Ethereum è notoriamente al centro della finanza decentralizzata (DeFi). Un onore cui si accompagna un onere di non poco conto, il possibile sovraccarico sulla rete, destinato a riflettersi su due aspetti chiave come il costo delle commissioni relativa al gas e la scalabilità.
Per cercare di ovviare a queste due problematiche, nel corso degli ultimi anni sono state varate molte soluzioni di livello 2. Ovvero protocolli che vanno ad operare su uno strato superiore, in modo da evitare la congestione della rete principale. Tra quelle che si sono segnalate in tal senso, una menzione di merito spetta a Boba Network.
Boba Network: cos’è e a cosa serve
Boba Network è una soluzione multi-chain, costruita espressamente per fare da secondo livello di tutte le blockchain che necessitano di questo genere di rete. Un novero in cui rientrano, ad esempio, Avalanche e MoonBeam. Il suo raggio d’azione, quindi, non si limita a Ethereum, caratteristica destinata a favorirne l’affermazione.
Utilizzando l’off-chain computing, permette alla blockchain l’esecuzione di operazioni estremamente complesse, facendo leva in particolare sull’hybrid compute. Con la sua implementazione, gli sviluppatori sono in grado di stabilire proficue interazioni tra i sistemi Web3 e i dispositivi Web2. Le dApps, in questa ottica, possono procedere all’attivazione di codice sui secondi, utilizzando procedimenti i quali, se eseguiti on-chain, comporterebbero non solo un rallentamento delle operazioni, ma anche costi elevatissimi.
Il progetto è il risultato della collaborazione tra OMG Foundation, la fondazione cui spetta la gestione di OmiseGO, e Enya, azienda specializzata nello sviluppo di software. Una partnership che ha in pratica segnato l’obsolescenza di OMG e aperto le porte a Boba Network, con un occhio espressamente rivolto al futuro.
Boba Network e gli optimistic rollup
L’altra peculiarità di Boba Network è l’adozione degli optimistic rollup. Ovvero di quella particolare soluzione rivolta allo scaling layer 2 la quale elabora le transazioni sulla rete di pertinenza per poi inviare quelle risolte alla blockchain di livello 1 per la definitiva approvazione.
Per riuscire nell’intento, gli optimistic rollup mixano un gran numero di operazioni all’interno di un solo lotto. Ne consegue non solo un salto di qualità in termini di velocità, ma anche un sensibile abbattimento delle commissioni relative al gas.
Il termine optimistic deriva dal fatto che i rollup si fondano su un presupposto ben preciso, la legittimità delle transazioni in oggetto. Un presupposto il quale può essere confutato aprendo un vero e proprio procedimento. In caso di effettiva infrazione il validatore viene penalizzato, mentre viene ricompensato con una parte del deposito versato dal ricorrente in quello opposto.
Nel caso di Boba Network, tale possibilità di ricorso può essere aggirata tramite il versamento di una tariffa maggiorata, teso a ricondurre i token alla rete di livello superiore. La possibilità più elevata di frodi che ne consegue per i liquidity provider di Boba, prevede però un compenso più elevato a loro vantaggio.
Nell’ecosistema così congegnato è previsto anche un token, BOBA. il quale può essere impiegato in due modi:
- per lo staking, operazione in cui viene cambiato con xBOBA;
- per i processi di governo interni alla rete, conferendo ai suoi possessori il diritto di prendervi parte.
Per quanto riguarda la tokenomics, è prevista un’offerta massima di 500 milioni di esemplari. La distribuzione dovrebbe avvenire a tappe trimestrali, con 30 milioni di coin entro ogni finestra, e terminare nel 2027.
Chi c’è dietro il progetto?
Quando si analizza un protocollo di finanza decentralizzata, è molto importante capire chi si muova dietro di esso.
Nel caso di Boba Network le figure di spicco cui fare riferimento sono due:
- Alan Chiu, una personalità già conosciuta per il fatto di essere membro del consiglio di amministrazione di Stanford Angels and Entrepreneurs e del consiglio degli alumni della Stanford Graduate School of Business. Nella fase precedente alla fondazione di Enya, ha lavorato all’interno di altre start-up e investito capitale di rischio nel settore
- Jan Liphardt, professore che ha conseguito il dottorato in bioingegneria presso l’Università di Cambridge prima di impegnarsi nella fondazione del network.