“L’Ucraina si trova di fronte al doppio problema di ragionare su una nuova controffensiva ma anche di costruire delle difese migliori”. In occasione del secondo anniversario della guerra in Ucraina, il 24 febbraio 2024, Tag24 ha intervistato la giornalista Anna Zafesova per discutere gli eventi legati alla guerra e anche dei problemi interni della Russia, tra cui le elezioni presidenziali di marzo e la morte di Navalny.
Due anni di guerra in Ucraina. Intervista ad Anna Zafesova: “Grandi progressi nella battaglia sul mare”
D: Si sta per chiudere il secondo anno di guerra in Ucraina. Com’è cambiato il conflitto in questi anni e come è la situazione oggi?
R: La situazione oggi sicuramente è molto difficile perché, dopo il primo anno in cui la Russia ha invaso l’Ucraina, appunto due anni fa, e l’Ucraina alla fine del 2022 era riuscita a respingere la Russia da metà dei territori che aveva invaso, quindi eliminando il pericolo immediato da Kiev e liberato una serie di territori nell’est del paese, incluso Kherson, l’unico capoluogo ucraino che era stato occupato nell’offensiva nel febbraio 2022, l’anno scorso abbiamo visto una situazione praticamente di stallo, nel senso che la controffensiva annunciata dall’Ucraina, con l’aiuto dell’Occidente, non ha avuto grandi successi, almeno non sulla linea del fronte di terra.
I russi non sono riusciti a loro volta ad ottenere grandi risultati, quindi è stata essenzialmente una guerra che non ha avuto grandi guadagni territoriali ma che però ha registrato un grande numero di perdite umane perché è diventata una guerra di trincea.
In questo momento l’obiettivo dell’Ucraina e dei suoi alleati occidentali è di cercare di invertire questa situazione preparando una nuova controffensiva con nuovi aiuti. Si spera che vengano sbloccati anche quelli degli americani, attualmente dibattuti al Congresso, con l’arrivo dei caccia F-16 che è stato annunciato per giugno. Ci sono da segnalare però anche alcuni progressi.
Guardiamo spesso alla linea del fronte di terra, mentre ci sono stati dei grandi risultati nella battaglia sul mare. L’Ucraina ha riguadagnato il diritto ad utilizzare i propri porti e ad esportare grano, cereali ed altri sottoprodotti dopo che la Russia aveva bloccato le tratte marine e dopo che aveva preteso di controllare le esportazioni di grano ucraino, cercando in questo modo di strozzare l’economia del paese durante la guerra. Grazie ad una serie di attacchi missilistici e di droni che hanno affondato diverse navi della scorta del Mar Nero russa, le navi restanti sono state costrette a ritirarsi più lontano rispetto alle coste della Crimea, sbloccando di fatto i porti ucraini dai quali adesso le navi possono spostarsi liberamente. Quindi ci sono dei successi, ma dopo due anni, e dopo numerosissime perdite, c’è bisogno di ripensare ad una strategia.
L’Ucraina si trova di fronte al doppio problema di ragionare su una nuova controffensiva ma anche di costruire delle difese migliori, perché da parte di Mosca non c’è il minimo segno di un’interruzione dell’offensiva. Continuano infatti i reclutamenti, l’economia russa continua a militarizzarsi, il regime russo cerca armamenti anche all’estero, per esempio in Corea del Nord ed Iran. Quindi sicuramente si tratta di ragionare anche su come difendersi in caso di una nuova offensiva.
Il ruolo della comunicazione nella guerra fra Russia e Ucraina
D: Che ruolo sta giocando in questa guerra la comunicazione? ad esempio nella recente battaglia per Avdiivka, leggiamo da fonti ucraine di un ritiro delle truppe mentre da fonti russe apprendiamo la conquista in battaglia della città.
R: La comunicazione è un fronte di battaglia intenso quanto quello reale. Nel caso che cita lei è abbastanza scontato. È ovvio che bisogna anche ragionare su quello che è il pubblico dei rispettivi messaggi. Vladimir Putin deve raccontare ai suoi lettori di aver conquistato eroicamente Avdiivka e non essere entrato in una città ridotta in macerie dalla sua stessa artiglieria, dopo che per diversi mesi il suo esercito non era riuscito a prenderla. Si tratta di vedere anche il messaggio politico che si vuole dare. In questa guerra la propaganda, le fake news e l’utilizzo dell’informazione sono un’arma importante come mai lo sono state prima. Si tratta di una guerra molto particolare, alla quale partecipano, almeno a livello informativo, milioni di persone.
Questa guerra si svolge in diretta. In qualunque momento si possono vedere i droni che sganciano bombe sulle trincee russe, i soldati che si arrendono, video molto cruenti di cadaveri, di uccisioni, di bombardamenti delle città ucraine. Vediamo praticamente tutto in diretta, ciò permette di giudicarla, di vederla e di provare a non cadere vittime della propaganda, perché tante cose le possiamo vedere con i nostri occhi. D’altro canto questa presenza online e anche questa molteplicità di fonti apre uno spazio enorme alle manipolazioni e diventa difficile verificare le informazioni. È successo tante volte che dei filmati o delle fotografie venissero contestati perché magari erano stati ripresi in altri momenti, oppure le immagini erano state ritoccate. Si crea un problema di autenticazione e di verifica che infatti ha fatto diventare molto rilevante anche il giornalismo di fact checking in particolare nelle condizioni di guerra. Chiaramente su ciascuno di questi eventi viene fornita una versione come minimo contraddittoria da entrambe le parti.
La possibile fine della guerra
D: Negli ultimi giorni Putin ha dichiarato che “la Russia è pronta ad un dialogo con l’Ucraina“. È realmente uno spiraglio per la pace o sono solo dichiarazioni? Esiste la possibilità che la guerra possa finire in questo terzo anno di conflitto?
R: Dipende cosa intendiamo per fine della guerra. La guerra può anche finire con la distruzione dell’Ucraina. Bisogna stare molto attenti ai termini. Putin non ha mai formulato una proposta di pace, non ha mai popolato una proposta di negoziato, anzi sia lui che il portavoce, Dmitry Peskov, hanno più volte ripetuto di non vedere alcuno spazio per negoziati in questo momento.
Putin normalmente parla di negoziato in un contesto di “noi non l’abbiamo mai rifiutato”, però non esiste una proposta ufficiale di pace russa. Per quanto riguarda quelle non ufficiali, ovviamente sono ipotesi. Per quel che ne sappiamo, da fonti diplomatiche occidentali, la proposta di Putin è quella che gli vengano riconosciuti i territori ucraini che lui ha già occupato. Quindi sostanzialmente vuole annettere un pezzo dell’Ucraina e chiaramente questa non è né una proposta di pace né una proposta di negoziato.
Francamente è impossibile il riconoscimento di un precedente per cui un paese possa conquistare con la forza militare un pezzo di un altro paese popolato da milioni di cittadini. Al di là di questa ipotesi, c’è il fatto che comunque sarebbe necessario un accordo di pace che preveda anche delle garanzie che la guerra non riprenda ma se venisse riconosciuto un precedente del genere è chiaro che qualunque tregua con l’Ucraina sarebbe soltanto provvisoria.
Sarebbe un’attesa che la Russia decida, magari dopo aver accumulato un po’ di forze, di conquistare altri territori o un’attesa che l’Ucraina attacchi per liberare i suoi cittadini sotto occupazione. Quando in questo caso parliamo di pace, dobbiamo renderci conto lucidamente cosa intendiamo. Se parliamo di cessione territoriale, parliamo di decidere che un certo numero di persone (qualche milione) passino da essere cittadini di un paese a diventare cittadini di un altro senza il loro consenso, che invece di essere cittadini di una democrazia diventino cittadini in una dittatura, quindi conquistati, messi sotto le armi e, come già successo nei territori annessi dalla Russia del Donbass, mandati poi a combattere contro gli stessi ucraini. Quindi diciamo che se questa è la proposta di pace, dubito che possa essere ritenuta tale.
L’Ucraina sta a sua volta costruendo una proposta internazionale di pace che dovrebbe includere delle garanzie internazionali alla sicurezza dell’Ucraina, per evitare appunto la ripresa delle ostilità dopo un eventuale conclusione di un accordo. Non risulta che per il momento la Russia abbia in qualche modo reagito a questa ipotesi. Quindi direi che le dichiarazioni di Putin siano dichiarazioni molto di circostanza e bisogna capire cosa lui intenda per pace. Soltanto qualche giorno fa, sia lui che altri esponenti del regime russo hanno ribadito che le loro condizioni per interrompere l’invasione dell’Ucraina rimangono le stesse: un cambio di regime a Kiev.
Meno formalmente, diversi esponenti del regime russo, incluso il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Dmitrij Medvedev, hanno parlato esplicitamente di un paese che non esiste e quindi prospettano come obiettivo della guerra dichiarato dalla Russia quello dell’annessione dell’Ucraina.
Putin, nell’intervista al giornalista americano Tucker Carlson, ha fatto mezz’ora di disquisizione sulla infondatezza storica dell’esistenza dell’Ucraina adducendo documenti del Seicento o del IX secolo per dimostrare che l’Ucraina è un territorio storico russo. La visione di quella che dovrebbe essere anche una delle posizioni di fine di questa guerra proposte da Mosca, direi che non sono solo ovviamente incompatibili con gli interessi dell’Ucraina, ma credo che siano difficilmente definibili come proposta di pace. Una proposta di pace che potrebbe essere un compromesso raggiunto dopo un negoziato deve ancora arrivare e per ora non si vede.
Le elezioni presidenziali in Russia
D: Passando alla Russia, sono previste le elezioni presidenziali ad inizio marzo, perché è importante seguirle se l’esito è scontato?
R: Credo che seguire le lezioni russe non sia assolutamente importante perché semplicemente perché non si tratta di elezioni. Anzi seguire poi significa legittimare quello che ora è un rituale totalmente di facciata organizzato da Putin per riconfermarsi per un quinto mandato al Cremlino. Chiamarle elezioni è proprio sbagliato.
L’opposizione russa guidata da Yulia Navalnaya
D: Rimanendo su problemi interni della russia, la moglie di Navalny, Yulia, ha dichiarato che continuerà a portare avanti il lavoro del marito, secondo lei avrà la stessa forza un’opposizione guidata da lei?
R: Per quanto riguarda l’opposizione russa, io credo che Yulia Navalnaya abbia assolutamente il carisma per guidare in un momento di protesta. La legittimazione che le dà il suo lutto la rende, forse, un volto che unisce. Almeno in questi giorni abbiamo visto come praticamente tutti gli esponenti dell’opposizione russa hanno riconosciuto la sua guida almeno a livello morale.
Altro discorso è che cosa può fare un’opposizione, un movimento di protesta, oggi in Russia. La maggior parte degli attivisti, dei leader e degli opinionisti si trovano o in esilio oppure in carcere. Se si trovano in Russia, sono praticamente impossibilitati a qualunque azione politica. L’abbiamo visto anche con le manifestazioni di cordoglio per Navalny. Le persone che portavano anche due fiori ai memoriali improvvisati nelle città russe venivano fermate, arrestate, picchiate, e adesso vediamo anche che molti uomini che hanno partecipato a queste micro manifestazioni si vedono recapitare una convocazione al commissariato militare. Come punizione si cerca di mandarli al fronte ucraino.
La domanda è quali sono gli spazi di un’azione politica, non violenta e legale oggi in Russia? Sono purtroppo pochissimi e quindi si tratta del vero problema di Yulia Navalnaya. Non è tanto quello di unire tutti intorno a un suo messaggio, intorno alla sua persona, quello mi sembra un risultato già acquisito, ma di proporre una prospettiva, programmazione che sia valida anche per chi sta in Russia, perché il programma d’azione per l’occidente è già stato proposto e continua a venire elaborato. L’aiuto agli esuli russi scappati dal regime, nuove sanzioni, il non riconoscimento delle elezioni, ecc. Si tratta invece di capire cosa si può fare in Russia, francamente la risposta a questa domanda, per il momento non è molto chiara.