Il caso Julian Assange prosegue incessantemente, tra detrattori e difensori del celebre giornalista, attivista, programmatore austrialiano co-fondatore di WikiLeaks, sito web nato nel 2006 e al centro delle cronache per aver rivelato pubblicamente documenti governativi e di argomenti relativi a guerre, spionaggio e corruzione.
In particolare, Assange ha pubblicato il “Collateral Murder” un video ripreso da un elicottero Apache, in cui è stato mostrato un gruppo di soldati americani uccidere brutalmente dodici civili totalmente disarmati. Tra le vittime figurano due reporter delle testata giornalistica Reuters, il fotografo Namir Noor-Eldeen di 22 anni e il40enne autista e fixer Saeed Chmagh.
Il 52enne è attualmente sotto processo a Londra, dove i membri dell’Alta Corte inglese si sono riuniti per stabilire l’estradizione negli Stati Uniti dell’uomo, che rischia una pena fino a “157 anni di prigione”.
Julian Assange, l’udienza è conclusa, rimandata la decisione: cosa è successo
L’Alta Corte si è riunita per decidere il verdetto finale e valutare se estradiare o meno negli Stati Uniti il giornalista, che Napoli ha voluto omaggiare con la cittadinanza onoraria e un murales presente a Scampia, mentre nel 2022 gli è stato conferito il tesserino per professionisti ad honorem.
Il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli, ha dichiarato che “Difendere Assange significa difendere il diritto di cronaca, la libertà di informazione e l’incolumità dei whistleblower e conclude: “Se una corte inglese deciderà di estradarlo negli Usa, in Inghilterra – che è stata la culla del diritto di cronaca – si celebrerà il funerale della libertà di informazione”.
Attualmente i giudici Victoria Sharp e Adam Johnson dell’Alta Corte, si sono ritirati per deliberare dopo aver concluso questi due giorni di udienze con la difesa di Assange, poiché assente per malattia e la procura britannica in rappresentanza degli USA.
Il governo americano contesta ad Assange 18 capi di imputazione per spionaggio e intrusione informatica e per la diffusione nel 2010 e nel 2011 di documenti di natura top-secret che denunciavano presunte violazioni commesse dalle forze armate statunitensi nei conflitti in Iraq e Afghanistan.
La maggior parte della politica italiana ed internazionale si oppone all’estradizione
La gran parte della politica italiana ed internazionale tra cui Giuseppe Conte e Laura Boldrini, si è schierata contro la potenziale scelta di estradiare Julian Assange, detenuto attualmente in uno dei maggiori carceri di sicurezza mai esistiti: la Prigione Belmarsh di Sua Maestà.
La casa circondariale è definita dai più la “Guantanamo Inglese”, dove sono stati incarcerati nel tempo importanti famiglie mafiose, terroristi e serial killer, tutte figure totalmente opposte a quella dell’attivista, considerato uno degli “ultimi baluardi della libertà di parola e di stampa”.
È stato arrestato per la violazione dei termini della libertà su cauzione conseguente a controverse accuse di stupro e per l’Espionage Act, un arcaico cavillo legale risalente al 1917 utilizzato in questo caso per “silenziare” e accusare di cospirazione chi pubblica “documenti riservati e senza autorizzazione alcuna” sui media.
Dal 2012 e prima della sua detenzione, Assange è stato supportato ed ospitato dall’Ambasciata dell’Ecuador e successivamente arrestato dalle forze dell’ordine inglesi, a seguito della revoca dell’asilo politico da parte dei funzionari della struttura.
Punirne uno per punirli tutti: da Assange ad Aaron Swartz
Il caso Assange, riporta in auge un’altra importante violazione dei diritti umani, della libertà di parola e digitali ai danni dell’hacker, attivista ed inventore di Reddit, Aaron Swartz, morto suicida l’11 gennaio 2013.
Il 26enne è stato co-autore della prima specifica RSS delle Creative Commons, e il creatore del Guerrilla Open Access Manifesto, ovvero è un documento scritto dal giovane nel 2008, per sostenere la rimozione delle barriere e dei pagamenti che limitano l’accesso di studenti, curiosi, docenti e creativi ad articoli con finalità accademiche e di conoscenza scientifica.
Swartz nel corso della sua lunga battaglia per rendere questi materiali di dominio pubblico, ha sempre sostenuto con fermezza che “l’informazione è potere e dovrebbe essere condivisa liberamente, ma come ogni forma di potere, c’è chi se ne vuole impadronire”, opponendosi al controllo da parte di soggetti privati sul patrimonio culturale e scientifico digitalizzato.
La morte del giovane è avvenuta nel suo appartamento per impiccagione nel suo appartamento di Brooklyn per l’enorme stress derivante dal processo legale su incriminazione dell’FBI. Il ragazzo aveva effettuato un download di 4,8 milioni di articoli e documenti disponibili solo dopo previo pagamento dal database JSTOR che in un comunicato stampa si dissociò dalla scelta della Procura degli Stati Uniti di proseguire il caso e che aveva già deciso prima del procedimento di non sporgere denuncia:
Ciò che ha fatto il signor Swartz è stato estremamente grave dal nostro punto di vista. Dopo il suo arresto, abbiamo preso contatto con il signor Swartz e abbiamo appreso che aveva trattenuto ed era disposto a restituire le copie di tutti gli articoli che aveva scaricato, e abbiamo stipulato con lui un accordo civile. Abbiamo detto alla Procura degli Stati Uniti che non avevamo più alcun interesse nella questione e che non volevamo sporgere denuncia. Successivamente è stato avviato un procedimento penale contro il signor Swartz da parte dell’ufficio del procuratore degli Stati Uniti ed è stato incriminato con l’accusa di crimine nel luglio 2011.
Punirne uno per educarne cento: questo uno dei molteplici fil-rouge tra Julian Assange, Aaron Swartz e del recentemente defunto Alexei Navalny, entrambi impegnati nel corso del tempo per una lotta comune: la promozione della libertà di parola e informazione.
Giuseppe Conte, ha annunciato in un video sui social network, una manifestazione in difesa di Assange e ha invitato le forze politiche, giornalisti e cittadini ad unirsi per opporsi a questo abuso alla “luce del sole”.