Il sedicente Stato Islamico, noto anche come Isis (Islamic State of Iraq and Syria), pur essendo stato in gran parte sconfitto sul territorio siriano, continua a rappresentare una minaccia per la stabilità futura del Paese. Questa è l’opinione espressa dall’amministrazione del presidente uscente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha intensificato gli attacchi aerei contro i resti dell’organizzazione estremista.

La campagna militare condotta dagli Stati Uniti dimostra l’importanza attribuita alla lotta contro l’Isis. Bombardieri B-52, insieme a jet F-15 e A-10 Thunderbolt, sono stati utilizzati per colpire obiettivi nella Siria centrale.

Il Comando Centrale degli Stati Uniti, tramite la piattaforma X (precedentemente Twitter), ha dichiarato che questi attacchi, mirati a leader, membri e campi dell’Isis, fanno parte di una strategia più ampia per neutralizzare il gruppo. Il generale Michael Erik Kurilla ha sottolineato che gli Stati Uniti non permetteranno all’Isis di riorganizzarsi o sfruttare la situazione siriana e hanno avvertito tutte le organizzazioni presenti nel paese delle conseguenze di eventuali collaborazioni con il gruppo.

In una dichiarazione pubblica, Biden ha ribadito l’impegno per la stabilità della Siria orientale e la protezione del personale statunitense, promettendo di continuare a garantire la sicurezza dei centri di detenzione che ospitano membri dell’Isis.

L’Isis non è morto

Carsten Wieland, esperto di Medio Oriente, ha spiegato che l’Isis non ha mai abbandonato del tutto la Siria. Cellule dormienti continuano ad essere attive nelle regioni centrali e orientali, costituendo una minaccia, specialmente in situazioni di vuoto di potere.

L’Isis, nato in Iraq durante l’invasione statunitense del 2003, si è diffuso in Siria nel 2012 sfruttando il caos della guerra civile. Originariamente noto come Fronte Al-Nusra, il gruppo ha subito trasformazioni e rivalità interne, con il suo leader al-Jolani che si è allontanato dall’organizzazione per fondare la milizia Hayat Tahrir al-Sham (HTS). Sebbene le forze armate siriane siano state gravemente indebolite durante la guerra, la pressione militare statunitense ha gradualmente ridotto la capacità operativa dell’Isis, costringendolo a cedere i territori controllati nel 2019.

Nonostante molte cellule siano state neutralizzate e numerosi membri siano stati imprigionati nel nord della Siria, alcune sacche di resistenza persistono, in particolare nella regione desertica del Badia. Queste unità hanno attaccato popolazioni rurali, provocando vittime, soprattutto tra chi si avventura a raccogliere tartufi. Wieland ha sottolineato la difficoltà di eliminare completamente il gruppo, data la natura frammentata delle sue cellule.

I combattenti dell’Isis nelle carceri siriane

Cinque anni fa, mentre le forze sostenute dagli Stati Uniti conquistavano territori a lungo controllati dall’Isis, la CBS News ha visitato una prigione che ospitava membri del gruppo terroristico. Questa settimana, un nuovo reportage della CBS News è tornato nella stessa prigione, situata nella Siria orientale, dove migliaia di militanti dell’Isis sono ancora detenuti, sebbene le guardie non abbiano voluto rivelare il numero esatto dei prigionieri.

I detenuti provengono da ogni parte del mondo, avendo aderito al cosiddetto Stato Islamico. Molti di loro sono imprigionati da anni, in celle sovraffollate che ospitano almeno 20 persone ciascuna. La prigione si trova in un’area della Siria orientale sotto il controllo delle forze curde sostenute dagli Stati Uniti, che attualmente amministrano circa un quarto del paese. Il direttore della struttura ha riferito che i detenuti non sono stati informati del recente collasso del regime di Assad a Damasco, temendo che ciò potesse scatenare disordini. “L’Isis è ancora attivo e questa prigione rappresenta per loro un obiettivo importante”, ha spiegato.

Nonostante la sconfitta ufficiale dell’Isis in Siria cinque anni fa, con il sostegno degli Stati Uniti, il gruppo rimane una minaccia latente. Il deserto siriano continua a essere un nascondiglio per le sue cellule attive. Nel 2022, l’Isis ha attaccato questa stessa prigione, provocando una fuga di detenuti e una battaglia durata 10 giorni per riprendere il controllo.

Non lontano dalla prigione si trova il campo di al-Hol, dove le forze curde tengono circa 6.000 donne e bambini, familiari dei combattenti dell’Isis uccisi o catturati. La sicurezza nel campo è in deterioramento. A differenza della prigione per i militanti maschi, qui si è diffusa la notizia della caduta del regime siriano, alimentando nelle donne la speranza di essere liberate. Una delle residenti del campo, una vedova che vive lì da sei anni, ha dichiarato di non essersi mai pentita del passato brutale dell’Isis e di provare ancora fedeltà verso il gruppo.

Le organizzazioni terroristiche prosperano nel caos

Al momento, l’Isis non sembra avere la capacità di riconquistare il controllo territoriale, ma potrebbe tentare di espandere la propria influenza approfittando dell’instabilità politica dopo la caduta del regime di Assad.

Come già accaduto in passato, le organizzazioni jihadiste prosperano nel caos e la situazione attuale della Siria non può che essere vista come una ghiotta occasione.

Circa 900 militari americani continuano a essere presenti in Siria come parte di una coalizione anti-Isis che collabora con le Forze Democratiche Siriane (SDF). Secondo i funzionari della difesa, gli Stati Uniti hanno ribadito l’intenzione di mantenere questa presenza per evitare che l’organizzazione terroristica possa riorganizzarsi e ricostituirsi.

Sarà fondamentale non commettere lo stesso errore fatto nel 2014, quando una colpevole sottovalutazione della minaccia Isis scaraventò Siria e Iraq nell’incubo di un’occupazione durata più di 3 anni, seminando terrore anche nel mondo occidentale.

Immagine di copertina: Depositphotos.com