Molte persone si interrogano su come depositare contanti in banca evitando rischi, una questione che preoccupa soprattutto coloro che non sono in grado di documentare la provenienza di tali fondi con una traccia scritta. Questo timore è fondato, andiamo a scoprire perché.

Come versare contanti senza problemi?

E’ importante sottolineare che non esiste una legge che stabilisca un limite al versamento di contanti in banca, purché il contribuente possa dimostrare che tali fondi non derivano da evasione fiscale. La responsabilità della prova ricade sul contribuente.

Esiste una norma nel testo unico delle imposte sui redditi, precisamente l’articolo 32 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, che presuppone che tutti i versamenti di contanti su un conto corrente o gli accrediti tramite bonifico siano considerati “ricavi”. In tal caso, tali ricavi devono essere tassati. Di conseguenza, le opzioni sono due:

  • il contribuente dichiara tali fondi nella propria dichiarazione dei redditi come redditi tassabili, pagando le relative imposte in base al proprio scaglione Irpef;
  • oppure il contribuente deve dimostrare, in caso di controllo, che si tratta di redditi esentasse (come una donazione da un genitore, un risarcimento o la vendita di un oggetto usato) o già tassati alla fonte (come una vincita al gioco).

Per evitare rischi nel versare contanti in banca, non è sufficiente suddividere l’importo e effettuare diversi versamenti, poiché l’Agenzia delle Entrate monitora le transazioni nell’arco di un anno e somma gli accrediti. Pertanto, la strategia è efficace solo se si tratta di un singolo versamento di importo limitato (ad esempio, meno di 1.000 euro, variabile in base al tipo di soggetto, disoccupato o meno). Altrimenti, il rischio di essere sottoposti a un controllo fiscale aumenta.

In questo contesto, è consigliabile prepararsi a fronteggiare eventuali richieste del fisco in merito al pagamento delle tasse. È importante notare che, in caso di controllo, il fisco non accetta semplici dichiarazioni, nemmeno se scritte e provenienti da terzi. Le testimonianze non sono ammesse in un processo tributario. Quindi, se qualcuno pensasse di giustificare un deposito di contanti chiedendo alla propria madre di testimoniare che si è trattato di un regalo ricevuto da lei, tale argomentazione verrebbe respinta.

Quando c’è il rischio di segnalazione del Fisco?

Per incrementare la tracciabilità dei movimenti finanziari sui conti correnti degli italiani e contrastare l’ampio fenomeno dell’evasione fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha implementato una potente risorsa: l’Anagrafe dei conti correnti, nota più tecnicamente come “Registro dei rapporti finanziari”. Questo consiste in un vasto database in cui banche e uffici postali riportano annualmente tutte le informazioni concernenti i rapporti finanziari con i propri clienti. Tale registrazione comprende l’apertura di conti correnti, cassette di sicurezza, gestione di titoli e investimenti, bonifici in entrata e in uscita, versamenti, saldaconto, e così via.

Consultando questo archivio, l’Agenzia delle Entrate è in grado di accedere a tutte le transazioni effettuate dal contribuente sul proprio conto corrente, inclusi eventuali versamenti di contanti. Tale monitoraggio avviene direttamente tramite l’Anagrafe dei conti correnti, eliminando la necessità di segnalazioni, poiché è l’Agenzia stessa che esegue i controlli.

Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate identifichi un’operazione sospetta attraverso questo database, scatta automaticamente un controllo. A questo punto, se l’ufficio fiscale rileva un versamento di contanti sul conto corrente di un contribuente, ma tale importo non è dichiarato nella sua dichiarazione dei redditi, si avvia automaticamente un processo di accertamento fiscale, senza preavvisi o richieste di spiegazioni preliminari che potrebbero consentire al titolare del conto di giustificarsi.

In seguito, spetta al contribuente contestare l’accertamento di fronte al giudice, dimostrando – come menzionato in precedenza – di trovarsi in una delle seguenti situazioni:

  1. I contanti versati sul conto rappresentano redditi esenti, non soggetti a dichiarazione in quanto non tassabili.
  2. I contanti versati sul conto erano già stati tassati alla fonte, ovvero prima di essere erogati al contribuente, da parte del soggetto che li ha consegnati materialmente. Tuttavia, si pone un problema: a causa delle normative antiriciclaggio, non è possibile consegnare contanti oltre una determinata soglia (pari a 2.000 euro nel 2022, ridotti a 1.000 euro dal 2023, salvo modifiche dell’ultima ora). Affermare di aver ricevuto l’importo in questione da un singolo soggetto potrebbe costituire un’autodenuncia di violazione della legge, con conseguente applicazione di una sanzione amministrativa compresa tra 2.000 e 50.000 euro.

Nonostante le considerazioni fin qui espresse, è evidente che l’ufficio delle imposte non può essere allertato per ogni transazione: mancano le risorse organizzative e sarebbe impraticabile ed inefficiente. Pertanto, i controlli si concentrano principalmente sui versamenti di contanti di notevole entità. È intuitivo, infatti, anche per chi non ha competenze giuridiche o fiscali approfondite, che consegnare 100 euro allo sportellista è una situazione diversa dal trasferire una valigetta colma di banconote da 100 euro. Di conseguenza, alcuni comportamenti possono attivare automaticamente l’attenzione dell’ufficio delle imposte, mentre altri passano inosservati. La vera sfida consiste nel comprendere quale sia il limite di tali operazioni. È importante notare, tuttavia, che tale limite non è stabilito per legge, pertanto non esiste alcuna garanzia che, almeno in teoria, anche somme modeste possano essere soggette a un accertamento fiscale.