La mobilità lavorativa, sempre più diffusa in diverse industrie grazie alla globalizzazione e alla delocalizzazione delle imprese, spinge numerosi lavoratori a trascorrere periodi di impiego all’estero. In questo scenario, un elemento rilevante nella decisione di lavorare all’estero è spesso legato agli aspetti previdenziali.
Particolarmente cruciale è la possibilità per i lavoratori migranti di riunire i contributi previdenziali versati in altri paesi.
Come funziona la pensione se ho lavorato all’estero?
Svolgere un’attività lavorativa all’estero come dipendente comporta implicazioni sia fiscali che previdenziali.
Dal punto di vista previdenziale, il principio chiave su cui si basa la normativa è quello della territorialità. In sostanza, tale principio prevede che la legge debba essere applicata nel luogo in cui si svolge l’attività lavorativa. In pratica, la disciplina previdenziale è strettamente legata al contratto di lavoro e al luogo in cui si presta l’attività lavorativa, indipendentemente dalla provenienza del lavoratore dipendente.
Se seguiamo questo principio in modo rigido, un lavoratore residente in Italia non avrebbe incentivi a trasferirsi all’estero per lavoro, poiché perderebbe la tutela previdenziale italiana a cui ha contribuito fino a quel momento. Tuttavia, lo sviluppo del mercato del lavoro, sia a livello europeo che globale, ha portato al superamento in alcuni casi del principio di territorialità. Trattati e accordi internazionali sulla sicurezza sociale e previdenziale hanno permesso ciò, soprattutto con i Paesi dell’Unione Europea e con altri Paesi legati all’Italia da reciproci interessi economici.
Questa opportunità di derogare al principio di territorialità è garantita dai Regolamenti Comunitari per gli Stati europei e da specifiche convenzioni bilaterali stipulate con i Paesi extracomunitari. Questi accordi internazionali mirano a garantire ai lavoratori migranti la stessa tutela previdenziale e pensionistica prevista dalle legislazioni nazionali, ossia la stessa tutela riservata a chi ha sempre lavorato nello stesso Stato.
La realizzazione di tale obiettivo è principalmente ottenuta attraverso la “totalizzazione dei periodi assicurativi”, collegata ai contributi pensione versati all’estero. In genere, infatti, non è prevista la possibilità di trasferire contributi da uno Stato all’altro a livello internazionale, né la ricongiunzione delle diverse posizioni assicurative, salvo poche eccezioni in base a specifici accordi.
Totalizzazione dei contributi per chi ha lavorato all’estero, come funziona?
La totalizzazione contributiva internazionale rappresenta un accordo tra due o più paesi, consentendo di aggregare i periodi di contribuzione accumulati in ciascun paese al fine di ottenere un’unica prestazione pensionistica. Questo accordo mira a evitare la doppia tassazione delle prestazioni previdenziali e a garantire un trattamento equo ai lavoratori che hanno esperienze lavorative in più nazioni.
Affinché un individuo possa usufruire della totalizzazione contributiva, è necessario aver accumulato un periodo di contribuzione minimo richiesto dal paese in cui si desidera ottenere la prestazione pensionistica. Inoltre, è fondamentale che esista un accordo specifico di totalizzazione contributiva tra il paese in cui il lavoratore ha maturato i contributi e il paese in cui intende richiedere la pensione.
La totalizzazione contributiva si configura come un’opzione vantaggiosa per coloro che hanno lavorato in diverse nazioni, consentendo loro di beneficiare di una prestazione pensionistica più sostanziosa rispetto a quella che potrebbero ricevere dal singolo paese di impiego. Tuttavia, è importante notare che i requisiti per usufruire della totalizzazione contributiva possono variare da paese a paese, pertanto è sempre consigliabile verificare le condizioni specifiche presso le autorità competenti di ciascuna giurisdizione.
Attraverso la totalizzazione dei periodi assicurativi, i lavoratori hanno la possibilità di consolidare il diritto a diverse prestazioni previdenziali previste nei vari Stati coinvolti nell’accordo. Questa procedura consente di utilizzare i periodi contributivi accumulati in uno Stato estero (nel caso della totalizzazione semplice) o in più Stati contraenti (nel caso della totalizzazione multipla) per ottenere un riconoscimento complessivo.
I periodi di assicurazione, compresi quelli derivanti da attività subordinata, autonoma o residenza in uno Stato contraente, possono essere sommati a quelli acquisiti in un altro Stato membro. Questa totalizzazione è effettuata nella misura necessaria per ottenere la pensione, sempre che i periodi non siano sovrapposti e che, all’interno dello Stato erogante la pensione, i contributi accumulati superino un anno.
Attualmente, la totalizzazione dei periodi assicurativi è applicabile a tutti i lavoratori che operano nei Paesi della Comunità Europea, oltre che a Città del Vaticano, in Svizzera e Croazia. Inoltre, ci sono accordi anche con i seguenti Stati nel mondo:
- Argentina,
- Australia,
- Brasile,
- Canada,
- Capo Verde,
- Israele,
- Jersey,
- Principato di Monaco,
- Jugoslavia,
- Bosnia,
- Macedonia,
- Serbia,
- Montenegro,
- Stati Uniti,
- Tunisia,
- Venezuela
Esempio pratico di totalizzazione contributiva
Per comprendere meglio, prendiamo in considerazione il caso di un lavoratore che ha trascorso una parte della sua vita lavorativa in Italia e successivamente si è trasferito in un Paese dell’Unione Europea per un altro periodo. Supponiamo che questo lavoratore abbia versato contributi in Italia per 15 anni e in Francia per altri 20. Al raggiungimento dell’età pensionabile, desidera accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia.
Se la totalizzazione contributiva non fosse disponibile, il lavoratore non avrebbe la possibilità di ottenere la pensione in quanto non avrebbe raggiunto il requisito minimo di 20 anni di contributi nel sistema previdenziale italiano. Tuttavia, attraverso la richiesta di totalizzazione nel Paese in cui è possibile sommare gli anni di contribuzione, il lavoratore può ottenere il trattamento pensionistico, riconoscendo così l’insieme delle contribuzioni versate nei vari Paesi.
Principio di territorialità
Il principio di territorialità stabilisce che un lavoratore che si trasferisce all’estero debba iscriversi presso gli Istituti e gli Enti di previdenza e assistenza del Paese estero in cui svolge la sua attività lavorativa. Questo può comportare che, in alcuni casi, specialmente per i lavoratori itineranti, non si raggiunga mai il requisito minimo in nessuno Stato per ottenere il trattamento pensionistico, a causa di contributi pensionistici insufficienti.
Per agevolare il lavoratore itinerante, gli accordi internazionali prevedono alcune deroghe al principio di territorialità. Ad esempio, il distacco del lavoratore o la proroga del riscatto sono periodi in cui il lavoratore rimane iscritto presso gli Istituti di origine. Un altro approccio è il criterio della totalizzazione dei periodi assicurativi, che prevede la considerazione fittizia di periodi di lavoro prestati in altri Stati che da soli non sarebbero sufficienti per ottenere una prestazione. La totalizzazione consente di sommare fittiziamente i periodi assicurativi, garantendo che i contributi pensionistici rimangano acquisiti negli Istituti e Enti esteri in cui erano stati versati.
Totalizzazione contributi minimi
Per effettuare la totalizzazione contributiva, è essenziale che il lavoratore abbia accumulato periodi di assicurazione presso gli Stati firmatari dell’accordo internazionale. Mediante la totalizzazione contributiva, il lavoratore ha la possibilità di combinare i contributi accumulati nel sistema previdenziale straniero con quelli presenti nel sistema previdenziale dell’altro Stato coinvolto nell’accordo. Ciascun accordo o trattato regola la durata specifica dei periodi che possono essere totalizzati.
In dettaglio, sono previste le seguenti durate minime:
- Un periodo minimo di 52 settimane per gli Stati soggetti alla normativa comunitaria (Paesi dell’Unione Europea, SEE e Svizzera). La stessa durata minima si applica anche per Argentina, Australia, Repubblica di Capo Verde, Croazia, Repubblica di San Marino, Stati Uniti d’America, Tunisia, Turchia, Vaticano e Venezuela.
- Un periodo minimo di 1 settimana per Brasile, Jersey e Isole del Canale, Uruguay, Bosnia Erzegovina, Serbia-Montenegro e Macedonia.
- Infine, un periodo minimo di 53 settimane per Canada – Quebec e Principato di Monaco.