Alessia Pifferi era “capace di intendere e di volere” quando abbandonò a se stessa la piccola Diana, di neanche 18 mesi, causandone la morte nel luglio del 2022.
Lo ha stabilito lo psichiatra forense Elvezio Pirfo all’esito della perizia, depositata oggi 26 febbraio, disposta dalla Corte di assise di Milano nell’ambito del processo a carico della 38enne. La donna è accusata dell’omicidio pluriaggravato della figlia e ora rischia l’ergastolo.
Alessia Pifferi, la perizia: ‘capace di intendere e volere’ quando lasciò da sola la figlia Diana
Alessia Pifferi lasciò da sola la bimba dal 14 al 20 luglio 2022, nella loro abitazione di Ponte Lambro (Milano), per trascorrere la settimana insieme al suo compagno dell’epoca a Bergamo.
Diana venne poi trovata senza vita nel suo lettino, deceduta per una grave disidratazione dopo quella che probabilmente è stata “una lenta agonia”.
Secondo quanto stabilito dalla perizia, la donna è “capace di partecipare coscientemente al processo” e “al momento dei fatti era capace di intendere e di volere”.
La ‘motivazione principale’ che muove Alessia Pifferi è quella di
assecondare i suoi bisogni di donna e non i suoi doveri di madre, poiché ella sente e vive come prevalente la donna rispetto alla madre
riferisce il dottor Pirfo. Nelle oltre 130 pagine di relazione, l’esperto spiega inoltre che la 38enne
ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse.
Quindi, per lo psichiatra, non presenta alcun “disturbo psichiatrico maggiore” né “gravi disturbi di personalità”.
Anche alcune testimonianze, rese durante il processo, avevano evidenziato come la donna pensasse “solo a se stessa”.
Le psicologhe indagate per falso e favoreggiamento
Il pm Francesco De Tommasi, che rappresenta l’accusa, ha sempre sostenuto che Pifferi non avesse problemi psichiatrici, come invece le delle due psicologhe in servizio nel carcere di San Vittore avevano cercato di far emergere.
Sull’attività delle due professioniste- ora indagate con le accuse di falso e favoreggiamento nei confronti dell’imputata- lo psichiatra Pirfo afferma:
È possibile sostenere che la quantità di colloqui effettuati e la scelta di somministrare dei Test psicodiagnostici risulta clinicamente ‘non-appropriata’ alla luce della sola sintomatologia disadattativa rilevata e dell’allocazione delle risorse professionali disponibili presso l’istituto stesso.
Infatti le psicologhe- in accordo con l’avvocata della difesa Alessia Pontenani- avrebbero falsificato gli esiti di un test psicodiagnostico. L’obiettivo era quello di dimostrare come l’imputata presentasse un grave deficit cognitivo.
Inoltre l’avrebbero anche aiutata cercando nel suo passato dei dettagli che potessero, in qualche modo, spiegare quello che aveva fatto. Azioni che miravano a richiedere e ottenere la perizia psichiatrica, come poi è stato, ma che ha avuto un esito opposto a ciò che evidentemente speravano.
Alessia Pifferi: “La mia mente si annullava dal ruolo di mamma”
Alessia Pifferi, in uno dei colloqui con il dottor Pirfo, ha spiegato cosa accadesse nella sua mente:
Era come se la mia mente si annullava dal ruolo di mamma quando invece io ero una mamma protettiva che stava sempre con sua figlia, tant’è che mia figlia veniva anche in bagno con me.
In un altro passaggio l’imputata 38enne ha ripercorso anche i momenti in cui sapeva di aver lasciato da sola la piccola Diana:
Succede che anziché tornare a casa l’indomani i giorni si prolungano. Perché la mia mente si era come, aveva come dimenticato il ruolo di essere mamma, si era come spenta verso la bambina.