“Non ho mai voluto farle del male, non ho mai voluto fare del male a mia figlia”. Queste le parole che Alessia Pifferi avrebbe pronunciato dopo essere venuta a conoscenza dell’esito della perizia psichiatrica firmata dal professor Elvezio Pirfo, che l’ha giudicata totalmente capace di intendere e di volere. A renderlo noto è l’avvocata Alessia Pontenani, che la difende e che da poco è a sua volta indagata nell’ambito di un procedimento parallelo a quello relativo all’omicidio della piccola Diana – morta di stenti a 18 mesi – insieme alle due psicologhe che visitarono la 38enne imputata nel carcere di San Vittore.
Alessia Pifferi capace di intendere e di volere: il commento dell’avvocata Pontenani su Radio Cusano Campus
Nella perizia, disposta dalla Corte d’Assise di Milano – davanti alla quale Alessia Pifferi è imputata per l’omicidio volontario aggravato della figlia – lo psichiatra forense che ha visitato la donna, il professor Elvezio Pirfo, ha messo in luce, come già avevano fatto i consulenti della difesa, l’infanzia traumatica vissuta dalla 38enne, che avrebbe poi sviluppato una vera e propria incapacità di esprimere le proprie emozioni. Cosa che l’avrebbe portata, da adulta, a “tutelare i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno” nei confronti della figlia.
Se la perizia di parte aveva stabilito che era totalmente incapace di intendere e di volere quando, nell’estate del 2022, lasciò la piccola da sola in casa per quasi una settimana, provocandone la morte, secondo quella depositata negli scorsi giorni era, invece, totalmente capace. Una conclusione che ha lasciato stupefatta l’avvocata Alessia Pontenani, che difende la donna e che più volte ha messo in luce come vivesse isolata, senza il supporto della sua famiglia.
“La sorella non la vedeva e non la frequentava mai. Vi basti pensare che non ha partecipato ai matrimoni di Alessia. La realtà è che non l’ha mai sopportata”, ha dichiarato a “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus riferendosi a Viviana Pifferi. E ha aggiunto: “Quando Diana è nata, a Bergamo, né lei né la madre, che subito dopo si è trasferita in Calabria e non è mai più salita a Milano nonostante Alessia le chiedesse aiuto, sono andate a trovarla, a differenza di quello che dicono ora”.
“Si sono costruite una storia e l’hanno fatto per giustificare quella che secondo me è un’assenza gravissima della famiglia. E questo risulta dalla perizia: Alessia ha vissuto in un contesto sociale-affettivo assolutamente isolato, cosa che poi ha pregiudicato tutto lo sviluppo e ha causato quello che ha causato. Alessia ha lasciato morire la figlia in un modo atroce e qui nessuno la vuole difendere, quello è un fatto. Però la famiglia non le è mai stata vicino, le cose altrimenti sarebbero potute andare in un modo diverso”.
La reazione dell’imputata all’esito della perizia psichiatrica
Poi l’avvocata ha rivelato ai conduttori Fabio Camillacci e Tiziana Ciavardini le parole pronunciate dalla sua assistita subito dopo essere venuta a conoscenza degli ultimi sviluppi. “Saputa la notizia sono corsa immediatamente a San Vittore, perché non volevo che Alessia lo sapesse dagli organi di stampa o dalla televisione. Le ho detto che secondo il professor Pirfo lei ‘sta bene’, le ho detto, banalmente: ‘Pensano che sei una mamma cattiva e che hai ucciso tua figlia’. Lei è scoppiata a piangere e mi ha detto: ‘Non ho mai voluto farle del male, voglio bene a Diana, sono una brava mamma. Voglio che tutta Italia lo sappia’. Parla di lei al presente”, ha dichiarato.
E ha poi spiegato perché secondo lei non avrebbe voluto uccidere la bambina. “Avrebbe potuto farlo in altri modi, andando anche esente da responsabilità: avrebbe potuto fingere che fosse caduta, ad esempio. Oppure una volta arrivata in casa avrebbe potuto metterla in un sacchetto e sbarazzarsene. Invece ha chiamato la vicina di casa – che a sua volta ha allertato i soccorsi, perché lei non era in grado di farlo – e ha provato a rianimarla. Le ha dato addirittura da bere nonostante il suo corpicino fosse in evidente stato di decomposizione”.
Secondo lei, insomma, la donna non era cosciente. E sospetta che sull’esito della perizia del professor Pirfo abbia pesato la decisione del Pm De Tommasi di indagare per falso e per favoreggiamento, in un processo parallelo a quello sull’omicidio della bambina, lei e le due psicologhe del San Vittore che visitarono Alessia Pifferi, ipotizzando che abbiano manomesso il suo diario clinico per sostenere che avesse un “grave ritardo mentale”. Decisione che a sua volta ha sollevato non poche polemiche, soprattutto da parte degli avvocati milanesi, che il prossimo 4 marzo sciopereranno.
Nella stessa data si terrà anche la nuova udienza del processo a carico della 38enne. “Il Pm potrebbe chiedere la mia incompatibilità in quanto indagata in un procedimento connesso (ma anche se dovesse farlo secondo me la Corte non aderirà a questa sua scelta), poi sono certa che – se ancora sarà l’avvocato di Alessia Pifferi – discuteremo della perizia. Personalmente ho molte domande da fare al professor Pirfo”, ha dichiarato. “Se non ci saranno grandi sconvolgimenti secondo me entro maggio avremo finito il processo”, ha concluso, ricordando che se la sua assistita appare “cambiata” come molti sostengono è perché “dal 14 luglio di due anni fa è chiusa in una cella da sola” e non perché stia recitando una parte. Rischia il massimo della pena, l’ergastolo.