Sul braccio di ferro in maggioranza la parola fine la metterà il Parlamento: la commissione Affari Costituzionali del Senato voterà domani mattina sull’emendamento della Lega che chiede il terzo mandato per i governatori delle regioni e che divide il centrodestra con Fdi, Fi e Noi Moderati contrari. L’epilogo è scontato, già scritto: sarà bocciato perché anche tra i partiti dell’opposizione prevale il no ad andare oltre l’attuale tetto delle due legislature. Non ci sarà dunque il rinvio alla prossima settimana che si era profilato ieri, un rinvio a dopo il voto in Sardegna dove oggi i leader del centrodestra Meloni, Tajani, Salvini e Lupi si sono riuniti sul palco di Cagliari per sostenere il loro candidato Paolo Truzzu. Il mantra è che la spaccatura che si registrerà domani in Commissione non avrà ripercussioni sul governo né sull’alleanza. Lo dice la Lega: “Domani mattina – sono le parole di Massimiliano Romeo – si inizia a votare in commissione, c’è stata una accelerazione. Sarà il Parlamento a decidere e comunque non ci saranno frizioni nel Governo”.
Sul braccio di ferro in corso deciderà il Parlamento
Il governo, per evitare di andare palesemente contro alla richiesta leghista, come emerso già ieri dopo la riunione di maggioranza con il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, si rimetterà al voto della Commissione. Ma a fotografare la divisione nella maggioranza è il parere contrario del relatore Balboni. Nel frattempo l’opposizione prova a studiare qualche contromossa. Il Pd, che l’altro giorno ha avviato una discussione in Direzione su un tema che scalda diversi sindaci dem, dopo aver riunito il tavolo interno sulla riforma degli enti locali, ribadisce che “il decreto elezioni non è lo strumento corretto per affrontare il tema e che quindi non si presterà al braccio di ferro tra Fdi e Lega” valutando il non voto domani. M5s con Giuseppe Conte ribadisce il no, Avs è contraria.