Continua il ‘braccio di ferro’, con il terzo mandato per i governatori di regione sempre più ago della bilancia nella maggioranza, con Massimiliano Romeo della Lega che conferma la decisione di non ritirare l’emendamento sulla norma. Una discussione su cui il Carroccio punta a trovare una sponda in Parlamento, magari tra le fila dell’opposizione.

Terzo mandato, Romeo (Lega): “Non intendiamo creare frizioni nel governo”

Da un lato, Forza Italia e Fratelli d’Italia che ‘frenano’, dall’altro, la Lega che insiste a premere sull’acceleratore. La questione del terzo mandato per i presidenti di regione è la ‘patata bollente’ di questo periodo all’interno della maggioranza di governo.

Quasi ogni giorno, ormai, esponenti dell’una o dell’altra fazione esprimono i motivi della propria posizione, come nel recente ‘botta-e-risposta’ tra Antonio Tajani (Fi) e Riccardo Molinari (Lega).

Le dichiarazioni raccolte oggi dall’inviato di TAG24 Lorenzo Brancati, fuori dai ‘palazzi della politica’, portano avanti questa dinamica.

E così, dopo le parole di Paolo Barelli e di Tommaso Foti – capigruppo alla Camera, rispettivamente, di Forza Italia e fratelli d’Italia – ecco arrivare quelle del senatore leghista Massimiliano Romeo, che ribadisce la volontà del suo partito di non ritirare l’emendamento sul limite di mandati per i governatori.

“L’emendamento sul terzo mandato della Lega resta e sarà il Parlamento a decidere. Riteniamo che sia giusto che governatori che hanno ben amministrato abbiano la possibilità di essere rieletti”.

La Lega e la possibile ‘sponda’ nel Pd

Come i suoi colleghi di governo, anche Romeo sottolinea come la strada sia quella della discussione parlamentare. Un percorso scelto, sostiene, per non creare “fratture” o “frizioni” all’interno dell’esecutivo e per la natura della materia, che riguarda anche partiti che non fanno parte del governo.

Non ci saranno frizioni nel governo. È una posizione che la Lega intende ribadire in sede parlamentare perché, trattandosi di tanti governatori – anche di schieramenti differenti – che rappresentano milioni di cittadini, è giusto sia una questione parlamentare, essendo norme regolate non dal governo ma dal Parlamento”.

Possibile, dunque, che l’esecutivo punti a risolvere il ‘braccio di ferro’ coinvolgendo una parte dell’opposizione come, ad esempio, il Partito democratico, che si è già detto disponibile a un confronto. Una soluzione che potrebbe accontentare tutti, senza scatenare malumori all’interno del governo e dei singoli partiti che lo compongono.