Dietro la strage di Altavilla Milicia non ci sarebbero solo Giovanni Barreca, la figlia 17enne e i due complici Sabrina Fina e Massimo Carandente: secondo gli inquirenti, che negli scorsi giorni hanno passato al setaccio i loro telefoni cellulari e pc, almeno dieci persone, loro “fratelli di fede”, erano a conoscenza “della situazione del nucleo familiare preso di mira”. Un gruppo di fanatici religiosi, una setta.
Dietro la strage di Altavilla Milicia una setta con almeno dieci adepti
Il gip di Termini Imerese, che ha disposto il carcere per i tre indagati adulti fermati, ha parlato di “una connotazione criminale più ampia“: significa che dietro la strage che ha portato alla morte di Antonella Salamone, di 41, e dei due figli Kevin ed Emanuel, di 16 e 5 anni, ci sono più persone, “fratelli di fede” che per diverso tempo avrebbero frequentato l’abitazione di Giovanni Barreca ad Altavilla Milicia per partecipare ad incontri di preghiera e riti di liberazione dagli spiriti.
Almeno dieci, secondo gli inquirenti, che sarebbero risaliti ai loro nomi e cognomi passando al setaccio i telefoni cellulari e i pc appartenenti a Sabrina Fina e Massimo Carandente, accusati di aver istigato il muratore 54enne e la figlia di 17 anni, Miriam, a commettere gli omicidi nel corso di un esorcismo. Nessuno di loro è stato ancora sentito dagli inquirenti, che aspettano di avere tra le mani più elementi.
Ma la pista della setta sembra ormai certa. Ne avrebbe parlato anche la minorenne fermata, che come il padre e i complici è accusata di omicidio aggravato e soppressione di cadavere per aver preso parte alle sevizie sui suoi familiari, uccidendoli e seppellendo il corpo della madre in giardino dopo averlo bruciato.
Massimo e Sabrina ci avevano detto che domenica saremmo dovuti andare nella loro chiesa per testimoniare,
ha riferito agli inquirenti, alludendo al fatto che gli avventori del luogo di culto, situato a Termini Imerese, fossero a conoscenza della loro situazione. Bisognerà capire se si siano limitati a pregare per la salvezza della famiglia o se sapessero delle pratiche violente che hanno poi portato alla morte delle tre vittime.
Il ruolo della figlia 17enne di Giovanni Barreca
Per il momento Fina e Carandente continuano a proclamarsi innocenti. Giovanni Barreca sostiene invece di essere stato costretto a fare ciò che ha fatto per lottare contro il demonio che si era impossessato della moglie e dei due figli minori.
La più grande, detenuta in un carcere minorile, si è assunta le sue responsabilità: oltre a confessare la sua partecipazione alle torture e agli omicidi, ha ammesso di aver avuto la possibilità di chiamare i carabinieri e di non averlo fatto, sostenendo che avesse paura di essere presa di mira a sua volta.
Sembra che gli adulti le avessero dato in custodia i telefoni cellulari della madre Antonella e del fratello Kevin e che lei, oltre a mantere i contatti con le proprie amiche, abbia anche scritto a quelli del 16enne con il suo smartphone, fingendosi lui.
La testimonianza di un’amica di Antonella Salamone
Ascoltata a La Vita in Diretta su Rai 1, un’amica di Antonella Salamone ha raccontato come la donna temesse Fina e Carandente. “Era preoccupata” per il loro arrivo a Palermo, perché “la mettevano contro il marito e i figli”. Ed era preoccupata anche della figlia maggiore, che per qualche motivo non vedeva di buon occhio i suoi nonni materni.
Lo scorso 11 febbraio, dopo l’allarme lanciato dal padre, i carabinieri l’avevano trovata a dormire nella sua camera da letto, ipotizzando che fosse stata drogata e costretta ad assistere agli omicidi. Il procuratore Ambrogio Cartosio ha però parlato di lei come “una ragazza di non comune intelligenza e sensibilità“: sembra che fosse cosciente di ciò che faceva.