Nuovi problemi nel business agricolo e nelle sue regolamentazioni.

Nella giornata odierna, i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Ragusa, in collaborazione con il nucleo ispettorato del lavoro della città, hanno effettuato in un blitz anticaporalato con tre arresti per il reato di sfruttamento del lavoro ed estorsione.

Ragusa, blitz anticaporalato, tre arresti: cosa è successo

L’indagine è iniziata nell’ottobre del 2022, è durata sei mesi e depositata a maggio dell’anno dopo. Nel corso dell’investigazione, i militari hanno scoperto uno scenario agghiacciante: persone pagate 1 o 2 euro l’ora a fronte degli 8 previsti dal contratto nazionale di lavoro per l’agricoltura.

I sedici lavoratori, tutti di origine ghanese e nigeriana sono stati sottoposti ad un regime di turnazioni lunghe e sfiancanti, gravi condizioni igienico-sanitarie, tra cui la mancanza di acqua calda e riscaldamento da parte dei tre titolari, di cui due rispettivamente di 47 e 57 anni.

A seguito dei relativi reati, è scattato il sequestro preventivo e l’affidamento a un custode giudiziario; sequestrati 850 mila euro, mentre i tre indagati, arrestati, si trovano attualmente ai domiciliari.

Il colonnello dell’arma di Ragusa, Rosciano: “Pagati un euro l’ora per turni interminabili di lavoro”

In un comunicato rilasciato dal colonnello Carmine Rosciano, comandante provinciale dell’Arma di Ragusa, l’agente ha dichiarato: “Venivano segnate determinate giornate di lavoro ma in effetti quelle lavorate erano molte di più. Paga accreditata ma poi i giovani, ventenni per lo più, venivano accompagnati al bancomat perché i titolari avrebbero preteso la restituzione di una parte della paga, in contanti” una vera e propria estorsione in piena regola.

La lista dei reati di capolarato prosegue per i tre imprenditori, tra cui false attestazioni anche sulla formazione sui fitofarmaci, ovvero prodotti fitosanitari, utilizzati per proteggere e conservare i vegetali o agire sui processi vitali.

Dalle ultime indagini è emerso l’utilizzo di questi prodotti chimici senza la minima conoscenza degli stessi e i relativi dispositivi di protezione per il lavoratore:

“L’attività ha preso il via grazie alla collaborazione con enti del terzo settore e tutto parte da una segnalazione dell’Oim, che aveva avuto notizia di questo tipo di sfruttamento e da questo è nata l’indagine che ha confermato quanto ipotizzato”.