra cui si distinguono Decent, Conduit e Airstack, che hanno reso possibile il perfezionamento delle API (Application Programming Interface) di rollup, dati e bridge.

Dal momento del suo lancio, Degen è riuscita a farsi notare per la dinamicità della sua piattaforma, inserita al meglio nell’ecosistema di Farcaster. Caratterizzandosi inoltre per le robuste dosi di innovazione che presenta la sua tecnologia layer-3 e per un approccio che privilegia la comunità.

In questa veste ha dato vita al lancio di una serie di dApps molto interessanti, tra cui alcune delle meme coin che stanno distinguendosi per le aspettative suscitate come CoinEx e Dogey Inu. Cui si aggiunge il DEX (Decentralized Exchange) Degen Swap.

La tokenomics e la sicurezza di Degen

All’interno di Degen, il ruolo di utility token è svolto da DEGEN. Oltre alle funzioni di servizio, svolge quella fondamentale di incoraggiamento alla comunità a partecipare alle attività interne alla rete.
Per quanto concerne la tokenomics, il tetto è stato indicato in 37 miliardi di gettoni virtuali, in modo da garantirne la sostenibilità nel lungo periodo e la stabilizzazione del prezzo. Di questo quantitativo, la distribuzione è stata così decisa:

  • il 70% alla comunità, in maniera tale da contemperare le esigenze di coinvolgimento e di distribuzione;
  • il 15% alle pool di liquidità, in modo da ottimizzare la fluidità degli scambi;
  • il restante 15% alla squadra che cura lo sviluppo del progetto e il miglioramento dell’ecosistema, oltre che agli investitori.

Occorre anche sottolineare che già il 15% dei token è stato oggetto di un airdrop, cui se ne è aggiunto un ulteriore 6,69% in un secondo evento analogo.

Per quanto concerne invece i livelli di sicurezza, va sottolineato come siano già più di 100mila gli account creati su Degen Chain, come indicato dal suo block explorer. A questo dato va aggiunto il fatto che ogni 24 ore vengono movimentati sulla blockchain circa 40 milioni di dollari di media. Al tempo stesso sarebbe consigliabile una certa prudenza, considerato come si tratti di un progetto appena lanciato, per il quale serviranno verifiche probanti proprio in tema di sicurezza.

Le prospettive per il futuro

Degen è l’ennesimo arrivo in un settore estremamente concorrenziale, quello delle soluzioni rivolte alla finanza decentralizzata. Nonostante ciò ha calamitato sguardi interessati, come dimostra il +47% collezionato nell’arco di appena 24 ore, pochi giorni fa.

Al momento il protocollo si trova al 2409° posto della classifica relativa alla capitalizzazione del mercato, ma si tratta di un dato che sarà senz’altro migliorato nel corso delle prossime settimane, quando Degen si sarà fatto conoscere meglio. Soprattutto se riuscirà ad essere listato su uno dei maggiori exchange centralizzati, evento il quale potrebbe contribuire in maniera decisiva in tal senso.

Staking pool: cosa sono e a cosa servono

Si parla molto di staking pool, ma molti appassionati di innovazione finanziaria non hanno un’idea esauriente di cosa si tratti effettivamente. Andiamo quindi a esaminarle da vicino, in modo da riuscire a capire non solo cosa siano, ma anche la loro importanza rilevante nell’ambito della finanza decentralizzata (DeFi) e quali siano i problemi che vanno a risolvere.

Tutto parte dalla decentralizzazione

La blockchain è notoriamente fondata sul principio della decentralizzazione. In pratica la convalida di ogni transazione viene ad essere suddivisa tra un gran numero di dispositivi disseminati in ogni parte del globo.

Per funzionare, un sistema di questo genere presume il conseguimento di un livello di fiducia maggioritario, tale da dare vita a scelte effettivamente condivise. Per averlo, ogni catena si affida ad un meccanismo di consenso e quello ormai largamente prevalente nella finanza decentralizzata è il Proof-of-Stake.

In questo sistema, è però necessario conseguire livelli di sicurezza molto elevati. Per riuscirci, viene attuato lo staking, ovvero lo stoccaggio dei token nativi della blockchain interessata. Chi ne mette in deposito una quantità minima richiesta, può fungere da validatore. Chi lo fa bene, viene ricompensato sempre con token della catena in oggetto, mentre chi lo fa male può essere penalizzato.

Sulla Ethereum Virtual Machine (EVM), ovvero la blockchain largamente prevalente in ambito DeFi, riuscire a diventare validatori non è una questione semplice. Per poter rientrare in questo ambito è infatti necessario stoccare 32 ETH. Si tratta di un impegno finanziario rilevante, nell’ordine delle centinaia di migliaia di dollari, alla luce del prezzo attuale del token. Proprio per bypassare questa soglia sono nate le staking pool.

Staking pool: cosa sono

Per staking pool si intendono quegli organismi formati da più utenti i quali combinano le rispettive risorse virtuali in modo da riuscire a conseguire una rilevante massa di manovra. Come è facile capire, questi organismi cercano di dare una risposta al fatto che su Ethereum e altre blockchain fondate sul Proof-of-Stake si hanno molte più probabilità di essere scelti in qualità di validatori se la quantità di token da poter riversare nella catena è di un certo rilievo.

Chi apporta risorse alle staking pool, non deve fare null’altro che attendere la divisione dei proventi delle transazioni, senza dover partecipare al processo di convalida delle stesse. Naturalmente, il premio spettante è proporzionale al quantitativo di token apportati all’organismo.

Come scegliere una staking pool?

Una volta compreso cosa sia una staking pool e come funzioni, il passo successivo, se si ha intenzione di approfittare dell’opportunità, è sceglierne una. Una scelta che può dipendere da svariati fattori. Ad esempio, alcune di esse prevedono l’investimento su svariate blockchain, mentre altre concentrano i loro sforzi su una singola catena.

Proprio in questa fase occorre molta attenzione. Occorre infatti sottolineare come le staking pool possono essere pubbliche o private. Alle prime può partecipare chiunque, apportando le proprie risorse digitali, per le seconde occorre un vero e proprio invito. Le staking pool private prospettano profitti maggiori, ma a volte possono mascherare una pura e semplice truffa.

Anche le staking pool degli exchange devono essere valutate con attenzione. Gli scambi centralizzati, infatti, richiedono le chiavi private per gestire i token apportati, con tutti i rischi che ne conseguono. I DEX, a loro volta, potrebbero non essere effettivamente decentralizzati, ma rispondere in maniera mascherata ad una sola società.

Altro criterio fondamentale nella scelta delle staking pool è proprio il tipo di staking supportato. Se si tratta di quello normale, occorre tenere bloccati i token, col rischio di perdere occasioni migliori. Per ovviare si può puntare sullo staking liquido, che non prevede periodi di blocco e si attua col rilascio di rappresentazioni dei coin bloccati da puntare su altre blockchain.

Infine, un dato da considerare con molta attenzione, ovvero l’APR. Acronimo di Annual Percentage Rate, è in pratica il rendimento prospettato da ogni staking pool. Anche in questo caso occorre fare molta attenzione: un rendimento troppo elevato può nascondere una truffa.

Cosa sono e come funzionano i Liquid Staking Derivatives all’interno della DeFi

Nel corso degli ultimi mesi, i Liquid Staking Derivatives hanno avuto un enorme successo nel campo della finanza decentralizzata. Si tratta in effetti dello strumento che più di altri è in grado di esaltare il settore, impedendo che una parte consistente della sua liquidità sia cristallizzata nello staking, senza poter essere impiegata sino alla fine del periodo di blocco.

In pratica, stiamo parlando non di un prodotto d’investimento, ma di uno strumento concepito appositamente per favorire il flusso di risorse ed esaltare le opportunità offerte dalla DeFi. Andiamo quindi a vedere più da vicino cosa siano i Liquid Staking Derivates (LSD) e quali siano i motivi del loro sempre più rilevante successo.

Liquid Staking Derivates: di cosa si tratta?

Per Liquid Staking Derivates si intendono gli strumenti di finanza decentralizzata che sono stati ideati per far fronte ad un problema di non poco conto dello staking tradizionale: il blocco delle risorse impiegate per un determinato periodo di tempo. Un blocco che, per gli interessati, può impedire lo sfruttamento di altre occasioni d’investimento che dovessero presentarsi nel frattempo. A meno di non ritirare i token stoccati, perdendo il diritto alle ricompense previste.

Inoltre, gli LSD danno un notevole contributo nella risoluzione di alcuni problemi collegati allo staking sulla Ethereum Virtual Machine. Com’è noto, infatti, con il Merge la EVM è passata dall’originario Proof-of-Work al meno energivoro Proof-of-Stake.

Una transizione la quale ha comportato modifiche nei processi di convalida delle transazioni sulla blockchain. Ad assumere il ruolo prima svolto dai minatori, sono stati i validatori, che possono assumere tale ruolo mettendo in staking i propri token. Il minimo necessario per poterlo fare è però attestato a 32 ETH. Considerato che in questo momento il prezzo di un singolo token di Ethereum è intorno ai 3.500 dollari, si può facilmente capire come si tratti di una cifra proibitiva.

Tale da tramutarsi, in definitiva, in una vera e propria barriera d’accesso tale da andare a infrangere in partenza uno dei capisaldi su cui si regge la blockchain: la decentralizzazione. Soltanto grandi entità, in effetti, sono in grado di impegnare token per un controvalore largamente superiore ai 100mila dollari.

Come funzionano gli LSD?

Proprio il fatto di andare a risolvere due problematiche di questa rilevanza, fa dei Liquid Staking Derivates uno strumento sempre più utilizzato nell’ambito della finanza decentralizzata. Anche perché il loro funzionamento è in fondo estremamente semplice.

Possiamo dire, senza girarci troppo intorno, che si tratta di classici IOU (“I owe you”, documenti che testimoniano l’esistenza di un debito), ma tokenizzati. In pratica la loro emissione avviene in contemporanea con la messa in deposito di token per lo staking. I token speciali corrispondenti a un deposito, iniziano a generare automaticamente un rendimento il quale viene versato direttamente sul wallet, dell’interessato.

Il vantaggio è da ravvisare nel fatto che chi adotta il liquid staking non deve ritirare i premi e, quindi, non è soggetto ai costi collegati alle tariffe del gas. A fronte di questo evidente vantaggio c’è un solo contro, l’obbligo di pagare una quota del rendimento sotto forma di commissione di servizio. Solitamente, tale quota va ad attestarsi in una forbice tra il 5 e il 10%.

Riepilogando, quindi, chi opta per questi token, non solo gode dei rendimenti collegati allo staking, ma può impiegarli nella ricerca di nuove e convenienti soluzioni all’interno di altri protocolli DeFi. Senza contare un altro fatto decisivo: i derivati di staking liquido, infatti, vanno a bypassare il requisito dei 32 ETH necessari per lo staking su Ethereum. Le terze parti che propongono tale opportunità, infatti, non prevedono alcuna barriera d’entrata. Anche i piccoli investitori sono in grado di procurarsi una rendita passiva proporzionale all’impegno finanziario.

Quali sono le piattaforme di staking liquido più popolari?

Il balzo in avanti delle piattaforme di derivati liquidi per lo staking è aumentata in seguito all’aggiornamento “Shapella“, avvenuto sulla Ethereum Virtual Machine. Grazie ad esso, infatti, gli staker hanno potuto finalmente procedere al ritiro dei token che erano stati immobilizzati sino ad allora.

Una volta ritirati gli ETH, per loro si aprivano nuove opportunità di investimento. Molti dei possessori hanno quindi optato per lo staking liquido, ravvisando maggiori opportunità rispetto a quello tradizionale.

Un trend che ha favorito in particolare Lido, il più importante protocollo di staking liquido, in termini di TVL (Total Value Locked). Altre piattaforme che sono riuscite a farsi notare in questo particolare ambito sono Rocket PoolFrax Finance. Nell’immediato futuro ne dovrebbero però arrivare molte altre, considerata la crescente popolarità del liquid staking.

Dencun è entrato in funzione, andiamo a vederne le conseguenze

L’aggiornamento Dencun era molto atteso dai sostenitori delle criptovalute, in particolare quelli che usano la Ethereum Virtual Machine per le proprie operazioni collegate alla finanza decentralizzata. Il motivo è in effetti comprensibile: con la sua implementazione, si dovrebbe verificare un aumento esponenziale in termini di efficienza e, soprattutto, un sensibile calo dei costi associati alle transazioni che avvengono sulle soluzioni layer 2 che operano al suo interno.

Naturalmente, la sua effettiva riuscita, arrivata nella giornata di mercoledì, ha spinto molti osservatori a porsi una precisa domanda: com’è andato realmente l’aggiornamento? A dirlo devono naturalmente essere i risultati. I quali, a quanto sembra, sono assolutamente all’altezza delle aspettative.

Com’è andato l’aggiornamento Dencun?

C’era grande attesa per l’aggiornamento Dencun, grazie al quale è sbarcata sulla Ethereum Virtual Machine l’attesa funzione di protodanksharding, nata due anni fa da ETHDenver. Grazie a questa innovazione, i rollup sono ora in grado di consentire l’inclusione di grandi lotti di dati delle transazioni (“blob”) su un nodo beacon. Tali blob, a loro volta, pur essendo temporaneamente memorizzati, non saranno oggetto di elaborazione sulla EVM, ma saranno rimossi in un periodo oscillante tra uno e tre mesi.

Il processo congegnato in tal modo, è destinato a tradursi in una significativa riduzione dei costi collegati all’archiviazione dei dati sulla blockchain. Una riduzione che si tramuterà in un abbattimento delle commissioni di transazione.

Se queste erano le premesse, molti nelle ore successive all’aggiornamento di sono chiesti se la realizzazione pratica si sia rivelata all’altezza delle attese. La risposta è stata data da un tracker, quello dell’analista Marcov basato su Dune. Una risposta che in effetti non sembra lasciare molti dubbi, al proposito.

I costi sono stati realmente abbattuti

Il costo medio delle transazioni sulla blockchain di Optimism è calato ad appena 4 centesimi. Per capire quanto accaduto, occorre paragonare il dato a quello pre-Dencun, quando si attestava a ad una media pari a 1,4 dollari.

Se si prende come riferimento invece il costo della commissione media su Base, la soluzione layer 2 di Coinbase, il dato si è attestato a circa tre centesimi. Un risultato quindi ancora più significativo, considerato come prima fosse di un dollaro e mezzo. E, ancora, è scesa a 40 centesimi la commissione media di transazione di Arbitrum, come del resto sono calate quelle di Zora e zkSync.

Si tratta di dati di grande rilievo, soprattutto perché destinati a incidere su un settore il quale è considerato fondamentale per il futuro dell’innovazione finanziaria, ovvero la Decentralized Finance (DeFi).

Cosa è mutato, rispetto a prima

La novità introdotta da Dencun è quella dei Binary Large Objects (BLOB), destinati a conglobare blocchi di grandi dimensioni e allegarli alle normali transazioni. I blob, in particolare, una volta archiviati i dati all’esterno della catena, diventano inaccessibili. Una differenza significativa rispetto ai dati sulle chiamate, i quali sono archiviati in maniera permanente sulla blockchain. Soprattutto in termini di costi.

Proprio ai blob possono ora fare riferimento le soluzioni basate su rollup di livello 2, una categoria che raggruppa aziende in grande spolvero, come Arbitrum, Optimism e zkSync. Sono i rollup a calcolare le transazioni al di fuori della catena principale di Ethereum, prima di raggrupparne un gran numero in una sola e inviarla al livello principale.

Stando alle previsioni che circolano, il nuovo meccanismo instaurato avrà come risultato un abbattimento del 90% dei costi di transazione, sui protocolli layer 2. In particolare, un blob di dimensioni analoghe a 125 kb di dati delle chiamate, che costano circa 238 dollari, ridurrà l’importo necessario a poco meno di 4 dollari. Dati i quali fanno ampiamente capire i motivi della grande attesa per Dencun, che può essere considerato un evento fondamentale nella storia della EVM.

DefiLlama: cos’è , come funziona e perché è prezioso

Per chi è solito investire in criptovaluta, DefiLlama rappresenta una piattaforma indispensabile. A renderla tale è la mole imponente di dati che presenta, totalmente gratuiti e in costante aggiornamento. Grazie alla loro disponibilità è possibile analizzare un gran numero di progetti esistenti nella criptosfera, famosi o meno che siano.

Se è vero che la tecnologia blockchain si basa sulla totale apertura e sulla trasparenza, è altrettanto vero che sarebbe molto complicato avere una panoramica completa di quello che avviene al suo interno, senza uno strumento di questa portata. Si tratta infatti di un vero e proprio aggregatore di dati, i quali sono elaborati in maniera da essere pronti per la consultazione.

Che cos’è DefiLlama e a cosa serve

DefiLlama è una piattaforma per l’analisi della blockchain, che va a concentrare la sua attenzione sulla finanza decentralizzata (DeFi). In quanto tale rappresenta un vero e proprio punto di riferimento, reso tale dalla presenza delle informazioni relative a centinaia di protocolli di livello 0, 1 e 2.

Occorre peraltro sottolineare che a renderla di facile consultazione è il fatto di indicare i dati fondamentali su ognuno dei progetti esaminati. Una caratteristica che può diventare estremamente preziosa se si ha l’accortezza di consultare DefiLlama in concorso con altri strumenti di analisi dedicati alla blockchain.

Il portale va ad aggregare metriche fondamentali come il valore totale bloccato (TVL) su diverse blockchain, a partire naturalmente da Ethereum, Binance Smart Chain e Solana. Oltre al TVL, però, concentra la sua attenzione sui rendimenti di ogni rete, sugli airdrop e le opportunità che offrono, sul liquidi staking e sulle entrate dei vari protocolli.

Quali sono le caratteristiche di DefiLlama?

Se Defillama è ritenuta in modo unanime la fonte più affidabile per riuscire a ottenere dati accurati e trasparenti sulla DeFi ci sono molte altre caratteristiche a renderla uno strumento formidabile per i trader. Tra le migliori caratteristiche che propone, occorre in particolare ricordare le seguenti:

  • copertura a largo spettro delle blockchain, testimoniata dalle oltre 220 catene tracciate;
  • analisi esauriente del TVL, con i dati di oltre 3mila dApps. In tal modo riesce a rivelarsi decisiva nell’individuazione dei progetti che potrebbero remunerare l’investimento dei trader interessati;
  • analisi del liquid staking di Ethereum, con il monitoraggio delle migliori soluzioni che propongono questo modo di fare staking senza tenere i token irrimediabilmente bloccati e impossibilitati a sfruttare le altre occasioni proposte dalla finanza decentralizzata;
  • raffronto dei rendimenti dei principali token, con l’offerta delle informazioni fondamentali per riuscire a capire non solo le potenzialità dei progetti, ma anche i rischi ad essi collegati;
  • avvisi di sblocco dei token, con il monitoraggio degli unlock. In tal modo è possibile intercettare i protocolli che offrono token a condizioni molto più favorevoli di quelle che avranno una volta arrivati a maturità sul mercato;
  • storico di hack ed exploit, altro strumento preziosissimo per capire i rischi dei vari progetti e restare lontani dai protocolli che, per un motivo o per l’altro prestano il fianco alla pirateria informatica, indirizzando i trader verso scelte di investimento più sicure.

Chi ha varato il portale?

A dare il via al progetto DefiLlama è stato Llama Corp, un vero e proprio collettivo che si propone di dare vita ad una scena finanziaria effettivamente decentralizzata. Al suo varo hanno contribuito alcuni personaggi coperti da anonimato, ovvero 0xngmiCharlie, il quale dedica i suoi sforzi anche ad altri progetti di Llama Corp, tra cui LlamaNodes e LlamaFolio, e Ben.

Se sono ricorrenti le voci relative al prossimo avvento di un token associato alla piattaforma, occorre ricordare che proprio 0xNgmi ha smentito con la massima nettezza un’ipotesi simile. DefiLlama, quindi, continuerà ad esistere alla stregua di un vero e proprio servizio rivolto alla finanza decentralizzata e, soprattutto ai suoi utenti.