Domani saranno sette anni dalla scomparsa di Giulio Regeni, lo studente friulano ucciso in Egitto nel 2016. Sul suo conto si è espresso oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani, menzionando la recente visita al Cairo, ma anche i genitori del 30enne.

In tutta Italia sono previste manifestazioni di solidarietà nei confronti del ricercatore, mentre sono già apparsi striscioni in cui campeggia la scritta “un altro 25 gennaio senza verità e giustizia”.

Omicidio Giulio Regeni, rapporti freddi tra la famiglia e la politica

I genitori di Giulio Regeni hanno raccontato in un’intervista il loro stato d’animo a sette anni dalla scomparsa del figlio in Egitto. Dopo sei anniversari “a vuoto”, in cui la situazione non ha fatto altro che peggiorare data la decrescente collaborazione delle autorità giudiziarie egiziane (fino alla chiusura dell’indagine), quest’anno c’è la speranza che qualcosa cambi.

Ci aspettiamo un 25 gennaio diverso, con dei risultati concreti. Tuttavia siamo preparati anche all’inerzia e all’incoerenza della politica

Estratto dell’intervista dei genitori di Regeni

Come sottolineano successivamente, il colore della speranza sarebbe il verde ma nel caso di Giulio è rappresentato dal giallo. “Ci ricorda che Giulio continua a unire le persone, è il colore che illumina la nostra richiesta di verità e giustizia”. Sull’intero territorio nazionale ci sono più di 100 panchine gialle in sua memoria, che si affiancano alle panchine rosse come strumento dalla valenza simbolica.

Tuttavia, dal ricordo visivo c’è una forte volontà di novità concrete. L’attaccamento e la vicinanza sono fondamentali per mantenere viva la memoria ma non sufficienti a produrre risultati sul piano della giustizia. La decisione del Tribunale del Cairo di sospendere il processo a carico di quattro poliziotti è stata una mazzata, “ma non ci arrenderemo mai di fronte a un’intollerabile violazione dei diritti umani”. La richiesta di genitori di Giulio è unica e inequivocabile: “stop a promesse che non possono essere mantenute, all’ipocrisia, a gesti a favor di telecamere, alla retorica di certi discorsi”.

Qui si apre il delicato capitolo del rapporto tra la famiglia e i governi che si sono succeduti dal 2016 a oggi. Non c’è alcuna paura nell’ammettere che la fiducia nei confronti delle istituzioni sia solamente frutto di senso del dovere. Ma per fortuna “al nostro fianco ci sono migliaia di cittadini che combattono con noi questa battaglia”.

Al momento non c’è ancora stato un contatto ufficiale tra l’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni e la famiglia Regeni. Contro lo Stato la coppia di Fiumicello ha presentato un esposto che obbliga l’Italia a cessare la vendita di armamenti all’Egitto e a tutti i Paesi che violano i diritti umani. Secondo quanto raccontato da loro, al momento l’istruttoria non risulta aperta e sul caso non esiste una presa di posizione ufficiale da parte del mondo politico.

Tajani: “Con al-Sisi la promessa di fare giustizia”

Come detto, sulla questione è intervenuto anche il titolare della Farnesina, parlando di un confronto costruttivo avuto con il presidente al-Sisi (ma già in occasione del Cop 27 a Sharm el-Sheikh c’era stato un primo contatto tra le parti).

La richiesta dell’Italia è irremovibile e pretende che i colpevoli siano processati ed eventualmente puniti. Stando alle parole di Tajani sarebbe stato proprio lo stesso al-Sisi a intavolare il dibattito sul tema, mostrando piena collaborazione. Per sgomberare il campo da ogni possibile fraintendimento, Tajani ha ribadito che “la verità sul caso Regeni sarà sempre un priorità, senza alcun tentennamento”.