Manca esattamente un mese alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Contemporaneamente, le tensioni crescenti in Medio Oriente, soprattutto tra Israele e Iran, alimentano le preoccupazioni su un possibile conflitto più ampio nella regione. Questa crisi è diventata uno dei temi centrali, in relazione alla politica estera, della campagna elettorale. L’ex presidente e candidato repubblicano, Donald Trump, ha recentemente commentato un possibile attacco israeliano contro l’Iran.

“Colpire i siti nucleari dell’Iran”, il consiglio a Israele di Donald Trump

Il 5 novembre, gli americani saranno chiamati a eleggere il nuovo presidente degli Stati Uniti. L’amministrazione che si insedierà alla Casa Bianca avrà il potere di alterare radicalmente il corso politico intrapreso negli ultimi cinque anni, specialmente se Donald Trump dovesse vincere un secondo mandato. Queste elezioni rivestono un’importanza cruciale per la direzione della politica estera, soprattutto in relazione alla guerra in Ucraina e, in particolare, al conflitto in Medio Oriente, che continua a evolversi e a presentare nuove sfide.

Nell’attuale contesto, i sondaggi mostrano una corsa testa a testa tra i candidati. Né la democratica Kamala Harris né il repubblicano Donald Trump sembrano vicini a garantirsi la vittoria. La competizione si fa particolarmente intensa negli stati chiave, noti come “swing states”, che storicamente non si schierano con un partito specifico. Donald Trump, ieri 4 ottobre, si trovava in uno di questi stati indecisi, la Carolina del Nord. Durante un comizio elettorale, ha esortato Israele a colpire gli impianti nucleari iraniani.

Gli Stati Uniti, alleati storici di Israele su vari fronti, si trovano in una situazione delicata, poiché l’attuale amministrazione democratica di Joe Biden adotta un approccio piuttosto cauto: sostiene il diritto di Israele a difendersi ma chiede anche un cessate il fuoco per evitare un conflitto totale in Medio Oriente. Questo approccio strategico contribuisce a mantenere la campagna elettorale di Harris in equilibrio.

Negli ultimi giorni, Joe Biden ha manifestato la sua opposizione a un possibile attacco israeliano contro i siti nucleari iraniani. Trump, al contrario, ha criticato Biden, affermando che il presidente avrebbe dovuto agire diversamente, suggerendo che la risposta appropriata fosse “colpire prima i siti nucleari e poi preoccuparsi del resto”.

Le relazioni Iran-Usa durante l’amministrazione Trump

Le tensioni tra Iran e Stati Uniti erano aumentate esponenzialmente durante l’amministrazione Trump, tra il 2016 e il 2020. L’ex presidente aveva compromesso gli sforzi per una relativa normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, in particolare con il ritiro unilaterale degli Usa dall’accordo sul nucleare iraniano, JCPOA, nel 2018. Questa decisione ha portato ad una serie di escalation diplomatiche, aggravando ulteriormente i rapporti storicamente tesi tra Washington e Teheran.

Nel 2016, la maggior parte delle sanzioni imposte da circa tre decenni erano state revocate. Trump le ha reintrodotte nel 2018. Il JCPOA si era concentrato principalmente sull’assicurare che lo sviluppo nucleare iraniano fosse effettuato esclusivamente per scopi pacifici, in cambio di una diminuzione della pressione delle sanzioni internazionali. Tra i diversi eventi significativi del 2020, gli Usa hanno ucciso Qassem Soleimani, capo delle Forze d’élite iraniane Quds, in un attacco aereo all’aeroporto iracheno di Baghdad.

Cosa sta succedendo in Medio Oriente?

La situazione in Medio Oriente sta diventando sempre più complessa dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza. Fino ad ora, gli equilibri tra i vari attori regionali erano stati mantenuti, nonostante gli sporadici scambi di attacchi. Tuttavia, l’intensificarsi delle ostilità sta generando timori di un’escalation che potrebbe destabilizzare ulteriormente l’intera area, mettendo a rischio i già fragili rapporti tra le nazioni coinvolte.

Israele è ormai in guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza da circa un anno. Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu, pur avendo intrapreso passi verso colloqui per raggiungere un cessate il fuoco e garantire il rilascio degli ostaggi, ha anche altri obiettivi strategici. Nelle ultime due settimane, Israele ha intensificato gli attacchi contro i membri di Hezbollah, il gruppo libanese sostenuto dall’Iran, evidenziando un’ulteriore escalation della violenza nella regione. Fino ad oggi, diversi leader e figure di alto profilo di Hezbollah hanno perso la vita durante i bombardamenti. La settimana scorsa, Netanyahu ha ribadito più volte l’intenzione di riportare i residenti, sfollati dal nord del paese, nelle loro abitazioni.

All’inizio della settimana, le forze israeliane hanno lanciato un’offensiva di terra nel sud del Libano contro Hezbollah. Israele ha esteso le sue operazioni, non limitandosi solo al Libano, ma effettuando anche attacchi in altri paesi arabi, tra cui Siria e Yemen.

Le tensioni nella regione aumentano ogni giorno, soprattutto dopo l’attacco missilistico dell’Iran contro Israele avvenuto il 2 ottobre. Oggi, 5 ottobre, i media locali riportano che l’esercito israeliano si sta preparando per un attacco imminente contro l’Iran.