Il 25 febbraio 2024 si terranno le elezioni locali e parlamentari in Bielorussia. Una sfida apparentemente di un’importanza minore ma che sarà un test significativo per il regime del presidente di lunga data Alexander Lukashenko. Tag24 ha intervistato Pietro Figuera, direttore dell’Osservatorio Russia e analista geopolitico della rivista Domino, per parlare delle elezioni in Bielorussia e anche delle elezioni presidenziali in Russia del 15-17 marzo 2024 e del ruolo della Bielorussia durante la guerra in Ucraina che compirà due anni il 24 febbraio.
Intervista a Pietro Figuera sulle elezioni in Bielorussia del 2024: “Ogni opposizione è stata annichilita”
D: Siamo alla vigilia delle elezioni in Bielorussia del 2024, com’è la situazione politica nel Paese?
R: È il primo turno elettorale che si tiene in Bielorussia dalla contestata elezione di Lukashenko nel 2020. Quindi è un momento sicuramente importante, però dal punto di vista politico tutto è cambiato, quelle speranze flebili di cambiamento che vi erano state nel 2020 durante la campagna elettorale si sono del tutto spente. Sono state incarcerate oltre 30mila persone in Bielorussia, ogni opposizione è stata annichilita e ovviamente questo si ripercuoterà anche nei risultati elettorali che avremo fra qualche giorno.
L’altro ieri è morto pure un un ennesimo oppositore politico, ha avuto ovviamente molta meno risonanza di Navalny, però appunto si segnala proprio l’assoluto sfilacciamento del fronte di opposizione. Adesso si andrà ad eleggere un’Assemblea Popolare, un organismo voluto da Lukashenko che avrà poteri maggiori rispetto al passato, ma che ovviamente sarà nel pieno controllo del sistema.
L’opposizione senza candidati
D: Quanto può incidere il divieto di voto all’estero?
R: Un po’ può incidere, ma non molto. Consideriamo che Lukashenko l’ha spuntata anche nel 2020, quando c’erano davvero delle speranze maggiori per l’opposizione. L’ha spuntata anche grazie ad un sistema di brogli che è stato anche molto più smaccato rispetto a quanto sia mai avvenuto ad esempio in Russia. Questo controllo maggiore del processo farà sì che non ci siano spiragli per l’opposizione che non ha avuto proprio la possibilità di candidare dei propri uomini per queste elezioni.
L’oppressione politica in Bielorussia
D: È notizia recente la morte del giornalista incarcerato Igor Lednik. Vista la repressione presente nel paese, ci sono ancora degli oppositori politici credibili al potere di Lukashenko?
R: Ci sono figure pressoché simboliche. Secondo me la Tsikhanouskaya ha perso anche un po’ di peso all’interno della società bielorussa. Onestamente adesso non credo che ci sia qualcun altro in grado di poter sfidare il regime. Consideriamo anche l’appello degli oppositori residui al boicottaggio di questa tornata elettorale. Sono due processi che si alimentano a vicenda e quindi sarà molto difficile riuscire a intravedere dalle urne qualche segnale. L’unica cosa che potremmo vedere sarà il tasso di astensione, ma ovviamente, in Bielorussia come in Russia ci sono degli incentivi per andare a votare.
Le elezioni presidenziali del 2025
D: Il prossimo anno sono in programma le elezioni presidenziali. Lukashenko si ricandiderà dopo 6 mandati considerando quanto abbia consolidato il suo potere?
R: Penso di sì. Credo che ormai la strada sia tracciata, anche se non può ignorare la questione della successione. Una successione di regime, non una successione che verrà determinata da un processo democratico, questo è altrettanto chiaro. L’opposizione proverà a fare qualcosa in modo anche più incisivo rispetto al boicottaggio di queste elezioni che è mirato a colpire questo meccanismo di un’Assemblea Popolare con un potere rafforzato e che poi verrà utilizzato da Lukashenko come uno strumento di legittimazione popolare. Comunque si tratta di un’assemblea legislativa di carattere parlamentare che ha una parvenza di democraticità, però è qualcosa che deve essere letto nella giusta ottica. Invece per le elezioni presidenziali, la logica è un po’ diversa e quindi dipenderà ovviamente anche da come l’opposizione proverà ad organizzarsi, ma gli spiragli saranno davvero pochi.
I legami con la Russia
D: Quanto è influente la mano di Mosca sulla politica bielorussa?
R: Di questo si discute sempre in modo un po’ caricaturale secondo me. È vero Lukashenko negli ultimi anni è diventato un po’ una stampella di Putin, però in entrambi i sensi sia in positivo che in negativo. Mi spiego meglio. La Bielorussia ha anche “aiutato” la Russia in momenti in cui era in difficoltà, pensiamo per esempio all’estate scorsa, al momento in cui Lukashenko si è proposto come mediatore rispetto alla crisi con Prigozhin.
Penso che le relazioni in questo momento stiano andando un po’ col pilota automatico, la Russia non ha particolari motivi di temere una svolta politica in Bielorussia che possa inficiare gli interessi russi. Li aveva negli anni scorsi, prima del 2020, da quel momento in poi, da quando la Russia ha dato il suo appoggio determinante a Lukashenko dopo la sua rielezione, tutto è tornato nei binari consueti. C’è da registrare che adesso Lukashenko ha anche un credito nei confronti di Mosca che deve estinguere e lo ha fatto in buona parte con l’appoggio nella guerra in Ucraina, soprattutto nell’aiuto logistico iniziale. Sicuramente è un legame da cui non può tornare indietro, anche perché con l’Europa i rapporti sono veramente ai minimi storici.
Le elezioni presidenziali in Russia: cosa aspettarsi
D: Passando alla Russia, sono previste le elezioni presidenziali ad inizio marzo, perché è importante seguirle se l’esito appare scontato?
R: Perché effettivamente l’esito è scontato per noi che siamo in paesi democratici dove c’è una maggiore competizione tra le parti in campagna elettorale. In realtà, comunque è importante seguire tutto se si ha a cuore questa parte del mondo e direi anche del mondo intero vista la rilevanza della Russia. Ci sono tutta una serie di dati che è interessante seguire: mi riferisco alla questione astensionismo. Non dobbiamo riporre particolari speranze sulle percentuali che otterranno gli altri candidati che comunque sono di sistema. L’unica candidatura che poteva essere percepita come scomoda, quella di Nadezhdin, è stata annullata. Sarà interessante confrontare i dati dei candidati e dell’astensionismo tra le varie regioni della Federazione Russa, capire come ci si muoverà nelle grandi città, quelle in cui Navalny aveva un minimo di legittimazione popolare, come voteranno i russi nelle regioni più periferiche, e in particolare in quelle che hanno dato il maggior tributo di uomini al conflitto in Ucraina. Un tributo anche di sangue, con centinaia di migliaia di vittime, quindi capire se questo provocherà un effetto boomerang o, al contrario, non mi stupirei se questo rinsalderà certe dinamiche di potere e di legami con Mosca.
Il ruolo della Bielorussia nella guerra in Ucraina
D: Si sta entrando nel terzo anno di guerra. Quale è stato il ruolo della Bielorussia nel sostegno a Mosca?
Il ruolo è stato determinante all’inizio per l’aggiramento del fronte, per l’attacco da una posizione che gli ucraini non si aspettavano. Avevano le difese nel Donbass, non immaginavano l’aggiramento da nord per la presa di Kiev che poi non è avvenuta per responsabilità russa in quanto forse non erano abbastanza preparati alla resistenza Ucraina. Di conseguenza la Bielorussia non ha goduto dei benefici di una vittoria russa. Poi c’è stato il ruolo abortito di mediazione di Lukashenko tra Russia e Ucraina. Tentativo fallito anche perché la Bielorussia non veniva vista come un paese realmente terzo rispetto ai due contendenti proprio per quello che era appena successo. Inoltre le condizioni internazionali non erano proprio favorevoli a quel tipo di scenario. Stiamo parlando della primavera del 2022. Successivamente la Bielorussia ha cercato di defilarsi e di mantenere un ruolo sicuramente ambiguo ma meno appariscente a livello internazionale anche nei rapporti con l’Ucraina che sono chiaramente congelati.
Penso che Lukashenko abbia messo in chiaro con Putin che, visto l’attuale andazzo della guerra, la Russia non può chiedere di più se non un appoggio in senso politico anche negli schieramenti internazionali. La Bielorussia ha traballato nel 2020 dal punto di vista della politica interna e non può permettersi di mandare, come si è commentato in più occasioni, dei propri uomini sul fronte in una guerra che non è considerata dai bielorussi come una una guerra propria. C’è qualche dubbio che i russi la considerano così, figuriamoci i bielorussi. Questa, secondo me, è la ragione principale per cui la Bielorussia non ha dato seguito a quello che è stato il sostegno iniziale all’offensiva russa.