Da anni, ormai, Robert Maudsley vive rinchiuso in una gabbia di cemento e vetro in quella che tutti conoscono come la Casa dei Mostri, ovvero il carcere di Wakefield, in Gran Bretagna. L’uomo, in carcere da 41 anni, è passato alla storia con il soprannome di Hannibal the Cannibal per gli efferati omicidi di 4 pedofili.
Rinchiuso da 41 anni nel carcere di Wakefield, “Hannibal” compie settant’anni. La guardia carceraria: “Non fatelo morire nella scatola di vetro”
Una lunga scia di sangue si è lasciato dietro Robert Maudsley, l’uomo conosciuto come Hannibal the Cannibal e rinchiuso da 41 anni nel carcere di Wakefield. L’oggi settant’enne ha avuto una vita segnata dal dolore già in tenera età.
La sua storia è tornata alla ribalta dopo un’intervista al Daily Mail rilasciata da una guardia carceraria della cosiddetta Casa dei Mostri. Neil Samworth, questo il nome dell’agente, è andato da poco in pensione e ha voluto parlare a nome di Maudsley, affinché sia tirato fuori dalla scatola di vetro nella quale lo hanno gettato.
Credo che sia un trattamento sbagliato. Lui è in totale isolamento e questo è ingiusto. Penso che i suoi crimini siano ormai storici e che non rappresenti un vero pericolo per gli altri. È un po’ come Charlie Bronson. Sì, ha avuto molti scontri in passato, ma ora è un uomo anziano
Queste le parole di Samworth, in riferimento alle condizioni in versa il detenuto. Infatti, dal 1983 Maudsley vive in una cella di isolamento sotterranea, fatta di vetro antiproiettile e cemento, che misura 5 metri e mezzo per 4. Lì, l’uomo trascorre 23 ore al giorno, mentre nell’unica ora d’aria concessagli viene scortato da quattro agenti della penitenziaria.
Circa vent’anni fa, proprio Maudsley aveva scritto una lettera nella quale chiedeva di poter uscire dall’isolamento:
Le autorità carcerarie mi vedono come un problema e la loro soluzione è stata quella di mettermi in isolamento e buttare via la chiave, di seppellirmi vivo in una bara di cemento. Per loro non è importante se sono pazzo o cattivo. Non conoscono la risposta e non gli interessa, purché mi tengano lontano dagli occhi e dalla mente. Mi lasciano ristagnare, vegetare e regredire; mi lasciano affrontare la mia solitudine a testa alta con persone che hanno occhi ma non vedono, che hanno orecchie ma non sentono, che hanno bocche ma non parlano. La mia vita in isolamento è un lungo periodo di depressione ininterrotta
Chi è Robert Maudsley, l’uomo dietro “Hannibal the Cannibal”
Quattro efferati e crudelissimi omicidi sporcano le mani di Robert Maudsley: il primo nel 1974, gli altri tre mentre era detenuto. Il soprannome, però, è frutto di un errore, ovvero il sospetto, mai provato, che avesse mangiato il cervello di una delle sue vittime.
Ma chi è Robert Maudsley? Una sola certezza: il suo odio irrefrenabile per i genitori e i pedofili. Nel 2022, per Channel 5, un documentario aveva raccontato la sua storia e raccolto alcune testimonianze, fra le quali quella del nipote. Il ragazzo avrebbe riferito che Maudsley aveva intenzione di uccidere ancora una volta tornato in libertà.
Robert Maudsley è nato a Toxteth, Liverpool, nel 1953, quarto figlio di un camionista locale. Insieme a due fratelli e alla sorella, era finito in un istituto perché vittime di “negligenza genitoriale“. Purtroppo, dopo alcuni anni, i ragazzi tornano nella casa familiare, dove vengono ripetutamente picchiati e abusati.
L’infanzia traumatica ha portato Maudsley a confessare, nel 1979, durante il suo ultimo processo per omicidio, che nei raptus violenti rivedeva i genitori:
Quando uccido, penso di avere in mente i miei genitori. Se avessi ucciso i miei genitori nel 1970, nessuna di queste persone sarebbe morta. Se li avessi uccisi, me ne sarei andato in giro come un uomo libero senza alcuna preoccupazione al mondo
L’incubo vissuto nella casa paterna è finito quando Maudsley aveva 16 anni, quando fugge a Londra. Da allora comincia a vivere prostituendosi, fino al primo omicidio nel 1974. Robert ha 21 anni e uccide il pedofilo John Farrell, a Wood Green, dopo che quest’ultimo gli mostra le foto dei bambini che aveva stuprato.
La confessione del primo omicidio e il ricovero all’ospedale Broadmoor
È Maudsley stesso a consegnarsi alla polizia, confessando il terribile omicidio. Giudicato e processato, l’uomo viene ospitato presso l’ospedale Broadmoor, dove erano rinchiusi altri criminali violenti. Qui conduce una vita da “detenuto modello” per tre anni.
Nel 1977, infatti, decide di sequestrare insieme al compagno David Cheeseman, il molestatore di bambini David Francis. I due torturarono Francis per 9 ore e poi lo consegnarono agli agenti. Secondo la testimonianza di una guardia, Francis aveva la “testa spaccata come un uomo sodo“, con cucchiaio che pendeva fuori e parte del cervello mancante.
A seguito del processo, viene trasferito al Wakefield. L’anno successivo, Maudsley accoltella e strangola Salney Darwood, detenuto accusato di aver ucciso la moglie. Robert nasconde il corpo sotto il letto e poi si intrufola nella cella di Bill Roberts, accusato di abusi sessuali su una bambina di 7 anni. Roberts viene accoltellato e la sua testa spaccata contro il muro, dopo essere stata tagliata con un pugnale.
Dopo il duplice omicidio, Maudsley viene condannato all’ergastolo e rinchiuso in isolamento. Nel 2000 Robert si rivolge al Tribunale chiedendo di poter morire o almeno di poter tenere un pappagallino da compagnia, o un per “vedere il mondo” o anche un po’ di musica.
A cosa serve tenermi rinchiuso 23 ore al giorno? Perché preoccuparsi di darmi da mangiare e di farmi fare un’ora di esercizio fisico al giorno? Per chi sono veramente un rischio? Se il Servizio carcerario dice di no, chiedo una semplice capsula di cianuro che prenderò volentieri e il problema di Robert John Maudsley potrà essere risolto facilmente e rapidamente.
Così Samworth ha descritto il Wakefield:
A Wakefield non c’è segregazione, quindi la maggior parte dei reparti è piena di criminali sessuali, stupratori e assassini di bambini, sono tutti lì dentro insieme. Un criminale proveniente da una banda o da un contesto di droga chiederebbe di essere spedito subito fuori. Il problema è che più a lungo si rimane lì, più gli altri potrebbero pensare che si è un criminale sessuale per associazione