Ex biologo, politico e attivista russo classe 1953: chi è Oleg Orlov, l’uomo condannato a 2 anni e mezzo di carcere, ritenuto responsabile di aver “screditato” le Forze armate del suo Paese. Il 70enne, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2022, si è più volte espresso contro la Guerra in Ucraina, rilasciando dichiarazioni non in linea con il pensiero del Cremlino

Chi è Oleg Orlov? La storia dell’attivista russo

Oggi si torna a parlare di Oleg Orlov, nato a Mosca il 4 aprile 1953, alla luce del recente condanna a suo carico. Da anni egli è impegnato in opere di attivismo in difesa dei diritti umani in Russia. È presidente del Board of Human Rights Center Memorial.

Nel 2022 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace per la sua la Ong “Memorial”. È inoltre membro esecutivo del board del Center’s International, Historic-Educational Society. Tra gli altri riconoscimenti, ha vinto il “For Freedom of Thought”.

Per quanto riguarda le sue origini e la sua biografia, sappiamo che è nato da un papà ingegnere e da una mamma insegnante. La sua famiglia dovette fare i conti con quanto avvenne nel 1956 in Russia, quando furono condannati i fedeli di Stalin.

Da quel momento in poi, il padre di Oleg Orlov divenne un deciso oppositore del comunismo. L’uomo era solito organizzare incontri e discussioni presso la loro abitazione a Mosca, durante i quali si parlava di politica.

Da ragazzo Orlov studiò presso l’Accademia agricola Timirjazevskij. Si laureò poi in biologia. In seguito iniziò a lavorare per l’Istituto di Fisiologia Vegetale presso l’Accademia delle Scienze dell’Urss.

L’Ong “Memorial”

A partire dal 1988 Oleg Orlov diventò un membro del gruppo “Memorial”. Si trattava di un gruppo che aiutava le vittime della repressione politica attuata dai membri dell’Urss lo scorso secolo.

Sin dalla sua fondazione, l’associazione si è sempre impegnata nel denunciare pubblicamente le violazioni dei diritti umani compiute negli anni in Russia. Ha istituito monumenti in memoria delle vittime, ha creato un museo e una biblioteca dedicata.

Orlov è diventato, nel tempo, un personaggio molto importante di questo gruppo. Nel 1991 poi il movimento è stato registrato e ribattezzato “Memorial” dell’International Historic-Educational Human Rights and Charity Organization. Il biologo è diventato uno degli amministratori e, a seguire, il Presidente.

Oggi “Memorial” è una Ong, organizzazione non governativa. Ha una sede anche in Italia. Si occupa delle difesa dei diritti umani.

Negli anni Oleg Orlov si è occupato del tema del sistema penitenziario Russia, è stato osservatore di zone di conflitto come la Cecenia, incontrando leader di Stati e partecipando anche a negoziati.

Il discorso di Orlov in tribunale

Questa non è la prima volta che l’attivista russo, che oggi ha 70 anni, si è trovato a dover rispondere a pesanti accuse in un tribunale russo. Era già stato al centro di un primo processo, al termine del quale i giudici lo avevano assolto.

In seguito però lo avevano sottoposto un secondo processo da lui stesso definito una “farsa”. Ha deciso di non partecipare, rifiutando di rispondere alle domande. L’imputato ha però rilasciato un discorso prima della sentenza.

Nel corso di tale discorso ha ricordato il dissidente russo Alexei Navalny scomparso in circostanze misteriose e ha denunciato alcuni aspetti totalitaristi che caratterizzerebbero ancora la Russia al giorno d’oggi.

Le dichiarazioni rilasciate dall’attivista e vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2022 con la sua Ong sono state ampiamente riprese da giornali e siti web internazionali. Oleg Orlov ha pronunciato parole molto importanti che hanno sicuramente scosso l’opinione pubblica.

Vi riportiamo il suo discorso. Inizia così:

Il giorno in cui è iniziato questo processo, la Russia e il mondo vennero scossi dalla terribile notizia della morte di Aleksej Navalny. Anch’io rimasi scioccato, e arrivai a pensare di rinunciare del tutto a questa ultima dichiarazione: che senso hanno le parole? Ma poi ho pensato che questi sono tutti anelli della stessa catena: la morte, o meglio l’assassinio di Aleksej; le repressioni giudiziarie contro gli altri critici del regime, incluso me; la libertà soffocata nel Paese; l’invasione dell’Ucraina. Così, alla fine, ho deciso di parlare.

E ancora:

Non ho commesso alcun reato. Vengo processato per un articolo di giornale in cui ho definito totalitario e fascista il regime politico instaurato in Russia. L’ho scritto più di un anno fa. All’epoca, alcuni amici pensavano che stessi esagerando.

Il riferimento in questo caso è ad un articolo pubblicato su un giornale francese nel 2022 nel quale definiva fascista il regime di Vladimir Putin.

Poi l’attivista ha proseguito:

Ma ora è terribilmente chiaro. Non stavo affatto esagerando. Nel nostro Paese lo Stato controlla non solo la vita pubblica, politica ed economica. Vuole anche il controllo totale della cultura e delle scienze, invade la vita privata. Lo Stato è diventato onnipresente.

Infine:

Sono passati solo poco più di quattro mesi dalla fine del mio primo processo, e in questo tempo sono avvenute molte cose che dimostrano con quale rapidità stiamo affondando sempre più profondamente nell’oscurità.