Dopo una notte di indagini gli investigatori della Squadra mobile di Palermo hanno fermato tre uomini per la sparatoria avvenuta nel quartiere Sperone nella tarda serata di ieri, 26 febbraio: oltre a C.M. e a A.M., padre e figlio che vivrebbero a pochi passi dal luogo dove sono partiti gli spari che hanno provocato la morte del 37enne Giancarlo Romano, anche il 29enne Alessio Salvatore Caruso, rimasto gravemente ferito e attualmente ricoverato all’ospedale Buccheri La Ferla.

Tre i fermati per la sparatoria allo Sperone di Palermo

La svolta è arrivata alle prime luci dell’alba di oggi, 27 febbraio: un uomo e il figlio sono stati arrestati dagli agenti della Squadra mobile di Palermo dopo una notte di serrate indagini. Uno dei due sarebbe stato trovato con una grave ferita d’arma da fuoco alla gamba.

Non si esclude, secondo i quotidiani locali, che con loro potessero esserci altre persone quando, nella tarda serata di ieri, 26 febbraio, hanno sparato dei colpi di pistola contro il 37enne Giancarlo Romano e il 29enne Alessio Salvatore Caruso, uccidendo il primo e ferendo in modo grave all’addome il secondo, ora ricoverato al Buccheri La Ferla e anch’egli sottoposto a fermo.

A rendere noti gli ultimi sviluppi del caso è l’Ansa, secondo cui la sparatoria sarebbe scaturita da una lite. Lite che secondo il giornale Live Sicilia sarebbe nata dalla “spartizione dei soldi delle scommesse clandestine” da parte del gruppetto, sfociata nel sangue in una traversa di via XXVII Maggio, a poca distanza dal corso dei Mille, dove padre e figlio vivrebbero.

Caruso e i due carnefici sarebbero rimasti coinvolti in una prima sparatoria; dopo essere rimasto ferito C.M. avrebbe organizzato la resa dei conti. Caruso era pronto; avrebbe portato con sé Romano proprio per la sua fama, sperando di intimidire i rivali: imparentato con i boss stragisti Cosimo Lo Nigro e Giuseppe e Filippo Graviano, era infatti una figura emergente di Cosa Nostra. Come padre e figlio ora l’uomo ferito è accusato di omicidio, tentato omicidio, porto abusivo d’arma da fuoco e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso.

È allarme violenza in città

Quella avvenuta allo Sperone è solo l’ultima delle tante sparatorie che negli scorsi mesi hanno sconvolto la città di Palermo, sempre più in balìa di episodi simili. In molti ricorderanno quella che lo scorso dicembre portò alla morte del 22enne Rosolino Celesia, raggiunto da due proiettili in seguito a una rissa scoppiata all’interno della discoteca Notr3 di via Pasquale Calvi, una parallela di via Libertà e di via La Lumia, già teatro di rissa con sparatoria.

Per la vicenda sono stati fermati due fratelli di 17 e 22 anni: a sparare sarebbe stato il minore. Pensava che Celesia avrebbe aggredito il maggiore per vecchi dissapori: avrebbe agito “per difendersi”. Come Andrea Cangemi, il 20enne tratto in arresto per aver picchiato a morte il coetaneo Francesco Bacchi fuori dalla discoteca Medusa di Balestrate, sempre a Palermo.

I fatti risalgono alla tarda serata del 14 gennaio scorso. Stando a quanto ricostruito finora, il giovane sarebbe morto per tre gravi traumi: al torace, alla gola e alla testa. L’ultimo provocato dalla caduta all’indietro che avrebbe fatto dopo aver ricevuto un calcio, battendo violentemente il capo contro l’asfalto. Dopo l’autopsia la sua salma è stata riconsegnata alla famiglia, ma il questore, per motivi di ordine pubblico, ha vietato i funerali pubblici.

Proprio ieri, 26 febbraio, il Tar di Palermo si è espresso sul ricorso che era stato presentato dalla madre di Bacchi, confermando la decisione presa dalla Questura. Le esequie saranno quindi private: potranno prendervi parte solo i familiari più stretti, incluso il padre del 20enne, attualmente ai domiciliari in attesa della sentenza della Cassazione sull’affare dei centri scommesse coinvolto nell’operazione “Game Over”.