Fra i tributi dovuti dagli utilizzatori di un immobile, sia proprietari che affittuari, rientra la Tari, ossia la tassa sui rifiuti. Questa imposta è destinata a coprire i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nei comuni ed è obbligatoria per chiunque possieda o detenga locali o aree scoperte in grado di produrre rifiuti. Tuttavia, esistono circostanze in cui il pagamento della Tari non è previsto. Di seguito sono illustrate le situazioni in cui ciò accade.

Quando non si paga la tassa sui rifiuti?

Innanzitutto, è fondamentale sottolineare che se un’abitazione è abitata, il contribuente, che sia il proprietario o un affittuario con un contratto di locazione in corso, è tenuto a pagare la Tari.

Abitazione non in uso

Nel caso in cui l’abitazione non sia in uso, non è richiesto il pagamento della Tari. Un indicatore chiave per dimostrare l’inutilizzo di un’abitazione è l’assenza di servizi come il collegamento alle reti idrica, del gas o elettrica. La mancanza di tali servizi conferma che l’abitazione non è abitata e, di conseguenza, non produce rifiuti. Un altro elemento che testimonia il mancato utilizzo è l’assenza di arredi. Queste situazioni devono essere documentate al comune di competenza, che è responsabile dell’invio della Tari.

Va notato che le condizioni per l’esenzione possono variare tra i diversi comuni. Alcuni potrebbero richiedere la verifica dell’assenza di mobili, mentre per altri potrebbe essere necessaria l’assenza di servizi (acqua, luce o gas).

Per quanto riguarda la Tari sulla seconda casa, utilizzata solo per pochi mesi all’anno, è previsto il pagamento, ma con una tariffa ridotta. Per i non residenti, che trascorrono la maggior parte dell’anno altrove, il comune deve applicare una riduzione dell’imposta. La percentuale di riduzione viene solitamente stabilita attraverso delibere comunali, ma in alternativa è possibile presentare un ricorso.

La riduzione della Tari per le case utilizzate solo stagionalmente è regolamentata dalla Legge di Stabilità 2014, la quale prevede che il comune possa stabilire esenzioni o riduzioni per abitazioni utilizzate stagionalmente o per altri scopi limitati e discontinui, occupate da soggetti che risiedono all’estero per più di sei mesi all’anno, locali diversi dalle abitazioni e aree scoperte utilizzati in modo stagionale o non continuativo ma ricorrente, e fabbricati rurali adibiti ad uso abitativo.

Regolamento comunale

A discrezione dei singoli Comuni, ciascuno ha la facoltà di introdurre, attraverso propri regolamenti, esenzioni e riduzioni mirate a favorire specifiche situazioni previste dalla legge. Queste esenzioni e riduzioni sono legate a condizioni che, per la loro minore propensione a generare rifiuti, comportano un minor introito da inserire tra i costi del piano finanziario. Esse possono coinvolgere abitazioni con un unico occupante, attività di prevenzione nella produzione di rifiuti (specialmente per utenze domestiche che praticano il compostaggio domestico), bilanciando le riduzioni tariffarie con la quantità di rifiuti effettivamente non prodotti.

Inoltre, possono essere introdotte esenzioni e riduzioni per altre tipologie di utenze ritenute meritevoli di tutela, indipendentemente dalla loro produzione di rifiuti; in questi casi, il Comune deve finanziare tale misura tramite risorse provenienti dalla fiscalità generale, differenziandole così dai proventi del tributo.

Se si vive in affitto

Per quanto riguarda chi vive in affitto, l’esenzione dalla Tari è condizionata al periodo di permanenza nell’immobile. L’inquilino è tenuto a versare la Tari se la detenzione dell’immobile supera i 6 mesi. In caso contrario, la tassa è esclusivamente a carico del proprietario.

Quando il servizio non è “all’altezza”

La legge prevede anche situazioni in cui è possibile richiedere una riduzione della Tari, oltre alle esenzioni. Queste riduzioni possono essere di due tipi: obbligatorie o facoltative, a discrezione dei singoli Comuni. Per le riduzioni obbligatorie, si applica una tariffa ridotta quando il servizio di raccolta dei rifiuti è effettuato in violazione della legge o quando i cassonetti della spazzatura sono troppo distanti dalla residenza. In caso di servizio di raccolta insufficiente o di strade piene di rifiuti, la Tari può essere ridotta fino al 20% della tariffa massima. Un’ulteriore riduzione dell’80% è prevista in caso di interruzione del servizio per motivi sindacali o per impedimenti organizzativi imprevedibili, riconosciuti come causa di danno o pericolo alle persone o all’ambiente dall’autorità sanitaria.

Va notato che la Tari può subire una riduzione nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, e l’imposta dovuta sulla base della tariffa deliberata dal Comune non deve superare il 40%, calcolato in base alla distanza dal punto di raccolta più vicino.

Come dimostrare il diritto all’esenzione della Tari?

Qualora un cittadino riceva una bolletta Tari dal Comune che reputa ingiustificata, è sua responsabilità dimostrare all’ente che la tassa non è dovuta in conformità alla legge o al regolamento comunale. Nel caso in cui l’utente riceva un avviso di pagamento o un accertamento esecutivo Tari e ritenga indebute tali notifiche, è necessario avviare una contestazione. La prima azione consiste nella presentazione di un ricorso in autotutela Tari, procedura molto agevole in quanto può essere compilata direttamente in carta semplice e inviata al comune.

Se il comune accoglie il ricorso in autotutela, l’atto viene annullato e la questione si conclude. In caso di respinta, il contribuente dovrà valutare la possibilità di un ricorso presso la commissione tributaria. È importante notare che se i motivi per l’esenzione sono chiari ed evidenti, è improbabile che l’ente rifiuti la richiesta, evitando così un eventuale ricorso presso la commissione tributaria e il rischio di subire una sconfitta.