Il caso di Alfio Torrisi, il falegname di Giarre morto sulla nave da crociera ‘Paradise’ alle Bahamas lo scorso ottobre, presenta molti lati oscuri, ancora tutti da chiarire. A confermarlo a TAG24 è l’avvocato Giuseppe Berretta che, insieme al collega Antonio Fiumefreddo, sta assistendo i familiari del 54enne il cui corpo è stato rimpatriato in Italia privo degli organi interni.

Alfio Torrisi morto alle Bahamas, l’avvocato Berretta: “Pressioni per avere notizie”

Alfio Torrisi era partito il 6 ottobre 2023 dalla provincia di Catania per lavorare sulla nave da crociera “Paradise” della Carnival Cruises line, ingaggiato dalla ditta Techni teak di Riposto. E’ questo il giorno in cui inizia una vicenda- ricostruita dal quotidiano La Sicilia– di cui nessuno avrebbe mai potuto immaginare il tragico epilogo.

“Non aveva problemi di salute di nessun genere. Aveva sempre svolto questa attività anche in passato per altre società. Ai controlli medici era sempre risultato essere in perfetto stato di salute o comunque idoneo alla prestazione” sottolinea l’avvocato Berretta.

Eppure Alfio Torrisi si sente male mentre si trova sulla nave, ormeggiata al porto di Freeport: è il 10 ottobre. Riferisce di avere un forte mal di testa, inizia a zoppicare e a farfugliare frasi senza senso. Viene prima portato nell’infermeria della nave, poi al pronto soccorso della cittadina.

“Alla famiglia viene riferito solo che il signor Torrisi stava male, che era stato ricoverato all’ospedale di Freeport, sedato a causa del suo eccessivo stato di agitazione. Non era stata prospettata una situazione grave al tal punto da far pensare che la sua vita fosse in pericolo” riferisce il legale. “Avevano parlato di un malessere che aveva richiesto il ricovero, ma senza alcun riferimento a uno stato di gravità come è risultato in seguito.”

Eppure Alfio muore quattro giorni dopo, il 14 ottobre 2023. “Dopo varie pressioni da parte della famiglia, perché non riuscivano a parlare con il signor Torrisi, né con i medici, è arrivata la notizia che era grave. E solo perché i familiari, in maniera autonoma, si erano messi in contatto con il console italiano alle Bahamas” racconta il legale.

Questo è un primo punto da chiarire, secondo i familiari. Perché i soccorsi arrivano in ritardo: l’ambulanza sarebbe stata chiamata solo a distanza di tre ore e mezza dal malore.

Il corpo rientrato in Italia senza gli organi interni

Alfio Torrisi viene sottoposto a una prima autopsia a Freeport. La salma viene poi riconsegnata alla famiglia, rientrando in Italia a oltre un mese dalla morte. Tempi burocratici, anche se c’è il sospetto che qualcosa, anche in questo caso, non abbia funzionato.

A novembre la vedova presenta quindi un esposto alla Procura di Catania, denunciando i ritardi nei soccorsi e al mancato trasferimento del marito da Freeport a Miami, in una struttura più attrezzata per le cure. Ma anche le “condizioni di lavoro al confine con il disumano” a cui Alfio Torrisi sarebbe stato sottoposto.

Vengono iscritti nel registro degli indagati- come atto dovuto per eseguire una seconda autopsia sul corpo del falegname- il titolare della ditta Techni teak di Riposto (Catania), Giulio Nirelli, e il capitano della Carnival, Giuseppe Castrogiovanni.

In Italia Alfio Torrisi viene sottoposto a una nuova autopsia, per chiarire cosa abbia provocato il decesso. Dall’isola il responso parla di una “trombosi polmonare venosa profonda” in soggetto iperteso con “cardiomegalia”. Un termine medico che indica l’aumento del volume del cuore.

Ed è qui che la famiglia deve affrontare un’ennesima, orrenda scoperta: gli organi interni di Alfio erano spariti, sostituiti da segatura e fogli di giornale.

“Quando è stata disposta la prima autopsia, l’agenzia funebre del luogo è stata messa in contatto con l’agenzia funebre italiana, che si sarebbe occupata di predisporre tutta la documentazione nel nostro Paese. Le pratiche sono infinite per il rientro della salma. Entrambe avevano assicurato che il corpo sarebbe stato riconsegnato con tutti gli organi, come richiedono le regole mediche” evidenzia l’avvocato Berretta. E invece così non è stato.

Il legale della famiglia Torrisi: “Siamo in attesa di risposte”

“Ad oggi non c’è alcuna spiegazione per quanto avvenuto” spiega. Può essere stato un atto volontario per nascondere le vere ragioni del decesso? “Non mi sento di fare alcuna ipotesi. Noi abbiamo un nostro convincimento dettato anche dalle varie comunicazioni che ci sono state nel corso dei mesi, sia con le autorità bahamensi, che con il consolato e con le imprese funebri” sottolinea il legale.

Adesso i familiari di Alfio Torrisi sono in attesa di risposte. “Siamo in attesa degli esiti della prima autopsia e che le autorità bahamensi ci forniscano delle spiegazioni. Cosa, che ad oggi, non è ancora avvenuta.”

La famiglia “è distrutta”, sottolinea l’avvocato. Alfio Torrisi lascia una moglie e un figlio di 11 anni, ma anche un padre e dei fratelli.

“Sicuramente non è chiaro la ragione dei vari ritardi e delle varie omissioni che sono stati compiuti da tutti i soggetti coinvolti all’interno di questa vicenda” conclude l’avvocato. 

“Ci sono altri aspetti che sono al vaglio dei magistrati. Al momento attendiamo fiduciosi che quantomeno la rogatoria internazionale porti delle risposte e che l’autopsia, per quel poco che si è potuta fare, ci dia qualche ulteriore informazione. La famiglia chiede che venga accertato se vi siano delle responsabilità e chi dovrà risponderne.”