Spesso, l’assegno mensile erogato dall’Inps dopo il pensionamento potrebbe non essere adeguato a garantire uno standard di vita in linea con le aspettative individuali. Vi sono situazioni in cui sorge il desiderio di reinventarsi o la necessità di mantenere un impegno lavorativo.

La normativa italiana stabilisce la possibilità per chi va in pensione di proseguire nell’attività lavorativa, seppur soggetto a specifici vincoli e regolamentazioni.

Cosa succede se si va in pensione e si continua a lavorare?

Diverse sono le motivazioni che spingono le persone a tornare a lavorare dopo aver raggiunto l’età pensionabile, e ciò può essere fatto senza compromettere l’importo della pensione stessa, come previsto dal Decreto Legge 112/2008. Tale disposizione consente il cumulo del reddito da lavoro con i redditi derivanti dalla pensione, che siano pensioni di anzianità o di vecchiaia, senza impattare sull’assegno pensionistico.

Tuttavia, è importante notare che vi sono alcune eccezioni e specifiche condizioni che devono essere soddisfatte.

Ad esempio, le pensioni di reversibilità, le pensioni e gli assegni d’invalidità, o le nuove pensioni in Quota 100 (ora Quota 102) possono presentare delle limitazioni o richiedere particolari requisiti. Per quanto riguarda le pensioni in Quota 100/102, il divieto di cumulo decadrebbe con il conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

Il cumulo dei redditi è possibile?

Il cumulo dei redditi è possibile, ma anche qui esistono delle limitazioni.

Dal 01/01/2009, i redditi da lavoro possono essere cumulati integralmente con quelli derivanti dalla pensione per le prestazioni erogate tramite il sistema misto o retributivo. Questo riguarda coloro che hanno accumulato contributi fino al 31 dicembre 1995, mentre per i “contributivi puri” esistono ulteriori vincoli e condizioni alternative per beneficiare del cumulo.

Tasse, conviene lavorare dopo la pensione?

Tuttavia, nonostante la possibilità di cumulare entrambi i redditi, è importante notare che i pensionati che lavorano contemporaneamente devono fare attenzione alle trattenute fiscali, comprese le addizionali regionali e comunali. Ricevendo due redditi, è necessario aggregarli per determinare un reddito complessivo, e le relative ritenute a saldo devono essere calcolate di conseguenza. In pratica, Inps e datore di lavoro applicano le aliquote Irpef separatamente ai rispettivi redditi, il che potrebbe portare a ritenute totali inferiori rispetto a quanto effettivamente dovuto.

Non è necessariamente svantaggioso rioccuparsi. Anche se la somma dei redditi potrebbe ridurre significativamente le entrate derivanti dalla rioccupazione, lavorare consente di versare ulteriori contributi che possono incrementare l’assegno pensionistico. Inoltre, molti datori di lavoro sono disposti a coprire le maggiori ritenute fiscali pur di mantenere un collaboratore prezioso all’interno dell’organico.

In definitiva, la scelta migliore dipende da diverse variabili, e si consiglia sempre di consultare un consulente pensionistico e fiscale per valutare le condizioni specifiche e massimizzare i vantaggi derivanti da un’eventuale attività lavorativa.