Qual è il rapporto degli italiani con le criptovalute? A fare il punto sull’adozione di Bitcoin e Altcoin da parte dei nostri connazionali è un rapporto elaborato da YouHodler, una piattaforma fintech Web3. Dallo studio emerge come ammonti a circa un milione e mezzo il numero degli italiani che hanno già adottato l’innovazione finanziaria. Un dato forse non esaltante, trattandosi del 2,5% dell’intera popolazione residente lungo il territorio nazionale, ma tale da costituire una base per il consolidamento nell’immediato futuro. Soprattutto se il quarto halving di Bitcoin, ormai alle porte, sarà seguito da quella crescita dell’intero settore vaticinata da molti osservatori.

Italiani e criptovalute: il rapporto di YouHodler

Sono circa un milione e mezzo i nostri connazionali che detengono asset digitali. A rilasciare il dato è un rapporto di YoyHodler, dal quale fuoriescono altri dati abbastanza interessanti, a partire dal gradimento nei confronti dei singoli progetti. Sarebbero infatti Bitcoin, Ethereum e Solana i protocolli cui i criptofans del nostro Paese prestano la maggiore attenzione.

Altro dato interessante, ma abbastanza prevedibile è quello relativo ai Millennials. Sarebbero loro, infatti, a rappresentare la parte maggioritaria in questa platea, con il 44,5% del totale. Un dato il quale non suscita stupore proprio in considerazione del fatto che si tratta di una categoria non solo a proprio agio con le tecnologie di ultima generazione, ma anche abbastanza forte dal punto di vita finanziario per potersi dedicare al loro trading. Mentre ammonta al 31% il dato relativo alla Generazione Z, categoria in questo caso svantaggiata dal fatto che la disoccupazione colpisce con grande forza al suo interno, rendendo problematico reperire risorse da investire. 

Sempre per quanto concerne i Millennials dediti all’innovazione finanziaria, i loro investimenti convergono per il 37% dei casi su Bitcoin, contro il 16% investito su Ethereum e l’8% su Solana. Si denota quindi un atteggiamento abbastanza cauto, considerato come i tre token siano tra quelli più stabili in ambito crypto.

Più sorprendente, in tale ottica, il 5% che ha invece diretto i propri soldi su SUI. Si tratta in effetti di una soluzione ancora non popolarissima, al momento al 47° posto nella classifica di settore. Mentre non desta stupore la stessa percentuale riportata da Ripple, progetto molto noto anche per effetto della controversia legale con la SEC, ancora in atto.

Leggermente diverse le preferenze della Generazione Z. Se cresce ulteriormente la quota di BTC (41%), Ethereum e Solana scendono rispettivamente a 13,5 e 7,5%. E mentre SUI mantiene un notevole 5,5%, è Litecoin a crescere molto in questa fascia, attirando il 7% degli interessati.

Per quanto concerne la Generazione X, se BTC, ETH e SOL restano maggioritarie, è da sottolineare l’attenzione per Cardano e Avalanche, attestate entrambe al 5,5%. Sembra in questo caso esserci una maggiore attenzione alla finanza decentralizzata, considerato anche il 5% di SUI (alla pari con Litecoin). Un dato abbastanza sorprendente, considerato come solitamente le fasce giovanili siano più attratte dalle novità.

Il rapporto di Binance

Non sono quindi moltissimi, ancora, gli italiani che investono in criptovalute. Una finestra su di loro, però era già stata aperta nel passato mese di dicembre, ad opera di Binance. Lo scambio crypto, infatti, aveva deciso di indagare sugli orientamenti della propria clientela italiana, scoprendo alcuni dati interessanti.

Il primo è quello relativo alla fiducia sul futuro delle criptovalute e sul loro possibile influsso in termini di crescita finanziaria. Il dato ammonta infatti al 72%. Un atteggiamento il quale sembra il logico corollario della sfiducia nel sistema bancario tradizionale, ormai da tempo sotto accusa per le politiche intraprese.

Tra i fattori che spingono la clientela italiana di Binance a guardare con fiducia all’innovazione finanziaria, spiccano in particolare:

  • la possibilità di spuntare elevati rendimenti (20%);
  • le opportunità proposte dalla decentralizzazione (18%);
  • l’innovazione che caratterizza la tecnologia blockchain.

Proprio il dato relativo agli elevati rendimenti sembra in effetti il più interessante. In un Paese ove l’inflazione sta colpendo con grande forza, unendosi al ristagno dei salari (calati addirittura dall’introduzione dell’euro), molti sembrano preferire il rischio collegato al trading di criptovaluta a depositi bancari assolutamente insoddisfacenti in termini di tenuta del potere d’acquisto. Un dato del quale dovrebbero senz’altro tenere conto le banche tradizionali, per non incappare in pessime sorprese nei prossimi anni.