Pensioni con quota 41 dei lavoratori precoci, con la formula attualmente in vigore si può rimandare l’uscita continuando a lavorare? La risposta è positiva, ma bisogna tener conto di specifiche considerazioni che non sempre vanno a vantaggio del lavoratore e della sua scelta.
Il caso riguarda chi è lavoratore precoce con accumulo di 41 anni di contributi versati all’Istituto di previdenza. Richiedendo chiarimenti proprio all’Inps, si potrebbe ricevere la conferma della possibilità di andare in pensione con quota 41 e della data decorrente del pensionamento.
L’Inps infatti, come per altre misure quali l’Ape sociale, provvede a effettuare un controllo dei requisiti prima della decorrenza vera e propria della pensione.
Pensioni con quota 41, ecco quando si può rimandare l’uscita continuando a lavorare
Trova risposta il quesito sulle pensioni con quota 41 e sulla possibilità di continuare a lavorare nonostante le date di uscita previste anche per il 2024. Il lavoratore potrebbe rimandare l’uscita nonostante la maturazione dei requisiti della quota 41 a un periodo successivo, ma vanno fatte alcune considerazioni, tra le quali i periodi in cui si possa effettuare la domanda stessa e la disponibilità delle risorse stanziate dal governo per questa misura di pensione anticipata.
Chi abbia maturato i requisiti della quota 41 ad oggi in vigore, ovvero la maturazione del corrispondente periodo di contribuzione obbligatoria di 41 anni, comprendente un anno versato entro il compimento dell’età di 19 anni, e rispetti uno quattro requisiti di carattere economico e sociale previsti anche per l’Ape sociale, può presentare domanda dei precoci.
Pensioni quota 41 rimandare l’uscita, con quali requisiti nel 2024?
Le condizioni richieste per l’Ape sociale consistono nello stato di disoccupazione, nel prendersi cura di un familiare o parente convivente (essere, quindi, un caregiver), nell’avere una percentuale di invalidità certificata di almeno il 74 per cento o di rientrare in una delle mansioni lavorative gravose e faticose. A queste condizioni si può richiedere all’Inps la certificazione dei propri requisiti, con risposta in vista delle scadenze per la presentazione delle domande.
Per alcuni contribuenti, la prima data utile di pensionamento con la misura riservata ai lavoratori precoci del 2024 è quella del 1° marzo. Tale misura di uscita decorre al trascorrere di 3 mesi dal raggiungimento del requisito dei contributi previdenziali (41 anni), come prevede l’articolo 17 del decreto legge numero 4 del 2019 – il provvedimento che ha introdotto, tra gli altri, anche la quota 100 – poi convertito nella legge numero 26 del 2019, meglio specificato dall’Istituto di previdenza nella circolare numero 11 del 2019.
Pensioni, quando presentare la domanda all’Inps e finestre di uscita
In ogni caso, la decorrenza della pensione anticipata a quota 41 non può essere precedente al giorno di perfezionamento dei requisiti richiesti e delle disposizioni vigenti in materia, come prevede l’Istituto di previdenza nel messaggio numero 1551 del 2019. Tuttavia, si può rimandare l’uscita per andare in pensione, continuando il rapporto di lavoro che si ha, senza presentare domanda di uscita.
Il maggior tempo di permanenza al lavoro può essere rimandato, ad esempio, fino alla successiva scadenza di presentazione della domanda per andare in pensione con la misura dei precoci. In tal caso, la decorrenza della pensione avviene – una volta superati i 3 mesi della finestra mobile – al primo mese susseguente a quello nel quale si presenti la domanda e previa cessazione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, rimandare la pensione con quota 41 porta a fare alcuni ragionamenti. Infatti, la misura legata ai precoci prevede, come l’Ape sociale, tre scadenze all’anno per presentare domanda. Nel caso della terza scadenza, la domanda si attiva solo se residuano delle risorse rispetto alle prime due scadenze annuali. Non è quindi certo che il lavoratore che rimandi la pensione della quota 41 trovi effettivamente delle risorse disponibili alla scadenza di fine dell’anno, dovendo poi rimandare ulteriormente l’uscita dal lavoro.