Sono tra i cold case più discussi della storia del nostro Paese: le scomparse di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, avvenute a un mese di distanza nel 1983, vengono collegate da oltre quarant’anni a teorie e piste di ogni tipo. L’ultima è quella del sedevacantismo. Ad avanzarla è stato l’ex carabiniere Antonio Goglia, che da anni si interessa ai casi e che nell’estate del 2023 salì alla ribalta delle cronache per aver scritto al sostituto procuratore Stefano Luciani, incaricato di riaprire le indagini sulla “ragazza vaticana”, di pensare che fosse sepolta a Castel Sant’Angelo. Gli abbiamo chiesto delucidazioni.

L’intervista all’ex carabiniere Antonio Goglia

Il sedevacantismo

Signor Goglia, che cos’è il sedevacantismo?

“Il sedevacantismo è un movimento che nasce a margine del secondo Concilio Vaticano. Si tratta di un vero e propria scisma, animato dai cardinali e dai prelati, in particolare sudamericani, che rifiutano le conclusioni del Concilio e considerano tutti i pontefici successivi a Pio XII come degli usurpatori, degli eretici, perché si sono allontanati dal messaggio di Cristo. Ciò che emerge dai loro scritti, sanguinari ed aggressivi, è che li vorrebbero morti. Ritengono, non a caso, che il messaggio di Fatima sia rivolto a loro: pensano di dover liberare il soglio di Pietro da coloro che a loro dire lo occupano impropriamente”.

E in che modo tutto questo si legherebbe alle scomparse di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori?

“Si è sempre detto che alla base del sequestro di Emanuela Orlandi potrebbe esserci un ricatto. Il suo rapimento potrebbe essere stato lo strumento usato dai sedevacantisti per chiedere la liberazione di Alì Agca, che non consideravano colpevole, o l’allontanamento del pontefice del tempo, Papa Woytjla, dal soglio di Pietro. Ricordiamo che successivamente è successo con Papa Ratzinger, che ha abdicato, e che in passato era successo a Papa Giovanni Paolo I, scomparso in circostanze misteriose, e a Papa Paolo VI, vittima di un attentato negli anni Settanta.

Per quanto riguarda la scomparsa di Mirella Gregori dobbiamo fare riferimento a una lettera indirizzata nell’ottobre 1983 al giornalista americano Richard Roth. Una lettera in cui viene proposta una strana associazione tra la data della presa di Porta Pia, 20 settembre 1870, e la data dell’ultimatum per il rilascio della ragazza, 20 luglio 1983. La prima data fa riferimento al Concilio Vaticano I, interrotto proprio nel 1870 a causa delle forze garibaldine. Per i sedevacantisti è la data della fine del potere del Papa così come era nella Chiesa tradizionale. Si tratta di una traccia importante che conduce al sedevacantismo”.

Emanuela Orlandi, Mirella Gregori e la questione di Castel Sant’Angelo

Ma il movente del rapimento quale sarebbe stato nel suo caso?

“Se ne parla nella lettera. Gli autori sostengono di aver sequestrato Mirella Gregori tentando di ottenere in maniera meno clamorosa la liberazione di Alì Agca (o le dimissioni del Pontefice) e che, non essendo stati soddisfatti dalle alte gerarchie vaticane, avrebbero poi proceduto con il sequestro Orlandi. Il movente quindi è sempre lo stesso.

Voglio aggiungere una cosa: se ne parla poco, ma l’anno successivo al primo attentato a Woytjla, nel 1982, sempre nel giorno in cui ricorre la festività della madonna di Fatima, il 13 maggio, il Papa fu attentato una seconda volta. A raccontarlo è stato il cardinale Stanislao Dziwisz, che lo seguiva nei suoi viaggi. Lo dicevamo prima: Fatima è un argomento particolarmente sedevacantista”.

Di recente aveva avanzato l’ipotesi che il corpo di Emanuela Orlandi fosse sepolto a Castel Sant’Angelo. Su quali basi?

“I sedevacantisti appartengono alla Chiesa tradizionale e in qualche modo sono vicini alla fraternità sacerdotale di San Pio X fondata da Marcel Lefebvre e all’Accademia Pontificia dei Protomartiri. Si tratta di associazioni molto chiuse. La seconda in particolare viene citata in alcune lettere ricevute da Pietro Orlandi. Ho sempre pensato che dietro al rapimento di Emanuela potessero nascondersi anche questi fanatici, che rapivano ragazze giovani e le sacrificavano per rievocare il martirio di Sant’Agnese. Le assassinavano, insomma.

Se ne parla anche in un romanzo di un noto vaticanista, Paolo Rodari, che narra la storia di figlie di dipendenti vaticani giustiziate e poi deposte a Castel Sant’Angelo. Un’opera di fantasia, certo, ma che rispecchia gli argomenti delle mie ricerche. C’è di più, comunque. Ci sono tre intercettazioni risalenti al 1983, delle quali sono in possesso, di telefonate giunte da un numero di telefono della Rai ai carabinieri e in cui si indica che il corpo di Emanuela Orlandi si trova nei sotterranei del monumento. È la stessa direzione in cui guarda la statua dell’angelo di Castel Sant’Angelo. E in una lettera ricevuta in passato Pietro Orlandi veniva invitato a cercare ‘dove guarda l’angelo’. Sembra che un accertamento sia stato fatto, ma non so di che tipo”.

Pietro Orlandi

Si tratta di piste che hanno portato a un nulla di fatto. Posso chiederle perché continua ad interessarsi a questa vicenda? È vero che ci sono stati degli attriti con Pietro Orlandi?

“Ho incontrato Pietro Orlandi alla manifestazione che ha avuto luogo a Roma lo scorso giugno e mi ha assicurato di non aver mai detto, come tanti giornali invece hanno riportato, che sono ‘un racconta frottole’. Detto questo, ho continuato ad interessarmi a questa vicenda perché, come buona parte di chi era ragazzo in quegli anni (gli anni in cui scomparvero Emanuela e Mirella, ndr), vorrei con tutto il cuore che prima o poi si arrivasse alla verità.

Non nego tuttavia di essere scoraggiato, è come se si stia cercando di far passar il tempo in modo che il tempo poi cancelli tutto. Speriamo che un segnale positivo possa arrivare dalla Commissione bicamerale d’inchiesta (si è tornati a parlarne proprio ieri, in seguito alle dichiarazioni rilasciate da Maurizio Gasparri, che non ha ancora comunicato quali parlamentari in quota al suo partito ne faranno parte, rallentandone la costituzione e i lavori, ndr)”.