Il preavviso di dimissioni o licenziamento rappresenta quel periodo transitorio tra l’annuncio di voler abbandonare il lavoro (o farlo abbandonare se si è il datore di lavoro), e l’effettiva terminazione del rapporto di lavoro. Questa prassi, disciplinata dalla legge, mira a tutelare sia il lavoratore, che necessita di tempo per trovare un nuovo impiego, sia il datore di lavoro, che deve organizzarsi per colmare il vuoto lasciato dal dipendente uscente. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3247/2024, ha ribadito l’importanza del preavviso, sottolineando come sia essenziale per garantire una transizione ordinata e rispettosa delle esigenze di entrambe le parti.

Preavviso di dimissioni e licenziamento: normativa e obbligazioni

Il preavviso è strettamente regolamentato e varia in base al tipo di contratto (a tempo determinato o indeterminato) e al settore di appartenenza, con specifiche dettate dai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro (CCNL). La legge (art. 2118 del Codice Civile) e i vari CCNL stabiliscono la durata del preavviso, che può essere negoziata tra le parti, consentendo una certa flessibilità. In assenza del rispetto del preavviso, sono previste conseguenze economiche, come la trattenuta di una somma equivalente dalla retribuzione finale del lavoratore.

Eccezioni e casi particolari

Nonostante il preavviso sia una norma generale, esistono eccezioni significative. Ad esempio, in situazioni di dimissioni o licenziamento per giusta causa, il lavoratore può terminare il rapporto di lavoro con effetto immediato, senza necessità di preavviso. Questo si applica anche in casi di accordo reciproco per la cessazione del rapporto o in specifiche circostanze personali, come durante il periodo di maternità o paternità. La giurisprudenza gioca un ruolo cruciale nell’interpretare cosa costituisca una “giusta causa“, valutando caso per caso le circostanze che legittimano una risoluzione immediata del contratto.

Preavviso di dimissioni nel contratto a tempo indeterminato

Il preavviso per le dimissioni da un contratto a tempo indeterminato è una fase critica sia per il dipendente che per l’azienda, data la necessità di gestire la transizione in modo fluido e senza intoppi. In generale, il periodo di preavviso serve per dare tempo all’azienda di trovare un sostituto o riorganizzare le proprie attività. Tuttavia, come abbiamo detto, ci sono eccezioni in cui il dipendente può dimettersi senza dover rispettare il preavviso, come in caso di dimissioni per giusta causa, durante il periodo di prova, o in specifiche situazioni legate alla maternità o a malattie.

La durata del preavviso non è uniformemente stabilita per legge, ma varia in base ai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) specifici per settore, livello occupazionale del dipendente, e anzianità di servizio. Questi fattori determinano la lunghezza del periodo di preavviso, che tende ad aumentare con l’anzianità e il livello di responsabilità del dipendente all’interno dell’azienda. Ad esempio, nel settore metalmeccanico, il preavviso varia da 7 giorni per i lavoratori di categoria inferiore con meno di 5 anni di servizio, fino a 4 mesi per quelli di categoria superiore con oltre 10 anni di servizio. Nel commercio, i periodi di preavviso possono variare da 10 a 90 giorni a seconda del livello e dell’anzianità.

Cosa stabilisce il Codice Civile

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Il preavviso nel contesto lavorativo è un periodo obbligatorio stabilito per annunciare la cessazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (nel contratto a tempo determinato, un termine esiste già). Secondo l’articolo 2118 del Codice Civile, sia il datore di lavoro che il dipendente possono recedere dal contratto, rispettando termini e modalità definiti dalle normative, dagli usi o secondo equità. Durante il preavviso, il rapporto di lavoro continua normalmente, permettendo al lavoratore di percepire la sua retribuzione e di cercare un nuovo impiego. La decorrenza del preavviso solitamente inizia dal primo o dal sedicesimo giorno del mese, in base alla data di comunicazione delle dimissioni.

Preavviso di dimissioni: come funziona dal 2016

Dal 2016, con l’introduzione del Jobs Act, le dimissioni volontarie e le risoluzioni consensuali devono avvenire esclusivamente online, per prevenire le cosiddette “dimissioni in bianco“. Questa procedura telematica assicura trasparenza e certezza della data di comunicazione. Tuttavia, ci sono eccezioni per alcuni settori e condizioni, come il lavoro domestico o il pubblico impiego. Per il licenziamento, invece, è richiesta una comunicazione scritta con le motivazioni dettagliate, senza specifiche procedure telematiche.

Preavviso di dimissioni e licenziamento: interruzione e deroghe

Il preavviso può essere interrotto o posticipato per malattia, ferie, maternità o infortunio, riprendendo dal giorno di rientro del dipendente. Le norme contrattuali possono stabilire un periodo di preavviso specifico, che può variare in base a diversi fattori e può essere negoziato tra le parti per essere più lungo o più breve. In assenza di accordo, la mancata osservanza del preavviso può comportare per il lavoratore la trattenuta di una somma pari alla retribuzione corrispondente dal datore di lavoro. Questo meccanismo serve a mitigare l’impatto economico della cessazione del rapporto di lavoro e, in caso di violazione, può comportare l’obbligo di versare una indennità sostitutiva, oltre a possibili risarcimenti per licenziamento senza giusta causa.