Sfortunatamente, il nostro sistema previdenziale, nonostante 33 anni di contributi, offre poche alternative per anticipare la pensione. Ad esempio, è possibile considerare l’utilizzo del contratto di espansione, riservato ai dipendenti di aziende con almeno 50 lavoratori e accessibile a 62 anni. Un’altra opzione è l’Isopensione, che consente di accedere a una pensione anticipata a 60 anni in caso di esuberi gestibili: l’azienda eroga al dipendente la pensione accumulata fino al momento dell’esodo e contribuisce figurativamente.
Tuttavia, non è possibile accedere alla pensione anticipata ordinaria (richiedente 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne), né all’Opzione Donna (richiedente 35 anni di contributi). Allo stesso modo, la pensione per lavori usuranti (richiedente 35 anni di contributi) e le opzioni come Quota 103 o Quota 41 per lavoratori precoci (richiedenti 41 anni di contributi) non sono contemplati nel nostro sistema attuale.
Quanto si prende di pensione a 67 anni con 33 anni di contributi?
L’opzione di andare in pensione con 33 anni di contributi diventa fattibile al raggiungimento dei 67 anni di età, consentendo l’accesso alla pensione di vecchiaia.
Per determinare l’importo dell’assegno pensionistico, consideriamo il caso di un dipendente di 67 anni che ha accumulato 33 anni di contributi, di cui 13 fino al 1995 e 20 a partire dal 1996, con un guadagno lordo annuo di 28.000 euro.
Nel calcolare l’importo, adottiamo un approccio misto, distinguendo due quote: la prima seguendo le regole del sistema retributivo e la seconda basata sul calcolo contributivo.
Per la prima quota, moltiplichiamo l’aliquota di rendimento pensionistico del 2% per gli anni di contributi fino al 1995 (10 anni) e calcoliamo la percentuale (20%) sulle ultime retribuzioni. Approssimativamente, la prima quota dovrebbe essere di 6.000 euro.
La seconda quota viene calcolata con il metodo contributivo, individuando l’ammontare del montante contributivo, ovvero l’insieme delle quote di retribuzione accantonate dal 1996. Con un tasso di accantonamento del 33% all’anno su 28.000 euro, otteniamo un montante contributivo di 184.800 euro per 20 anni di contributi.
Applichiamo quindi il coefficiente di trasformazione, che a 67 anni è del 5,723%. Il 5,723% di 184.800 euro corrisponde a 10.577 euro, l’importo della seconda quota.
Sommando le due quote (6.000 euro e 10.577 euro), otteniamo l’importo lordo annuo di 16.577 euro, pari a circa 1.275 euro lordi al mese, ovvero circa 950 euro netti.
Per una retribuzione lorda annua inferiore, ad esempio 25.000 euro, si avrebbe una pensione di circa 900 euro netti al mese; con una retribuzione lorda annua di 23.000 euro, spetterebbe una pensione di 800 euro netti al mese.
Ape Sociale
Come accennato precedentemente, oltre alla prospettiva della pensione di vecchiaia, è possibile accedere alla pensione con 33 anni di contributi attraverso l’Ape Sociale.
Questa opportunità è riservata a lavoratori e lavoratrici disoccupati/e, caregiver che assistono il coniuge o un familiare con disabilità grave per almeno 6 mesi, invalidi civili con almeno il 74% di invalidità riconosciuta, nonché lavoratori edili e ceramisti/e con almeno 32 anni di contributi versati. Per i disoccupati, caregiver e invalidi civili sono richiesti almeno 30 anni di contributi, mentre i lavoratori impiegati in mansioni gravose possono accedere all’Ape Sociale con non meno di 36 anni di contributi, scontati del periodo contributivo riservato alle donne in base al numero di figli avuti (uno o due anni).
L’importo dell’Ape Sociale corrisponde al valore della pensione accumulata al momento della presentazione della domanda, tuttavia, non può superare i 1.500 euro lordi al mese.