Si discute ancora molto delle manganellate con cui le forze dell’ordine hanno colpito gli studenti di Pisa durante una manifestazione pro-Palestina. La catena di responsabilità, il ruolo del ministro dell’Interno Piantedosi e l’intervento del capo dello Stato Sergio Mattarella hanno alimentato dibattiti e prese di posizione. Pone l’accento proprio sulle parole del Presidente della Repubblica il docente di Diritto Costituzionale dell’Unicusano Federico Girelli, che evidenziano la gravità di quanto avvenuto.

Manganellate a studenti di Pisa, Girelli: “Nota di Mattarella dice che siamo fuori dalle garanzie costituzionali”

Il professor Girelli invita, anzitutto, a riflettere sul ruolo del capo dello Stato, come ‘giroscopio costituzionale’, chiamato, cioè, a intervenire per riequilibrare la macchina dello Stato, quando questa incontra dei problemi.

Una ‘moral suasion’ che non sempre interviene. Ecco perché, quando questo accade, occorre prestargli particolare attenzione. E, sui fatti di Pisa, l’intervento del Presidente della Repubblica è stato decisamente incisivo, evidenzia il docente dell’Università Niccolò Cusano.

Anzitutto, per un dettaglio che sarà sfuggito ai più: la nota del Quirinale cita esplicitamente il contenuto di una conversazione telefonica del Presidente della Repubblica le cui comunicazioni, però, non possono essere intercettate, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1 del 2013.

Il professor Girelli puntualizza, quindi, che “se Mattarella ha ritenuto non solo di telefonare al ministro dell’Interno ma anche di rendere pubblico il contenuto della chiamata, con una nota ufficiale e contro la regola della riservatezza, allora vuol dire che è avvenuto davvero qualcosa di grave“.

Gravità “evidente guardando le immagini” delle cariche, anche secondo il professore e palesata dal contenuto dell’intervento del capo dello Stato, caratterizzato da “parole di fuoco in cui si dice chiaramente che ‘i manganelli contro i ragazzi sono un fallimento’. Altro che ‘moral suasion’ silenziosa“. Una decisa nettezza da parte di Mattarella che, secondo Girelli, “stabilisce che, in questa vicenda, siamo fuori dall’ordine delle garanzie costituzionali e fuori dalle legittime opzioni di salvaguardia della pubblica sicurezza“.

Girelli sulle cariche di Pisa agli studenti: “Non regge motivazione dei presunti facinorosi”

Federico Girelli cerca, poi, di mettere un po’ di ordine su alcuni aspetti della vicenda, chiamati in causa da osservazioni e commenti che, negli ultimi giorni, hanno alimentato una certa confusione.

In molti, ad esempio, hanno commentato difendendo l’operato delle forze dell’ordine, ritenendolo adeguato dopo le provocazioni subite parlando, nella fattispecie, di insulti e spintono.

Ma il docente di Diritto Costituzionale precisa che, in passato, si sono viste “immagini di agenti, in altre manifestazioni, schierati e con i manifestanti molto vicini che, magari, li insultavano e, addirittura, gli sputavano contro. Tuttavia – spiega Girelli – in quei casi non reagivano e restavano fermi. Perché questa è la loro professionalità, che deve essere valorizzata anche da chi dirige queste operazioni. A Pisa, evidentemente, non è successo e le cariche agli studenti sono una cosa gravissima“.

Una professionalità lodata dal docente Unicusano anche per smentire un’altra ‘diceria’ circolata in alcuni commenti, relativa alla presunta presenza di non meglio specificati ‘facinorosi’ infiltrati tra gli studenti, che avrebbero provocato gli scontri.

Questa motivazione non regge“, spiega il professore di Diritto costituzionale, perché “la professionalità degli agenti di pubblica sicurezza e di chi dà loro le direttive prevede che distinguano e isolino gli eventuali facinorosi, così da garantire la sicurezza di chi ha il diritto di manifestare liberamente“.

Infine, Girelli fa chiarezza su un’altra inesattezza che, purtroppo, si sente dire spesso quando accadono fatti del genere: il dubbio, cioè, se la manifestazione dovesse essere o meno autorizzata. Non è così. Le riunioni e le manifestazioni non necessitano di autorizzazione, spiega il professore, citando il comma 1 dell’art. 17 della Costituzione che stabilisce:

“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi”.

Un equivoco scaturito dalla necessità, per gli organizzatori di riunioni o manifestazioni, di dare un preavviso alle autorità di pubblica sicurezza che, però, “non significa chiedergli il permesso. Al massimo, le autorità possono imporre un divieto alla riunione soltanto per “comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica“.

In altre parole, spiega il professore, “la Costituzione, che normalmente e giustamente parla per principi, è molto dettagliata nello stabilire che l’autorità, per vietare una riunione, dev’essere sicura che ci sarà un problema di sicurezza e incolumità pubblica“.

La conclusione logica che salta subito agli occhi, vedendo le immagini di Pisa di quei ragazzini senza armi, chiusi e caricati in una via stretta, è che evidentemente questi “comprovati motivi” non fossero presenti.